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L'Unione informa |
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29 marzo 2010 - 14 Nisan 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Quando
nel marzo 1934 venne fatta una retata di antifascisti ebrei torinesi,
la stampa di regime intitolò: "L'anno prossimo a Gerusalemme,
quest'anno al Tribunale Speciale". Vi sono dei momenti in cui antiche
parole, ripetute tante volte, assumono improvvisamente un senso attuale
e coinvolgente. Con le parole della Haggadà questo è successo spesso.
Succederà anche stanotte con quella frase su Gerusalemme che segna la
fine del Seder: "Le shana habaa bYrushalaim", a cui nel ventesimo
secolo, visto che il sogno si stava realizzando, è stata aggiunta anche
la parola "habenuyà" (ri)costruita. Per la (ri)costruzione di
Gerusalemme preghiamo tutti i giorni nella 'amidà nella benedizione
dopo il pasto. E questa notte sarà una invocazione corale di tutto il
popolo ebraico, unito nell'attualità e con la storia passata. Le
difficoltà politiche non si risolvono dimenticando la storia. Con buona
pace di chi regge le sorti del mondo e degli stati. Le shana habaa
bYrushalaim habenuyà, Pesach sameach wekasher a tutti.
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Pesach
è il giorno più difficile dell'anno ebraico. Il momento in cui sorge il
dovere di costruire e di conquistare la nostra libertà. Ma l'emozione,
la gioia immensa di voler essere liberi è anche una terribile
responsabilità. Per questo alla tavola del Seder, accanto al posto dei
propri cari e dei propri amici, molti di noi fra poche ore lasceranno
una sedia vuota per l'ospite più atteso. Il suo nome è Gilad Shalit. La
sua libertà è la speranza che illumina la notte. |
Guido Vitale,
giornalista |
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davar |
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Verso Pesach - Un augurio per la difesa della nostra identità
Pesach
è la festa della liberazione dalla schiavitù ed è il simbolo di una
minoranza che difende i propri valori. Solo preservando la nostra
identità e la nostra cultura possiamo contribuire al progresso e
garantire il pluralismo della società di cui siamo parte. Auguro a voi
e ai vostri cari Pesach Sameach.
Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Verso Pesach - Come si svolge il Seder 3
Il
rav Alberto Moshe Somekh ha raccolto, norme, regole, tradizioni e
riflessioni sulla festività di Pesach in un articolo. Di seguito ve ne proponiamo
un estratto.
La Hassebah “Persino
un bambino deve stare reclinato mentre mangia” . Come segno di libertà,
i Maestri hanno stabilito che nel corso del Seder si deve stare in
posizione reclinata, ovvero appoggiati con il braccio sinistro
(hassebat semòl), preferibilmente su un cuscino: identica regola vale
anche per i mancini. Nei tempi antichi si banchettava semicoricati sui
triclini e tale era la consueta postura di rilassamento. Con il passare
dei secoli sono mutate le abitudini, tanto che già alcuni Decisori
medioevali hanno ritenuto che l’obbligo della hassebah non fosse più in
vigore, ma la maggioranza ha stabilito la norma in senso rigoroso. I
più ritengono anzi che la hassebah rientri oggi proprio in quei gesti
inusuali che dovrebbero spingere i bambini a porre domande: non sarà un
caso che fra le domande del Mah Nishtannah quella sulla hassebah sia
stata introdotta più tardi, allorché si era persa l’abitudine. Vi
sono regole che vincolano reciprocamente i commensali a questo
proposito. Il figlio osserva la hassebah anche a tavola con il padre,
perché ciò non è considerato mancanza di rispetto nei suoi confronti,
anche se il padre è contemporaneamente il suo principale Maestro di
Torah (rabbò muvhaq). Ma normalmente il discepolo non osserva la
hassebah a tavola con il suo principale Maestro di Torah se questi non
è suo padre, a meno che il Maestro non gliene dia il permesso. Se è
presente un Maestro di Torah di importanza straordinaria (muflàg
be-dorò) tutti i commensali devono considerarsi come suoi discepoli. Le
donne sefaradite usano osservare la hassebah a priori, mentre quelle
ashkenazite no . La persona nel primo anno di lutto non è esente dalla
hassebah. La hassebah non va in realtà osservata per tutta la
durata del Seder. Le parti di lettura (Magghid, Barèkh, Hallèl) esigono
infatti una concentrazione particolare e per i bocconi non di Mitzwah
(karpàs), ovvero quelli “amari” (Maròr e, secondo un’opinione
minoritaria, anche Korèkh) non è richiesta. In pratica, a priori si
deve osservare la hassebah sette volte durante il Seder: quando si beve
ciascuno dei quattro bicchieri di vino e ognuna delle tre volte in cui
si mangia la Matzah di Mitzwah (Motzì Matzah, Korèkh secondo la
maggioranza delle opinioni e Tzafùn). In caso di dimenticanza
l’opinione più facilitante ritiene che sia necessario ripetere l’atto
di mangiare reclinati solo in occasione di Motzì Matzah (senza ripetere
le Berakhot) in quanto è questa l’unica occasione in cui la hassebah
accompagna un’azione comandata dalla Torah secondo tutte le
opinioni. Lo stesso criterio può essere adottato anche a priori
in situazioni di grave disagio .
Gli Arbà’ Kossòt “Gli
versano [il vino]” . Dal linguaggio della Mishnah impariamo che colui
che conduce il Seder si fa versare il vino da altri, in segno di
libertà. E’ oggi uso comune estendere questa abitudine a tutti i
commensali . Mentre in tutte le altre occasioni solo a colui che
recita il Qiddush si richiede di tenere in mano il bicchiere con il
vino e di berne, durante il Seder tutti i commensali sono egualmente
soggetti a questo precetto e anche se escono d’obbligo dalla
recitazione del Qiddush con quella effettuata dal capofamiglia sono
tenuti a bere il vino “in proprio” secondo le modalità che verranno
spiegate in seguito. La stessa regola vale anche per i bicchieri
successivi. I Maestri hanno infatti reso obbligatorio per tutti,
durante il Seder, bere quattro bicchieri di vino. Fra le numerose
ragioni indicate nel Talmud la più famosa è il riferimento alle
“quattro promesse di redenzione” con cui H. ha annunciato a Mosheh il
suo intervento in Egitto: wekotzetì (vi farò uscire) – wehitzaltì (vi
salverò) – wegaaltì (vi redimerò) – welaqachtì (vi prenderò). I quattro
bicchieri vanno assunti secondo l’ordine stabilito dai Maestri nella
Haggadah: il primo al termine del Qiddush (Qaddesh), il secondo al
termine del Magghid, il terzo al termine della Birkat ha-Mazòn (Barèkh)
e il quarto al termine del Hallèl. Colui che beve i quattro bicchieri
uno dopo l’altro esce d’obbligo solo per un bicchiere. Il vino
deve essere di preferenza rosso, in quanto questo era il suo colore ai
tempi biblici, come dice il versetto: “non osservare il vino mentre
rosseggia” ; inoltre esso ricorda il sangue delle piaghe e dell’agnello
pasquale che, sugli stipiti delle porte in Egitto, permise la nostra
liberazione. Ma se si trova un vino bianco più pregiato, questo ha la
precedenza . Non è opportuno diluire il vino nell’acqua. Dal
momento che con il vino si assolve anche il precetto della gioia
festiva (simchat Yom Tov) è necessario a priori che esso abbia potere
inebriante, ma non è necessaria una gradazione alcolica elevata: chi è
particolarmente sensibile dovrà tenerne conto allo scopo di riuscire a
portare a termine il Seder. Gli astemi, coloro cui il vino fa male, e
così pure i bambini, potranno sostituirlo con succo d’uva. Se la
persona non tollera neppure il succo d’uva, potrà uscire d’obbligo
ascoltando il Qiddush da colui che conduce il Seder e uscire d’obbligo
con la bevuta di quest’ultimo . Il bicchiere deve essere
sufficientemente grande da contenere un revi’it (quarto di log, pari al
volume di un uovo e mezzo): sull’identificazione di questa
misura oggi vi sono due opinioni. Secondo R. Chayim Naeh sono 86
cc. , mentre per il Chazòn Ish sono richiesti almeno 125 cc. L’uso è di
essere più rigorosi di Venerdì Sera, allorché l’obbligo del Qiddush è
di origine biblica, mentre se il Seder ha luogo in una sera differente
è sufficiente basarsi sull’opinione più facilitante, perché l’obbligo
del Qiddush di Yom Tov è solo per estensione rabbinica. Sebbene
in tutte le altre occasioni è sufficiente a priori che chi recita il
Qiddush beva la maggior parte del revi’it, nel caso del Seder è
necessario che ciascuno si sforzi di bere il revi’it per intero. Solo a
posteriori si è usciti d’obbligo avendo bevuto la maggior parte del
revi’it. In ogni caso, è opportuno non adottare bicchieri più grandi
della misura necessaria per non entrare in discussione sul quantitativo
minimale da bere. La Mishnah stabilisce che non si possono
intercalare altri bicchieri fra il terzo e il quarto, per il timore di
ubriacarsi e di non essere più in grado di terminare il Hallèl . La
discussione dei Maestri verte se analoga motivazione si applica anche
al vino bevuto “a stomaco vuoto” prima del pasto e dunque
nell’intervallo fra i primi due bicchieri. Lo Shulchan ‘Arukh, pur non
vietando di aggiungerne altri, codifica che durante la recitazione del
Magghid “è opportuno astenersene… se non per grave necessità” . Solo
durante il pasto è lecito bere a volontà. Il bicchiere dovrà
essere dignitoso e integro: è assai preferibile evitare il materiale
monouso . Esso dovrà essere perfettamente pulito e illibato all’inizio
del Seder per il Qiddush, ma in linea di principio non è necessario
risciacquarlo in vista delle bevute successive. Sarà sufficiente
tornare a riempirlo ogni volta, a meno che nel frattempo non vi siano
entrati altri liquidi o briciole di cibo. Per questa ragione è
consuetudine rilavarlo o sostituirlo prima del “terzo bicchiere”, sul
quale si recita la Birkat ha-Mazòn subito dopo il pasto.
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Yerushalaim - Capitale di Israele e città universale
Yerushalaim
è grammaticalmente un duale. Il nome rinvia a un duplice compito. Può
essere già in questa forma grammaticale la risposta alla questione che
negli ultimi giorni è tornata in primo piano sia sulla scena politica
internazionale sia all’interno del mondo ebraico. Comunque si
giudichino gli insediamenti a Gerusalemme est, difendendoli a oltranza
o distanziandosene con preoccupazione, occorre riflettere sul ruolo di
Yerushalaim. Gerusalemme indica che il popolo ebraico è un popolo
come gli altri, ma è anche “di più”. Perché ha un duplice compito che
emerge proprio attraverso Gerusalemme: la soglia attraverso cui si
passa, in Israele, dalla singolarità all’universalità. Nella tradizione
ebraica Gerusalemme è al di fuori della spartizione delle terre perché
è l’apertura mobile che permette l’unità, è il luogo del Tempio, la
Residenza dell’Estraneità dell’Altro sulla terra. La condizione di
questa Residenza, dell’apertura all’Altro, è che Gerusalemme sia
capitale di Israele. Ma essere capitale dello Stato di Israele non
basta. È a Yerushalaim che lo Stato degli ebrei può andare al di là
dello Stato singolare, può accogliere l’estraneità dello straniero che
sfugge alla sua sovranità. In breve: per rispondere alla sua
vocazione universale, Israele ha bisogno della sua singolarità, e
Gerusalemme deve essere capitale. Ma è una strana capitale o, meglio, è
il luogo dell’apertura all’estraneità. È attraverso questa apertura che
è possibile la continuità e l’esistenza di Israele. È nel passaggio
dalla singolarità all’universalità che si giocherà non solo il futuro
dello Stato di Israele, ma la possibilità di un nuovo ordine del mondo.
Scandalo per chi nel XXI secolo ragiona ancora con gli antiquati schemi
del nazionalismo e del patriottismo, Yerushalaim dovrà essere città
universale, aperta all’umanità, “pietra da carico per tutti i popoli”
(Zaccaria 12, 3). È in questa Gerusalemme che - nella nostra Haggadah -
promettiamo di esserci il prossimo anno.
Donatella Di Cesare, filosofa |
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Le nuove colonie? Questa volta Israele vuole provocare Questa
sera in tutto il mondo ebraico si celebrerà il Seder, la cena pasquale
in ricordo dell'uscita degli ebrei dalla schiavitù d'Egitto. Uno dei
tre pellegrinaggi al Tempio di Gerusalemme, da sempre, questa festa
della libertà (che simbolicamente obbliga a ripulire le case da ogni
traccia di cibo lievitato o lievitabile) è in Palestina occasione di
tensione politica. Lo si percepisce quest'anno a Gerusalemme anche per
il fatto che la pasqua ebraica viene a ridosso di quella cattolica e
ortodossa, con grande affluenza di pellegrini e in un momento di
particolare apprensione e nervosismo politico. Accanto al timore di una
ripresa di scontri a Gerusalemme (dove sono presenti ingenti forze di
polizia) e sul confine di Gaza (dove nelle ultime 48 ore due militari
israeliani, quattro palestinesi sono rimasti uccisi e sono riapparsi i
carri armati) l'atmosfera dentro e fuori il mondo politico si è
surriscaldata. All'interno della coalizione israeliana si assiste alla
corsa dei partiti religiosi e dei coloni a usare la festa e le sue
connessioni emotive, religiose e storiche per accattivarsi le simpatie
del pubblico con inviti a visitare località bibliche, spesso nelle zone
ancora occupate, con dichiarazioni come quella che incita a considerare
«temporanea» la presenza di moschee sulla spianata del Tempio di
Gerusalemme o denuncia di ogni segno di compromesso sulla questione
delle costruzioni a Gerusalemme est. Iniziative denunciate dagli arabi
e viste da non pochi osservatori stranieri come provocazioni. Allo
stesso tempo si riparla di crisi governativa. Una possibilità che
paradossalmente non dispiacerebbe troppo al premier Netanyahu.
Apprezzato in patria per la maniera in cui ha tenuto testa al leader
americano Barack Obama sulla questione delle costruzioni e a
Gerusalemme è cosciente dei pericoli che provocherebbe un prolungato
scontro con Washington e che il presidente dello Stato, Shimon Peres,
invita a evitare. Liberarsi di alcuni ministri indisciplinati e
condizionati da faide interne di partito, sarebbe per lui un vantaggio.
D'altra parte, il ministro della difesa Ehud Barak, leader del partito
laburista e membro della coalizione, si sente sempre più a disagio nel
restarci. Se decidesse di abbandonare il governo, una crisi così
provocata favorirebbe l'entrata nella nuova coalizione del partito di
opposizione Kadima (che freme per ritornare al potere ed è formato da
ex membri del partito Likud di Netanyahu). Una evoluzione del genere
aiuterebbe a ristabilire la fiducia con l'America anche se la rottura
fra Netanyahu e Obama appare tanto sul piano personale che politico
profonda. […] R.A. Segre, il Giornale, 29 marzo 2010 Tre religioni con i «senza fissa dimora» «Basta violenze verso gli immigrati» La
legge può anche imporre il foglio di via, «ma si può accogliere Ghezim,
questo nostro fratello, anche per motivi umanitari. L'imam Izzedin
Elzir lancia l'appello per l'albanese aggredito in via Nazionale e il
rabbino Joseph Levi, accanto a lui, e gli amici della Comunità di
Sant'Egidio applaudono. Nella sede della Comunità, nei locali annessi
alla chiesa, ci sono senza fissa dimora e immigrati, bambini con i
genitori, giovani e adulti di questa città che ascoltano Rav Levi dire:
«Di fronte a situazioni come quella accaduta a Ghezim, la risposta deve
essere: Io ci sono». […] «Nella nostra storia, nel racconto della
Torah - spiega il rabbino Levi - c'è l'invito continuo ad amare il
prossimo e a ricordarsi di essere stati forestieri in terra d'Egitto.
Ecco perché non potevo non essere qui». […] La Nazione Firenze, 29 marzo 2010
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notizieflash |
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Rapporti Usa-Israele, la preoccupazione dei leader israeliani Tel Aviv, 29 mar - E'
in atto una svolta drammatica nella politica di Washington verso
Israele. Ad affermarlo sono state fonti politiche israeliane al
quotidiano Haaretz. La richiesta di Obama di affrontare questioni
cardinali del conflitto israelo-palestinese già nei 'proximity talks'
(negoziati indiretti) fra Israele e Anp, che l'emissario di Obama
George Mitchell vorrebbe avviare al più presto, fa parte delle
questioni che più preoccupano la dirigenza israeliana. Accettare questa
richiesta, secondo le fonti, consentirebbe a Washington di imporre alle
parti una soluzione propria. Le richieste di Obama per un congelamento
dei progetti edili ebraici a Gerusalemme est viene vista dai dirigenti
israeliani, ancora secondo Haaretz, come una profonda revisione delle
intese concordate con i presidenti Bill Clinton e poi con George Bush.
Desta inoltre inquietudine, secondo il giornale, il tentativo del
Dipartimento di Stato di isolare Israele mediante pressioni su governi
europei, "in primo luogo la Germania". La stessa credibilità degli
Stati Uniti verso Israele viene adesso rimessa in questione, hanno
osservato le fonti. La lista di richieste politiche estesa martedì da
Obama al premier Benyamin Netanyahu, hanno affermato gli intervistati è
quindi : "Solo la punta di un iceberg".
Speciali misure di sicurezza a Gerusalemme per le feste Gerusalemme, 29 mar - Misure
speciali per la sicurezza di Gerusalemme sono state predisposte dalla
polizia israeliana in occasione della festività di Pesach, che inizierà
questa sera. Nella spianata delle Moschee l'ingresso sarà riservato ai
fedeli islamici di età superiore ai 50 anni. I valichi fra Cisgiordania
e Israele resteranno chiusi per l'intera settimana. Ma con
un'eccezione, spiega un portavoce militare israeliano: saranno adottate
una serie di facilitazioni a favore dei palestinesi cristiani, affinché
possano festeggiare adeguatamente le ricorrenze pasquali. “In occasione
della Pasqua cristiana - ha precisato il portavoce - diecimila
palestinesi della Cisgiordania saranno autorizzati a entrare in Israele
o in Cisgiordania per visitare le rispettive famiglie e partecipare
alle cerimonie religiose fra il primo e il sette aprile”. | |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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