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    22 febbraio 2010 - 8 Adar 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Si avvicina Purim e il momento è opportuno per ricordare una storia interessante. Rav Yehudà Minz era tra i più illustri rabbini ashkenaziti che arrivarono in Italia dalla Germania nella seconda metà del '400 per sfuggire alle persecuzioni. A Padova fondò una yeshivà prestigiosa. Nella sua famiglia e in quelle dei suoi autorevoli maestri, come anche nelle comunità italiane del nord, c'era l'uso a Purim di mascherarsi. Gli uomini si vestivano da donne e viceversa. Ma secondo la Torà  (Devarim 22:5) è proibito alle donne indossare abiti maschili e agli uomini quelli femminili. Era permesso fare un'eccezione per Purim? In altri termini, la regola della Torà ha valore assoluto o dipende dallo spirito e dalle circostanze in cui si compie una determinata azione? Yehudà Minz rispose che a Purim si possono indossare gli abiti dell'altro sesso, è solo uno scherzo transitorio. Un grande come Moshe Isserles (il Rema) confermò il suo permesso, ma altri lo misero in discussione. La questione si trascinò a lungo. Due secoli dopo, a Venezia, rav Shemuel Aboab rifiutava le aperture di Minz. Piccolo episodio emblematico di come l'ebraismo affronti ma non risolva questioni di principio della sua tradizione. 
La percentuale di italiani che comprano libri sul Risorgimento - segnala Andrea Romano su Il Sole di ieri - è ridottissima, l'1.3 per cento di tutti i libri venduti tra il 2007 e il 2009. Il nostro Ottocento non è proprio, sembra, il più appetibile dei periodi storici, molto di più tirano il Medioevo o la Roma antica. Insomma, Mazzini non interessa più nessuno, di Garibaldi non c'è più memoria. Il problema è serio, e tanto più in questi mesi che precedono il 150 anniversario dell'Unità italiana. Ma è l'Ottocento, il secolo delle virtù borghesi, del romanticismo, degli ideali patriottici, ad apparirci grigio, o è il fatto che finora nessuno ha saputo raccontarcelo in modo da affascinarci? Quando ero giovane, devo ammetterlo, era un secolo che mi appariva noioso e piatto. Troppo vicino e al tempo stesso tanto lontano. Fu così che il secolo dell'Unità d'Italia restò per me un buco nero, tanto che da docente ci passai oltre il più possibile, con disinvoltura. Resta però aperta la domanda sul perché noi storici non siamo stati capaci di raccontare, trasmettere, narrare il formarsi della nostra coscienza nazionale. Forse per colpa del fascismo, che l'ha seguito, o per un'estraneità al nazionalismo? O c'è dell'altro, più profondo, una mancanza di emozione e di identificazione? Non so rispondere, ma mi rendo conto che è una domanda che va divenendo sempre più importante.
Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Qui Firenze - Il Noar si chiude tra tante speranze e una certezza
 

noarCosa resterà del Noar 2010, l’evento che ha riunito a Firenze i leader di tutte le realtà giovanili ebraiche italiane? Oltre al ricordo di una piacevole rimpatriata tra amici, anche una serie di proposte interessanti, alcune delle quali concretamente realizzabili nel breve periodo.
Ma prima ancora delle varie proposte, a tenere banco è stata la notizia ufficiale della rinascita di Hatikwa, il giornale dei giovani ebrei italiani. Proseguendo sulla strada di apertura al confronto intrapresa negli ultimi anni, infatti, il nuovo consiglio dell'Unione giovani ebrei d'Italia (Ugei) ha deciso di potenziare ulteriormente le proprie capacità comunicative. Lo farà con un giornale che si candida ad essere un laboratorio aperto a chiunque vorrà contribuire con idee e articoli. Ben accetti disegni e vignette: lo scopo è quello di realizzare un giornale non solo autorevole e ricco di contenuti (si parte con 8 pagine) ma anche colorato e simpatico.
La tiratura prevista è di circa dodicimila copie. Non male davvero, visto che fino a pochi anni fa l’Ugei sembrava sul punto di scomparire. Col tempo, invece, e grazie a una serie di persone che si sono date anima e corpo per rilanciarla, è diventata una realtà sempre più rappresentativa dei giovani ebrei italiani.
Hatikwa – come anticipato nella newsletter di ieri – verrà inviato a casa insieme a Pagine Ebraiche. Le prime copie saranno distribuite in occasione della festa di Purim in programma a Firenze tra un paio di settimane (5-7 marzo). La pagina degli editoriali ospiterà un intervento di Claudia De Benedetti, vice presidente e assessore ai giovani dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha promesso il suo pieno supporto all’operazione.
E sempre dal punto di vista dell’informazione è la stessa De Benedetti ad esprimersi positivamente sulla proposta di far convogliare su una specifica sezione di Moked il materiale informativo dedicato alle attività e agli eventi organizzati dai vari movimenti giovanili ebraici. Le voci sono tante: poterle riunire in unico strumento già consolidato contribuirebbe a combattere la dispersione e il frazionamento. A ciascun movimento sarebbe comunque garantita completa autonomia. Vale la regola del condominio: ingresso in comune ma poi ciascuno libero di fare quello che gli pare all’interno delle mura domestiche.
L’incontro fiorentino ha visto inoltre i giovani chiedere con forza una maggiore rappresentanza nelle “stanze del potere”. Come la presenza di 3 delegati, eleggibili ogni 4 anni, all’interno del Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. La richiesta verrà formulata nei prossimi giorni alla Commissione di revisione dello Statuto.
Si è discusso anche di fondi.  Attualmente l’Ucei versa trentamila euro annui all’Ugei: alcuni consiglieri ritengono che la cifra non sia sufficiente perché molti eventi finiscono in passivo. Se ne riparlerà, anche se la sensazione è che non sarà così facile ottenere ulteriori finanziamenti.

Ermanno Favre



Qui Livorno – Un libro per un eroe silenzioso

mario canessaMario Canessa è un uomo distinto che ha alcune caratteristiche tipicamente livornesi, e più in generale toscane: prima tra tutte una certa predisposizione alla risata e alla battuta. Ma questo simpatico novantaduenne sa stare anche in silenzio: per oltre 60 anni non ha raccontato la sua storia a nessuno, neanche ai parenti più stretti. La sua ritrosia è stata vinta gradualmente e con una certa difficoltà, come può testimoniare l’editore Guido Guastalla, uno dei primi a cercare di farsi raccontare quello che Canessa aveva fatto per il popolo ebraico.
Livornese di adozione (è nato a Volterra), negli anni del nazifascismo Canessa ha aiutato molti ebrei e prigionieri di guerra a fuggire in Svizzera. Poliziotto di servizio a Tirano, non ci ha pensato neanche un attimo a mettere a repentaglio la propria vita per salvare delle persone che non conosceva neppure.
La Comunità Ebraica di Livorno ha recentemente voluto rendergli omaggio facendo scrivere in suo onore il nuovo Sefer Torà, da poche settimane nella sinagoga della città labronica: il primo Sefer Torà ad essere mai stato scritto in onore di un Giusto tra le Nazioni.
Ma lui non si sente un eroe. “Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque”, spiega al numeroso pubblico accorso nella Sala delle Cerimonie del Palazzo Municipale in occasione della presentazione del libro “Questo strano coraggio. Mario Canessa un livornese Giusto fra le nazioni”, volume scritto dal giornalista del Tirreno Massimo Zucchelli e già spedito nelle case di seimila nuclei familiari della zona.
Erano presenti in sala alcune tra le principali cariche pubbliche cittadine (a partire dal sindaco Cosimi), rappresentanti della Regione, delle Forze Armate e della Chiesa. C’era anche Liliana Picciotto, storica del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.
Canessa ha parlato del suo comportamento come di un comportamento normale, eppure non tutti agirono come l’ex poliziotto nativo di Volterra: decine di lapidi presenti nelle nostre città ci ricordano quotidianamente che “Italiani brava gente” è molto spesso un clichè abusato. Ed anche la realtà dei nostri giorni ci mostra che l’indifferenza (il caso Rosarno è solo l’ultimo di una serie) è una malattia dalla quale non possiamo dirci guariti. Su questo concetto i vari relatori intervenuti si soffermeranno più volte.
Scrive Mauro Zucchelli: “Mario Canessa è un ragazzo di 92 anni e la faccia da eroe francamente non ce l’ha. Ammesso che gli eroi abbiano l’identikit hollywoodiano con la mascella inox e il muscolo gonfio che a scanso di dubbi scatta prima del pensiero. Non ce l’ha perché non si è mai visto un eroe con i capelli bianchi, un viso rotondo e il sorriso largo da nonno contento più quel tot di ironia bonaria toscana, forse etrusca”.
Ecco la normalità del bene, che ci riconcilia in parte con un passato in cui delatori si muovevano per le piazze e per le vie delle nostre belle città, vendendo ebrei e oppositori in cambio di poche lire.

Adam Smulevich


Qui Livorno - Professionalità e riservatezza

E' raro assistere alla presentazione di un libro o di una pubblicazione (parlo del numero speciale di "Comune Notizie", rivista della municipalità di Livorno dedicata al Giusto tra le Nazioni Mario Canessa, del quale ben riferisce Adam Smulevich) senza udire la parola dell'autore, pur essendo egli presente.
In genere gli autori - giustificatamente seppur spesso "debordando" - tendono a essere protagonisti, orgogliosi delle proprie opere: la particolarità di Mauro Zucchelli, stimatissima firma della cronaca livornese de "Il Tirreno" ed estensore dello scritto,è stata appunto quella di rimanere silente, immune dalle giuste lusinghe espresse dagli oratori, senza però macchia alcuna di snobismo.
Avrei preferito sentirlo parlare, dopo aver letto come egli sia riuscito a stendere su carta gli avvenimenti di quel tragico periodo, ma ammetto che quel silenzio è stato lo stesso un grande intervento.... grazie Mauro!

Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 
 
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  Molti Hamàn, un solo Purim

donatella di cesareLa storia del mondo non sa nulla di una regina ebrea in Persia. La Meghillàt Estèr, con i suoi sfarzosi banchetti e le scene da harem, gli intrighi e i complotti di corte, i colpi di scena e le svolte teatrali, assomiglia quasi a un racconto delle “Mille e una notte”. Certo, tutto sembra una favola. Eppure la Meghillà è molto più realistica di molti altri racconti biblici.
L’occasione all’origine di Purim è tutt’altro che gioiosa. Ancora una volta il popolo ebraico è minacciato. Nell’impero persiano Hamàn, il consigliere del re Assuero, addita negli ebrei il nemico numero uno. E pretende che il re risolva una volta per tutte la “questione” e ne ordini lo sterminio. Gli ebrei del regno – ed erano allora tutti gli ebrei del mondo – avrebbero dovuto essere annientati in un sol giorno. Hamàn, tirando a sorte, lo aveva già stabilito.
Tutto ha inizio con il grande banchetto del re Assuero che vuol fare baldoria e chiama la regina Vashtì a presentarsi. Ma questa si rifiuta. E così occorre trovare una sostituta. Viene indetto allora un concorso di bellezza e a vincere è Estèr, un’ebrea. Ma Estèr non rivela di essere quello che è, tiene segreto il suo ebraismo. Glielo ha suggerito Mordekhài che ha acquisito meriti su meriti nello Stato persiano. E malgrado ciò gli ebrei sono a un passo dall’abisso. Mordekhài infatti non si lascia allettare dall’assimilazione e resta tenacemente saldo alla sua fede. In nessun modo vuole piegarsi davanti al potente tiranno persiano. La sua inflessibilità potrebbe costituire il motivo dello sterminio? Al contrario. Il re persiano, durante una notte insonne, viene a sapere che Mordekhài, rimasto fedele al suo ebraismo, è leale e affidabile. E così, su quella stessa forca che era stata preparata per Mordekhài, finisce Hamàn.
Già il nome Purìm dice tutto: dal persiano pur designa le sorti che si gettano per fissare una data o per regolare il destino. Fin troppe volte, nella storia, l’esistenza del popolo ebraico è parsa come abbandonata alla fatalità, legata ad una partita a dadi. Insomma: come una insperata vincita alla lotteria.
Proprio un’ebrea assimilata doveva diventare “Miss Persia”? E doveva trapelare la lealtà ebraica? E il malvagio consigliere doveva cadere nella trappola dei suoi stessi intrighi? Che cosa sarebbe successo se il re non fosse stato un inetto, se la regina non fosse stata una ebrea, se il nemico del popolo ebraico non fosse stato un pericoloso sbruffone? Mordekhài avrebbe potuto essere impiccato al posto di Hamàn, come Hamàn è stato invece impiccato al posto di Mordekhài.
La storia secolare di Estèr ha una inquietante attualità. Il numero vincente delle generazioni che ci hanno preceduto era uno su mille, su diecimila, su centomila. Riflettendoci potrebbero sorgere dubbi e si potrebbe finire per disperare. Ma è la Meghillà stessa a ricordarci che l’esistenza ebraica è appesa a un filo sottilissimo… Lo sterminio, nel regno persiano, non ebbe luogo – e il popolo ebraico fu salvo.
Chi ha impedito lo sterminio? Nel testo ebraico il Nome Divino non viene neppure menzionato. E tutta la storia appare un vero tiro a sorte. Ma dietro il destino cieco, il fato dei pagani, c’è una Assenza che brilla nascosta e che, malgrado la fitta oscurità e il frastuono assordante, malgrado le minacce e le intimidazioni, attende di essere riconosciuta nella storia e nel miracolo della sopravvivenza del popolo ebraico.
Perciò, malgrado i tanti Hamàn di questo mondo, siamo qui a festeggiare!

Donatella Di Cesare, filosofa 
 
 
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I casi sono due. O i giornalisti dell'edizione domenicale del Times sono dotati di superpoteri, o la loro etica giornalistica somiglia piuttosto a quella dell'inventore di James Bond, Jan Fleming, che all'umile cronista che consuma le scarpe per raccontare cos'è successo in un incidente stradale. In una serie di articoli che non esprimono nessun dubbio critico troviamo oggi questa storia sulla stampa italiana (De Giovannangeli sull'Unità, Salerno sul Messaggero, notizie sulla StampaRepubblica). Vediamo come la racconta Micalessin sul Giornale, che ha almeno il doppio pregio di non essere pregiudizialmente anti-israeliano e di sapere di cosa parla in materia militare: "A dar retta alla ricostruzione pubblicata ieri dal Sunday Times di Londra e attribuita a una fonte del Mossad il piano per l'eliminazione di Al Mabhouh sarebbe stato approvato da Netanyahu in persona durante una visita alla cosiddetta «midrasha», il quartier generale dei servizi segreti situato su una collinetta alla periferia settentrionale di Tel Aviv. Agli inizi di gennaio – secondo il racconto – due Audi nere blindate avrebbero scaricato Bibi davanti alla «midrasha» dove lo attendeva il 64enne Meir Dagan. i due avrebbero ascoltato assieme la preparazione del piano esposta da alcuni dei sicari scelti per l'eliminazione del grande armiere di Hamas. Soddisfatto del piano Bubi avrebbe concesso l'immediato via libera dicendo: «Il popolo d'Israele ha fiducia in voi, buona fortuna»." Il carattere romanzesco di questa storia è evidente. Non solo qualcuno dovrebbe aver visto Netanyahu entrare con due auto (non tre e non una) nere (non blu e non grigie) in un posto chiamato "collegio" questo vuol dire midrashà, e qui arriva il generico in un giorno dell'inizio di gennaio scorso; ma costui avrebbe sentito "i sicari" esporre il piano e il primo ministro approvarlo con certe parole. Pura fantascienza, i capi politici non prendono decisioni operative del genere, da che mondo è mondo, al massimo si fanno raccontare il piano dal capo dei servizi segreti; ma se fosse vero, il giornalista britannico dovrebbe aver ricevuto le confessioni di un partecipante all'azione, cioè di un "sicario". Perché non ne fa il nome. Badate poi che c'è una contraddizione fra quel che si era detto, e cioè che Mabhout decise all'ultimo momento di venire a Dubai senza scorta, mentre il piano sarebbe stato definito un mese prima, e addirittura, aggiungono altri giornali ancor più fantasiosi, gli agenti si sarebbero allenati in un albergo di Tel Aviv. Le stesse contraddizioni si trovano nella storia della morte: con torture elettriche, per avvelenamento, con una medicina che provoca infarti, no con un cuscino. La realtà è che nessuno sa chi sia stato, la polizia di Dubai non ha identificato se non le facce che ha visto circolare per l'albergo di Mabhout sulle videoregistrazioni e ha attribuito loro i nomi dei passaporti falsi fotocopiati alla frontiera, senza identificare le persone. Tutto il resto sono illazioni, pura immaginazione, che ha il senso di riempire un vuoto di notizie e di mettere in imbarazzo Israele.
Lo stesso vale per la sola notizia vera della giornata, la dichiarazione dei ministri degli esteri spagnolo e francese di essere favorevoli alla proclamazione dello Stato palestinese fra 18 mesi (Le Monde; Alan Barluet, Marc Henry e Yves Treard sul "Figaro"). Si tratterebbe di un proposito irresponsabile, fatto con il solo scopo di mettere in difficoltà Israele, che renderebbe più probabile una guerra (dato che si attribuirebbe a uno stato che non c'è un territorio che non controlla, contro la legge internazionale). Per fortuna è solo una mossa politica, intesa a mettere "pressione" su Israele o più probabilmente a soddisfare esigenze di politica interna.
Il problema generale sotto queste due storie è che i giornalisti non fanno più i giornalisti, cioè non cercano più i fatti; i ministri non fanno più i ministri (cioè prendono decisioni). Sul Medio Oriente tutti fanno annunci, ipotesi, "ballon d'essai", provocazioni. E tutti in una direzione sola: contro Israele.

Ugo Volli

 
 
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Bomba molotov lanciata contro una sinagoga al Cairo                
Il Cairo, 21 feb -
Fonti del servizio di sicurezza locale hanno reso noto che un ordigno artigianale è stato scagliato contro il portone di una sinagoga nel centro del Cairo, senza provocare né feriti né danni. Secondo le fonti, citate dall'agenzia ufficiale Mena, l'ordigno è stato lanciato da un ragazzo, che poi è fuggito. La polizia ha sigillato l'area attorno alla sinagoga, la più grande del Paese arabo. La bomba era una molotov ed è stata lanciata dentro uno zaino dal quarto piano di un albergo che si trova di fronte al tempio ebraico Shàar Hashamayin. L'attentatore è poi fuggito. La molotov è finita sul marciapiede davanti al portone della sinagoga e ha provocato un piccolo incendio. "Non c'erano turisti nella sinagoga quando l'incidente ha avuto luogo. Non ci sono state vittime né danni" ha detto un responsabile della sicurezza. La polizia ha aperto un'inchiesta.
 
 
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