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L'Unione informa
 
    26 febbraio 2010 - 12 Adar 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  roberto colombo Roberto
Colombo,

rabbino 
Prima di parlare al re per fermare lo sterminio di Israele Ester disse a Mordechài: “Va, raduna tutti gli ebrei e digiunate”. Scrisse il Maharàl: “E’ triste, molto triste vedere ebrei che sanno unirsi nei momenti di dolore e non riescono a legarsi nei momenti di gioia”. (Torà or) 
Alta velocità non solo nelle ferrovie, ma anche nella ricerca scientifica e soprattutto nello sviluppo della tecnologia. In una conversazione il professor Alberto Piazza, scienziato ed esperto di bioetica, ha richiamato come lo sviluppo esponenziale del cambiamento nel campo delle neuroscienze o delle biotecnologie ci costringa a rivedere continuamente le nostre più profonde convinzioni. Questa è una questione seria non solo per la necessità di riuscire ad adeguare l’alfabetizzazione scientifica dei comuni mortali ma anche per i problemi della trasmissione culturale in generale. I cambiamenti infatti sono talmente rapidi da fagocitare lo spazio temporale che intercorre tra una generazione e l’altra, e compromettere il passaggio che avveniva tra genitori e figli. La sfida che l’impetuoso avanzare di scienze e tecnologie ci impone è quindi di trovare un vettore  per riuscire a “stare al passo coi tempi”, oltre che di considerare in modo nuovo ciò che abbiamo già appreso. Esercizio difficile ma certo non nuovo nel mondo ebraico abituato a destreggiarsi tra persistenza e cambiamento aspetti complementari per vivere  non solo al presente ma anche al futuro.
Sonia
Brunetti Luzzati,

pedagogista
sonia brunetti  
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  Cresce fra gli americani la popolarità di Israele

netanyahu obamaSecondo un recente sondaggio dell’Istituto Gallup, quasi due terzi degli americani affermano  di simpatizzare per Israele riguardo alla situazione mediorientale. Il 63 per cento degli intervistati ha infatti dichiarato di sostenere lo Stato ebraico contro un 15 per cento a favore dei palestinesi (il restante 22 per cento non ha preferenze o opinioni in merito). Il livello di consenso, si legge nella ricerca, nei confronti di Israele da parte degli americani non raggiungeva tali percentuali oramai da vent’anni. Nel febbraio 1991 si toccò quota 64 per cento : dopo l’attacco dei missili Scud del presidente iracheno Saddam Hussein nella Guerra del Golfo.
Il biennio 1997-1998 è stato invece il periodo in cui la popolazione americana si sentì più distante da Israele (38 per cento di simpatizzanti). Erano gli anni del primo mandato di Benjamin Netanyahu, il periodo della grande disillusione, all’indomani dell’assassinio di Rabin. Il fallimento degli accordi di Olso.
Da allora una progressiva risalita. Sempre secondo le ricerche condotte da Gallup, nel 2001 esattamente un americano su due sosteneva Israele. L’aumento di consensi doveva molto all’insediamento del nuovo presidente Usa George W. Bush. Ma, evidentemente, l’evento determinante per questa inversione di rotta fu l’11 settembre. Da quel giorno iniziò la grande guerra al terrorismo. America e Israele in prima fila.
Ritornando alle statistiche, non desta molto stupore l’aumento di consensi, negli ultimi cinque anni, fra i sostenitori repubblicani, passati da un 77 per cento all’85 per cento odierno. Sostanzialmente inalterata invece la simpatia dei democratici per lo Stato ebraico.
Interessante il dato sulla possibilità di una soluzione pacifica del conflitto mediorientale, in particolare fra Israele e il mondo arabo cha la circonda. Due terzi degli intervistati, 1025 persone, dai diciotto anni in su, tutte contattate telefonicamente, hanno dichiarato di vedere poche possibilità di arrivare ad una pace fra i contendenti, quanto meno nel breve-medio periodo. Il restante 33 per cento sostiene che verrà il giorno in cui  Israele e le nazioni arabe riusciranno a mettere da parte i propri contrasti e vivranno insieme in pace. Una risposta dal suono un po’ fiabesco ma, come si suol dire, “la speranza è l’ultima a morire”.
Da notare il fatto che fra le file dei democratici, nonostante la politica di Obama, non si attesta un aumento di fiducia sulla prospettiva di un accordo stabile di pace fra israeliani e arabi. Anzi  su questo fronte vi è stata, seppur marginale, una diminuzione di qualche punto percentuale.
In ogni caso, nonostante la serietà dell’operato dell’Istituto Gallup, è necessario prendere con le dovute precauzioni una statistica fondata su un migliaio di interviste, fatte fra il 1 e il 3 febbraio, a fronte di una popolazione, quella americana, di trecento milioni di abitanti. D’altra parte, stando così i dati, si può dire che i contrasti iniziali fra la politica di Netanyahu e quella di Obama non abbiano influito sul corpo elettorale e sulla popolazione americana in genere. Sarebbe dunque, a dispetto di alcune tensioni al vertice, ancora molto saldo il binomio Usa - Israele.

Daniel Reichel

 
 
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  Comix - Verso la tempesta

la tempesta« In Turchia esiste una figura mitica... lo hoja... un saggio che cavalca il proprio somaro sempre al contrario [...] Per vedere da dove viene! In fondo... dove va, è nelle mani di Allah! » (Mamid)
Nel 1991 Will Eisner (nella foto a fianco) pubblica con la Kitchen Sink un altro grahic novel, To the Heart of the Storm, che insieme a Il Sognatore sarà l’atra opera autobiografica, o più autobiografica tra tutte quelle scritte nella sua lunga carriera.
A fine 2009 la Fandango Libri l’ha riproposto, dopo l’edizione del 1998 della PuntoZero, To the Heart of the Storm con il titolo della precedente edizione italiana, Verso la tempesta.
Si tratta, e la frase di Mamid ci aiuta, di un viaggio nel passato per riscoprire o forse riepilogare non solo il proprio passato, ma anche le proprie origini. Le origini paterne e materne, quali sogni, emozioni, desideri ereditiamo, quali sofferenze si caricano su di noi senza a volte poter scegliere. Sembra quasi una lezione di Alejandro Jodoroski, fumettista, regista, scrittore, sciamano, che da anni attraverso la disciplina della Psicomagia ripercorre l’albero genealogico dei suoi pazienti per aiutarli a sviluppare una propria identità.

la tempesta 2E in fondo è questo il percorso di Willie, ebreo newyorchese, figlio di un pittore austriaco, che partendo, accompagnato da Mamid, per il campo di addestramento militare ricorda i momenti più importanti della sua famiglia. È l’occasione per osservare con attenzione aspetti della società statunitense prima della seconda guerra mondiale, tra razzismo di quartiere, forse più dettato da paura di non sopravvivere, fino alle scelte d’amore, l’amicizia e il riconoscimento della propria identità culturale e umana.
Gli elementi autobiografici sono molti, dal fatto che il padre di Eisner era un pittore fino al servizio militare durante la seconda guerra mondiale, vissuto proprio da Will Eisner quando disegnava The Spirit.
Come tutte le opere di Eisner, Verso la tempesta è segnato da una plasticità grafica che racconta più delle stesse parole scritte, il percorso narrativo. Sono le posture a raccontarci quando i personaggi sono felici, disperati, sognatori. Nello stesso tempo la costruzione per flashback, come un rullo cinematografico che scorre al contrario, sottolinea quanto sia importante la nostra “origine”, e non tanto da dove veniamo, ma dove siamo germogliati, quale humus, terreno, ci ha nutrito. E quel terreno non è fermo, ma ci accompagna e si stratifica dentro di noi.
Alla fine del viaggio Willie e i suoi compagni di viaggio, giovani reclute, camminano verso una baracca, in fondo al cielo la tempesta che arriva, non sono più ebrei, turchi, irlandesi, ma uomini che entrano nel cuore di una tempesta. Ma come ne usciranno?
Eisner non lo racconta, ma sappiamo che quanto saremo saldi nelle nostre radici, quanto ne usciremo forti nella nostra identità. Quale che essa sia.

Andrea Grilli


Europa League - Hapoel Tel Aviv eliminato con onore
 

hapoelIl sogno europeo dell’Hapoel Tel Aviv si interrompe ai sedicesimi di finale. Troppo difficile l’ostacolo da superare: i russi del Rubin Kazan, squadra che in Champions League aveva sbancato il Camp Nou.
L’eliminazione era nell’aria. Dopo il pesante ko rimediato in trasferta (3-0), ben pochi si facevano illusioni di poter ribaltare il risultato dell’andata. Eppure la partita, nonostante il risultato finale a reti bianche (0-0), è stata vibrante e combattuta. Hanno giocato meglio i padroni di casa, più volte vicini a una vittoria che sarebbe stata ampiamente meritata. Due i legni colpiti.
L’Hapoel Tel Aviv era l’ultima squadra israeliana ancora in lizza nelle competizioni calcistiche internazionali. Nella fase a gironi aveva trionfato nel suo raggruppamento, arrivando davanti a club come Amburgo e Celtic Glasgow.
 
a.s.

 
 
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Lo «slanciato ed elegante» Bashir Assad e il «brevilineo e trasandato» Mahmoud Ahmadinejad si sono stretti la mano in un accordo che se di acciaio non è senz’altro potrebbe definirsi di ferro. Speriamo che ci piova sopra, così si arrugginisce un poco. Le vecchie e le nuove alleanze mediorientali sono l’oggetto degli articoli di Alberto Negri su il Sole 24 Ore di oggi, di Carlo Panella per Libero e di Michele Giorgio su il Manifesto dove ci si sofferma sull’asse preferenziale tra Damasco e Teheran, rinsaldato in un vertice dai toni fortemente antiamericani. Il tutto si consuma in un Medio Oriente che ha registrato già da tempo il declino della primazia araba, alla quale si è invece contrapposta e sovrapposta quella iraniana prima e – adesso - turca. Ed infatti il futuro di Ankara, le sue scelte ancora incerte, sospese tra una proiezione europea che oramai si è fatta molto fragile e il richiamo al rapporto con la realtà del Mediterraneo orientale, costituisce uno dei punti interrogativi sui quali si giocano le partite del tempo a venire. Da ciò che la capitale sciita e quella kemalista dovessero decidere, rispetto ai propri assetti e, di riflesso, a quelli dei propri vicini, dipenderanno quindi le prospettive dei prossimi dieci anni almeno. Poiché se l’Egitto, salvo radicali mutamenti di equilibri interni – cosa che non può essere esclusa in assoluto, soprattutto nel momento in cui il rais cairota Mubarak non dovesse governare più – è un paese relativamente calmo, e se la Siria non ha la forza di muovere guerra ad Israele, di certo non la stessa cosa può dirsi dell’Iran fondamentalista. Non di meno la Turchia, che sembrava essere divenuta un fattore di stabilità, negli ultimi anni ha avviato una complessa manovra di mutamento della sua collocazione, con i processi di islamizzazione che hanno coinvolto non solo una parte del potere politico ma anche segmenti significativi della popolazione. A resistere alle spinte indirizzate in tal senso, oltre a molti esponenti della società civile che male si troverebbero in un paese che della secolarizzazione delle proprie istituzioni ha fatto ragione di vita, è l’esercito, ombra dei poteri e garante di equilibri che, fino ad oggi, non sono stati modificati oltre certe soglie critiche. Al riguardo si veda quanto riporta il Foglio sotto il titolo «Se Bruxelles favorisce la deriva turca». Vedremo come andrà a finire, per così dire, ma è certo che la partita sia aperta nonché imprevedibile per più aspetti. La stabilità interna dei regimi della regione mediorientale è strettamente legata all’evoluzione delle loro economie e alla capacità di farsi garanti di quella funzione di integrazione sociale la cui mancanza è stata all’origine dell’instabilità di molti di essi. L’islamismo radicale, prepotentemente tornato sulla scena a partire da circa trent’anni, è infatti l’attore che si alimenta delle incapacità congenite delle società politiche locali di svolgere questo ruolo ed oggi ha spazi insperati dinanzi a sé. Voltiamo pagina. Per chi ama le storie di spie e spionaggio, che servono a riempire le pagine soprattutto quando si è a corto di notizie, il Mossad continua a tenere campo. Pino Buongiorno su Panorama ci racconta ancora una volta della vicenda di Dubai, dove la morte di Mahmoud al-Mabhouh, procacciatore di armi e missili per Hamas, è l’occasione per fare un ritratto del direttore del servizio segreto israeliano Meir Degan. Più incisiva sui fatti di cronaca è invece la Repubblica per la penna di Vittorio Zucconi che, come è di sua abitudine, ci offre un pezzo di colore, vivace e molto narrativo, redatto più con l’intento di ammaliare e sedurre che di informare. Non infrequentemente certi articoli occupano nei nostri quotidiani il posto che nell’Ottocento avevano i feuiletton, destinati ad assicurarsi la fedeltà dei lettori nel corso del tempo. Lo spionaggio si presta a divenire la trama di un romanzo d’appendice, con quella sua miscela tra avventura e truculenza, che tanto piace a chi si reca ogni mattino al suo abituale lavoro, sbadigliando e pensando al capoufficio, alla moglie e alla suocera e a come vorrebbe tanto avere, al loro posto, un orizzonte di «vita spericolata», per dirla con Vasco Rossi. Sempre sulla medesima testata Fabio Scuto aggiorna i lettori sullo stato delle indagini e sul coinvolgimento di «talpe» palestinesi nell’intera operazione. Il repertorio delle attività dell’«Istituto» israeliano è infine rammentato da Fabio Isman su il Messaggero. Senza rivolgersi a scenari più o meno occulti o occultati rimane il fatto che la tensione cova sotto le ceneri. Ne è un rimando la cronaca di Eric Salerno, sempre su il Messaggero, dove si racconta dell’ennesima tornata di violenze ad Hebron, scatenata questa volta dalla scelta del premier Netanyahu di inserire la Tomba dei Patriarchi e la Tomba di Rachele nel novero dei luoghi tutelati dallo Stato d’Israele in quanto sedi di valore artistico, culturale, spirituale e storico. Che la città sia uno degli snodi del conflitto israelo-palestinese è cosa risaputa, raccogliendo alcuni simboli fondamentali per l’ebraismo in un territorio a grande maggioranza arabo. Non di meno, trattandosi di una delle aree urbane più importanti della Cisgiordania, è anche uno dei territori contesi al controllo da Hamas a Fatah, presidio, insieme a Ramallah e a poche altri centri abitati, di una piccola e media borghesia palestinese che rappresenta ancora l’asse del potere di Abu Mazen, senza il quale quel che resta della contestata e controversa Autorità nazionale sarebbe destinato ad eclissarsi nel giro di pochissimo tempo. Il ripetersi, purtroppo in parte prevedibile, di violenze e intemperanze, trova quindi una sua ragione manifesta nelle circostanze occasionali che possono avere alimentato il contrasto ma si alimenta soprattutto di un disagio di lungo periodo, che molto ha a che fare con le dinamiche interne alla società palestinese, da anni è entrata in uno stallo dovuto all’inerzialità politica di cui soffre profondamente. Altro articolo, altro scenario, anzi, altro film. Nicola Lagioia sul Riformista di oggi si esprime elogiativamente riguardo al lavoro di Giorgio Diritti, «L’uomo che verrà», intensa pellicola dedicata a Marzabotto. Recuperando la lezione di Ermanno Olmi il regista ci consegna uno spaccato di una Italia sospesa tra la vecchia ruralità, i suoi tempi lunghi, e i riti comunitari di chi viveva antiche solidarietà, spazzate via dalla tracotanza e dalla ferocia dell’occupante tedesco e dei suoi burattini neofascisti. Insomma, un invito a rileggere il nostro passato a partire da un approccio calato nella realtà dei colori e degli odori di quel tempo. Poiché la storia odora e ha i suoi colori, come gli uomini che la fanno, a volte anche inconsapevolmente.
 
Claudio Vercelli

 
 
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notizieflash    
 
 
Creta, gruppo neonazista aggredisce un professore                    
Atene, 26 feb -
Nuovo attacco estremista sull'isola di Creta. Neonazisti hanno aggredito un insegnante che offre corsi agli immigrati a Hania, imprimendogli, con un rasoio, il segno della svastica su una mano. L'attacco estremista sull'isola, dove recentemente è stata semidistrutta l'unica antica sinagoga, è stato denunciato dal Movimento Antirazzista e Antifascista greco che invita alla mobilitazione docenti e studenti. Il Movimento rende noto che nel giorno dello sciopero generale, mercoledì scorso, un gruppo di neonazisti ha aggredito un professore locale che offre corsi gratuiti di lingua greca agli immigrati. E chiede una grande mobilitazione, con incluse proteste e scioperi nelle scuole, contro "l'escalation dell'azione criminale delle bande criminali neofasciste" nel paese e in particolare a Hania, teatro di diverse azioni razziste e recentemente venuta all'attenzione internazionale dopo i due attacchi incendiari contro la sinagoga di Hetz Hayyim nella città cretese. Per queste azioni sono stati arrestati un greco, un inglese e un americano. Il tempio è l'unico monumento ebraico sopravvissuto nell'isola dove la presenza degli Ebrei ha oltre due millenni di storia. Attacchi ad altre sinagoghe e cimiteri ebraici, in particolare a Ioannina, sono avvenuti in Grecia nei mesi scorsi.

 
 
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