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L'Unione informa |
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18 aprile 2010 - 4 Iyar 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Prima
della sua fine Rabbi Sussja di Hanipol disse: “Nel mondo a venire non
mi si chiederà: 'Perché non sei stato Mosè?'. Mi si chiederà:
'Perché non sei stato Sussja?".Riusciremo, nel nostro momento, a rispondere a questa domanda?
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Secondo
alcuni sociologi, rispetto alla questione dell’osservanza delle regole,
le società si distinguono in due grandi gruppi: il primo caratterizzato
da una “cultura della vergogna”, il secondo da una “cultura della
colpa”. La “cultura della vergogna” sarebbe propria di quelle
società il cui valore massimo è l’onore e nelle quali l’osservanza
delle regole è ottenuta attraverso la proposizione di modelli positivi
di comportamento e coloro che non si adeguano incorrono nel biasimo
sociale e in una sensazione di inadeguatezza. La “cultura della colpa”
invece caratterizzerebbe quelle società che privilegiano, per esempio,
il pentimento e il perdono, in cui chi tiene un comportamento vietato
si sente oppresso da un senso misto di colpa, di rimorso e di angoscia.
Dove siamo noi?
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David Bidussa, storico sociale delle idee |
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Qui Ferrara - Al via la grande Festa del libro ebraico
“La
minoranza ebraica può ancora dare moltissimo al Paese. Speriamo di
riuscire, attraverso il nuovo Museo nazionale dell’ebraismo italiano e
della Shoah, a far conoscere meglio le potenzialità e di riuscire a
dare un contributo al dibattito culturale nazionale”. Così Riccardo
Calimani, presidente del Meis, ha dato il via questa mattina a Ferrara
alla prima giornata della Festa del libro ebraico in Italia che si
conclude mercoledì. Promossa dal Meis, il Museo nazionale
dell’ebraismo italiano e della Shoah che nel giro di pochi anni troverà
posto nel comprensorio di via Piangipane che un tempo ospitava le
carceri, la manifestazione punta a trasmettere l’importanza di questa
realtà che, pur in fase di costruzione, ha l’ambizione a porsi come
laboratorio culturale dinamico. A segnalare questo ruolo attivo anche
la sede dell’inaugurazione, cui hanno preso parte il sindaco di Ferrara
Tiziano Tagliani, la presidente della Provincia Marcella Zappaterra, il
prefetto Provvidenza Raimondo, il direttore scientifico del Meis Piero
Stefani, rav Luciano Caro, Riccardo Calimani e il presidente UCEI Renzo
Gattegna. La Festa del libro si è infatti aperta nella raccolta Sala
estense dove un tempo, ha ricordato Stefani, gli ebrei erano costretti
ad ascoltare le prediche coatte. Il rapporto di Ferrara con la
realtà ebraica, ha sottolineato il sindaco Tiziano Tagliani, ha visto
momenti molto favorevoli e periodi drammatici. “Si tratta di una
contraddizione forte che vorremmo riuscire a ricucire in un rapporto
stabile con la cultura ebraica. La Festa del libro è un momento davvero
importante per Ferrara. Oggi leggiamo la prima pagina del libro del
Meis ed è per noi motivo di grande orgoglio”. Il modello del Meis, ha
sottolineato Renzo Gattegna, sarà dinamico. “Il nascituro Museo non si
esaurirà non sarà solo un ricordo del passato ma costituirà un centro
vivo di studio, ricerca e divulgazione”. Nulla di meglio dunque che
partire dai libri per raccontarsi agli altri. Il popolo ebraico, ha
ricordato infatti il rav Caro, intrattiene con il libro (o meglio con
il libro per eccellenza, la Bibbia) un rapporto strettissimo che sembra
trovare grande riscontro nel pubblico. Sono infatti tantissimi, ha
detto Calimani, i libri di carattere ebraico che ogni anno escono in
Italia, spesso con significativi successi di vendita. A suggellare
il via alla manifestazione, l’apertura nella sala d’onore del Comune di
Ferrara della mostra Le origini del libro ebraico in Italia, curata da
Gadi Luzzatto Voghera, che propone fino al 30 aprile una selezione di
opere rare: incunaboli, cinque centine ed edizioni rare. In esposizione
numerose cinquecentine del Centro bibliografico UCEI appartenenti al
Collegio rabbinico italiano. Ma il cuore della Festa è a pochi
passi dal suggestivo palazzo comunale, nel Chiostro di San Paolo, dove
protette dalle volte antiche si estende una grande libreria d’argomento
ebraico. Sono romanzi, saggi, poesia, libri per ragazzi, opere
contemporanee o volumi della tradizione: un’immensa carrellata di
volumi delle più diverse case editrici per un totale di 1500 titoli,
tutti da leggere o quanto meno da sfogliare.
Daniela Gross
Qui Ferrara - Il saluto del Presidente Gattegna
Sono
lieto di partecipare all’inaugurazione della Festa del libro ebraico,
che vede unite in un comune impegno le Istituzioni italiane e le
Istituzioni ebraiche. Quest’importante evento non è fine a se stesso ma
rappresenta il preludio e la preparazione di un altro impegno, ben più
duraturo e complesso: la creazione del Museo nazionale dell’Ebraismo
italiano e della Shoah di Ferrara, destinato a diventare l’unica, la
più estesa e completa narrazione, esposizione e illustrazione della
lunga storia dell’ebraismo in Italia che rappresenta un importante
capitolo della storia del nostro Paese. I fattori che rendono
veramente speciale la presenza ebraica in Italia sono molteplici.
Innanzi tutto la sua antichità poiché la sua origine risale a 2 mila
200 anni fa, al periodo della Roma repubblicana, oltre due secoli e
mezzo prima di quel fatale anno 70 che vide la distruzione del Tempio
di Gerusalemme da parte dell’imperatore Tito e l’inizio della diaspora,
la dispersione degli ebrei nel bacino del Mediterraneo e nei tre
continenti. Un ulteriore elemento distintivo sono la stabilità e
la continuità di questa presenza. La comunità ebraica è rimasta ed è
sopravvissuta in questo Paese nonostante l’alternarsi di periodi di
pacifica convivenza e periodi drammatici di discriminazione e
persecuzione. La sola vera massiccia emigrazione senza ritorno è stata
infatti quella avvenuta intorno al Cinquecento, allorché la dominazione
spagnola, applicando le leggi dell’Inquisizione, espulse, costrinse
alla conversione e distrusse le numerose Comunità presenti nel
Meridione d’Italia che da allora non si sono mai più ricostituite. Fu
una grande tragedia per gli ebrei e una grave perdita civile, sociale e
culturale per intere regioni quali la Puglia, la Campania, la
Basilicata, la Calabria e la Sicilia. L’altro elemento da
ricordare sono l’integrazione e il contributo della cultura ebraica a
quella italiana. Basti pensare che per secoli l’ebraismo è stata
l’unica religione monoteistica in una società totalmente pagana e che i
primi cristiani, quando iniziarono ad arrivare in Italia, adottarono
come luoghi di culto e cimiteri le stesse catacombe ebraiche, com’è
facile vedere ancora oggi visitando gli scavi fatti a Roma a Villa
Torlonia. Da queste brevi e sommarie riflessioni si può dunque
intuire quale sia l’importanza dell’edificando Museo dell’Ebraismo
italiano e della Shoah, che non sarà solo un ricordo del passato ma
costituirà un centro vivo di studio, ricerca e divulgazione. Voglio
ringraziare quindi, oltre alle autorità, tutta la popolazione di
Ferrara che sta vivendo con curiosità e partecipazione la realizzazione
di quest’impresa ambiziosa e coraggiosa, come detto unica, che
arricchirà e farà onore a questa città in cui gli ebrei hanno vissuto
lunghi periodi di fioritura e splendore culturale e civile.
Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Est - Varsavia, l'omaggio a Lech Kaczynski
La
popolarità di Lech Kaczynski, il presidente della Polonia scomparso
insieme ad alcuni tra i principali esponenti del governo nella tragedia
aerea di Smolensk, era in calo costante. Lo rivelano recenti sondaggi
che evidenziano come fosse sempre meno apprezzato il suo modo
autoritario e poco disposto al compromesso di esercitare il potere. Ma
adesso che Kaczynski è morto, i sondaggi indigesti hanno lasciato
spazio al dolore di un paese sotto choc e dal futuro politico incerto.
Le piazze si sono riempite di gente commossa, piccoli e grandi
memoriali improvvisati sono sorti agli angoli delle strade. Il tutto
mentre è partito il countdown per i funerali di stato che si
celebreranno nel pomeriggio di oggi nella basilica di Cracovia. Tra i
più scossi dai luttuosi accadimenti il premier liberale Donald Tusk,
che ha parlato della “più grande sciagura per il nostro paese dalla
fine della guerra in poi”. Lech Kaczynski è stato un uomo su cui
tanto si è discusso e su cui tanto si continuerà a discutere anche in
futuro. Insieme al fratello gemello Jaroslaw era stato il fondatore di
Legge e Giustizia, partito ultraconservatore e populista per lungo
tempo prima forza politica del paese. Più volte accusato di avere idee
omofobe e xenofobe, Lech si definiva un euroscettico convinto. Uno dei
suoi cavalli di battaglia era: “Contro l´Unione Europea e se necessario
contro lo stesso eroe della rivoluzione Lech Walesa”. Ma aldilà di
alcune miopie politiche evidenti (condizionate in particolare dalle
pressioni esercitate dal fratello Jaroslaw), gli va riconosciuto un
grande merito: quello di aver sempre cercato il dialogo con la comunità
ebraica polacca. Un dialogo assolutamente non scontato in un paese che
ha più volte cercato di condannare al silenzio quegli scomodi eredi di
un passato orrendo. Gli ebrei polacchi consideravano Kaczynski un
loro amico. E lui ricambiava questo sentimento con gesti concreti e
parole di apertura, anche perché riteneva l’emancipazione della
minoranza ebraica tra i simboli più evidenti di una nazione che cercava
di lasciarsi alle spalle il capitolo doloroso e mai totalmente rimosso
della liberticida dittatura comunista. Kaczynski, per suggellare questo
clima di reciproca fiducia, nel dicembre del 2008 si era reso
protagonista di un episodio dai mille risvolti simbolici: la visita
alla sinagoga Nozyk di Varsavia. Primo presidente nella storia della
Polonia a varcarne la soglia, il suo ingresso era stato accolto dagli
applausi. In quella stessa sinagoga, una settimana fa, centinaia di
persone si sono ritrovate per una cerimonia commemorativa in suo onore.
Kaczynski intratteneva ottimi rapporti con i principali leader
ebraici polacchi. In particolare con il rabbino capo Michael Schudrich,
che nel 2008 lo aveva accompagnato in visita al memoriale di Katyn. In
quel luogo maledetto dalla storia il presidente gli aveva mostrato una
targa che ricordava Baruch Steinberg, rabbino delle forze armate che vi
aveva perso la vita insieme agli altri soldati prigionieri dei russi.
Rav Schudrich rimase profondamente colpito dal suo gesto: “Ci teneva
moltissimo che io vedessi quella targa. Ci fermammo in raccoglimento e
pregammo in silenzio per alcuni minuti”. Il ricordo di Schudrich è
affidato ad una lettera pubblicata sul Jewish Chronichle in cui si
elencano alcuni meriti di Kaczynski, tra cui quello di essere stato il
primo presidente ad aver creato una cerimonia speciale per ricordare i
Giusti tra le Nazioni polacchi e quello di aver promosso la costruzione
del museo ebraico di Varsavia. La lettera firmata da Schudrich ha un
titolo emblematico: “We lost a friend”. Kaczynski era anche un
sincero alleato di Israele. La sua vicinanza alle sorti dello stato
ebraico l’aveva dimostrata sul campo. Ad esempio recandosi in Israele
pochi giorni dopo la fine delle guerra con il Libano e contribuendo
alla creazione di solide relazioni strategiche tra i due paesi. In
prima fila tra gli oppositori di Ahmadinejad, considerava Ariel Sharon
il suo modello di riferimento politico. “È un leader da cui traggo
costantemente ispirazione”, era solito ripetere. Recentemente aveva
preso posizione contro le conclusioni della Commissione Goldstone
definendole “unilaterali” e aveva proposto la creazione di un triangolo
commerciale tra Stati Uniti, Israele e Polonia. Scelte coraggiose che
gli avevano procurato non pochi problemi in patria. Il primo
ministro Netanyahu, appena giunta la notizia della morte di Kaczynski,
ha commentato: “Conoscevo il presidente Kaczynski come un polacco
patriota, un grande amico di Israele e un leader che cercava di
avvicinare i due popoli. Ha aperto una nuova pagina nelle relazioni tra
i nostri paesi”. Il presidente Peres si era detto “sconvolto e
profondamente turbato”.
Adam Smulevich
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Davar Acher - Vigilia d'Indipendenza
Come
si formano gli Stati? Nella maggior parte dei casi per via di guerre di
conquista. E' il caso dell'Italia, della Germania, più anticamente
della Francia e della Gran Bretagna, della Russia e della Spagna,
unificati da dinastie che badavano per lo più al loro interesse
dinastico, anche se magari non erano "indifferenti al grido di dolore"
del paese oppresso dagli stranieri, come disse Carlo Alberto. Le
eccezioni a questa nascita giustificata esclusivamente dalla forza sono
rare: stati che proclamano la loro indipendenza sulla base di principi,
che giustificano la loro istituzione con una dichiarazione approvata
democraticamente. E' il caso degli Stati Uniti con la grande prosa di
Thomas Jefferson : "Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti
queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono
dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi
diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità;
che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi
che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni
qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il
popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo
fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che
sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua
Felicità". Ed è il caso del testo più sobrio letto sessantadue
anni fa, il 5 di Iyar del 5708, da Ben Gurion: "In Eretz Israel è nato
il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale,
religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha
creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al
mondo l'eterno Libro dei Libri. Dopo essere stato forzatamente esiliato
dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le
dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla
sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica. Spinti da
questo attaccamento storico e tradizionale, gli ebrei aspirarono in
ogni successiva generazione a tornare e stabilirsi nella loro antica
patria; e nelle ultime generazioni ritornarono in massa. Pionieri,
ma'apilim e difensori fecero fiorire i deserti, rivivere la loro lingua
ebraica, costruirono villaggi e città e crearono una comunità in
crescita, che controllava la propria economia e la propria cultura,
amante della pace e in grado di difendersi, portando i vantaggi del
progresso a tutti gli abitanti del paese e aspirando all'indipendenza
nazionale". E' un testo importantissimo e che merita di essere
studiato nei dettagli. Nei paragrafi successivi ci si richiama al
sionismo e ai suoi programmi congressuali, si citano come fonti
legittimanti la dichiarazione Balfour e forse per l'unica volta al
mondo, una decisione dell'assemblea dell'Onu: "L'Assemblea Generale
chiedeva che gli abitanti di Eretz Israel compissero loro stessi i
passi necessari da parte loro alla messa in atto della risoluzione.
Questo riconoscimento delle Nazioni Unite del diritto del popolo
ebraico a fondare il proprio Stato è irrevocabile. Questo diritto è il
diritto naturale del popolo ebraico a essere, come tutti gli altri
popoli, indipendente nel proprio Stato sovrano". Si proclamano i
principi politici democratici (“Lo Stato d'Israele sarà aperto per
l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo
sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato
sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti
d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e
politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza
o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di
istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le
religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite"). Si
propone, nonostante l'aggressione in corso, la pace ai nemici che
cercavano di distruggere Israele alla nascita e ancora lo fanno
("Facciamo appello - nel mezzo dell'attacco che ci viene sferrato
contro da mesi - ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché
mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla
base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza
appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti.
Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e
ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di
collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico
stabilito nella sua terra. Lo Stato d'Israele è pronto a compiere la
sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente
intero"). Con tutte le difficoltà di una storia tormentata e tutte
le oscillazioni di una politica democratica, soprattutto nonostante i
costi umani di un'aggressione subita ininterrottamente da allora e che
ci obbliga a tenere nella giornata di oggi il lutto delle vittime,
prima di poter festeggiare l'indipendenza, Israele ha tenuto fede alla
sua dichiarazione, si regge ancora oggi sui valori di allora e conduce
in sostanza la stessa grande politica disegnata dalle parole di Ben
Gurion. Purtroppo l'appello al buon vicinato non è mai stato veramente
raccolto, perché esso presuppone l'accettazione del "sovrano popolo
ebraico stabilito sulla sua terra", che gli arabi rifiutano e una
volontà di "collaborazione e aiuto reciproco" che è negata anche
nell'odio da coloro che hanno firmato accordi di pace con Israele. Da
parte nostra, di ebrei della Diaspora, non ci resta che continuare ad
adempiere alla nostra parte del compito, com'è descritta nell'ultima
frase del documento: "Facciamo appello al popolo ebraico dovunque nella
Diaspora affinché si raccolga intorno alla comunità ebraica di Eretz
Israel e la sostenga nello sforzo dell'immigrazione e della costruzione
e la assista nella grande impresa per la realizzazione dell'antica
aspirazione: la redenzione di Israele". E di essere fieri di una
formazione politica che nella sua essenza, è la più democratica e
motivata nei principi che ci sia oggi al mondo.
Ugo Volli
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rassegna stampa |
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Quei libri del «popolo del Libro» valgono milioni Bibliofilia:
poteva non cascarci il «popolo del libro», gli ebrei? La prima edizione
della «Festa del libro ebraico in Italia» a Ferrara da oggi fino al 2l
aprile - è l'occasione giusta per toccare con mano (e per quanto
riguarda i due incuoaboli esposti, solo con gli occhi) la millenaria
corrispondenza di amorosi sensi tra i discendenti diAbramo e la pagina
scritta, quella stampata in particolare. E una storia colma di
passioni, di episodi romanzeschi (l'acerrima lotta tra gli editori
Giustiniani e Bragadini intorno a un'edizione low cost di Maimonide) e
di eventi tragici (diversi roghi del Talmud). «Il primo libro a stampa
in ebraico ci racconta Gadi Luzzatto Voghera, curatore della Mostra del
libro antico all'interno della rassegna vide la luce a Roma nel 1460,
ma purtroppo non se ne è conservata nessuna copia, solo la notizia. A
Reggio Calabria, invece, nel 1475, ne venne stampato un altro di cui
ancora oggi esiste un esemplare. Fino al Seicento l'Italia è stata il
luogo elettivo dell'editoria israelita, nonostante agli ebrei fosse
interdetta qualsiasi attività artigiana: nelle tipografie potevano
mettere capitali e cultura, ma non il proprio nome. Ad ogni modo, di
incunaboli in ebraico se ne conservano oggi una quarantina di
esemplari, mentre abbiamo migliaia di copie di centinaia di titoli
stampati nel Cinquecento». [...] Tommy Cappellini, il Giornale, 18 aprile 2010
I dieci nazisti più ricercati del mondo Li
chiamano Most Wanted , come i fuorilegge introvabili del Far West,
eppure molti di loro sono già stati scovati, identificati e processati
per i loro crimini vecchi più di sessant'anni. Sono persone ormai
anziane, anzi- nessuno si offenda- sono vecchi: novantenni, centenari.
In alcuni casi la data di nascita va talmente indietro nel tempo che si
pensa siano morti. Ma finché non c'è certezza, il centro Simon
Wiesenthal continuerà a inseguirli, stanarli, portarli davanti a un
giudice. Loro sono i criminali nazisti ancora in vita che non hanno
pagato le loro colpe. Vecchie e nuove fughe più o meno rocambolesche,
cambi di nome, cittadinanza e residenza grazie all'aiuto di burocrati
compiacenti, ottusi o molto più facilmente corrotti. E poi giudici
compassionevoli convinti dall'età avanzata degli imputati o avvocati
difensori senza scrupoli che speculano su ogni cavillo. Anche se il
cliente ha ucciso o fatto uccidere, dieci, cento, diecimila civili che
in tempo di guerra avevano avuto la sfortuna di trovarsi nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Punire chi ha incarnato più di ogni
altro il Male nel XX secolo e per decenni l'ha passata liscia: è questo
il senso della lista dei ricercati diramata e aggiornata - ad aprile,
come ogni anno - dal Centro Wiesenthal. […] Roberto Scarcella, il Secolo XIX, 18 aprile 2010
Dal Libano l'ultima beffa per l'Occidente Tutti
col numero sulla maglietta, il primo ministro Saad Hariri tutto sudato
nello sforzo di fare gol mentre invece andava a rete solo Naim Gemayel,
figlio di Bashir, il capo maronita assassinato, che si è detto tuttavia
contento di giocare insieme agli Hezbollah che ha sempre criticato:
questa è stata la scena idilliaca che martedì a stadio chiuso i
politici libanesi hanno rappresentato per commemorare il 35esimo
anniversario della terribile guerra civile che ha contrapposto le
numerose fazioni, e la pretesa riconciliazione. Ma già venerdì, a una
sessione del dialogo nazionale , di fronte alle altre fazioni gli
Hezhollah (13 eletti e tre ministri nel governo Hariri) rivendicavano
il possesso del loro esercito privato sostenendo che «il Libano non ha
alternativa se non la resistenza» ovvero la guerra contro Israele,
ormai ritiratosi dal 2000. Il segnale più immediato di pericolo per il
Libano oggi si chiama Scud, un tipo di missile che porta una tonnellata
di esplosivo e può raggiungere ogni parte di Israele, missile che,
secondo fonti arabe o israeliane ha raggiunto per iniziativa siriana le
mani degli Hezbollah. Gli americani hanno cercato ieri di gettare acqua
sul fuoco di questa notizia, dicendo che si sa che i missili si erano
mossi ma non si sa se sono arrivati, o arrivati tutti, nelle mani degli
Hezbollah. Ma non si vede davvero quale altra destinazione avrebbero
potuto raggiungere, anche se gli americani, pur cercando di tenere
bassi i toni, stanno prendendo contromisure. Lo Scud è minaccioso per
l'attuale situazione Libanese, almeno quanto lo è per Israele. Oltre ai
circa 40 mila missili e alle altre armi ormai disseminate in tutto il
sud del Libano, gli Hezbollah possiedono adesso, per iniziativa
iraniana e con l'aiuto indispensabile dei siriani, il missile che
Saddam Hussein usò per colpire Tel Aviv. Hezhollah oggi è palle del
governo Hariri, e il ministro della Difesa Ehud Barak ha dichiarato che
un attacco dentro i confini di Israele renderebbe necessaria una
risposta israeliana che coinvolgerebbe le infrastrutture di tutto il
Libano. Il riarmo massiccio degli Hezbollah è prima di tutto un
insuccesso per la politica mediorientale degli Usa e dell'Europa, che
si erano proposte con visite e accordi, di strappare la Siria all'asse
iraniano. […] Fiamma Nirenstein, il Giornale, 18 aprile 2010
Iran, anche De Michelis al contro-summit nucleare Teheran
- L'Iran ha negato ieri di voler costruire ordigni atomici, accusando
gli Stati Uniti di essere «i soli criminali nucleari», durante una
conferenza internazionale sul disarmo in corso ieri e oggi a Teheran.
L'iniziativa è una risposta al vertice sulla sicurezza nucleare
tenutosi il 12 e del 13 aprile a Washington, durante il quale il
presidente Usa Barack Obama ha fatto pressioni per la rapida
approvazione di sanzioni contro l'Iran. Al summit di Teheran erano
presenti i ministri degli Esteri di otto Paesi, tra i quali Iraq, Siria
e Libano, e i viceministri di altri Paesi tra i quali la Russia,
secondo i media locali. La Cina ha inviato un assistente speciale del
capo della diplomazia. Tra i partecipanti non governativi, secondo
l'Ansa e il sito italiano della radio tv di Stato iraniana Irib, c'era
l'ex ministro degli Esteri italiano Gianni De Michelis, presidente
dell'organizzazione non-governativa Ipalmo, l'Istituto per le relazioni
tra i Paesi dell'Africa, America Latina, Medio Oriente ed Estremo
Oriente. «Il solo criminale nucleare del mondo ora afferma falsamente
di essere impegnato a combattere la proliferazione di armi nucleari, ma
non ha intrapreso né intraprenderà mai alcuna seria azione in questo
senso», ha affermato la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei,
riferendosi agli Usa, in un messaggio ai partecipanti. […] Il Corriere della Sera, 18 aprile 2010
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Israele, quarantamila viaggiatori bloccati
per l'eruzione del vulcano islandese Tel Aviv, 18 apr - Duecento
voli annullati nel fine-settimana e 40 mila viaggiatori bloccati:
queste le ripercussioni in Israele dell'eruzione del vulcano islandese.
Ma i problemi per i viaggiatori non sono ancora finiti, si è appreso
che oggi gli israeliani diretti in Europa, con la compagnia aerea
El-Al, hanno potuto scegliere solo fra opzioni molto limitate, fra cui
Madrid, Roma, Atene o Istanbul, e allo stesso modo le migliaia di
israeliani bloccati nel continente sono stati invitati a dirigersi
negli stessi aeroporti ancora aperti per fare rientro in patria.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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