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    28 febbraio 2010 - 14 Adar 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Benedetto Carucci Viterbi, rabbino Benedetto Carucci Viterbi, rabbino Amalek, il progenitore di Aman, è colui che ci fa dimenticare ciò che abbiamo perduto: così lo definisce Rabbì Nachman di Breslav. Per questo dobbiamo sempre ricordare ciò che ci ha fatto: per mantenere la speranza di ritrovare i dispersi e di riavvicinarli.  
Iscrivere un bambino alla scuola paritaria può diventare un percorso a ostacoli per un padre o una madre se quel figlio ha una disabilità. E’ una notizia che solo alcuni quotidiani hanno raccontato giovedì scorso. Si potrebbe accoppiare con quella di Goito, dove il Consiglio comunale ha votato a maggioranza che solo chi è di provata fede cristiana può iscriversi alla scuola materna. In entrambi i casi in forma più velata nel primo e più diretta nel secondo il tema è la libertà di respingimento. Certo nel primo caso la tecnica è quella del consiglio per l’acquisto (“perché non iscrive suo figlio in una scuola statale? Lì sono organizzati meglio. Noi i ragazzi disabili non li prendiamo, non sapremmo come gestirli, non abbiamo insegnanti di sostegno”) a differenza del secondo caso dove vige la regola “qui decido io chi voglio”. Ma la sostanza alla fine è la stessa: scelgo io e l’obiettivo è una scuola che offra garanzie, non un guazzabuglio multiculturale, persino solidale. La massima è che ognuno stia tra i suoi simili, che è meglio (disabili, neri, non cristiani,..). A pensarci bene potrebbe essere il seguito del nuovo libro di Gian Antonio Stella, “Negri, froci, Giudei & Co” (Rizzoli). Forse non sarebbe male suggerirglielo. La realtà alle volte manda le sue lettere di conferma più velocemente di quanto non si creda.
David
Bidussa,
storico sociale delle idee
David Bidussa, storico sociale delle idee  
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  Purim, il valore di stare assieme

GattegnaIl Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha inviato in occasione della festività del purim 5770 il messaggio che segue:

"Cari amici, alla vigilia della ricorrenza del Purìm voglio far giungere a voi e alle vostre famiglie  il mio augurio per una festa serena e gioiosa.
Purìm è una festa che nonostante il passare del tempo conserva un' attrattiva ed una carica di spiritualità inalterate.
Potremmo chiederci che cosa è che continua a rendere Purìm  un appuntamento  dell'anno che riesce ancora a trasportarci in una dimensione  gioiosa  e luminosa.
La miracolosa salvezza del popolo ebraico nella storia di Purìm avviene solo dopo che gli ebrei comprendono che il destino di ogni singolo è indissolubilmente legato a quello della collettività. L'unità e la solidarietà costituiscono da sempre l'arma  più forte nei confronti delle frammentazioni latenti ed esistenti che stanno minacciando anche il nostro ebraismo italiano.
Il ritrovarci insieme ad altri nostri fratelli ci rende più consapevoli del fatto che essere ebrei significa soprattutto sentirsi eredi di un patrimonio  e di un destino che superano la nostra individualità.
Vorrei che ognuno di noi, al di là delle opinioni, dei convincimenti, del modo di essere, di vivere e di sentire che gli è proprio, cercasse di riscoprire un valore molto grande della nostra Tradizione: quello della solidarietà e dell’amore verso i propri fratelli.
Questo amore se riusciremo a recuperarlo e a rafforzarlo, non potrà non tradursi in un desiderio di avvicinare, accogliere e meglio conoscere l'altro come fratello e come partecipe di un'eredità comune che, al di là delle apparenze, connota profondamente la nostra  ebraicità.
Questo dobbiamo sentire e provare quando operiamo per le  Comunità, la nostra "Casa Comune"; confrontandoci, si, discutendo, si, ma rispettandoci maggiormente l'un  l'altro! Solo se saremo assieme riusciremo a percorrere la lunga e impegnativa strada che abbiamo davanti. Soltanto così riusciremo ad avvicinare e a coinvolgere tutti coloro che ancora non sono con noi. A noi che siamo qui deve appartenere maggiormente il peso e la responsabilità delle tante assenze,  ce ne dobbiamo fare carico, è una sfida che incombe su ognuno di noi che non ammette né deroghe, né deleghe.
Un augurio speciale ai nostri fratelli di Eretz Israel che possano vivere un Purìm felice libero da inquietudini e angosce.
A tutti voi,  auguri di ogni bene e serenità". 

Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane


Qui Venezia - Luce sull’identità degli ebrei deportati

VeneziaIn occasione delle iniziative promosse dal Coordinamento cittadino per il Giorno della Memoria 2010, l’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea e la Comunità ebraica di Venezia cercano a distanza di 60 anni di gettar luce sulle identità degli ebrei imprigionati a Santa Maria Maggiore con un progetto di ricerca sui registri matricola della Casa circondariale.
Presenti alla conferenza stampa svoltasi a Ca’ farsetti, l'assessore comunale al Centro pace e alla Produzione culturale, Luana Zanella, il direttore Iveser, Marco Borghi, il direttore delle Attività e Produzioni culturali, Roberto Ellero, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Vittorio Levis, la direttrice della Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia, Irene Iannucci.
Il progetto ha in programma lo spoglio integrale dei registri matricola durante il periodo dell’occupazione tedesca (8 settembre 1943 - 27 aprile 1945) al fine di individuare il  passaggio e la detenzione dei perseguitati politici, militari e razziali nel carcere cittadino. I registri matricola, infatti, rappresentano un’importante fonte storica già utilizzata in altri studi di carattere scientifico.
L’Iveser oltre a curare l’organizzazione scientifica del progetto seguirà anche le procedure di censimento e la raccolta delle informazioni. I risultati della ricerca saranno poi divulgati e pubblicati in un volume che analizzerà i dati raccolti attraverso il lavoro di schedatura che dovrebbe terminare entro l’estate del 2010.
Furono più di 150 gli ebrei veneziani, che a partire dalla notte del 5 dicembre 1943, vennero arrestati nelle loro abitazioni e trasferiti prima al convitto Marco Foscarini, poi alla prigione di Santa Maria Maggiore per essere infine deportati al campo di concentramento di Fossoli e, il 22 febbraio del 1944, ad Auschwitz dove trovarono la morte.
Il fine ultimo del progetto è di ampliare la conoscenza su queste vicende cercando di determinare il numero complessivo di coloro transitarono per il carcere di Santa Maria Maggiore. Il direttore Iveser, Marco Borghi nel suo intervento ha posto l’attenzione sull’importanza di non concentrarsi sul rito della celebrazione del Giorno della Memoria che dura pochi giorni, ma di stimolare una politica della memoria, una rete di soggetti che collaborino con le proprie competenze e specificità. Questo progetto sui registri matricola è un esempio concreto di questa sinergia.
In accordo con questa visione Vittorio Levis, presidente della Comunità ebraica di Venezia che ha poi auspicato che dalla ricerca non si traggano solo dati numerici e quantitativi, ma che si riesca a dare un barlume di dignità alle centinaia di persone passate per quei luoghi.
L’ottica futura del progetto è di poter allargare la ricerca, seppure a campione, approfondendo le storie dei prigionieri rinchiusi a Santa Maria Maggiore per poi poter incrociare i dati raccolti con quelli trovati scandagliando ulteriori fonti, dagli archivi famigliari ai documenti rinvenuti a Fossoli.

Michael Calimani



Sorgente di Vita, dalla festività di Purim al teatro e allo sport


SDVPurim, la festa più allegra del calendario ebraico, apre la puntata di Sorgente di vita di domenica 28 febbraio. Il rabbino Benedetto Carucci Viterbi spiega cosa è la Meghillà, il rotolo di Ester e il significato della festa: lo sventato sterminio degli ebrei nell’antica Persia celebrato tra  maschere e banchetti per un momento di gioia collettiva. E in più alcune ricette di dolci di Purim
Un servizio è dedicato allo  spettacolo “L’Ebreo” di Gianni Clementi, con  il debutto a teatro di Ornella Muti. Fra  tragedia e commedia  la storia di una coppia  che ha usurpato i beni del padrone ebreo dopo le Leggi razziste del ’38 e ne teme il ritorno: sensi di colpa, paure e suggestioni trasformano i protagonisti in  assassini. Brevi interviste  agli attori, al regista e all’autore e un commento del professor  David Meghnagi.
Segue  la storia di Yuri Foreman campione del mondo dei superwelter, nato in Bielorussia, emigrato in Israele e approdato a New York nel mondo della boxe. In un’intervista il pugile racconta la sua vita: gli allenamenti in una palestra di Brooklyn e lo studio in una yeshivà per diventare rabbino.
Infine un  musical con il clarinettista americano Frank London e la voce di Vinicio Capossela. In “Una notte al vecchio mercato” il mondo dei villaggi ebraici dell’Europa orientale rivive in atmosfere magiche e surreali accompagnate dalla musica klezmer.
Sorgente di vita va in onda Domenica 28 febbraio su Raidue a mezzanotte e trenta con una variazione di orario a causa delle Olimpiadi invernali.
La puntata sarà replicata lunedì 1 marzo all’una circa e lunedì 8 marzo alle nove e trenta del mattino.
I servizi di Sorgente di vita sono anche online.

p.d.s. 
 
 
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  Avraham Sutzkever e la catena d'oro

Avraham SutzkeverAvraham Sutzkever, il poeta di lingua yiddish morto il 20 Gennaio all'età di 96 anni, ha vissuto le tragedie e le glorie della moderna cultura ebraica dell'Europa Centro-Orientale. Cominciò la sua attività come parte del movimento letterario “Giovane Vilnius” e nel Ghetto della sua città fondeva i caratteri da stampa di piombo per farne proiettili, da Vilnius aiutò a salvare alcuni tesori di cultura ebraica, compresi i suoi stessi manoscritti. Sua madre e il suo giovane figlio morirono nella Shoah. Dopo la guerra partecipò come testimone al processo Norimberga e successivamente - già divenuto poeta rinomato in tutto il mondo - giunse in Israele, dove fu al centro della comunità letteraria yiddish e dove fondò e diresse il grande giornale letterario yiddish, Di Goldene Keyt, fino all'ultimo numero nel 1995.
Ma se ci soffermassimo solamente sui dettagli biografici correremmo il rischio di lasciarci sfuggire l'importanza della sua opera, che certamente deve molto all'epica esistenza di Sutzkever ma che è anche indipendente da essa.
L'opera di Sutzkever andava oltre i confini delle scuole o delle ideologie, arricchendosi, allo stesso tempo, da molte di queste. Come Marc Chagall, era un virtuoso del violino, della rosa, della colomba e della pioggia, che nelle sue mani non erano clichés ma diventavano possibilità inesauribili. Persino quando la fonte vitale della cultura yiddish si esaurì quasi del tutto, Sutzkever trovò nuove intensità nel suo lavoro, come se seguisse una propria mappa alla ricerca di significati nascosti.
Certamente, un ebreo che volesse cercare una guida nella letteratura in quest'epoca divisa trarrebbe beneficio dall'opera di Sutzkever, un uomo nato nella storia ma che non ne è stato piegato. Mentre molti oggi sono concentrati in particolari tipi di spazi e tempi ebraici - Israele, la Sinagoga, lo Shabbath - Sutzkever ha costruito e abitato i propri reami, che ha sviluppato secondo le loro leggi extra-storiche. Quando Sutzkever scrisse di quando fondeva i piatti di metallo nella tipografia rom per farne proiettili da dare ai partigiani paragonò la sua fonderia con il tempio dove gli anziani ebrei versavano l'olio per la menorah. La parola usata - templ - è piuttosto rara in yiddish, al contrario del più familiare termine ebraico beys-hamikdesh. Ma l'uso di quella parola cambiò. La volta successiva in cui usò templ, nella lunga poesia del 1955 “Ode alla Colomba”, non si riferiva più al Tempio di Gerusalemme, ma alla sua struttura personale: Boyen un boyen dem templ, mit zunikn seykhl im boyen! Costruire e costruire il tempio, costruirlo con un pensiero solare!
Come ogni altro scrittore yiddish, fu costretto a trovare una nuova vita alla propria opera dopo lo sterminio di massa della Shoah. Ma mentre altri scrittori perseverarono trattando del mondo perduto - che a molti costò la stasi artistica - Sutzkever costruì nuovi mondi nell'espressione lirica di se stesso. È vero, scrisse della vita del ghetto e del periodo passato a nascondersi mentre i nazisti imperversavano, ma quelli erano i suoi lavori al tempo dell'Olocausto, non indicazioni o prove di uno stile immutabile. I momenti storici furono per lui il materiale grezzo per le sue visioni poetiche, non scuse per versi occasionali.
L'abitudine di vivere il mondo storicamente ma separarsi da esso poeticamente venne presto. La Vilnius della sua giovinezza - come il resto del mondo ebraico dell'Europa Orientale - era lacerata dalle rivalità politiche. Molti poeti o si ritiravano in un irritante e ostile modernismo oppure stavano sui bastioni dei propri castelli politici, lanciando la propria poesia ai loro oppositori. Sutzkever si avvicinò al modernismo senza mai farne davvero parte. Fin dalle sue primissime poesie, vide se stesso come un poeta-profeta la cui missione era quella di scrivere la storia nascosta della terra.
Questa sua poesia profetica non è facile da interpretare. È piena di parole difficili da comprendere persino a una persona che parla yiddish fluentemente. Scrive uno yiddish iperletterario che nessuno usa più e che eleva i pochi che l'hanno fatto. Le sue conclusioni non sono chiare e le immagini sono raramente sentimentali e confortanti. Questo, sfortunatamente, rende ancora più difficile la possibilità che qualcuno legga le sue poesie oggi. Per dirla con le parole di Sutzkever: “Chi sarà rimasto?”.
L'esperienza personale di Sutzkever dopo la guerra fu in Israele, che decise di farne la propria casa; era un sionista impegnato, dell'ala socialista (il suo giornale era finanziato dallo Histadrut). Ma nonostante abbia ricevuto il Premio Israele nel 1985 non ebbe mai la gloria che si meritava. Israele si accorse troppo tardi della lingua e della cultura la cui scomparsa era dovuta, in parte, ai sentimenti anti-yiddish che la giovane nazione ha attivamente fomentato. Inoltre Sutzkever non fu mai molto letto né apprezzato dagli ebrei americani, che ignoravano l'alta cultura letteraria yiddish.
Tuttavia, con le fiamme della Shoah alle sue spalle e la faccia rivolta al nuovo Israele, Sutzkever ebbe la sua visione poetica, formata in un tempio dell'intelletto che solo un poeta avrebbe potuto costruire. Shelley disse che i poeti sono gli sconosciuti legislatori della razza umana. Avrom Sutzkever era un profeta poetico troppo poco considerato al suo tempo. Forse, anche se tardi, ciò potrà cambiare.

Zackary Sholem Berger -Tablet magazine
(versione italiana di Pablo Chiesa)

Nell'Acquario verde gli ultimi giorni del ghetto di Vilna

SDVSono gli ultimi giorni del ghetto di Vilna quelli raccontanti in Acquario verde da Avraham Sutzkever (La Giuntina, 144 pagine, 14 euro). L'autore, in particolare, si sofferma sulla caccia dei nazisti agli ultimi sopravvissuti, e lo fa utilizzando uno stile evocativo e poetico tale da creare un mondo primordiale e senza Dio, in cui la prospettiva è tutta rivolta ai perseguitati e alla forza morale che oppongono al male radicale e disumanizzato dei persecutori, che viene così relegato in un’oscurità indistinta e minacciosa. È la poesia a incarnare le forze umane di salvezza e al tempo stesso è testimone del coraggio di tutti i piccoli eroi senza nome che combattono contro le forze della distruzione.
L’acquario verde è il luogo della morte, dove verde vuole esprime un doppio significato: il marcio e la stagnazione da una parte, ma anche la possibilità di vita e di rinascita dall’altra. Quando con la forza della poesia l’acquario verde verrà infranto, salteranno i parametri della realtà, ma ciò che fuoriuscirà dall’acquario potrà forse dare vita a qualcosa di nuovo.
 
 
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Il vertice dell'asse del male che mette paura al mondo
[...] L'esame delle ultime mosse strategiche iraniane ci fornisce un messaggio che riassumiamo prima di analizzare gli eventi: di fronte all'ipotesi di sanzioni serie che finalmente si prefigurano dopo i rifiuti del regime degli ayatollah di cessare l'arricchimento dell'uranio, l'Iran sta valutando l'opportunità di aprire un focolaio bellico che attiri tutta l'attenzione internazionale, e assegna i ruoli. L'obiettivo è Israele, e il grilletto che dovrebbe aprire il fuoco sarebbero gli Hezbollah, ormai in possesso di 40 mila missili in grado di colpire la zona industriale di Israele nel nord, Tel Aviv e il Negev.
Per creare una situazione di scontro, Ahmadinejad ha bisogno della fedeltà dì tutti i suoi alleati. Per questo ha promosso giovedì 25 a Damasco e poi ieri a Teheran una serie di incontri molto significativi. [...]
Fiamma Nirenstein, il Giornale, 28 febbraio 2010

Il diritto dell'Occidente di difendersi
Chissà come avrebbe ridacchiato Samuel Beckett (ammesso che qualche volta lo facesse), cogliendo al volo l'assurdità e l'ipocrisia, dei governi e dei mezzi di comunicazione dell'Europa occidentale, che non hanno risparmiato critiche a Israele per aver utilizzato passaporti britannici, irlandesi, tedeschi e francesi nella missione per eliminare l'alto esponente di Hamas che trattava con i regimi sanguinari di Teheran e Khartoum. Mahmoud al-Mabhou è stato ucciso, a quanto pare da una squadra di agenti del Mossad, nella sua stanza d'albergo a Dubai il 19 gennaio. Senza nominare Israele, il presidente francese Sarkozy ha condannato l'operazione come un «assassinio che nessuno può giustificare» e i ministri degli Esteri britannico e irlandese hanno fermamente chiesto a Israele di fare luce sull'uso dei loro passaporti. Persino i bambini sanno che tutti i servizi di 007, compreso l'M16 britannico, falsificano l'identità dei loro agenti e si servono di passaporti falsi. Perché li Mossad dovrebbe comportarsi diversamente? [...]
Benny Morris, il Corriere della Sera, 28 febbraio 2010

Pilecki, la spia che entrò ad Auschwitz
Witold Pilecki è un nome che non ci dice niente se non forse che si tratta di un polacco, del resto, è poco conosciuto anche nella sua terra. Prima di raccontare la sua storia ho aspettato che fossero passate sia la Giornata della Memoria (per le vittime del nazismo nella Shoah) sia quella del Ricordo (per le vittime del comunismo nelle Foibe): proprio per vedere se qualcuno si ricordava di questo straordinario eroe, vittima sia del nazismo sia del comunismo. Macché, non se ne è sentito parlare, nonostante la recente pubblicazione di un libro che racconta - e quanto bene - la sua vicenda. Che sarebbe incredibile, se non fosse così ben documentata proprio dal volume di Marco Patricelli Il volontario (Laterza, 304 pagine, 20 euro). [...]
[...] Ebbene,Witold Pilecki si offrì come volontario per farsi arrestare - in una retata della Gestapo - e incarcerare proprio lì, in modo da organizzare una rete di resistenza interna. Appena arrivato a Auschwitz, una manganellata gli ruppe due denti. L'eroismo consisteva anche nel sopravvivere, e Pilecki riuscì a farsi assegnare lavori che lo salvassero dal freddo, fumista, falegname. Così, nel marzo del 1941, poté far arrivare agli Alleati angloamericani una relazione su quanto avveniva nel campo. Il rapporto venne giudicato «esagerato». [...]
Giordano Bruno Guerri, il Giornale, 28 febbraio 2010

 
 
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Investigatori inglesi in Israele per far luce sul caso di Dubai      
Tel Aviv, 27 feb -

Mentre da parte israliana non è giunta nessuna ammissione e anzi Israele insiste ufficialmente sulla mancanza di prove concrete a carico della sua agenzia di intelligence in merito alle accuse dell'assasinio dell'esponente di Hamas a Dubai, investigatori inglesi sarebbero giunti in Israele con lo scopo di interrogare dieci cittadini israelo-britannici, i cui passaporti risultano tra quelli usati dal commando che il 19 gennaio ha ucciso Mahmud al-Mabhouh, ritenuto elemento chiave nel traffico d'armi fra l'Iran e il movimento islamico-radicale palestinese. A riferirlo sono stati i media israeliani, riportando quanto dichiarato all'agenzia Reuters da una fonte dell'ambasciata della Gran Bretagna a Tel Aviv. Secondo la fonte, i 10 saranno interrogati nella sede della rappresentanza diplomatica a mano a mano che si presenteranno per avere un nuovo passaporto britannico, bonificato rispetto a quello clonato. Gli investigatori di Dubai, dal canto loro, si dicono convinti "al 99 se non al 100 per cento" che la paternità dell'operazione sia del Mossad.
 
 
 
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