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L'Unione informa |
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25 febbraio 2010 - 11 Adar 5770 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
All'inizio
della parashà di Terumà è scritto: fatemi un Santuario e Io risiederò
in mezzo a loro. Le conseguenze della costruzione del Santuario è che
Dio risiederà non nel Santuario ma in mezzo al popolo ebraico. Il
Santuario però per due volte è stato distrutto e da oltre 2000 anni non
esiste più. Eppure la parashà sembra parlare di una presenza costante
della Shekhinà in mezzo al popolo: Com'è possibile? Secondo rav Alshikh
il Santuario a cui si riferisce la parashà di Terumà non è il Bet
Hamikdàsh ma la costruzione di una famiglia ebraica. Secondo un famoso
passo talmudico partecipare e gioire a un matrimonio ebraico equivale
alla ricostruzione del Bet Hamikdash. Questo è il Santuario che secondo
rav Alshikh porta la Shekhinà in mezzo al popolo.
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Lunedí su questa pagina, Anna Foa
lamentava lo scarso interesse dei lettori verso i libri sul
Risorgimento e si domandava se la causa fosse l'incapacità degli
storici di raccontare in modo attraente il formarsi della coscienza
nazionale italiana, o forse qualche aspetto più profondo dell'identità
degli italiani. Vorrei qui raccogliere il guanto della sfida, e
proporre a mia volta una domanda. Certo la tragica e grottesca parata
del fascismo ha creato in Italia degli anticorpi che hanno operato dal
dopoguerra come un freno nei confronti dell'idea di nazione. Inoltre la
crescente integrazione europea e globalizzazione tendono a far
diminuire la rilevanza dei particolarismi nazionali. Ma è anche vero
che la lingua italiana svolge ancora un insostituibile ruolo
integratore su tutto il territorio. E il sentimento di nazione non è
finito. Certo la bandiera nazionale è meno esposta in pubblico in
Italia di quanto non lo sia in Francia o negli Stati Uniti. E allora la
domanda – in parallelo a quanto noi ebrei ci chiediamo cosí spesso
circa la natura dell'identità ebraica – diventa: Che cos'è oggi
l'identità italiana? È religione cattolica? Sicuramente meno che in
passato. È cultura condivisa? Se ne può dubitare sempre di più nell'era
dell'internet. È solidarietà economica e sociale? Il grande trend
contemporaneo è la privatizzazione. È coscienza e progettualità civile?
Le notizie sullo stato della politica non sono sempre incoraggianti. O
forse l'identità italiana finisce per essere, per esclusione, il non
essere un immigrato extra-comunitario? Domande in cerca di risposta.
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Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme |
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Il caso Goito - La scuola pubblica deve essere laica
Le
notizie relative al regolamento di iscrizione ad un asilo pubblico di
Goito, in provincia di Mantova, preoccupano l’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane e la Comunità Ebraica di Mantova, che riaffermano il
dovere per tutti di rispettare in ogni occasione i principi di laicità
dello Stato e i diritti delle minoranze garantiti dalla Costituzione. Riteniamo
doveroso sottolineare che tale decisione, pur circoscritta ad una
realtà locale, non garantirebbe i medesimi diritti e le medesime
possibilità e parità di accesso a luoghi e servizi pubblici, ai
cittadini italiani appartenenti a confessioni religiose diverse dalla
cattolica o non credenti, legittimandone in tal modo l’esclusione o la
mancata iscrizione. Auspichiamo che la normativa approvata, che a
Goito danneggerebbe soprattutto la folta minoranza di famiglie non
cattoliche o provenienti da altri Paesi, possa essere riesaminata dal
locale Consiglio Comunale, nel rispetto dei diritti fondamentali della
Repubblica italiana.
Renzo Gattegna, Presidente dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane Fabio Norsa, Presidente della Comunità ebraica di Mantova
Il caso Goito - Quando "una cretinata" diventa un crimine
Benvenuti
a Goito, tranquilla e operosa provincia mantovana, nuova capitale
dell’assurdo applicato al mondo della scuola. Grazie a una mozione
approvata a maggioranza dal Consiglio comunale (tra i fischi e le
proteste dell’opposizione di centrosinistra), da adesso in poi
solamente i bambini provenienti da famiglie che accettano
“l’ispirazione cristiana della vita” potranno essere iscritti all’asilo
di proprietà del Comune, struttura pubblica e pagata con i soldi dei
contribuenti. La scuola, almeno in teoria, sarà aperta anche i non
cristiani, ma i genitori dovranno comunque firmare un documento con il
quale accetteranno di far educare i propri figli nel rispetto di quella
“ispirazione cristiana della vita” che non si capisce bene cosa sia. Il
bello (per modo di dire) è che il tutto avverrà in un istituto pubblico
e quindi, almeno questo è quello che prevede la nostra tanto vituperata
Costituzione, in territorio laico. Ma è risaputo, per taluni la laicità
è un optional fastidioso come la puntura di un insetto. Anita
Marchetti, sindaco di Goito, sembra soddisfatta del lavoro del
consiglio comunale: “Da 30 anni la struttura funziona con personale
religioso, questo regolamento disciplina una situazione di fatto”. Il
primo cittadino della località lombarda fa riferimento al regolamento
del Fism (Federazione Italiana Scuole Materne), organismo che è
riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Peccato che la Fism
rappresenti le scuole paritarie e non quelle amministrate dallo Stato. Vediamo
cosa pensano della soddisfazione della signora Marchetti alcuni dei
collaboratori di Pagine Ebraiche e del Portale dell'ebraismo italiano. È
perplessa a dir poco Angelica Bertellini, Osservatorio Articolo 3 di
Mantova, coinvolta in prima persona – anche per ragioni di vicinanza
geografica – nella vicenda. “Si tratta dell’ennesimo tentativo - spiega
con rammarico - di costruire una falsa identità italiana”. Tentativo
effettuato, secondo lei, senza una chiara intenzione discriminatoria ma
con una certa superficialità. “Credo che chi sia espresso positivamente
non abbia colto la gravità di questa decisione”. Angelica è pronta a
dar battaglia: “Qualora l’amministrazione non cambiasse idea,
l’Osservatorio farà di tutto perché un principio basilare della nostra
Costituzione venga rispettato”. Esprime la propria indignazione
anche Fabio Norsa, consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche e
presidente della Comunità di Mantova. “In una scuola pubblica – spiega
– un fatto del genere è assolutamente intollerabile e
anticostituzionale. Parlo a titolo personale anche se credo che in
molti siano d’accordo con me”. Durissimo David Bidussa, teorico
sociale delle idee: “Mi sembra che siamo tornati al tempo della Spagna
medievale e alla questione della limpieza del sangre (la purezza del
sangue)”. La società italiana, a parer di Bidussa, si sta spaccando in
due tronconi. Da una parte le culture superiori, dall’altra quelle
inferiori: e se hai la sfortuna di appartenere a quest’ultima categoria
sei condannato a contare meno di zero. Per Anna Foa la formula
vaga utilizzata nel regolamento è stata scelta appositamente per
trovare delle scappatoia alle norme legislative e alla Costituzione. La
storica e docente universitaria commenta: “È una decisione che non ha
alcun senso. Non lo avrebbe avuto nemmeno per una scuola privata
cattolica”. E poi si chiede: “In che modo avviene la selezione del
personale? La religione è una discriminante? Sarebbe importante che
arrivasse al più presto un chiarimento da parte della Cei”. Sonia
Brunetti insegna matematica in una scuola torinese e viene raggiunta
poco prima di entrare in aula. Bene specificarlo: un’aula aperta agli
studenti di qualsiasi ispirazione religiosa (e l’auspicio, nel suo
caso, è che siano ispirati anche con equazioni e diagrammi). La
posizione della Brunetti è netta: “Non è questo il modo per preservare
le radici e i valori culturali di un popolo. Chiudersi è un errore,
bisogna essere sempre aperti al confronto”. Il semiologo Ugo Volli
riassume il suo pensiero nella seguente frase: “Ancor prima di un
crimine e di un atto illegale da invalidare, questa è una cretinata
enorme”. Enea Riboldi, il disegnatore che firma le celebri
vignette di Pagine Ebraiche, prova grande imbarazzo per la deriva
clericale della società italiana e si chiede: “Cosa vorrà mai dire
avere un’educazione cristiana? Con tutti gli scismi che ci sono stati
nella storia della Cristianità è un’espressione che non significa
niente”. E quando si parla dei famosi documenti da sottoscrivere,
sentenzia così: “Sono cose che mi fanno venire in mente le Forche
caudine”. Sarà forse la vignetta del prossimo numero sul giornale
dell'ebraismo italiano, a meno che qualcun altro nel frattempo non
riesca a superare il nuovo record del ridicolo soffiando a Goito questo
triste primato.
Processo Olmert: parlano i testimoni
Riapre
oggi a Gerusalemme, con l’esame dei testimoni, il processo contro l’ex
primo ministro Ehud Olmert e la responsabile della sua segreteria
personale, Shula Zaken. Gravi le accuse che pendono sui due imputati:
frode ai danni dello Stato, finanziamento illecito, abuso d’ufficio,
falsificazione di documenti aziendali, evasione fiscale. All’evidente
delicatezza del caso si è aggiunta un ulteriore difficoltà. Il
procuratore Urbi Korb, titolare dell’inchiesta, è stato costretto a
lasciare temporaneamente l’incarico per aver rivolto delle frasi
ingiuriose nei confronti dei giudici del Tribunale distrettuale di
Gerusalemme. Contro di lui sarà presto aperto un procedimento
disciplinare per valutare la gravità delle sue affermazioni. Intanto
la conduzione dell’accusa nel processo Olmert è stata affidata a Eli
Abarbanel. A nulla sono valse le richieste di quest’ultimo di
posticipare l’audizione dei testimoni di tre mesi. Il presidente della
Corte, Moussia Arad, è stata irremovibile, fissando la data di apertura
per il 25 febbraio. Tre le vicende per cui l’ex primo ministro si
trova ora nell’occhio del ciclone. La prima riguarda il “caso
Talansky”. Secondo il procuratore capo Menachem Mazuz, a partire dal
1993 Olmert avrebbe incassato illecitamente ingenti quantità di denaro
dal miliardario statunitense Morris Talansky, il tutto per finanziare
la sua campagna elettorale. La pratica delle tangenti, sempre secondo
l’accusa, si sarebbe protratta anche durante gli anni in cui Olmert era
ministro dell’Industria del governo Sharon, ovvero dal 2003 al 2006. In
cambio dei soldi Talansky avrebbe ottenuto l’appoggio necessario per il
conseguimento di alcuni affari di prima importanza in Israele. Il
secondo filone di indagini è legato a rimborsi truccati e fatture
gonfiate. Nell’arco di quindici anni, Olmert si sarebbe servito
dell’agenzia Rishon Tours per falsificare le ricevute dei suoi viaggi
istituzionali all’estero. L’agenzia inviava le fatture delle spese
raddoppiate o triplicate alle associazioni, statali o private, che
dovevano eseguire il rimborso. La differenza finiva nelle tasche del ex
primo ministro che riutilizzava il denaro per pagare la vacanza di
parenti e amici. Terzo ramo del procedimento è il caso “Centro
Investimenti” per cui Olmert è accusato di abuso d’ufficio. Da ministro
dell’Industria, l’influente imputato avrebbe garantito e promosso, in
conflitto d’interessi, alcuni affari immobiliari guidati dall’amico ed
ex socio d’affari Uri Messer. La gravità delle accuse porta, nel
settembre 2008, alle dimissioni del primo ministro. In molti hanno
apprezzato le sue parole al momento dell’uscita di scena “se devo
scegliere fra me – spiegava Olmert nel suo ultimo discorso da capo di
governo - la consapevolezza di essere innocente e il fatto che restando
al mio posto possa mettere in grave imbarazzo il Paese che amo e che ho
l’onore di rappresentare, non ho dubbi: mi faccio da parte perché anche
il primo ministro dev’essere giudicato come gli altri”. Un anno dopo,
il 25 settembre 2009, si è aperto ufficialmente il processo a suo
carico. Olmert ha sempre sostenuto la sua completa estraneità ai
fatti, tanto da dichiarare durante l’udienza preliminare “sono venuto
qui da innocente e me ne andrò da innocente..." Oggi però è
il giorno dei testimoni dell’accusa. Sono stati chiamati a deporre
l’ufficiale di polizia che ha esaminato il computer dell’ex sindaco di
Gerusalemme, alcuni collaboratori di quando Olmert era Ministro
dell’Industria e lo staff che allora gestiva la sezione computers del
ministero. A quanto risulta, il pubblico ministero Abarbanel vuole
dimostrare, sin dalle prime battute del procedimento, l’importanza e
veridicità di quello che è stato ribattezzato il “Diario di Shula”. Nel
quaderno della segretaria di Olmert, infatti, sarebbero minuziosamente
documentati incontri e trasferimenti di denaro in riferimento ai casi
“Talansky” e “Centro Investimenti”.
Daniel Reichel |
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Il ruolo dei rabbini
Mordechai viene identificato varie volte nella Meghillà come
colui "che siede alla porta del re". Dal libro di Daniele (2:49)
capiamo che questa espressione indicava una speciale dignità statale.
Possiamo immaginare a cosa servisse mettere dei dignitari alle porte
del palazzo reale: a dare lustro all'istituzione, a dare onore, secondo
il grado, a chiunque fosse ammesso al palazzo e soprattutto a impedire
l'accesso a persone problematiche per vari motivi . A pensarci bene,
questi tre ruoli sono diventati nelle Comunità ebraiche il "profilo" di
molti rabbini, soprattuto dei rabbini capi: pompa istituzionale,
rappresentanza e controllo poliziesco dell'ingresso (candidati alle
conversioni). Bisogna seriamente pensare a quali siano stati i
meccanismi che hanno costretto e continuano a tenere i rabbini in
questi ruoli e soprattutto chiedersi se non ci siano cose molto più
importanti a cui dedicare le già scarse energie.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Originalità
La
Russia lavora alacremente per bloccare il progetto nucleare iraniano.
L'idea profondamente innovativa della road map russa è di usare
sanzioni solo se Teheran dovesse tirare la bomba atomica.
Il Tizio della Sera
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Sembra
non fermarsi più la polemica contro il Mossad, accusato di aver operato
con passaporti stranieri (in particolare inglesi, irlandesi, tedeschi e
francesi) nell’operazione a Dubai che ha portato all’uccisione di un
leader di Hamas. Sono state fermate dalla polizia dell’emirato altre
quindici persone, portando così a 26 il numero di soggetti coinvolti.
Secondo Repubblica
alcuni degli agenti del servizio segreto israeliano sarebbero partiti
da Roma e Milano. Insomma, il caso è sempre più un giallo. Per provare
a interpretarlo, Ugo Tramballi sul Sole 24 Ore
fornisce tutti gli elementi utili. Se il caso-Dubai sta per
trasformarsi in una sorta di fiction a puntate che fa gola al
giornalismo investigativo, quella del “principe verde” è già leggenda.
Il Giornale racconta l’interessante storia del figlio di uno dei leader storici di Hamas che lavora per i servizi di Israele. Voltando pagina, Avvenire
dà notizia della scoperta di una muraglia risalente al periodo del
regno di Salomone. I resti confermerebbero, scrive il quotidiano, le
gesta del re raccontate dalla Bibbia.
Fabio Perugia |
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notizieflash |
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La
stampa israeliana esprime dubbi sulla responsabilità
del Mossad nell'uccisione del capo di Hamas Gerusalemme, 25 feb - Lo
scrittore e giornalista Yossi Melman esprime oggi, sulle pagine del
quotidiano Haaretz, dubbi che l' uccisione del capo di Hamas, Mahmud
al-Mabhouh sia stata opera del Mossad. In un commento Melman, che ha
fama di esperto di servizi segreti israeliani, afferma che è difficile
credere che gli organizzatori dell'operazione nel Mossad, - ammesso che
questo servizio segreto sia stato responsabile dell'uccisione - abbiano
inviato (nel Dubai) "quasi 30 agenti, rischiando così di esporre
un'intera unità scelta operativa per un'assassinio". E poi, aggiunge, è
inconcepibile che dopo l'eliminazione di Mabhouh, vi siano stati agenti
del Mossad che sono scappati in Iran, uno dei peggiori nemici di
Israele. "Non c'é dubbio - afferma Melman - che non piccola parte delle
notizie che (il capo della polizia di Dubai) sta svelando o facendo
trapelare alla stampa, siano parte di un complotto in cui sono seminati
elementi di disinformazione" nella speranza di trarre in inganno
qualcuno in Israele, inducendolo a replicare in modo da mettersi nei
guai. In ogni caso, conclude il giornalista, "le prove che legano
Israele a questo caso sono ancora deboli, sicuramente per un processo
ma anche sotto l'aspetto diplomatico. Questa vicenda manda però anche
un messaggio di dissuasione a Hamas: il lungo braccio di chi ha attuato
l'operazione può colpire anche un altro ufficiale di Hamas".
Ripresa del dialogo strategico fra Usa e Israele Gerusalemme, 25 feb - E'
ripreso stamani dopo un anno e mezzo il dialogo strategico tra Israele
e Stati Uniti, in cui ambedue i paesi sono rappresentanti da
delegazioni ad alto livello. Secondo la radio pubblica israeliana
l'Iran e il suo programma nucleare saranno al centro della discussioni.
La delegazione Usa è guidata dal vice segretario di stato James
Steinberg e comprende il sottosegretario alla Difesa Michele Flournoy,
il vice direttore principale per la sicurezza nazionale David C.
Gompert e rappresentanti del Consiglio per la Sicurezza Nazionale e del
Dipartimento di Stato. Quella israeliana è guidata dal vice ministro
degli Esteri Dany Ayalon e include il consigliere del premier Uzi Arad
e rappresentanti dei servizi segreti e di alti ufficiali della difesa.
Il Dipartimento di Stato ha detto che la partecipazione di Steinberg ai
colloqui "dimostra il continuo impegno degli Stati Uniti alla sicurezza
di Israele, incluso quello di operare per una pace generale in Medio
Oriente". Il dialogo strategico tra i due paesi è stato stabilito nel
1999 e da allora ci sono state diverse sessioni di discussioni su
questioni strategiche di comune interesse. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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