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L'Unione informa |
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16 febbraio 2010 - 2 Adar 5770 |
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alef/tav |
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Roberto Della Rocca, rabbino |
Un
ebreo che desidera rinunciare alla libertà e preferisce rimanere
assoggettato all'autorità di un padrone deve essere sottoposto, secondo
la Torà (Esodo, 21; 6), a un formale rito di legittimazione della sua
schiavitù. Il padrone dovrà condurre il suo sottomesso davanti a un
Tribunale, avvicinarlo a una porta e a uno stipite e perforargli
l'orecchio con un punteruolo. L'esegesi rabbinica indica nella porta la
metafora della libertà poiché su di essa gli ebrei aspersero il sangue
del sacrificio di Pesakh la notte prima di uscire dall'Egitto, mentre
l'orecchio, che sul monte Sinai ha udito parole di libertà, merita di
essere perforato perchè questo ebreo preferisce essere schiavo di un
altro uomo piuttosto che del vero Padrone del mondo che lo ha liberato.
In Trentino, durante lo scorso Shabbàt, ho ascoltato un’originale
spiegazione dell'amico Vito Anav il quale ha sostenuto che l'orecchio è
uno dei pochi organi del nostro corpo che altri possono vedere ma che
noi stessi non riusciamo a guardare. Non è forse questa una delle
dimensioni più paradossali di alcune forme di schiavitù e di sudditanza
psicologica di cui spesso altri si rendono conto eccetto colui che le
vive direttamente?
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Il caso, si presenta solo alle menti capaci e preparate ad accoglierlo.
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Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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davar |
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Qui Torino - Il Rabbino e il Cardinale: "Dio è presente nella vita di ognuno di noi"
Esattamente
un mese dopo la visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma, la
Comunità Ebraica di Torino ha accolto il cardinale Severino Poletto,
arcivescovo della città piemontese. “Una tappa nella strada della
riconciliazione, della fraternità e dell’amicizia ” ha sottolineato il
cardinale riferendosi alla visita e ringraziando per l’invito il
rabbino capo Alberto Somekh e il presidente Tullio Levi. L’incontro si è aperto sulle note di “ve ani be-rov chasdecha”,
cantato da Baruch e Shemuel Lampronti davanti ad un pubblico
appartenente a diverse professioni. Erano presenti infatti, oltre
ovviamente ai membri della Comunità, padre Berinetti del Comitato
interfedi, don Stefano Rosso dell'Associazione Amicizia Ebraico
Cristiana, il pastore valdese Paolo Ribet, il portavoce della sezione
italiana del Coreis, Yunus Abd al-Nur Distefano. “La comunità di
Torino è onorata della sua visita” dice il vicepresidente della
comunità Edoardo Segre, passando la parola al presidente Levi. “Dopo
due millenni di convivenza difficile e talvolta drammatica” racconta
Levi “ebrei e cattolici stanno cercando di costruire un diverso
rapporto sulle rinnovate basi che il Concilio Vaticano II e
l’Enciclica Nostra Aetate
hanno stabilito”. Il presidente ha poi sottolineato l’attualità
dell’esperienza di dialogo fra le religioni e la sua stretta attinenza
con la società che ci circonda: “questo sforzo comune può certamente
rappresentare un modello e un esempio per risolvere i problemi di una
società sempre più composita e al cui interno sono destinate a
convivere etnie, culture, religioni e tradizioni le più diverse. E’
dunque una grande responsabilità quella che pesa sulle nostre spalle e
l’auspicio che, cogliendo l’occasione di questo importante incontro, mi
sento di formulare è quello di essere – noi tutti - in grado e
determinati a farvi fronte”. Il saluto del rav Somekh si è aperto con una formula nell’antica lingua aramaica 'il Misericordioso Ti ricordi in pace'.
Misericordia, memoria e pace erano al centro del suo discorso, in
particolare il rav ha voluto ricordare “Pace significa sottoscrivere un
accordo fra le religioni sulla sacralità della vita umana, non solo in
funzione di un’etica del concepimento e della morte clinica, ma anche
per condannare chi accetta di privarsi della propria vita pur di
distruggere quella altrui”. La riflessione di Somekh verteva, fra
l’altro, sulla necessità di diffondere i valori della religione in una
società troppo egoistica e consumista. Non solo, la fede religiosa non
deve essere addotta come fondamento di un conflitto. “Nella Sua
infinita grandezza, D. trova il modo di comunicare con ciascun
individuo” spiega il rav “con ciascun popolo e ciascuna cultura nel
linguaggio suo proprio, come un bravo Genitore che riesce a trasmettere
il proprio affetto ai Suoi figli in modo che ognuno lo avverta tutto
per sé, senza tuttavia suscitare la gelosia degli altri. In quanto
fratelli, non sciupiamo questa straordinaria esperienza”. Sulla
fraternità e l’amicizia ha fatto leva il cardinale Poletto,
soffermandosi sulla necessità di ricordare gli errori della chiesa nel
passato nei confronti del popolo ebraico. In particolare, facendo
riferimento ad una recente pubblicazione dal titolo “Ebrei e cristiani
lungo la storia”, di cui uno dei relatori è rav Giuseppe Laras,
l’arcivescovo di Torino ha spiegato che questo volume promuove “la
conoscenza della ricchezza della tradizione ebraica, senza tacere le
tensioni forti e le ingiustizie da cui tali rapporti sono stati segnati
e per le quali la Chiesa ha chiesto perdono in relazione alle colpe dei
suoi figli”. Uno dei passaggi del cardinale, peraltro si
avvicinava molto a quanto detto in precedenza da rav Somekh, in
relazione alla necessità di non dimenticare la presenza di Dio “nella
quotidianità della nostra esistenza”. L’arcivescovo ha voluto terminare
il suo discorso, appellandosi ai presenti “noi siamo chiamati a
sentirci investiti dal compito gioioso e della seria responsabilità di
testimoniare agli uomini di oggi, ai nostri cittadini, la prossimità di
Dio. Siamo chiamati a farlo insieme, a partire dal profondo legame che
la Chiesa sente con il popolo ebraico, scelto dal Signore primo tra
tutti ad accogliere la sua parola”. La comunità ebraica ha poi
donato al cardinale una Torah con la traduzione di rav Dario Disegni e
il presidente, in compagnia di rav Somekh e del vicepresidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Claudia De Benedetti, ha
mostrato all’arcivescovo le due sinagoghe e l’archivio delle tradizioni
ebraiche intitolato alla memoria di Benvenuto e Alessandro Terracini.
Daniel Reichel
Qui Milano - Integrazione e sviluppo, il Nord alla sfida dell’immigrazione
L’eco
degli scontri di via Padova continua a far discutere. I toni rimangono
accesi, complici anche le dichiarazioni sopra le righe
dell’eurodeputato leghista Salvini, che ha suggerito “controlli e
espulsioni casa per casa”, suscitando indignazione bipartisan, prima di
essere smentito dallo stesso Bossi. Il tema è stato discusso in
un’iniziativa dell’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas, che,
come hanno sottolineato il presidente Tobia Zevi e il direttore
scientifico Saul Meghnagi “proponendosi di far acquisire ai giovani gli
strumenti per comprendere i cambiamenti della società, non può
prescindere dall’affrontare le questioni legate alla multiculturalità”.
Il dibattito vivace, ma dal clima costruttivo, è stato moderato da
Daniele Nahum, uno dei fondatori di Hans Jonas. Tra i relatori, per il
Pdl l’assessore al Comune di Milano Giampaolo Landi di Chiavenna,
Emanuele Fiano, deputato Pd, Daniele Farina di Sinistra ecologia e
libertà, l’assessore provinciale Stefano Bolognini, Lega Nord. Punto
di partenza comune a tutti gli interventi è stata la necessità di
garantire il rispetto delle regole da parte degli stranieri che vivono
nel nostro paese, ma anche l’esigenza di pensare a soluzioni politiche
che non si limitino ad affrontare i problemi dell’immigrazione da un
punto di vista della sicurezza, ma lavorino a 360 gradi. Da destra a
sinistra, il discorso viene declinato in modo differente, anche se
forse meno di quanto ci si potrebbe aspettare seguendo i telegiornali.
L’assessore Bolognini ha sottolineato di avere “una grande ammirazione
per gli immigrati che lavorano e vivono nella società italiana
attivamente, ma purtroppo nella maggioranza dei casi non c’è lo stesso
atteggiamento costruttivo”. Per questa ragione, l’esponente del
Carroccio ha sostenuto che per risolvere il problema dell’integrazione
è sì necessario un maggiore sforzo da parte delle istituzioni, ma prima
di tutto devono essere gli stranieri stessi a dimostrare impegno in
questo senso. L’importanza dell’apertura delle comunità etniche
verso l’integrazione è stata espressa anche da Giampaolo Landi
Chiavenna. Dichiarandosi perplesso sulla proposta di abbassare i tempi
per ottenere la cittadinanza, l’assessore del Pdl ha dichiarato che “la
questione della cittadinanza non è legata solo al tempo di permanenza,
ma è se esista o meno la volontà autentica di diventare parte di questo
paese. Alcune etnie sono più predisposte a integrarsi di altre”. Le
sue affermazioni hanno suscitato le critiche dei rappresentanti delle
forze d’opposizione, apparentemente condivise dalla maggioranza del
pubblico che, nei numerosi interventi, è sembrato condividere la
preoccupazione espressa dall’Onorevole Fiano per la difficoltà di
risolvere tensioni che vanno “sempre più velocemente della politica”. Il
deputato Pd ha proposto una chiave di lettura che punta su un processo
di responsabilizzazione di coloro che vengono a vivere nel nostro
paese. “Per affrontare il problema dell’immigrazione è necessario
camminare su un crinale molto stretto, tra i doveri da pretendere e i
diritti da corrispondere – ha spiegato – Si deve favorire un processo
di assunzione di responsabilità degli immigrati, esigendo con fermezza
il rispetto delle regole, ma anche utilizzando gli strumenti
dell’istruzione, del welfare, del voto”. Estremamente critico nei
confronti dell’attuale politica per l’immigrazione è stato Daniele
Farina. “Il governo deve fare la sua parte. Da quando è entrata in
vigore la Bossi-Fini, la quota di stranieri che possono entrare
legalmente nel nostro paese è sempre stata molto inferiore al
fabbisogno annuale delle imprese. In questo modo si rende inevitabile
la clandestinità”. Dal dibattito tuttavia emergono anche molti
punti in comune tra le varie forze politiche. Oltre alla necessità del
rispetto delle regole, viene sottolineata l’importanza di una cultura
dell’integrazione, e suggerito di puntare su iniziative concrete,
citando come esempio di successo nell’affrontare la questione delle
zone ad alta densità etnica le esperienze di via Paolo Sarpi a Milano e
del quartiere San Salvario a Torino. Anche se, come ha fatto
notare qualcuno del pubblico, delude vedere che, se si è in grado di
portare avanti una discussione costruttiva in questa occasione, a
livello di politica nazionale il confronto rimane aspro e la
condivisione quasi inesistente.
Rossella Tercatin
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Torah oggi - Sanremo e la halakhà
Il
festival di Sanremo, che si svolge a partire da stasera, ha portato con
sé le polemiche sul “caso Morgan”: le sue dichiarazioni in merito
all’uso di droga per combattere la depressione hanno indotto gli
organizzatori del festival a escluderlo dalla manifestazione. Possiamo analizzare questo caso in base a tre principi. 1. La proibizione di far uso di droghe rientra in quanto scritto in Deuteronomio 4: 9: shmòr nafshechà meod,
salvaguarda molto il tuo corpo. Maimonide nelle Norme
sull’omicidio e la salvaguardia della persona (11: 4) stabilisce: “Ogni
ostacolo che comporti pericolo di vita è un precetto positivo ed è un
dovere eliminarlo e guardarsi da esso”. L’uso di droghe è certamente
nocivo ed è quindi chiaro che, a meno che non esista una prescrizione
medica, è proibito farne uso: alcuni Maestri vietano per lo stesso
motivo anche il fumo, dato che è accertato che l’uso prolungato produce
gravi danni. 2.
Accanto a questo divieto, va applicato in questo caso anche il
principio che la persona che ha commesso un reato non deve ottenere
vantaggi dall’averlo fatto, shelo ijè chotè niskàr: trasformare in eroe chi ha fatto dichiarazione pubblica di avere fatto uso di droghe è grave in quanto induce all’emulazione. 3. Qualcuno potrebbe erroneamente sostenere che le droghe non rientrano negli alimenti proibiti: ora,
accanto alle singole mizvoth, esiste l’imperativo più generale siate
kedoshim, cioè distinguetevi e siate coscienti in ogni vostra azione e
in ogni momento. Nahmanide afferma che una persona potrebbe anche
osservare formalmente tutti i precetti, ma nonostante ciò essere
“disonesto con il permesso della Torà”. Assieme alla forma delle
mizvoth bisogna osservarne lo spirito. L’uso di droghe finisce per
annebbiare la coscienza e a minare la libertà dell’uomo. Naturalmente
le porte della Teshuvà, del pentimento e del recupero, sono sempre
aperte: non resta che augurarsi che, dopo aver avuto il coraggio di
uscire allo scoperto, Morgan possa concludere felicemente il percorso
di disintossicazione intrapreso e tornare presto a calpestare il
palcoscenico di Sanremo.
Rav Scialom Bahbout
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Sembra che sia andato bene l'incontro di Netanyahu con Putin e Mevdev (Europa, Picasso su Liberal)
anche se non si sa se i russi abbiano rinunciato davvero a vendere le
batterie missilistiche antiaeree avanzate agli iraniani. Nel frattempo
continuano i commenti alla dichiarazione di Hilary Clinton sulla deriva
dell'Iran verso una "dittatura militare" dei pasdaran (Il Giornale). Cosa sia questa armata pretoriana del regime lo spiega Luisa Arezzo su Liberal. Sempre su Liberal Marta
Ottaviani racconta, con qualche simpatia di troppo, l'ambigua politica
estera della Turchia che si propone come mediatrice fra l'Occidente e
l'Iran. Da segnalare infine l'entusiastica recensione del libro
del corrispondente del "Messaggero" Eric Salerno sul Mossad in Italia;
antisraeliano come sempre, a quanto pare anche molto dietrologico e del
tutto irrealistico: negli ultimi sessant'anni, da De Gasperi a Prodi,
passando per Moro, Andreotti e Craxi, l'Italia sarebbe stata non
il paese più filoarabo d'Europa" ma il paradiso degli 007 israeliani".
Lo raccontasse alle vittime degli attentati palestinesi.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Dubai, multato il quotidiano Al Watan per pubblicità pro Israele Dubai, 16 feb - Il
quotidiano Arab Times riferisce che Al-Watan, altra testata
giornalistica del Kuwait, è stato multato per aver pubblicato un pagina
pubblicitaria pro-Israele. Al Watan aveva autorizzato la pubblicità
dell'associazione ebraica americana Anti defamation league (Adl) a
sostegno dell'operazione Piombo fuso mentre l'offensiva era in corso
pubblicandolo nell'inserto dell'International Herald Tribune,
distribuito insieme al giornale. Il quotidiano si era scusato
pubblicamente per la pubblicità, ma il gesto non aveva salvato il
giornale da tre distinte denunce, finite nell'ammenda da diecimila
dollari. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
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