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L'Unione informa |
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17 febbraio 2010 - 3 Adar 5770 |
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alef/tav |
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova |
“Porrai la tenda...così la tenda separerà per voi il Santuario dal Santissimo” (Shemot 26, 33). Nell’illustrazione degli oggetti che costituiranno il Mishkan, il Tabernacolo viaggiante, riguardo al compito del Parokhet (la tenda che sta davanti al Santissimo), la Torà usa l’espressione havdalà (distinzione) e non hafradà
(divisione-separazione). Nella sala (Kodesh) antistante il Santissimo
(Kodesh HaKodashim), si trovavano il Tavolo dei pani e la Menorà.
Questi due oggetti rappresentavano due modalità diverse di
influenza trascendente nel mondo: i pani erano il simbolo
dell’influenza materiale e la luce della Menorà il simbolo di quella
spirituale. Nonostante la netta contrapposizione tra materia e spirito,
i due simboli sono alimentati da un unica fonte: la Torà. Ecco perché
il Parokhet mavdilà – distingue, e non mafridà - separa, ed è mezzo per la diffusione 'distinta'
dell’influenza materiale e spirituale, che da Dio proviene attraverso
la Torà custodita nell’Arca dell’Alleanza dentro il Santissimo, per
alimentare il mondo da Lui creato (Rav Z. Y. Kook, 1892-1982).
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Ethan
Bronner è il corrispondente del "New York Times" da Gerusalemme,
è sposato a un'israeliana e ha un figlio che veste la divisa di Tzahal.
Alcuni gruppi di attivisti arabi hanno chiesto al giornale di
richiamarlo perché "non più credibile" dopo la divulgazione delle
notizie sul figlio. Il garante dei lettori ha dato loro ragione e ha
sentenziato "è bene che torni". Poi la parola è passata al direttore,
Bill Keller, la cui risposta è stata: "Se rinunciassimo a Ethan per il
figlio militare, poi ci chiederebbero di riunciare a mandare in Israele
giornalisti sposati con israeliani e poi ci chiederebbero di non
mandare dei giornalisti ebrei e poi ci sarebbero altri che ci
chiederebbero di non mandare giornalisti sposati con arabi, o arabi
loro stessi. Dunque Ethan resta al suo posto, anche perché fa un ottimo
lavoro". Una lezione di giornalismo, e anche di molto altro.
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Maurizio Molinari,
giornalista |
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Vita ebraica, studio, dibattiti e relax all'incontro invernale fra le diverse identità
Come
trascorrere giorni di sci e cime innevate nella più calda atmosfera
ebraica? La risposta anche quest’anno è stata data dalla vacanza
organizzata dal Dipartimento Educazione e Cultura (Dec) dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane a Pinzolo. Un numero record di
partecipanti (almeno 150 di cui oltre un terzo bambini e ragazzi) si è
ritrovato a condividere una splendida settimana sulla neve. Sotto la
guida del rav Roberto Della Rocca, promotore e vera anima di questi incontri, l’esperienza è stata caratterizzata dall’intreccio felice di vari elementi. A
due passi da Madonna di Campiglio, Pinzolo è una meta privilegiata per
chi ama la montagna e d’inverno offre un’ambientazione straordinaria
sia ai bambini che iniziano a sciare, sia a coloro che sono già esperti
di sci e snowboard – o desiderano semplicemente muoversi in uno
stupendo scenario naturale. Il clima benigno di inizio
febbraio ha permesso di sfruttare appieno l’intera settimana, tra corsi
ben organizzati e piacevoli sciate per i più esperti. Si può
sciare su belle piste in tanti posti, ma non è facile trovare al tempo
stesso una tale concentrazione di famiglie desiderose di far vivere ai
propri figli una vacanza profondamente educativa in senso ebraico. Una
vacanza in grado di assicurare una cucina di qualità rigorosamente
kasher, un’atmosfera coinvolgente di calore e familiarità, il prevalere
di determinati valori etici e di comportamento, molte occasioni per
discussioni animate, e la condivisione di tutti i riti ebraici (inclusa
una Birkhat Hamazon, resa sempre allegra dalla grande partecipazione
infantile). Bellissima anche l'atmosfera che si è creata fra i
ragazzi adolescenti che hanno legato immediatamente anche se non
si conoscevano e che sono stati felicissimi di passare tutto il
tempo in gruppo.
L’alto numero di partecipanti non ha mai fatto mancare il minian
ed ogni giornata è stata scandita dalle tre Tefilloth. Situazione ancor
più rara per chi fa vacanza in montagna, è stata la lettura del Sefer. Oltre a guidare la preghiera, rav Della Rocca e rav Alberto Sermoneta,
rabbino capo di Bologna, hanno tenuto lezioni quotidiane di Talmud
Torah sia per gli adulti che per i bambini, appuntamenti quotidiani
molto seguiti e di grande stimolo, che hanno nutrito la
riflessione comune e hanno costituito autentiche occasioni di
approfondimento di aspetti importanti della cultura ebraica. La
settimana a Pinzolo è riuscita ad andare oltre le edizioni precedenti,
nelle quali il predominio numerico di una Comunità – quella di Roma –
aveva rappresentato sia un simpatico tratto caratterizzante che uno dei
limiti (per la scarsa partecipazione di ebrei da altre città).
Quest’anno, come notato nel suo discorso finale dal rav Della Rocca,
questa vacanza è riuscita ad essere davvero un momenti di incontro fra
le comunità italiane, grazie a una presenza insolitamente elevata di
iscritti alla Comunità di Milano e a diverse comunità minori. Segno di
questo nuovo equilibrio è stato il fatto che la Tefillah sia stata
officiata da molti giovani di diversa provenienza
geografica e culturale.
Due
i dibattiti organizzati nel corso del soggiorno. Uno sull’educazione
dei figli, introdotto dal rav Della Rocca, rav Sermoneta e David Meghnagi;
e l’altro sul rapporto con Israele, introdotto da Elvis Raccah e Vito
Anav. In entrambi i casi gli interventi dei relatori e gli argomenti
scelti hanno acceso discussioni appassionate e divergenze di idee.
Particolarmente ‘graffianti’, ma anche parecchio stimolanti, sono state
le osservazioni di David Meghnagi sulla necessità che i genitori
sappiano relazionarsi ai figli adolescenti senza soffocare le loro
istanze di ribellione, spesso inevitabili a quell’età, e indispensabili
a rendere possibile quel processo di individuazione e identificazione
che, nella prospettiva psicanalitica, è la condizione per lo sviluppo
di personalità libere, creative e realmente mature. L’arrivo dello
Shabbat è stato il coronamento di una settimana allegra e
animata, e tutte le famiglie hanno avuto modo di condividere la sua
speciale atmosfera. Una nota particolare è stata data dal fantastico mezè
offerto subito dopo il kiddush di sabato mattina da un team diretto da
Franca Anav, che ha trascorso molte ore durante la settimana per
cercare i prodotti migliori nei negozi locali. Lo Shabbat ha poi avuto
una sua estensione naturale nella divertentissima recita che i bambini
hanno fatto sul tema della Meghillat Esther. Nell’insieme, la
settimana invernale a Pinzolo ha avuto l’effetto di rinsaldare e
alimentare i legami di amicizia tra tutti i partecipanti che, oltre a
darsi appuntamento per il prossimo incontro previsto a Milano
Marittima, si sono ripromessi di organizzare vacanze ulteriori coi
propri figli in Israele o altrove sempre sulla base dell’idea di
condividere percorsi ed esperienze di vita ebraica, improntate ad una
analoga dimensione educativa. Da parte loro, i ragazzi hanno creato con
la guida del bravissimo madrich Alan Naccache un gruppo molto coeso, e
si sono poi separati scambiandosi tutti i dati al fine di restare in
contatto e rivedersi al più presto. Qual è stato il punto negativo
del soggiorno invernale in Trentino? Nessun limite umano, ma solo un
piccolo virus che ha girato fra i partecipanti costringendo alcuni a
mettersi a letto con febbre per un giorno. Un fastidio secondario,
difficilmente evitabile nella vita comunitaria, che non è riuscito
comunque a rompere la serenità di una vacanza magnificamente
organizzata.
Joseph Sasson
Qui Firenze - Una giornata per la libertà religiosa
Firenze,
proseguendo nel cammino intrapreso dai tempi di Giorgio La Pira, si
candida a diventare la capitale del dialogo. E non lo fa con proclami e
dichiarazioni di intento, ma con iniziative concrete. L’ultima in
ordine di tempo è stata l’istituzione della Giornata della libertà
religiosa, che d’ora in poi, quantomeno nella patria di Dante e
Machiavelli, verrà celebrata ogni 16 febbraio. L’iniziativa, promossa
dalla Consulta per il dialogo con le confessioni religiose (nata circa
un anno fa) ha preso il via con un incontro svoltosi nel Salone dei
Dugento, cuore pulsante di Palazzo Vecchio. Sui banchi dove sindaco e
consiglieri si scannano su Tramvia e Cittadella Viola, per una volta
erano seduti i rappresentanti delle principali comunità fiorentine e
alcuni docenti universitari. Presente tra il pubblico (un centinaio di
cittadini) anche Valdo Spini, ministro dell’Ambiente nel governo Amato
e da sempre paladino della laicità. Quello di ieri sera era il
primo appuntamento ufficiale della Consulta. Il presidente, l’avvocato
Leonardo Bieber, ha spiegato come questo organismo sia nato con una
doppia finalità. Da un lato lavorare per una pacifica convivenza tra le
varie minoranze, dall’altro vigilare e contribuire per un sereno
rapporto tra istituzioni pubbliche e singole comunità. Con un principio
di fondo: “Il Comune deve essere il garante assoluto della libertà”. E
dove c’è libertà religiosa, c’è democrazia. Finora 17 comunità
hanno aderito alla Consulta. Ormai sono davvero poche quelle a mancare
all’appello. Le premesse perché i lavori portino a risultati
significativi ci sono dunque tutte. Anche in considerazione del fatto
che, a breve, in seguito a una proposta della Consulta approvata dal
consiglio comunale, verrà inaugurato il “Centro di In-Formazione
Religiosa”, luogo di ritrovo, formazione ed informazione dedicato in
particolare agli studenti dell’area metropolitana fiorentina. Tra i relatori chiamati ad intervenire a Palazzo Vecchio c’era anche Daniela Misul,
presidente della Comunità ebraica, che ha parlato di antisemitismo e
razzismo strisciante nella società italiana, esortando a non restare
indifferenti ogni volta che si verificano episodi di intolleranza e
xenofobia. Perché una delle colpe più gravi, spiega la Misul, è proprio
quella di non voler vedere. E questo succede sempre più spesso
anche nella civile e tollerante Toscana. Per la cronaca, non più di un
mese fa un commerciante empolese ha esposto sulla porta del suo negozio
un cartello in cui vietava l’ingresso ai cinesi che non parlavano
italiano. I capri espiatori cambiano, ma le dinamiche sono le stesse.
Adam Smulevich
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I tortuosi percorsi del 'cammino dell'odio'
Fra i vari passi del discorso pronunciato da Benedetto XVI nel Tempio
Maggiore di Roma, lo scorso 17 gennaio, già ampiamente commentati e
valutati, una piccola osservazione, forse, merita ancora la
considerazione secondo cui la Shoah “rappresenta, in qualche modo, il
vertice di un cammino di odio che nasce quando l’uomo dimentica il suo
Creatore e mette se stesso al centro dell’universo”. Il concetto non è
nuovo, giacché altre volte il Pontefice ha accostato il nazismo e il
comunismo all’ateismo (o, come in un’altra recente esternazione, al
‘nichilismo’), considerati tutti, in vario modo, espressioni di un
comune “cammino di odio”, capace di portare alle più gravi abiezioni. Anche
se gli atei (come i ‘nichilisti’) non dispongono di chiese, partiti o
portavoce, essi avrebbero, ciò non di meno, buone ragioni per
protestare. “Mettere l’uomo al centro dell’universo”, infatti, non vuol
dire necessariamente effettuare una scelta di protervia e
sopraffazione, ma può anche significare, al contrario, fiducia nella
responsabilità individuale e nelle virtù etiche dell’essere umano,
unica creatura capace di discernere tra il bene e il male. Alcuni
ritengono che la luce della morale sia ispirata dalla divinità; altri,
invece, non lo credono, ma anche tra questi ultimi si possono
annoverare molti tra i più alti e nobili spiriti dell’umanità (c’è
bisogno di fare nomi?). Per quanto riguarda, in particolare, la
Shoah, non sarebbe male ricordare che tanti atei e tanti comunisti
sacrificarono la loro vita per combattere fascismo e nazismo, mentre
tanti uomini di fede e di chiesa fecero scelte opposte (indicando, per
esempio, in Mussolini un “uomo della Provvidenza” [Pio XI, 13 febbraio
1929], o elogiando i “nobilissimi sentimenti cristiani” di Franco [Pio
XII, 16 aprile 1939]).
Francesco Lucrezi, storico |
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Gli
argomenti più trattati oggi nei nostri quotidiani sono i rapporti
dell’Occidente con l’Iran e l’uccisione del trafficante d’armi
palestinese avvenuta nel mese di gennaio a Dubai. Sul Corriere Battistini
descrive nei dettagli l’uccisione di Mahmoud al Mabbouh avvenuta in un
grande albergo ad opera di un commando composto da 10 uomini (e una
donna) dei quali sono noti i visi ma non le identità, nascoste da
passaporti falsi di diverse nazionalità. Perfino un israeliano si è
accorto di essere stato coinvolto suo malgrado in questo affair, con
tutte le spiacevoli conseguenze che gliene deriveranno. Il Mossad è
sospettato, ma si sottolinea che di solito non ricorre a commandos così
numerosi, e non lascia così tante tracce dietro le sue azioni. In
questo caso inoltre anche due palestinesi sembrerebbero essere
coinvolti (ed è difficile immaginare una collaborazione in simile
operazione tra Mossad e palestinesi). Di questa azione che si è svolta
con precisione cronometrica in soli 23 minuti, anche altri quotidiani
parlano, ma sembrano tutti certi della colpevolezza del Mossad: così è
per Liberazione, dove Marretta scrive: killer del Mossad, per il Messaggero, in un simile articolo di Erica Salerno, e per Repubblica,
in un altro articolo ancora simile di Stabile, che solo nelle ultime
righe accenna al coinvolgimento dei due palestinesi. Su l’Opinione
Stefano Magni parla delle diplomazie al lavoro per risolvere il nodo
Iran. Anche la Turchia si dà da fare, forte dei suoi nuovi, forti
legami con Ahmadinejad, mentre l’Arabia Saudita sembra essere meno
disposta a seguir la strada tracciata dalla Clinton. Gli USA con la
loro politica incerta hanno già perso un anno a tutto vantaggio dei
mullah. E intanto l’Arabia Saudita avrebbe concesso ad Israele il
permesso di sorvolare il suo territorio in caso di attacco. Per il Tempo
la missione della Clinton in Arabia Saudita e Qatar sarebbe fallita.
Intanto su l’Opinione Sfaradi si chiede se la missione di Netanyahu a
Mosca possa ancora servire: la Russia ha confermato la propria
fornitura di missili ”difensivi” S300 a Teheran, ma una volta che
questi vengano schierati a difesa delle basi nucleari “offensive”, non
diventano essi stessi armi offensive? Ed a proposito della visita a
Gerusalemme del capo di stato maggiore USA, dopo la sua conferenza
stampa (in un passato recente queste visite non venivano tanto
pubblicizzate, altro che conferenza stampa ndr), Sfaradi si domanda se sia stata più una visita da ammiraglio o da pompiere. Fiamma Nirenstein sul Giornale scrive
del rischio sempre più vicino che a maggio l’Iran diventi membro del
Consiglio ONU per i diritti umani: diventerebbe giudice di chi è buono
e morale, dopo aver già collezionato tanti incarichi ufficiali
internazionali negli ultimi anni. Dal 2006 il nuovo Consiglio per i
diritti umani ha emesso 33 condanne contro stati, delle quali ben 27
contro Israele, ma nessuna contro stati sicuramente colpevoli come
l’Iran, il Sudan, la Cina e Cuba. Fiamma Nirenstein scrive che la crepa
dell’ONU può diventare una voragine, e c’è da chiedersi se questo non
possa servire finalmente perché il mondo democratico comprenda
finalmente come stanno andando le cose. Il Foglio parla delle pressioni
sulle aziende tedesche perché si ritirino dal mercato iraniano. La
Siemens, spinta dai più importanti affari negli USA, ha dichiarato che
non firmerà nuovi contratti, ma altre aziende come BASF, Bayer, Linde,
nonché tante aziende medie dichiarano di non voler seguire questa
strada. E se le banche tedesche non coprono operazioni commerciali con
l’Iran, ci pensano le banche iraniane presenti in Germania con loro
filiali. Anche Dubai, con 5/6000 aziende iraniane presenti sul suo
territorio, si presta ad agire come testa di ponte per il regime di
Ahmadinejad. Ma poi, se alcune aziende europee smettono di fare affari
con gli iraniani, oltre ai cinesi, sempre pronti a infilarsi in questi
business, vi sono anche altri europei: quando la Mercedes rifiutò di
fornire i propri camion, la commessa venne vinta dalla Volvo, con buona
pace della solidarietà europea. Solidarietà che, come ricorda l’Avanti,
venne meno anche in occasione delle recenti celebrazioni della
rivoluzione di Khomeini: alcuni paesi non hanno mandato i propri
ambasciatori, ma tanti altri invece li hanno mandati (ed io ricordo
che, in Italia, il solo Dini sembra aver partecipato, tra i politici di
primo piano, al ricevimento dell’ambasciata iraniana). Molti
quotidiani, come il Messaggero ed il Sole 24 Ore,
pubblicano una breve nella quale si riportano le parole di Ahmadinejad
che dice che Israele in primavera attaccherà l’Iran: ma non era lui che
continuava a dichiarare che presto avrebbe cancellato l’entità sionista
dalle carte geografiche? Su l’Opinione
David Harris si chiede come mai passi sotto il silenzio di tutti il
ritiro della cittadinanza a migliaia di palestinesi giordani. Siccome
non è colpa di Israele, nessuno se ne accorge, come nessuno si accorse
di quando Saddam Hussein ne cacciò quattrocentomila, e altre centinaia
di migliaia furono cacciati dal Kuwait. Harris scrive: se questo non è
un caso di ipocrisia rampante, che cosa è? L’Osservatore Romano
dedica un lungo articolo propagandistico alla storia di un ebreo
polacco che durante la guerra riuscì, sotto falso nome, ad arruolarsi
tra le SS e in tal modo contribuì a salvare molte vite di ebrei;
vistosi scoperto si rifugiò in un convento e finì col convertirsi al
cattolicesimo, dopo una battaglia psicologica “di due giorni”. Dopo la
guerra si riunì ai familiari sopravvissuti, in Israele, dove ora vive
nel convento carmelitano di Haifa. L’Avvenire
parla della visita del cardinale Poletto nella Sinagoga di Torino,
accolto dal rabbino Somekh e dal presidente Tullio Levi. Ha fatto un
discorso di fraternità e di dialogo, in presenza anche di
rappresentanti del Coreis. Speriamo che in futuro sia davvero così, e
che in locali della Chiesa cattolica torinese non si debbano più
sentire parole di antisemitismo puro (e anche di violento antisionismo)
come è purtroppo successo ancora in un recente passato, senza
possibilità di confronto. Il Messaggero parla del consigliere regionale romano che distribuisce calendari con l’immagine del Duce. All’estero le Monde
interroga numerose donne velate, con le loro difficoltà causate dalle
leggi francesi; tuttavia non scrive che il velo non è un simbolo
religioso. Infine l’Herald Tribune pubblica la recensione del libro Capitalism and the Jews di Muller che meriterebbe maggiore approfondimenti. Emanuel Segre Amar |
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notizieflash |
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Israele, istruzioni per l'uso
Tel Aviv, 17 feb - Il
governo israeliano distribuisce da oggi un particolare libretto
informativo ai suoi cittadini in partenza per l'estero. Lo scopo di
questo libretto, il cui contenuto sarà diffuso anche via
internet (masbirim.gov.il), è quello di difendere l'immagine di
Israele dagli attacchi sistematici dei suoi avversari politici. Il
ministro per l'Informazione Yuli Edelstein, ha spiegato che l'obiettivo
che ci si prefigge è di mettere gli israeliani nelle condizioni di
sostenere discussioni argomentate con i loro interlocutori all'estero,
e fornire loro informazioni aggiornate. Il tutto nel per migliorare
l'immagine dello Stato ebraico e di combattere una serie di 'miti' che
secondo il governo hanno preso piede. Fra le idee preconcette che
andranno sradicate figurano: la convinzione che Israele sia uno Stato
'religioso'; che gli israeliani non vogliano la pace; che in passato ci
sia stata un Palestina araba; che il conflitto israelo-palestinese sia
all'origine del terrorismo nel mondo. Ai turisti e agli uomini di
affari in partenza vengono dati anche consigli pratici su come meglio
attirare la attenzione dei loro interlocutori. Si suggerisce ad esempio
di esprimersi in maniera chiara e stringata; di ascoltare con
attenzione le tesi altrui; di evocare esperienze di carattere
personale; e di non rinunciare mai ad una dose di umorismo. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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