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L'Unione informa
 
    28 marzo 2010 - 13 Nisan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Benedetto Carucci Viterbi, rabbino Benedetto Carucci Viterbi, rabbino "Ed ecco Io vi mando il profeta Elia prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. E riporterà i cuori dei padri verso i figli e i cuori dei figli verso i loro padri". E' l'ultima profezia della Bibbia, che si legge come haftarà il sabato che precede Pesach: lo shabbat haGadol. Una buona introduzione al Seder, di cui indirizza il senso: realizzare la pacifica ricongiunzione, intellettuale ed emotiva, tra generazioni. Rashi, significativamente, legge: "E riporterà verso il Signore i cuori dei padri per mezzo dei figli e i cuori dei figli per mezzo dei loro padri": è grazie alle domande dei figli che i padri si avvicinano; è grazie alle risposte dei padri, attenti alle domande dei figli, che questi ultimi riescono nello stesso percorso.
Molti leggono e vivono Pesach pensando al sionismo. Credo sia un parallelo improprio. La liberazione dalla schiavitù non è un atto che indica un progetto, al più sancisce che non si è disposti più a vivere come si è vissuti fino a ieri e che si vuol vivere meglio. A differenza dell’uscita dall’Egitto, la scelta sionista non pensava di eliminare la condizione di inferiorità o di persecuzione e dunque non era la risposta all’antisemitismo. Quella scelta nasceva dalla convinzione che qualunque fosse stato il futuro, non si era disposti a investire solo sul miglioramento delle condizioni materiali della propria vita. La scommessa era sulla volontà di decidere da soli del proprio destino e di provare a se stessi, prima ancora che a chiunque altro, che non solo si era maturi per una condizione di autonomia, ma anche per una di responsabilità. La verifica sul senso di quella scelta e sullo stato di salute di ciò che da quella scelta è scaturito, alcune generazioni dopo, non è se l’antisemitismo sia cresciuto o diminuito, ma se ciò che è nato da quella scelta e attraverso quell’esperienza abbia fatto maturare, o meno, la capacità politica di affrontare le difficoltà del proprio presente.
David
Bidussa,
storico sociale delle idee
David Bidussa, storico sociale delle idee  
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  Verso Pesach - Trasgredire per santificare la vita

MatzahFra i documenti che si trovano nella collezione del Kibbutz Lochame Haghetaot è stata trovata la "Tefillat Achilat Chamez" (Preghiera per mangiare il chamez), scritta dai Rabbini del campo di concentramento nazista Bergen-Belsen: "Prima di mangiare chamez dica con la kavvanà del cuore: Nostro Padre che sei nei cieli, Ti è chiaro e risaputo che il nostro desiderio è compiere la Tua volontà e festeggiare la festa di Pesach col mangiare matzà e con l'astenerci dal mangiare chamez, ma con nostro grande dolore la prigionia ci impedisce di farlo e noi ci troviamo in pericolo di vita. Ecco siamo pronti e preparati a compiere la Tua mitzvà e 'vivrai in essi' (nelle mitzvot) e non e morirai in essi, e desideriamo fare attenzione alla Tua raccomandazione: 'Fai attenzione e osserva molto la tua persona', onde la nostra Tefillà a Te che ci faccia vivere e ci mantenga e ci redima presto per poter osservare le Tue norme e per fare la Tua volontà e servirTi con la pienezza del cuore - amèn".

Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme



Verso Pesach - Come si svolge il Seder 2


MatzahIl rav Alberto Moshe Somekh ha raccolto, norme, regole, tradizioni e riflessioni sulla festività di Pesach in un articolo di cui proponiamo un estratto.

Le Mitzwòt del seder
Quattro specifiche Mitzwòt (precetti) si osservano nel Seder anche dopo la distruzione del Bet ha-Miqdash. Due sono di origine biblica:
- la consumazione della Matzah, assumendo una postura particolare in segno di libertà, detta hassebah;
- il racconto dell’Uscita dall’Egitto tramite la lettura della Haggadah;
e altre due sono di istituzione rabbinica:
- la consumazione del Maròr: esso è comandato nella Torah solo in relazione al Qorban Pesach, ma i Maestri hanno voluto che si continuasse ad osservarlo in ricordo del Bet ha-Miqdash distrutto;
- l’assunzione di quattro bicchieri di vino, in momenti particolari e assumendo la hassebah.
A queste ultime se ne aggiunge un’altra: la recitazione del Hallèl, che Pesach ha in comune con altri giorni festivi. Ma il Seder è l’unica occasione annuale in cui il Hallèl viene recitato di sera e a tavola .
Accanto alle Mitzwòt propriamente dette, i Maestri hanno istituito diversi Minhaghim (usi) per mantenere il ricordo del Bet ha-Miqdash distrutto e per tener desta l’attenzione dei più piccoli.
Pur trattandosi di Mitzwòt ‘Asseh she-ha-zemàn gheramàn (obblighi legati ad un lasso di tempo determinato), le donne sono obbligate al pari degli uomini. Lo si evince dal fatto che 1) l’obbligo della Matzah è presentato nella Torah in connessione con il divieto di mangiare Chamètz (cibo lievitato), per cui i Maestri deducono che “chi ha il divieto di mangiare Chamètz ha l’obbligo di mangiare Matzah”  e, per estensione, tutti gli altri obblighi del Seder; 2) anche le donne hanno beneficiato del miracolo della liberazione. Ne consegue che anche le donne sono obbligate alla lettura della Haggadah, ma è opportuno che gli uomini non si basino sulla loro lettura per uscire d’obbligo . Esse sono parimenti tenute a recitare il Hallèl . Fa eccezione per alcuni, come vedremo, solo la hassebah.
Una persona in lutto è parimenti tenuta a tutte le Mitzwòt, Hallèl compreso, ma non è opportuno che conduca il Seder, se vi sono altri in grado di farlo al suo posto . I bambini vanno progressivamente educati in base all’età e alla maturazione a partecipare al Seder e alle sue Mitzwòt. Coloro che si sono convertiti all’ebraismo osservano tutte le Mitzwòt del Seder e leggono la Haggadah, nonostante i numerosi riferimenti ai “nostri padri” . Anche i non vedenti sono parimenti tenuti a recitare la Haggadah ovvero ad ascoltarla, sebbene non vedano la Matzah e il Maròr; pertanto essi possono fare uscire d’obbligo altri anche se l’handicap li ha colpiti dalla nascita .
Mentre per alcune Mitzwòt (Matzah e Maròr) è prescritta la recitazione di una Berakhah particolare, per altre non è stata istituita: sia i quattro bicchieri di vino che la lettura della Haggadah sono infatti Mitzwòt che non si esauriscono in un unico atto consecutivo, ma subiscono interruzioni e per questi casi i Maestri non hanno previsto la recitazione di una Berakhah. Per la stessa ragione non viene recitata durante il Seder la consueta Berakhah prima del Hallèl .
Scrive il versetto: “E mangeranno la carne (dell’agnello pasquale) durante questa notte” . Se ne evince che non solo il sacrificio pasquale, ma per estensione tutte le Mitzwòt del Seder vanno eseguite dopo l’uscita delle prime tre stelle. Se il Venerdì Sera e nelle altre sere festive è lecito recitare il Qiddush anche prima della notte, durante il Seder non è lecito anticipare per il fatto che il bicchiere di vino che si beve per il Qiddush è a tutti gli effetti il primo dei quattro bicchieri prescritti ed è parte integrante delle Mitzwòt della notte di Pesach .
Peraltro, “la tavola deve già essere apparecchiata dalla vigilia, in modo che il Seder possa cominciare appena è buio. Anche chi sta studiando al Bet Midrash deve predisporsi ad uscire presto, perché è Mitzwah cominciare non appena possibile per evitare che i bambini si addormentino” .
In linea di principio l’intero Seder deve essere portato a termine nel medesimo luogo in cui lo si è cominciato, in analogia con le regole relative al Qorban Pesach che non consentivano di consumarlo in due gruppi di persone differenti .

La Qe’arah
Prima di iniziare il Seder è necessario aver predisposto su un apposito vassoio (qe’arah), l’occorrente per le Mitzwòt del Seder. Lo scopo della qe’arah non è soltanto di avere a disposizione gli assaggi quando si rende necessario consumarli, ma anche assolvere al dovere di testimoniare, vedendoli, il significato che ciascuno di essi ha. E’ infatti scritto nella Torah: “H. ha agito a favor mio in Egitto per questo (scopo)”  e i Maestri della Haggadah hanno interpretato che si riferisce “all’ora in cui la Matzah e il Maròr sono disposti davanti a te”. Per questa ragione è opportuno che i cibi della qe’arah rimangano sulla tavola fino al termine del Seder. Peraltro, non è necessario che ogni commensale abbia la sua qe’arah, ma è sufficiente che se ne trovi una di fronte a chi guida il Seder. E’ opportuno, come norma generale, preparare tutti i cibi prima che inizi la festa: ciò diventa un obbligo tassativo se Pesach cade di Shabbat, in quanto in tal giorno non è lecito cucinare del tutto. Ciò che serve per il Sabato sera, infine, deve essere tutto pronto fin dal venerdì.
I cibi sono i seguenti:
- Tre Matzòt sovrapposte: il numero si spiega con il fatto che nelle sere festive è necessario recitare la Berakhah su due pani interi in memoria della doppia razione di manna nel deserto . Dal momento che, come si vedrà, durante il Seder uno dei pani deve essere spezzato prima della Berakhah, è necessario prevederne tre . Si deve fare in modo che le Matzòt siano shemuròt (dette anche semplicemente shimmurim), ovvero impastate con farina proveniente da grano controllato fin dal momento della mietitura (mi-sh’at qetzirah) e cotte a mano le-shem Matzat Mitzwah, in base al versetto “e sorveglierete le Matzòt” . Durante lo svolgimento del Seder le Matzòt rimangono scoperte, perché sono chiamate nella Torah lechem ‘oni , interpretato dai Maestri come “pane sul quale si dànno molte risposte”. Solo nei momenti in cui si solleva il bicchiere di vino devono essere coperte per preservarne la dignità, in quanto come alimento il pane è considerato più importante del vino . Alcuni hanno l’uso di separare fra loro le tre Matzòt con tovaglioli, e/o di collocarle fuori dalla qe’arah. Se delle tre Matzòt una si spezza inavvertitamente prima dell’apparecchiatura la si collochi come Matzah mediana, che è destinata comunque a essere spezzata molto prima delle altre.
- Maròr: foglie di insalata. L’uso più generale, seguito anche in Italia, è di adoperare le foglie di lattuga romana, dopo averne accuratamente controllato eventuali infestazioni .
Ai tempi del Bet ha-Miqdash si metteva in tavola anche la carne del Qorban Pesach.  Per la precisione, dopo la distruzione i Maestri hanno prescritto che si collocassero sulla qe’arah “due cibi cucinati”:
- Zeroa’: zampa. Per il primo cibo, in ricordo dell’agnello pasquale, si usa una zampa di bovino, ovino o pollame arrostita direttamente sul fuoco, così come veniva arrostito l’agnello : essa ricorda il “braccio disteso” con cui H. ci ha redento dall’Egitto. In mancanza può essere adoperata altra parte dell’animale, preferibilmente dotata di osso. La zampa non viene mai sollevata dal vassoio durante il Seder, per non dare l’impressione di aver offerto il Qorban Pesach fuori dal Bet ha-Miqdash: l’uso è di mangiarla la mattina successiva al secondo Seder, quando non serve più .
- Betzah: uovo. Il secondo cibo, in ricordo del Qorban Chaghigah (sacrificio festivo) che veniva offerto ogni Yom Tov, consistente in un uovo sodo: esso è simbolo del lutto per la distruzione del Tempio . E’ preferibile che l’uovo sodo sia lasciato nel guscio.
- Karpàs: verdura . L’uso più comune è di adoperare gambi di sedano, che sono più facile da pulire da eventuali infestazioni rispetto alle foglie. Devono essere crudi . A lato si deve preparare un contenitore di aceto di vino o soluzione di acqua e sale nella quale intingere il karpàs . L’acqua salata deve essere preparata prima di Yom Tov .
- Charosset: impasto di frutta in ricordo della malta (in ebraico: cheres o tit) adoperata dagli schiavi ebrei in Egitto per confezionare i mattoni. Viene preparata con i frutti ai quali viene paragonato il popolo d’Israel nello Shir ha-Shirim (la Meghillah che viene letta durante Pesach; in toto o in parte: mela , melagrana, fico, dattero , noce e mandorla). Il tutto è cosparso di cannella e cinnamomo, in ricordo della paglia. Secondo un’altra opinione ricorda il sangue versato dagli ebrei nel corso della schiavitù e pertanto si usa annaffiarlo di vino. Il Charòsset si adopera durante il Seder per intingervi il Maròr.
La qe’arah in quanto tale non è mai menzionata nel Talmud e vi sono usi diversi in merito alla disposizione dei cibi su di essa.  In mancanza di un determinato uso nella propria famiglia o nella propria Comunità ci si può attenere al principio per cui quanto prima un assaggio si rende necessario durante il Seder tanto più vicino lo si colloca alla persona, per evitare che questa si trovi a dovere “scavalcare le Mitzwòt”: nell’ordine 1) karpàs con acqua salata alla sua sinistra; 2)  Matzòt; 3) Maròr con Charòsset alla sua sinistra; 4) Zeroa’ a destra e Betzah alla sua sinistra .
Vi sono abitudini diverse in merito alla domanda se prelevare i cibi dalla qe’arah, quando si richiede di mangiarli, o predisporne a parte lasciando intatto il vassoio. Vanno tenuti presenti due principi: 1) il vassoio va tenuto sulla tavola completo con una rappresentanza di ciascun assaggio fino al termine del Seder; 2) della Matzah e del Maròr si richiede che ciascuno dei commensali mangi almeno un ke-zayit più volte nel corso del Seder. E’ perciò difficile, soprattutto in presenza di molti ospiti, che il relativo quantitativo possa essere interamente contenuto nella qe’arah e dovrà essere conservato da parte. [...]


Alberto Moshe Somekh, rabbino capo di Torino

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  Davar Acher - L'anno prossimo a Gerusalemme

Ugo VolliDomani sera in tutte le case ebraiche, dopo il vino, l'haroset, le erbe amare, i salmi e le storie, proprio alla fine della sera, si diranno tre parole decisive, che danno al seder una presa sull'attualità che non è mai cessata da quando i saggi hanno fissato l'Haggadà. Diremo, come tutti gli anni "Leshanà habbà beJerushalaim", l'anno prossimo a Gerusalemme. Per secoli questa è stata solo una promessa spirituale, una speranza che non moriva. Una preghiera. Gradualmente, a partire da centocinquanta anni fa, la clausola è diventata concreta, il senso è cambiato in un invito a salire davvero in Eretz Israel. Una proposta, una richiesta. Poi, a giugno di sessantatre anni fa a Gerusalemme ci siamo insediati davvero. Dal senso della frase non è sparito l'invito all'alyà, ma si è aggiunta la gioia di una realizzazione. Era diventata un segno di festa. Magari fra mille problemi, Gerusalemme era comunque tornata al popolo ebraico, dopo centinaia, migliaia di instancabili ripetizioni di quella formula.
Tutti sappiamo quel che ho appena riassunto. Perché parlarne ancora? Perché non è affatto detto che l'anno prossimo saremo ancora a Jerushalaim. Se le cose andassero come sembrano volere non solo i palestinesi e il mondo arabo e islamico, ma anche l'Europa e l'America di Obama, l'anno prossimo di Gerusalemme potrebbe restarci solo la periferia occidentale, quartieri simpatici come Rehovia. Come negli anni fra il '48 e il '67 la parte occidentale delle mura di Solimano, dalla cittadella di Davide alla porta di Giaffa sarebbero di nuovo il confine di due Stati. Per capire quel che accadrebbe all'interno della Gerusalemme storica basta ricordare la legione araba guidata dagli inglesi nel '48 all'assalto del quartiere ebraico: non lasciarono pietra su pietra, bruciarono tutto, costruirono strade con le lapidi del Monte degli Ulivi.
Non voglio rovinare la festa a nessuno, ma è di questo che si discute oggi. Non delle 1600 case in un quartiere o delle 20 di un'altro: il problema è se Israele debba restare beJerushalaim o no. Sul nostro Stato si sta addensando una "tempesta perfetta" come nei film: l'arma atomica iraniana, il terrorismo, l'odio del mondo islamico, l'idea comune a Obama e all'Europa che per fare la pace col mondo islamico bisogna fare a Israele quel che Francia e Inghilterra fecero alla Cecoslovacchia a Monaco 29 al 30 settembre 1938: una bella conferenza senza la partecipazione della vittima, che diede a Hitler quel che voleva con l'illusione di acquietarlo col riconoscimento della sua potenza. (Come sappiamo non si tranquillizzò affatto, anzi, ma questa è un'altra storia). Il rifiuto generale di qualunque mossa Israele faccia per difendersi da nemici aggressivi e violenti: le campagne militari, la barriera di sicurezza, le esecuzioni mirate, l'esercito, i servizi segreti, la giustizia.
Attualmente, che io sappia, l'America è "indignata" per l'insulto di Israele che costruisce case nella sua capitale, Inghilterra e Australia sono "offese" per vie dei passaporti di Dubai, l'Europa è "scontenta" delle scelte di Israele, l'amica Italia ha appena proposto per bocca del presidente della repubblica e di quello del consiglio uniti per l'occasione una resa senza condizioni alla Siria. Anche la Chiesa vuole che Gerusalemme sia quanto meno internazionalizzata e lo dice a voce sempre più alta. La stampa è unanime nel condannare. Una bella fetta di prestigiosi intellettuali ebraici che si dicono pacifisti, per fortuna del tutto privi di seguito popolare, fanno il possibile per convincere tutti che il popolo di Israele non esiste, che la fondazione dello Stato ebraico è stato un crimine, e comunque per far sì che leshanà habbà a Gerusalemme comandi Abu Mazen o magari anche Hamas. Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite ha approvato un paio di giorni fa quattro mozioni quattro di condanna a Israele, con una maggioranza di 39 a 5 (e 11 astenuti). Fra i contrari c'era l'Italia, ma non è una consolazione. Eccetera eccetera.
Certamente il nostro popolo e il suo Stato non sono spacciati, hanno ancora la sua forza militare ed economica, la creatività, la combattività, l'ostinazione che Israele mostrava già uscendo dall'Egitto. Il popolo ebraico ha il suo destino storico, la fede che ci ha portato per due millenni a ripetere il seder e la sua formula finale. Ma domani sera, forse, guardando la sedia  che lasceremo vuota per Gilad Shalit, dovremo interpretare di nuovo la formula millenaria come una preghiera e magari aggiungere sottovoce un'altra parolina, un davar acher: (gam) leshanà habbà biJerushalaim: anche l'anno prossimo a Gerusalemme. Speriamo.

Ugo Volli
 
 
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Per i giornali italiani il popolo ebraico ha torto a prescindere
Per la serie “Israele è sempre il colpevole”, così lo vedono grati parte dei nostri media, ecco com'è andata l'altro giorno al confine tra lo Stato ebraico e Gaza, quell'amena località diretta da Hamas e dalla quale partono sempre missili senza che alcun organismo internazionale si senta in dovere di aprire bocca. L'altro giorno dunque, al confine di Kissufim, la brigata Golani viene mandata a perlustrare l'area, dopo che un commando palestinese è stato visto piazzare una carica esplosiva. I soldati israeliani sparano, superano di poco il confine, ma si accorgono che è un'imboscata, forse l'obiettivo era catturare dei soldati, visto il risultato, per loro, ottimo, che ha reso la cattura di Gilad Shalit. Sul campo rimangono uccisi due soldati, due sono feriti, uno gravemente, da parte palestinese, i morti sono quattro. Come titolano i giornali? Blitz a Gaza, uccisi due soldati, è quello del Corriere della Sera, il lettore è spinto a pensare che Tzahal ha deciso di entrare nella Striscia e basta, non essendo informato che è stata la reazione a quanto i palestinesi stavano preparando. […]
Angelo Pezzana, il Giornale, 28 marzo 2010

Berlusconi sollecita Israele: «Blocchi gli insediamenti»
Roma - Con un appello a Israele, affinché blocchi i «controproducenti» insediamenti, in particolare a Gerusalemme Est, e restituisca alla Siria le alture del Golan, Silvio Berlusconi, ha ricevuto a Sirte, in Libia, l'applauso al vertice della Lega Araba, dove è emersa la consapevolezza di un empasse per il dialogo di pace. Berlusconi ha manifestato la sua preoccupazione, ma ha chiesto alle autorità israeliane di «ridare una chance alla pace» in quanto «ne abbiamo la possibilità». [...]
[...] Ma per un pezzo di pace, quello tra Svizzera e Libia, Berlusconi è stato protagonista ha mediato, facendo concludere la guerra dei visti, che ha finito per investire tutta Europa. In serata, l'annuncio ufficiale ha decretato la pace e la soluzione per i visti tra Libia e Svizzera che riguarda tutti i cittadini che fanno parte dell'arca Schengen. Tripoli ha revocato il blocco subito dopo l'annuncio, da parte della presidenza Ue (ovvero, il leader spagnolo Zapatero) della cancellazione delle restrizioni per i visti di 118 libici, inseriti nella black-list della Svizzera. Non appena concluso il vertice, Berlusconi ha riunito, in una saletta, il ministro degli Esteri, spagnolo, Miguel Angel Moratinos, il primo ministro libico, Ali al Mahmudi, tenendosi in stretto contatto telefonico con il premier spagnolo, Zapatero. [...]  
Fabrizio Rizzi, il Messaggero, 28 marzo 2010 

Berlusconi show in Libia «Israele lasci il Golan»
Prima veste i panni del Grande mangiatore di datteri. Poi, quelli del Premier-zelig, l'amico di tutti. Arabi. Israeliani. Il premier che dice tutto e il contrario di tutto. A seconda della platea che ha di fronte. Un vero e proprio show, quello inscenato ieri in terra libica dal «Cavaliere con la kefiah». All'altezza di quello che aveva visto protagonista il «Cavaliere con la kippah» il 3 febbraio scorso alla Knesset. Spalleggiato dall'amico Muammar (il rais libico Gheddafi), Silvio Berlusconi sbarca a Sirte per partecipare, uno degli ospiti internazionali, al vertice della Lega Araba. L'accoglienza che il Colonnello riserva al Cavaliere è di quelle che meritano l'Oscar del kitsch: canti, balli, con Gheddafi che accoglie a braccia aperte Berlusconi sotto una tenda multicolore allestita vicino alla pista dell'aeroporto di Sirte.
Gaza libera. Dopo i baci e gli abbracci, il presidente del Consiglio raggiunge il centro congressi Ouagadougou, per il summit. Prima, però, si concede un giro per il piccolo «suk» all'ingresso del centro, accompagnato dal fratello di Gheddafi. Un lancio di agenzia - stile Istituto Luce - narra di un sorridente Berlusconi che mangia di gusto i datteri offertigli dai plaudenti commercianti. La recita del Grande mangiatore di datteri finisce qui. E inizia quella politicamente più significativa: alla tribuna del vertice sale il Premier-zelig. Il più arabo degli arabi. Come a Gerusalemme era stato il più israeliano degli israeliani. Per «ridare una chance alla pace» in Medio Oriente Israele fermi i «controproducenti» insediamenti a Gerusalemme Est, e restituisca alla Siria le alture del Golan, scandisce. Applausi dei leader arabi. Neanche Barack Obama è giunto a tanto. […]
Umberto De Giovannangeli, l'Unità, 28 marzo 2010

 
 
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Qui Venezia - Una parodia elettore di cattivo gusto
Giorgio Orsoni è il candidato del centrosinistra al Comune di Venezia. Presto ci saranno le elezioni, la battaglia si fa feroce e si espande, come di consueto oramai, anche sul web, dove circola un video contro Orsoni. Sulla base delle scene del film “La Caduta” gira in rete una parodia di Massimo Cacciari (Hitler) chiuso nel bunker di Berlino negli ultimi istanti prima del crollo del regime nazista assieme a Orsoni. Pronta la reazione del presidente della Comunità ebraica veneziana Vittorio Levis alla notizia: “Non sta ovviamente alla Comunità ebraica entrare nel merito di una campagna elettorale, né ergersi a vestali di quello che si può dire o fare con la storia e la simbologia nazista. Riteniamo però, come cittadini che vogliono conservare un minimo di dignità personale e di rispetto verso l’umanità intera che ha conosciuto il vero significato di Hitler e del nazismo, che ci sia un limite anche alla banalizzazione e alla volgarità. Che questo venga poi fatto nei riguardi di Massimo Cacciari, che in tutte le occasioni ha saputo svolgere mai banali ma, anzi, penetranti riflessioni critiche sul nazismo, fascismo e comportamenti umani, ci spiace particolarmente e ci fa interrogare sulla intelligenza, sulla sensibilità, sulla credibilità di chi utilizza mezzi del genere”. 

Sorgente di vita: dalla Pasqua ebraica al Caso Mortara

SDVLa puntata di Sorgente di vita di domenica 28 marzo apre con i ragazzi della scuola ebraica di Milano che provano i canti dell’Haggadà e una riflessione su Pesach del rav Roberto Colombo; inoltre rav Shlomo Bekhor illustra la nuova edizione dell’Esodo, con testo, traduzione, commenti e tante illustrazioni. Segue un servizio su un laboratorio di musica, teatro, e integrazione con la direzione artistica di Moni Ovadia: al centro Apollo 11 di Roma tanti ragazzi di etnie e culture diverse con storie ed esperienze anche difficili alle spalle imparano a suonare gli strumenti musicali, a recitare e a muoversi sulla scena per dare vita a una vera e propria orchestra teatrale. Perché mangiamo gli animali? Cosa finisce nei piatti dei nostri figli? Dai racconti della nonna ebrea sopravvissuta alle sofferenze e alla fame durante la guerra, l’inchiesta giornalistica dello scrittore  americano Jonathan Safran Foer sulla produzione della carne e gli interrogativi etici sulla  sofferenza degli animali, anche alla luce della tradizione ebraica, con alcune riflessioni di rav Riccardo Di Segni. Infine “Il Caso Mortara” del compositore Francesco Cilluffo, un’opera italiana presentata a New York: la storia di Edgardo, bambino ebreo battezzato di nascosto e rapito dal Sant’Uffizio nel 1858. Il rapimento a Bologna, la separazione dai genitori, la segregazione nella casa dei catecumeni a Roma, la vita da prete sotto la protezione del papa Pio IX, scene di un dramma storico e familiare. Sorgente di vita va in onda domenica 28 marzo alle ore 1,20 circa su Raidue e, in replica, lunedì 29 marzo alle ore 1,20 circa sempre su Raidue. La puntata sarà replicata anche lunedì 5 aprile alle 9,30 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche online.

"Il presidente Obama non è una catastrofe per Israele",
Netanyahu smentisce le notizie di Yedioth Aharonot

Gerusalemme, 28 mar -
"Il presidente Barack Obama è una catastrofe per Israele", ecco, fra gli altri, un titolo vistoso fra quelli pubblicati oggi dal giornale israeliano Yedioth Aharonot. Benyamin Netanyahu lo ha letto e ha pubblicato subito una nota in cui ha sottolineato l'infondatezza delle notizie pubblicate dal giornale. Citando "attivisti politici molto vicini a Netanyahu", il giornale scrive che Obama e il segretario di Stato Hillary Clinton "hanno sposato la causa palestinese. Si tratta - aggiungono - di un atteggiamento folle, malato. La situazione è una catastrofe". Questi attivisti hanno aggiunto che la grande preoccupazione per la politica estera di Obama è condivisa anche anche da altri capi di governo, "fra cui Angela Merkel, Silvio Berlusconi e i dirigenti russi". Nella sua nota, Netanyahu rileva che le citazioni pubblicate da Yediot Ahronot sono attribuite a fonti anonime. "Il primo ministro - si legge - condanna quelle dichiarazioni, che non rispecchiano in alcun modo il suo parere né quello dei suoi consiglieri". La crisi nelle relazioni fra Stati Uniti ed Israele, approfonditasi con la recente visita di Netanyahu da Obama, sarà discussa oggi nel corso della seduta settimanale del consiglio dei ministri israeliani.  

 
 
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