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L'Unione informa |
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11 aprile 2010 - 27 Nisan 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Le due parole centrali della Torà sono darosh darash:
ripetizione rafforzata di cercare; ma anche di studiare e di
interpretare. Il cuore della Torà è dunque nello studio e nel tentativo
di comprendere. E nessuno si può sottrarre a questo compito fondante:
neanche Mosé il nostro maestro, colui che cerca al centro della
Torà.
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I
sentimenti, le passioni, ma anche le tensioni di questi giorni danno
una conferma radicale di quanto sosteneva Elias Canetti: "La cosa più
dura è scoprire quello che già si sa".
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David Bidussa, storico sociale delle idee |
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Delegati Ucei a confronto sullo statuto
Delegati
del Congresso dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a confronto
stamane a Roma. Il Presidente dell'Ucei Renzo Gattegna ha aperto in
mattinata i lavori accogliendo i delegati e i presidenti delle Comunità
ebraiche italiane e sollecitando un dibattito aperto sul progetto di
riforma dello statuto. In questo incontro i leader ebraici italiani
sono chiamati a esprimere un parere consultivo sulle proposte di
modifica dello statuto dell'ebraismo italiano elaborate dalla
Commissione al lavoro da alcuni mesi. Oltre alle ipotesi di modifica
dei meccanismi elettorali con cui gli ebrei italiani eleggono i propri
rappresentanti, all'attenzione dei delegati ci sono molti temi che
determineranno il futuro della minoranza ebraica in Italia, come
l'equilibrio fra piccole e grandi comunità, la possibilità di
costituire consorzi di servizi delle comunità e molti altri. I lavori
proseguiranno per tutta la giornata con un esame punto per punto delle
proposte in modo da dotare la Commissione delle considerazioni utili
per proseguire il lavoro di elaborazione delle proposte.
Qui Roma - Proseguono le lezioni del corso Yeud
Nuovo appuntamento del corso Yeud, ciclo di studi rivolto alla formazione dei
leaders del futuro. Le lezioni sono avvenute a margine
dell'assemblea dei delegati dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, a cui gli studenti sono anche stati invitati a partecipare in
qualità di osservatori. Creazione
di una futura leadership più
competente e consapevole, creazione di un networking giovanile ebraico,
ricerca e condivisione di obiettivi comuni, individuazione delle
peculiarità dei partecipanti e introduzione graduale nei contesti
comunitari di competenza, inserimento dei giovani leaders italiani in
un contesto europeo e internazionale e creazione quindi di una Task
Force giovane a disposizione delle Comunità ebraiche. Sono questi gli
obiettivi che si propone il progetto Yeud, che l’assessorato ai Giovani
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in collaborazione con il
Corso di laurea in studi superiori ebraici e con l’Unione Giovani Ebrei
Italiani, ha ideato e realizzato. Il corso Yeud è diretto dal rav
Roberto
Della Rocca, la sua speranza è che grazie a questo progetto possa
nascere “una leadership capace di parlare in pubblico e tenere
relazioni istituzionali ma anche, soprattutto, di pensare in modo
ebraico”. Fra le lezioni della giornata l'intervento dell'ambasciatore
d'Israele Ghideon Meir, a dargli il benvenuto c'erano il rav Della
Rocca e la vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti. Valerio Mieli
Est - La morte di Kaczynski e il pericolo di un voto nero
Mentre
si procede all’identificazione degli ultimi corpi per dare un nome a
tutte le vittime della tragedia, il disastro aereo che ha provocato la
morte del presidente della Repubblica Lech Kaczynski e di alcune delle
massime cariche del governo polacco porta con sé una conseguenza
pressoché certa: il paese andrà alle urne ben prima di ottobre, mese in
cui erano inizialmente previste le elezioni presidenziali. Appuntamento
delicatissimo, avvertono gli esperti di Polonia e dintorni, perché
queste elezioni possono segnare lo spartiacque tra la xenofobia e
l’oscurantismo di cui è stato permeato il mandato di Kaczynski ed un
futuro di maggiore tolleranza ed apertura verso frange della
popolazione attualmente ai margini della società. In particolare gli
omosessuali, vittime di un clima che in molti hanno definito da caccia
alle streghe. Un clima fomentato in parte proprio da Kaczynski: il
defunto presidente sosteneva che mostrarsi tolleranti con i gay
significava “aiutare la civiltà a disgregarsi”. Pochi minuti dopo
che le agenzie di stampa internazionali avevano battuto la notizia
della morte di Kaczynski, puntuali come da protocollo sono arrivate le
condoglianze dei leader della politica internazionale. Vladimir Putin,
nominato da Medvedev a capo della Commissione per le indagini a
Smolensk, ha parlato di “tragedia senza precedenti”. Barack Obama ha
definito l’episodio “devastante per la Polonia, per gli Stati Uniti e
per il mondo”. Aggiungendo poi che Kaczynski “è stato ampiamente
ammirato negli Stati Uniti in quanto leader dedicato a far progredire
la libertà e la dignità umana”. Ma era proprio così? Non tutti sono
d’accordo. E c’è chi ha ammesso (al solito la modalità di espressione
più gettonata è Facebook) che, nonostante la tragedia nazionale, non
verserà lacrime di coccodrillo per il presidente scomparso. La
carriera nelle istituzioni di Lech Kaczynski è sempre stata legata a
quella del fratello gemello Jaroslaw, tanto che per un certo periodo
(dal 2005 al 2007) i due sono stati contemporaneamente presidente della
Repubblica e Primo ministro. Assolutamente identici a prima vista, Lech
poteva essere distinto dal fratello grazie ad un neo sulla guancia
sinistra. Il cuore, invece, batteva verso l’estrema destra. I suoi
grandi amici provenivano tutti da quell’area politica. In prima fila
padre Tadeus Rydzik, fondatore dell’emittente radiofonica Radio Marija,
accusata dai principali osservatori ebraici mondiali di fomentare
antisemitismo e xenofobia. E in modo piuttosto esplicito, senza il
bisogno di ricorrere a interpretazioni tra le righe. Tanto che una
volta Rydzik arrivò a parlare della Shoah come di “un lucroso
business”. Bene, in occasione delle elezioni del 2005, furono proprio i
ripetitori di quella controversa emittente radiofonica a consegnare ai
due fratelli la vittoria finale: milioni i polacchi che si fecero
persuadere dall’input elettorale pro gemelli dettato da Radio Marija. La
fila di personaggi talvolta ambigui che frequentava le stanze
presidenziali è lunga. Eppure, negli ultimi tempi, Lech aveva fatto
alcuni passi significativi per cercare di cancellare le ombre sul suo
curriculum vitae (omofobo, xenofobo e ultraconservatore, questi gli
aggettivi che gli venivano più spesso affibbiati dai suoi detrattori):
per esempio era stato il primo presidente polacco ad assistere ad una
funzione religiosa in sinagoga. Ma basta dare un’occhiata al programma
del partito Legge e Giustizia fondato dai due fratelli Kaczynski nel
2001, per rendersi conto di quanto la realtà dei fatti fosse ben
diversa dalla mera apparenza. Il concentrato di nazionalpopulismo che
guidava la sua azione politica aveva creato alla Polonia serissimi
problemi nei rapporti diplomatici con il resto del mondo. La situazione
si era fatta tesa con gli altri stati della UE (Lech era un convinto
euroscettico) e con le principali potenze occidentali. Per non parlare
della politica interna: migliaia i polacchi che avevano abbandonato il
paese in cerca di terre più ospitali. Un gran numero di stranieri e
omosessuali, per i quali l’aria si era fatta piuttosto pesante (a
qualcuno, la notizia è riportata anche dal Corriere della Sera del
luglio 2007, era capitato di vedersi consigliare il veterinario per un
controllo medico). Migliore di quanto si possa pensare, nonostante il
grande appeal di personaggi alla Rydzik, la situazione per gli ebrei.
Forse perché - sottolinea con amara ironia un blogger di nome polska83
- è difficile prendersela con chi di fatto non esiste: quasi
impossibile far passare come panacea di tutti i mali uno sparuto numero
di persone. Con l’avvicinarsi forzato delle presidenziali, torna
a riaffacciarsi l’incubo di un voto dal volto nero. Le quotazioni del
partito Legge e Giustizia - fa notare un giornalista indipendente di
Varsavia - potrebbero schizzare verso l’alto. Questo anche perché
rischia di ottenere un certo successo chi paventa l’ipotesi
dell’attentato preparato a tavolino dai tanto odiati vicini russi. Il
che farebbe di Kaczynski automaticamente un martire. Anche Gad Lerner,
sul suo blog, si lascia andare ad una considerazione che sembra non
escludere del tutto la possibilità di un coinvolgimento dell’ex potenza
sovietica nella tragedia. Lerner scrive: “Quando dei governanti
polacchi muoiono per incidente sul suolo di Russia, la storia ci induce
a provare d’ufficio un moto di sospetto”. Intanto, nella giornata
di oggi, un altro paese dell’Est è chiamato a una consultazione
popolare i cui esiti rischiano di essere molto pericolosi per la
stabilità politica dell’intera area: l’Ungheria. Le previsioni parlano
di una vittoria schiacciante per il partito conservatore Fidesz,
attualmente all’opposizione. Ma quello che spaventa maggiormente i
moderati è la possibile affermazione dello Jobbik, movimento
dell’ultradestra di ispirazione fascista e antisemita. Alle europee del
2009 ottenne un clamoroso 14,77 per cento. Quest’anno punta ad
aumentare i consensi.
Adam Smulevich
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Davar Acher - Yom ha Shoà, il nostro modo di ricordare
Questa
sera, nel mondo ebraico, inizia Yom ha Shoà. Non la cerimonia civile
europea del Giorno della Memoria, con tutta la sua popolarità pubblica
e l’importanza rispetto al sentire comune della società italiana che
sappiamo, ma anche con tutte le ambiguità che sono progressivamente
emerse negli ultimi anni: paragoni impropri con altre stragi, col
trattamento attuale degli immigrati o addirittura con la politica
difensiva dello Stato di Israele, dibattiti viziati da volontà
propagandistica sul ruolo di soggetti terzi come la Chiesa, un certo
generale buonismo che rischia di occultare i meccanismi veri della
distruzione dell’ebraismo orientale. Yom ha Shoà è invece una
ricorrenza nostra, una cerimonia che rappresenta forse la prima cellula
della elaborazione storico-religiosa della grande tragedia che il
nostro popolo deve ancora metabolizzare secondo i tempi lunghi e i modi
caratteristici del pensiero ebraico. Una linea di riflessione non
banale può essere suggerita dal nome ebraico della ricorrenza, che non
è semplicemente Yom ha Shoà, il ricordo del “disastro” che l’Europa ha
inferto al nostro popolo con responsabilità differenziate, ma certo non
tutte riconducibili alla persona di Adolf Hitler o all’azione del suo
partito. La ricorrenza è chiamata in Israele Yom ha Shoà Vegvurà,
giornata della sciagura e dell’eroismo (o, se vogliamo risalire un po’
più indietro nell’etimologia, addirittura della forza). Gvurà è un
termine che appartiene alla nostra tradizione religiosa, che per
esempio compare fra le benedizioni del mattino (“Tu che cingi Israele
di eroismo”). Rispetto all’immagine comune della Shoà, quella per
intenderci che si celebra comunemente nel Giorno della Memoria,
c’è un’evidente incongruenza. Non potrebbe esserci accostamento più
stridente col paradigma della vittima non solo innocente ma quasi
inconsapevole che è diventata in Europa la lente dominante
dell’interpretazione popolare della Shoà. E’ chiaro che durante la Shoà
ci sono stati degli eroi, nel senso comune del termine, i Giusti delle
nazioni, innanzitutto, ma anche i resistenti che si sono ribellati a
Varsavia come altrove. Si può notare come costoro, nell’immaginario
popolare rappresentato dai film di successo, abbiano di recente preso
un’immagine un po’ gaglioffa, da avventurieri o vendicatori da
strapazzo. Anche se questa non è certo la verità storica, sappiamo
dagli scritti dei sopravvissuti, per esempio di Primo Levi, come
l’esperienza della Shoà non sia stata per lo più affatto eroica in
questo senso, perché i deportati erano costretti dentro una macchina
costruita per umiliarli e toglier loro la dignità prima di ucciderli e
certo non in condizione di opporsi con la forza fisica ai loro
aguzzini. Eppure è importante pensare che vi sia stata gvurà nel
popolo ebraico perseguitato, vi sia stata cioè la capacità di opporre
l’ebraismo alla barbarie. E’ quel che tante testimonianze riferiscono.
E’ importante farlo per onorare la memoria delle vittime, per
restituire loro una faccia e un comportamento ebraico (anche questo
vuol dire Iad vashem); ma anche per contrapporsi all’idea che l’ebreo
buono sia la vittima, l’agnello sacrificale, come in fondo ci vorrebbe
ancora oggi l’Europa civile e progressista, che ci ama come vittime e
ci rimprovera oggi di difenderci. La Shoà, come la vediamo noi, è un
momento di lutto, ma anche di gvurà, di sciagura e di eroismo. Come
tanti altri episodi nella nostra storia, disastri riscattati dalla
volontà, dalla capacità, dalla fede necessaria per non lasciarsi
abbattere e continuare la nostra strada. Questo dice la nostra memoria
storica in formazione e non dobbiamo certo meravigliarci che sia
diverso da quel che dice agli europei il loro Giorno della Memoria. Ugo Volli
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«Ex amico». «Fai il tuo partito». Lite tra Miccichè e Alfano Da
quando il governatore Raffaele Lombardo si ritrova col dubbio di una
imputazione per concorso esterno in associazione mafiosa, tanti nel Pdl
avevano suggerito di «tornare a casa» a Gianfranco Miccichè. Anche il
ministro Angelino Alfano. Ma il «ribelle» che nell'isola ha spaccato i
fedelissimi di Berlusconi costituendo il «Pdl Sicilia» e parlando di
Partito del Sud, ieri ha sbeffeggiato il Guardasigilli, «il mio ex
amico», con una frase buttata lì in dialetto: «Non vorrei che ci
finisse come gli ebrei di Germania ottimisti, chi foru chiddi ca
ristaru ddra (che furono quelli che restarono là, in Germania)».
Applausi e risate a scena aperta alla convention organizzata a
Caltanissetta da un pezzo del Pd favorevole a un rapporto con Lombardo,
all'ipotesi di governo comune scoraggiata direttamente da Pier Luigi
Bersani con l'invio a Palermo del capo della segreteria Maurizio
Migliavacca. Terremoti incrociati e lite furibonda con Alfano, pronto
al contrattacco dal suo blog, cominciando con le scuse alla comunità
ebraica e con un affondo sul Partito del Sud, ieri ribattezzato da
Micciché «Partito del popolo siciliano»: «Lo faccia se non è un bluff
o, peggio, un ricatto al presidente Berlusconi e al Pdl nazionale». […] Felice Cavallaro, il Corriere della Sera, 11 aprile 2010
L'unione fa la forza. Nel kibbutz la vacanza alternativa Venire
in Israele e non visitare un kibbutz significa perdere uno dei
capisaldi culturali oltre che sociologici dello Stato ebraico. Kibbutz
è una parola che vuol dire raggruppamento e, nella sua forma più
arcaica, risale ai primi insediamenti sionisti in Palestina allorché,
sul lago di Tiberiade, nel 1909 venne fondata una comunità basata su
rigide regole egualitaristiche e sul concetto di proprietà comune. Il
motto fu «lavoro a favore della comunità»: ovvero, denaro ma servizi
gratuiti dalla culla alla tomba e un sussidio basato sulle necessità
individuali e il numero dei familiari. A importare questo modello
furono soprattutto sionisti provenienti dalla Russia che vollero
applicare alla lettera i dettami dell'ideologia di Marx, ovvero: «da
ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni».
Un modello che nel secondo dopoguerra riscontrò il plauso
dell'ambasciatore sovietico che dichiarò agli israeliani: «Bravi, con i
kibbutz siete riusciti a realizzare un micro-Stato collettivo come
neppure in Russia ha mai avuto luogo». […] Mimmo Di Marzio, il Giornale, 11 aprile 2010
Verso Gerusalemme, tra i vini del Golan e un tuffo in Galilea «Se
ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra e mi si attacchi
la lingua al palato» piange il salmista. Eppure capita a molti di
mettersi in viaggio tra Siria, Giordania, Egitto senza toccare la terra
d'Israele. Un po' il timore di trovarsi in mezzo a una contesa
millenaria e irrisolta, un po' l'idea che sia una destinazione per soli
pellegrini desiderosi di sciamare da una basifica a un monastero senza
nemmeno guardare il panorama dal finestrino. Invece è meta ideale per
un viaggio sereno e pensoso, con il vantaggio di concentrare tutto il
desiderabile in un lembo di terra lungo quattrocentosettanta chilometri
e largo al massimo centotrentacinque, che si può girare comodamente in
macchina o anche in bus, per chi preferisce il piccolo lusso di
lasciare ad altri la fatica di organizzare il grand tour. A Nord, oltre
la Galilea, le disputate alture del Golan sono luogo di riposo della
mente e boardwatching, si guardano i confini con il Libano e con la
Siria ripensando alle chiacchierate di Gesù con gli apostoli, alle
conquiste di Mosè e Giosuè, alle campagne di Alessandro Magno, alla
guerra dei Sei Giorni, quando Israele respinse l'offensiva siriana e
invase le alture che l'Onu reclama ancora come territori occupati. Gli
israeliani del Golan producono un ottimo vino kosher, lavorato solo da
religiosi e mai di sabato. Un giro per le cantine merita certamente il
viaggio, sia per degustare Pinot Nero e Merlot che fanno venire in
mente il miracolo delle nozze nella vicina Cana, sia per vedere uno
spaccato di storia in divenire. Nel 2009 il vino dei coIoni offerto
dalla missione israeliana alle Nazioni Unite fu al centro di un piccolo
incidente diplomatico con la Siria. Sull'Hermon in inverno si
scia, ma per chi non se la sente di osare tanto, le riserve dell'area
sono adatte a vacanze nel verde più tranquille, dal semplice campeggio
alle settimane a cavallo fino ai soggiorni in resort di lusso con
terrazze private a poca distanza dalle piscine naturali di Meshushim.
[…] Sabrina Cottone, il Giornale, 11 aprile 2010 |
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Sorgente di Vita: sugli inopportuni paragoni storici, il commento del presidente Ucei Renzo Gattegna
Gli
inopportuni paragoni storici tra le persecuzioni antiebraiche e le
critiche alla Chiesa e a Pio XII: un commento di Renzo Gattegna,
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nella puntata
di Sorgente di vita di domenica 11 aprile. Negli altri servizi: il
giornalista Peppino Caldarola e Stefano Silvestri, presidente
dell’Istituto Affari Internazionali parlano dei rapporti fra Stati
Uniti e Israele dopo la recente crisi diplomatica scoppiata in
occasione della visita del vice presidente americano Joe Biden a
Gerusalemme. L’isolamento di Israele e la minaccia dell’Iran, il
tentativo di Obama di dialogare con il mondo arabo, la mediazione
internazionale per la ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e
palestinesi, il confronto tra Obama e Netanyahu sulle nuove costruzioni
a Gerusalemme. Un'intervista al giovane regista belga Micha Wald sul
suo film “Simon Konianski” appena uscito nelle sale: un protagonista in
lotta con la tradizione e con il mondo del padre, il conflitto tra
generazioni, il viaggio di una famiglia ebraica alla ricerca delle
radici e dell’identità, in una commedia piena di humor e di ironia.
Shel Shapiro e Moni Ovadia insieme ne “Il mercante di Venezia in
prova”, una complessa rivisitazione dello Shylock di Shakespeare in
cui, ai temi tradizionali del pregiudizio e dell’antisemitismo, si
mescolano nuovi interrogativi sulla crisi dell’arte e del teatro.
Sorgente di vita va in onda domenica 11 aprile alle ore 1,20
circa su Raidue e, in replica, lunedì 12 aprile alle ore 1,10 circa
sempre su Raidue. La puntata sarà replicata anche lunedì 18 aprile alle
ore 9,30 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche online.
Comitato ebraico americano fa appello ai vescovi italiani: "Condannate le dichiarazioni antisemite di mons. Babini" Roma, 11 apr - In
comunicato ufficiale il Comitato ebraico americano ha chiesto ai
vescovi italiani di condannare immediatamente le dichiarazioni
“antisemite” rilasciate dal vescovo emerito di Grosseto, monsognor
Giacomo Babini. Il presule, secondo quanto riferito nel comunicato,
avrebbe avrebbe accusato “i sionisti” di aver organizzato la campagna
mediatica contro il Papa sullo scandalo della pedofilia e avrebbe
rilanciato l'idea del "deicidio" compiuto dagli ebrei accusandoli di
aver strangolato con l'usura la Germania, provocando la reazione
nazista.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
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