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L'Unione informa
 
    24 marzo 2010 - 9 Nisan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Adolfo Locci, rabbino capo di Padova Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova
Il racconto della Haggadà inizia con una lunga illustrazione della storia del popolo ebraico. Rav Avraham Ytzchak Kook z.l. (1865 - 1935), il primo Rabbino Capo “Ashkenazita” di Erez Israel sotto il mandato britannico, si chiede il perché dell’importanza di questa illustrazione nella festa che rappresenta il compimento della Gheullà. A che serve raccontare il passato quando si è arrivati alla meta. Rav Kook spiega che l’essere umano, quando possiede qualcosa cui tiene molto, ama ricordare tutto il cammino fatto per raggiungere quella cosa, anche quando il percorso è stato tortuoso e complicato. La liberazione dalla schiavitù egiziana e il dono della Torà sul Sinai sono certamente gli avvenimenti a cui il popolo ebraico è legato in maniera particolare e che sono ritenuti fondamentali nel percorso storico che ci ha portato ad essere una nazione. Allora, quando raccontiamo questi grandi eventi, esprimendone la grandiosità e lodandone i caratteri, dobbiamo anche saper ricordare come si è arrivati a questi appuntamenti. Il percorso stesso è strumento per il raggiungimento della meta e, addirittura, tutte le vicende di sofferenza e ostacolo - “Una volta i nostri padri erano idolatri” - hanno contribuito alla formazione del nostro popolo come gli avvenimenti più solenni e importanti.
 A Washington la conferenza annuale dell'Aipac si svolge attorno ad un tema che sovrappone storia, geografia, politica e identità: "Gerusalemme non è un insediamento" . Maurizio
Molinari,
giornalista
Maurizio Molinari  
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  Qui Roma - Dibattito sul futuro e riforma dello statuto,
dopo le polemiche e le accuse si apre un confronto sereno


Dissensi solo politici e metodologici e nessuna messa in discussione della "condotta morale" del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. Questo il contenuto di una nota congiunta dei rappresentanti di maggioranza e minoranza della Cer, resa nota al termine di un incontro tra le parti. “Alla presenza del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, del rabbino capo della Comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni, i rappresentanti del Consiglio della Comunità di maggioranza e di minoranza - dice la nota - hanno convenuto che le problematiche che hanno portato alle dimissioni di alcuni consiglieri, sono esclusivamente di natura politica e metodologica e verranno affrontate nelle apposite sedi istituzionali”. Inoltre viene precisato che “non è messa in discussione la condotta morale del presidente Pacifici e dei singoli consiglieri”. La nota segue alle polemiche sorte negli scorsi giorni tra maggioranza e minoranza in seguito alle dimissioni di otto consiglieri di quest'ultima - dopo altri della stessa componente nelle settimane scorse - in opposizione alla conduzione del presidente Pacifici definita “verticistica”.
Nella serata di ieri, fra l'altro, Pacifici ha partecipato assieme a molti altri leader ebraici italiani a un incontro organizzato dal Benè Berith di Roma e dedicato al dibattito sulla riforma dell'ebraismo italiano.
Fra gli ospiti, che sono stati accolti e presentati dal presidente del Benè Berith e Consigliere Ucei Sandro Di Castro, anche il presidente dell'Ucei Renzo Gattegna, il presidente della Commissione per la riforma dello statuto e Consigliere Ucei Valerio Di Porto, l'ex presidente della Comunità ebraica di Roma Leone Paserman e molti altri consiglieri degli enti ebraici italiani e delegati al Congresso Ucei.
Gattegna ha delineato il quadro generale in cui si trova la realtà ebraica italiana, sottolineando l'urgenza di elaborare strategie idonee a rispondere a una stagione contrassegnata dalla lunga stabilità che ha caratterizzato gli ultimi decenni nel mondo occidentale, ma anche dal rischio dell'assimilazione, della frammentazione e della caduta demografica.
Di Porto e Paserman hanno spiegato i motivi e i dettagli del progetto di riforma, lasciando poi spazio a un dibattito vivace e sentito che si è svolto in un clima di grande attenzione e di marcata volontà costruttiva.
Nella sala era fra l'altro presente, oltre a Pacifici, anche Roberto Coen, primo fra i consiglieri della Comunità di Roma ad aver presentato le proprie dimissioni, dando vita alle polemiche degli scorsi giorni.
Il presidente della Comunità di Roma ha svolto un lungo intervento per spiegare le esigenze e le aspettative della prima comunità italiana di fronte alla sfida della riforma, alla gestione delle risorse e alla progettazione del futuro.
Una nuova occasione di confronto che ha visto sia Pacifici che Coen, così come la vicepresidente dell'Ucei Claudia De Benedetti e molti altri intervenuti, su una linea di sostanziale sintonia e consapevolezza di quanto una riforma sia necessaria. Le prossime complesse scadenze istituzionali degli enti ebraici italiani serviranno anche a delineare tempi e modi per realizzare la riforma. Appare chiaro fin d'ora che la delicata questione degli equilibri da definire fra le realtà più grandi di Roma e Milano e le altre 19 comunità italiane minori, che risentono maggiormente della crisi demografica ma sono depositarie di una storia gloriosa e intrattengono rapporti vivi e preziosi con la società circostante, sarà al centro del dibattito.
Il confronto è proseguito fino a tarda notte in un clima molto costruttivo e ha costituito un primo segno della volontà comune, al di là delle differenze, di identificare soluzioni che rispondano effettivamente alle esigenze, sottolineate dal presidente dell'Unione Gattegna, di modernizzazione, di equilibrio e di armonia da realizzare in una realtà tanto complessa e delicata.


Qui Toscana - Una brutta storia di calcio, giovani e pregiudizio

PalloneSpesso e volentieri, quando si parla della crisi di valori nel mondo del calcio professionistico, si tende a evocare con occhi sognanti il calcio giovanile. Quello dei piccoli e arrugginiti stadi di periferia, delle madri dei giocatori che si azzuffano in allegria sugli spalti e dei signori un po’ burberi seduti al botteghino che si accontentano di una manciata di euro per farti entrare negli impianti. Un mondo genuino, almeno nell’immaginario comune, fatto di sano agonismo, sportività e frizzanti quanto innocui campanilismi.
Ma qualche volta l’esempio che arriva dai calciatori in erba non è certo dei più edificanti. Ne sanno qualcosa gli spettatori della partita tra il Castelfiorentino e la squadra livornese del Portuale Guasticce, incontro valevole per il campionato Juniores Regionali che si è disputato negli scorsi giorni. Intorno al trentesimo minuto della ripresa, quando la partita volgeva ormai al termine senza grosse sorprese all’orizzonte (il risultato era 3 a 0 per i padroni di casa) è successo l’imprevedibile: a seguito di un normale contrasto di gioco è nato un acceso battibecco tra i ventidue in campo. Sono volate parole grosse, anzi grossissime. Il giocatore del Castelfiorentino vittima del contrasto e alcuni suoi compagni di squadra hanno incominciato a offendere gli avversari con una serie di improperi a sfondo razziale e politico. Come scrive Anna Campani sul Corriere di Livorno, c’è stato chi ha pensato bene di rivolgersi ai giocatori del Portuale Guasticce con il seguente epiteto: “Ebrei di merda e rossi del cazzo”.
Aggredito anche l’allenatore Marco Bencreati, che non ha nascosto il suo disagio per l’accaduto: “Sono 13 anni che alleno e non mi ero mai trovato in una situazione tanto vergognosa. Fatti gravi che con questo sport non c’entrano veramente niente. Le frasi sono pressoché irripetibili. Ne ho sentite tante da quando sono in panchina, ma di questo tipo mai”. Su quale sia la causa scatenante del delirio collettivo mister Bencrati ha le idee abbastanza chiare: “A quest’età i ragazzi spesso parlano senza conoscere davvero i fatti e senza comprendere quanto siano gravi le parole. Vanno avanti per emulazione e imitazioni. È stato un attacco di estremismo politico”.
Gadi Polacco, consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è livornese e grande appassionato di calcio. Nel passato è stato anche presidente del Guasticce. I fatti di Castelfiorentino lo sorprendono fino ad un certo punto. Ecco il perché: “Non è raro, anche in serie A, che tifoserie varie apostrofino i livornesi come ebrei, rossi o comunisti. C’è lo zampino della storia dietro a queste espressioni e la particolarità della nascita della città”.
E oltre alla gravità dell’episodio in sé, a destare non poche perplessità è il comportamento della Federazione, che non ha previsto alcuna sanzione disciplinare né per la squadra né per i singoli giocatori responsabili di questa follia di un pomeriggio di inizio primavera. Eppure, come spiega ancora Bencreati, il direttore di gara sembrava inizialmente di tutt’altro avviso: “Durante la partita l’arbitro ha capito quella che era successo, gli abbiamo specificato chiaramente le offese ricevute. Ha reagito dicendo di non preoccuparci, che ci avrebbe pensato lui e a quanto pare non l’ha fatto”.
Le sue parole sono piene di rassegnazione: “Queste sanzioni non arrivate mi lasciano davvero con l’amaro in bocca. Sono demoralizzato e sfiduciato”.

Adam Smulevich



La filosofia di Spinoza
: Sefardismo, Marranesimo, Qabbalah


SpinozaPer molti, Spinoza è un filosofo razionalista, ateo, materialista, rigoroso immanentista, negatore del libero arbitrio, dell’immortalità dell’anima, del finalismo, confutatore della Rivelazione, critico di tutte le religioni positive e innanzi tutto dell’ebraismo e del cristianesimo.
Penso invece che Spinoza sia profondamente inserito nelle vicende della Diaspora sefardita, molto coinvolto nel dramma dei Marrani (che era ancora in pieno svolgimento ai suoi tempi, e che non si è ancora concluso ai nostri) e che il suo intento sia stato quello di insegnare la Torah ai goyim, ossia all’umanità. La Torah: dunque filosofia e teologia. In philosophos Spinoza ha scritto l’Etica, in theologos il Trattato teologico-politico.
Bento Spinoza nasce ad Amsterdam nel 1632, in una famiglia ebraica di origine portoghese. Nel 1597 il suo bisnonno Gabriel Alvares era stato condannato a morte dall’Inquisizione con l’accusa di “giudaizzare”; la pena venne poi commutata in un periodo di carcere e due anni di lavoro forzato ai remi di una galera. Nel 1639 Bento inizia a frequentare la scuola della Comunità, e continuerà a farlo fino al 1651. La sua è una vita ebraica ortodossa, divisa tra studio e preghiera. Frequenta quotidianamente la Sinagoga. Nel 1645 diventa bar miswah. Nel 1656 Bento viene allontanato dalla Comunità ebraica con un herem. Non sappiamo per quali ragioni. Spinoza scriverà una Apologia in spagnolo, che non ci è pervenuta. Non chiederà mai di essere riammesso, ma, pur essendo in contatto con numerosi “cristiani eterodossi” (mennoniti, collegianti, quaccheri) non aderirà a nessuna altra confessione religiosa.
Inizia a frequentare la scuola di Franciscus van den Enden, un ex gesuita, dove impara il latino. Il latino gli consentirà di leggere la filosofia scolastica e cartesiana, soprattutto, e di scrivere le sue opere. Per mantenersi lavora alla molatura delle lenti. Forse la prima opera che compone è il Tractatus de intellectus emendatione, seguita dalla Korte Verhandeling, il Breve trattato su Dio, l’uomo e la sua felicità, che ci è giunto solo in olandese. Inizia a riformulare more geometrico il Breve trattato e nasce così, la prima parte dell’Ethica. Nel 1670 viene pubblicato, anonimo, il Tractatus teologico-politicus. Nel 1673 gli viene offerta una cattedra, che lui rifiuta, all’Università di Heidelberg. Egli si informa invece sulla possibilità di ottenere asilo a Livorno. Nel 1677 muore a L’Aja. Nello stesso anno i suoi discepoli pubblicano gli Opera Posthuma in latino e nederlandese.
Moshè ben Maimon riporta una tradizione secondo la quale gli ebrei di Spagna erano degli esiliati di Gerusalemme, provenienti proprio dalla Città Santa.
A quando risale l'arrivo a Sefarad (il nome ebraico per indicare la Spagna) dei primi ebrei? Almeno al IV secolo, in quanto già il Sinodo di Elvira formula delle disposizioni relative ai rapporti tra cristiani ed ebrei. Sotto il regno dei Visigoti, dagli inizi del V agli inizi dell'VIII secolo, vennero promulgate le prime leggi antiebraiche, finché la conquista arabo-islamica del Paese nel 711 creò per gli ebrei nuove condizioni politiche, psicologiche, sociali.
Nel X secolo Cordova era divenuta un rinomato centro di studi e di cultura, come anche Toledo e Granada. Vi si sviluppò un'intensa attività intellettuale di mediazione con la cultura greca classica e con la cultura arabo-islamica. Grammatici, poeti, rabbini e cabbalisti diedero vita a un'epoca che è conosciuta sotto il nome di «età dell'oro». Vedono la luce in questo periodo Shelomo Ibn Gabirol (ca 1020-1058), Yehudah ha-Levi (ca 1075-1141), Moshè Ibn Ezra (?-1139), Mai¬monide (1135-1204). Gran parte di questa produzione poetica e teologico-filosofica viene scritta da¬gli ebrei in lingua araba. Non vi sono equivalenti nella storia degli uomini di una simile riuscita mediazione di tre culture e tre reli¬gioni: ebraismo, cristianesimo, islamismo.
Con la progressiva «riconquista» cattolica del Paese le cose iniziarono a cambiare, e nel 1391 si ebbe la prima grande ondata di conversioni forzate, con la creazione di decine di migliaia di «cristiani nuovi» o «conversos». La riconquista terminò nel 1492 con la presa di Granada, che costituiva l'ultimo baluardo islamico in Spagna.
I Gherushim costituiscono un capitolo importante, anzi il più importante, della storia del Marranesimo. Proprio l’esigenza di separare i nuovi cristiani dagli ebrei fu alla base del Gherush del 1492. Nel 1497 sarebbe dovuto avvenire il Gherush Portugal, che però non ci fu. Circa ventimila ebrei in attesa di imbarcarsi vennero condotti nelle chiese e battezzati. Proprio quest’anno ricorre inoltre il V Centenario dell’espulsione degli ebrei e dei marrani dal Regno di Napoli.
Le conseguenze del Gherush sono state molto vaste e ad esso sono legate sia la formulazione della Qabbalah luriana che l’esplosione del Sabbatianesimo , ossia del più importante movimento messianico della storia ebraica dopo il I secolo. Due filosofi, fra tutti, hanno riflettuto in modo particolare sul Gherush, il primo, e sul Gherush e il martirio dei marrani, il secondo. Sono Isaac Abravanel (1437-1508) e appunto Barukh Spinoza.
Abravanel ha redatto a Monopoli tra il 1496 e il 1498 una trilogia messianica , il secondo ha scritto il Trattato teologico-politico, che, come vedremo, potrebbe essere considerato come un vero e proprio manifesto per la liberazione dei marrani.
Riportiamo un passo del Trattato teologico-politico: «Quale peggior sventura si può immaginare, per uno Stato, del fatto che degli uomini onesti vengano mandati in esilio quasi fossero furfanti, solo perché hanno opinioni diverse e non le sanno dissimulare? Cosa può esservi – ribadisco – di più funesto del fatto che alcuni uomini vengano trattati come nemici, non a causa di un delitto o di un misfatto, ma solo perché sono di indole liberale, e che siano per questa colpa condotti a morte? Cosa di più pernicioso che il patibolo, terrore dei malviventi, diventi un bellissimo teatro ove offrire il più alto esempio di coraggio e di virtù, a sommo disonore della suprema maestà? Coloro che sanno di essere onesti non temono – diversamente dai malfattori – né la morte, né il supplizio: il loro animo non è infatti oppresso dal rimorso di un turpe delitto, ed essi considerano anzi un onore, piuttosto che un supplizio, morire per una giusta causa, e degno di gloria cadere per la libertà. Che esempio viene dato, quindi, con la morte di tali individui, la cui causa è ignorata dagli uomini deboli e senza ideali, odiata dai rivoltosi e amata dagli onesti? Certamente nessuno può trarre un esempio da quella morte, se non per imitarla, o – quanto meno – per ammirarla» (TTP, XX,13).
Spinoza ha espresso in veste geometrica e in lingua latina una serie di insegnamenti della Torah, del Talmud e della Qabbalah. Che la storia della fortuna di Spinoza sia soprattutto la storia della sua sfortuna (come dice Pina Totaro) trova in questo la sua ragione. Spinoza inserisce nei termini della tradizione filosofico-teologica europea contenuti propri della tradizione ebraica. [...]

Marco Morselli

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  A proposito di antisemitismo - 4

Francesco LucreziQuel che viene da chiedersi, ancora una volta, è come mai l’Occidente, se avverte il bisogno di commemorare le vittime della Shoah, non avverta, proprio mai, il bisogno si riflettere, almeno un minimo, su tale diversità di approccio da parte dei propri vicini, né di tenerne conto, in qualche misura, per valutare il loro livello di sensibilità morale e di considerazione dei diritti umani.
P.S. Se è difficile fare una classifica, sul piano di tale ‘controcommemorazione’, fra i vari Paesi arabi, certamente nessuno è secondo alla Siria, i cui libri, giornali e mass-media trattano della Shoah, nei modi su ricordati (spesso nello stesso contesto, e poco importa che le varie teorie si contraddicano platealmente l’un l’altra), con alta frequenza e grande risalto (insieme al completo campionario delle altre amenità antiebraiche). E ha suscitato un certo turbamento, nei giorni scorsi, ascoltare il Presidente della Repubblica Italiana, mentre, innanzi al Presidente siriano (lo stesso che, alla presenza di Giovanni Paolo II, ricordò, nel 2001, che gli ebrei hanno torturato Gesù e perseguitato Maometto), si diceva “molto preoccupato” per il comportamento di Israele. Avremmo, certamente, preferito che quella visita non si svolgesse; ma, se proprio la ragion di stato lo imponeva, non avremmo voluto sentire quelle parole, pronunciate davanti a quell’interlocutore. Quanto è grande la stima che abbiamo sempre avuto per Giorgio Napolitano, tanto dolorosa è stata, stavolta, la delusione.

Francesco Lucrezi, storico
 
 
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Per mia personale decisione, della quale mi assumo piena responsabilità, non troverete nella rassegna di oggi commenti ad articoli pubblicati sui media relativamente alle vicende politiche della Comunità ebraica di Roma che nei giorni scorsi hanno attirato l'attenzione della stampa. Sono sempre stato dell’idea che non sia bene portare in piazza i conflitti politici interni alle comunità ebraiche perché vi è un serio rischio di delegittimare tutto l'ebraismo italiano solo per conquistare qualche piccolo vantaggio, e da questa mia idea discende la decisione di non recensire articoli che, anche nei giorni scorsi (vedansi le parole di Ovadia sul Fatto di ieri) avrei voluto non leggere.
La visita di tre giorni di Netanyahu, conclusasi nella notte con l’incontro fissato solo negli ultimi giorni col Presidente Obama, è analizzata da tutti i giornali, sotto diverse angolazioni. Su Liberal Krauthammer ricostruisce le vicende partendo dalla “gaffe” commessa durante la visita di Biden e analizza la successiva “virata politica”, aggiungendo una perfetta ricostruzione di 63 anni di storia. Opposta la posizione sullo stesso Liberal  espressa da Zakaria Fareed che nega la priorità del problema Iran per il governo israeliano, e scrive che Israele sarebbe “un’isola di ricchi israeliani in un mare di poverissimi palestinesi”. Su Libero Angelo Pezzana ricorda i comuni interessi strategici di Israele con molti stati arabi, a partire dall’Arabia Saudita che avrebbe promesso ai jet israeliani di concedere il proprio spazio aereo in caso di attacco all’Iran; ricorda pure i risultati della collaborazione economica tra Israele e l’Autorità Palestinese. Al contrario sul Secolo XIX Dino Cofrancesco contrappone le idee di Fiamma Nirenstein con quelle del “liberale Vargas Llosa” per concludere che Israele dovrebbe rinunciare a tutti gli insediamenti e seguire le volontà degli USA (cioè in pratica diventarne una colonia?). Sull’Unità De Giovannangeli afferma che dalla tre giorni negli USA Netanyahu esce rafforzato (dopo gli incontri col Congresso, con Biden, con la Clinton e con le varie organizzazioni ebraiche, in attesa dei risultati dell’incontro con Obama), mentre Obama ne esce indebolito. Sul Messaggero Carlo Jean osserva che Netanyahu e Obama si sono arroccati su posizioni dalle quali nessuno dei due può fare marcia indietro; ma il premier israeliano partirebbe avvantaggiato, in un’ottica futura. Sul Manifesto  si parla di “un governo Netanyahu che combina nazionalismo estremo, fondamentalismo religioso e correnti razziste”, colpevole di tutto quanto succede in Medio Oriente. Anche Le Monde, dopo aver riconosciuto che Netanyahu segue democraticamente il mandato ricevuto dai suoi elettori, e anche sotto molti aspetti la politica di tutti i governi che lo hanno preceduto, trova parole severe in un’analisi che prevederebbe, in prospettiva, solo la possibilità di una politica di apartheid. Sul Sole 24 Ore Tramballi scrive che non è solo un problema politico che divide Israele dagli USA, ma anche di soldi. Inoltre per lui tutte le colline attorno a Gerusalemme sono arabe; in vista di una immaginata (così appare) espulsione futura degli arabi di Gerusalemme, si chiede che cosa si possa fare di quel terzo di abitanti di Gerusalemme che sono arabi. Perché non va a Haifa a vedere come gli arabi possano convivere tranquillamente con gli ebrei? La decisione del ministro degli Esteri inglese Miliband di espellere un diplomatico israeliano (senza che si preveda una analoga ritorsione israeliana), è analizzata da tutti i quotidiani. Di gabbia diplomatica parla Il Foglio, che allarga il discorso a quanto è successo a Budapest dove è stato ucciso un siriano. Vi sarebbe nei governanti occidentali il desiderio di sostituire Netanyahu con Barak o con Tzipi Livni (ma si dimentica che i tre hanno, sugli argomenti in questione, una posizione molto simile). Da leggere, in questo articolo, la descrizione di tutto quanto fatto dal governo Netanyahu di positivo, e sono ricordate anche le parole della Clinton che aveva definito questi atti “senza precedenti”; tutto già dimenticato? Su Avvenire si afferma che gli islamici di Londra considerano l’espulsione del diplomatico israeliano un passo importante ma non ancora sufficiente. Sul Corriere Cavalera ricorda che i passaporti perfetti non possono che essere stati realizzati da un servizio segreto straniero (e chissà poi perché questa sicurezza; basta un amico nell’ufficio giusto, che tutti possono trovare) e torna al precedente del rapimento a Roma di Mordechai Vanunu. Per il Financial Times che Israele sia colpevole dell’uccisione del terrorista di Hamas non può essere affermato categoricamente, e aggiunge che tutte le precedenti espulsioni, a differenza di quest’ultima, erano state legate a crimini seri. Herald Tribune allarga il discorso alle due esistenti centrali nucleari di Israele, alla supposta arma nucleare già in mano israeliana (e quando mai l’avrebbe testata? Israele in tal caso sarebbe l’unica potenza al mondo a disporre di un’arma nucleare senza aver mai fatto alcun test), e ad un programma di costruzione di una nuova centrale per produrre energia elettrica partendo dall’uranio. Sul Corriere Sergio Romano risponde ad un’intelligente osservazione di Fabio Della Pergola su Israele “stato ebraico”, fronteggiato da tanti “stati arabi”, sfuggendo, con la sua solita abilità, alla domanda per nascondere tutto quanto contrasta con le sue idee di politico filoarabo. Sempre sul Corriere viene presentato il nuovo Presidente dell’UCOII Izzedin Elzir, un palestinese che si è espresso con parole condivisibili; speriamo che sia l’inizio di una nuova stagione, almeno in Italia. E apprezzabile, sempre sul Corriere, la descrizione della visita fatta dal principe Boncompagni Ludovisi nel negozio di ebrei dove suo figlio, il principe Bante, avrebbe profferto, di ritorno dalla Palestina, gravissime frasi antisemite. Ancora da leggere il lungo articolo su L’Osservatore Romano dal titolo: Martirio dei Cristiani d’Oriente nell’indifferenza generale. Ma chi è stato indifferente, fino ad oggi? Posso tranquillamente affermare che il sottoscritto, e tanti di coloro che seguono attentamente le evoluzioni nel Medio Oriente, da tempo sollecitano l’occidente, e anche la Chiesa, a non tacere su quanto sta avvenendo giorno dopo giorno. Ma sempre tutto passa sotto silenzio, anche per le autorità della Chiesa, come, nei giorni scorsi, tanti altri episodi di violenza contro cristiani, e la stessa chiusura della radio cristiana di Betlemme decisa dalla Autorità Palestinese.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad una serie di dichiarazioni fatte dal Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon: a Ramallah ha duramente attaccato le costruzioni “illegali” annunciate come prossime a Gerusalemme, A Gerusalemme, di fianco al Presidente Peres, ha invitato Hamas a sospendere il lancio di razzi verso Israele e a liberare Gilad Shalit. A Gaza ha duramente attaccato la chiusura delle frontiere di Gaza decisa da tempo da Israele (senza ricordarne le motivazioni). Il minimo che si possa dire è che Ban Ki Moon ha aspettato troppo a lungo prima di recarsi nel luogo del conflitto del Medio Oriente, e che, quando parla, è come una bandiera al vento: secondo il luogo nel quale si trova dice quello che chi gli sta di fianco desidera ascoltare. A mio parere è la dimostrazione di quanto in basso sia scesa la Organizzazione che lui dirige.

Emanuel Segre Amar 

 
 
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La lista di Schindler in vendita sul web
Londra, 23 mar -
Sarà presto in vendita, sul sito momentsintime.com, una delle sette copie della lista in cui Oskar Schindler indicò i nomi degli 801 ebrei da salvare dai campi di sterminio nazisti. A quanto risulta, si tratta della penultima versione della famosa lista che ispirò il film di Steven Spielberg. Il documento, redatto il 18 aprile del 1945 da Schindler e il suo contabile Itzhak Stern, è stato conservato fino ad oggi dalla famiglia di quest'ultimo. Il prezzo si aggira attorno ai tre milioni di euro e il primo che offrirà questa cifra si aggiudicherà la lista. "Siamo felici di offrire uno dei più importanti documenti della Seconda Guerra Mondiale attualmente esistente in possesso di privati - ha detto il portavoce del sito al Daily Mirror - Speriamo che qualcuno la compri per offrirla poi ad un museo".


Un “buon clima” nel faccia a faccia Netanyahu - Obama
Gerusalemme, 24 mar -
Nonostante le recenti tensioni in merito alla costruzione di insediamenti a Gerusalemme Est, la visita alla Casa Bianca del premier Netanyahu si sarebbe svolta in “un buon clima”. Lo riporta un comunicato stampa dell'ufficio governativo israeliano secondo cui "il primo ministro e il presidente americano hanno avuto un incontro faccia a faccia di un'ora e mezza che si è svolto in un buon clima". Dal confronto sono emerse alcune proposte che verranno analizzate oggi da una delegazione  dei due Paesi.
 
 
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