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L'Unione informa |
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29 aprile 2010 - 15 Iyar 5770 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
In
un passo del capitolo 3 di Avot che abbiamo letto questa settimana, Rav
Chaninà ben Dossà sostiene che il timore del peccato deve precedere la
sapienza. Nella Tradizione ebraica c'è una grande considerazione per la
chokhmà: diventare chakhàm è la massima aspirazione a cui si possa
ambire. Però, secondo i nostri Maestri, anche la sapienza può contenere
delle trappole perché può servire a giustificare qualunque azione anche
la più deprecabile. Quest'uso corrotto dell'intelligenza e della
sapienza può essere contrastato solo da quello che la tradizione
ebraica chiama timore del peccato.
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Da
oltre un anno ho avuto l'onore e il piacere di collaborare a questo
spazio quotidiano (per me settimanale). La formula editoriale si apre
con due brevi interventi, una voce proveniente dai maestri del
rabbinato italiano, e una voce proveniente dalle file dei laici (nel
senso etimologico di "non persone di culto"). Per giusta e riconosciuta
deferenza, la voce dei secolari è la seconda, e per accedervi – sullo
schermo – bisogna transitare attraverso la prima. Cosí, l'ordine
verticale dell'impaginazione offre il vantaggio di una prima lettura
sempre interessante, profonda e istruttiva. E tuttavia, nel corso di
queste riflessioni quotidiane, insorge un piccolo dubbio e si fa luce
una modesta richiesta. E' usuale che i maestri citino altri maestri che
li hanno preceduti. Chi legge questo notiziario nota che quasi sempre
queste voci dell'eterna saggezza ebraica appartengono a rabbini che
sono vissuti in piccoli villaggi della Galizia, in cittadine del
Marocco, in provincie semi-rurali dell'Ungheria o della Bielorussia, in
paesotti della Valle del Reno. A volte una potente voce riemerge
dall'Andalusia, o dalla Genizàh del Cairo. E, con grande autorità,
dall'antica Terra d'Israele. Ma mai, o quasi mai, dall'Italia. Ma è
possibile che la binàh (intelligenza) e la chokhmàh (saggezza)
abbiano saltato a pié pari la Penisola? Non sarebbe possibile, magari
con qualche sforzo di archeologia e di archivistica, far riudire le
voci, che pure ci debbono essere state, di qualche maestro
dell'Ebraismo italiano? |
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme |
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Un rabbino grande un secolo
Il rav Elio Toaff compie in questi giorni 95 anni. Su Pagine Ebraiche di
maggio articoli, memorie testimonianze e documenti rendono omaggio alla
sua straordinaria figura. In una lunga intervista il rabbino che ha
retto per oltre mezzo secolo le sorti della Comunità Ebraica di Roma
parla del nostro futuro, della crisi del rabbinato e delle sue
soluzioni, delle speranze per il futuro, della necessità di
intensificare lo studio e la generosità verso i più deboli. Al Rav, a
tutti i suoi cari e a tutti i suoi amici gli auguri più affettuosi
della redazione. Ad mea ve esrim!
Moked - Al via la grande convention di primavera Il grande ritorno dei marrani
“Marrani
di ieri e di oggi”. Questo il tema del Moked di primavera, la
tradizionale convention dell’ebraismo italiano, dedicata quest’anno al
suggestivo tema dei conversos. I casi di singoli, di famiglie o di
intere comunità che chiedono di entrare a far parte del popolo ebraico
si vanno infatti facendo frequenti. In molti casi pare si tratti di
discendenti di marrani, che nel corso dei secoli hanno mantenuto una
qualche segreta fedeltà all’ebraismo. È il motivo per cui la questione
marrana, quanto mai peculiare dell’esperienza storica ebraica, torna a
farsi attuale e merita quindi attenzione e analisi approfondite,
nell’intento di coglierne il significato e i riflessi sull’ebraismo
contemporaneo. Al tempo stesso il marranesimo potrebbe rivelarsi una
preziosa pietra di paragone, se messo a confronto con forme di
nascondimento e di dissimulazione dell’identità sempre più frequenti.
L’argomento, di particolare interesse nel cinquecentenario della
cacciata degli ebrei dal Sud Italia, sarà affrontato sia dal punto di
vista storico sia da quello rabbi nico. Tra i relatori, Piera Ferrara
(Università di Tor Vergata), David Meghnagi (Università Roma Tre),
Sergio Della Pergola (Università di Gerusalemme) e rav Eliahu Birnbaum
di Shavei Israel, l’organizzazione israeliana fondata dal giornalista
Michael Freund che lavora al recupero degli ebrei perduti: i Bne’
Menashe in India, gli ebrei cinesi di Kaifeng, gli ebrei inca, i
discendenti degli ebrei polacchi e, appunto, i conversos di Spagna,
Portogallo, America latina e forse tra poco anche d’Italia.
A
prima vista sembra uno di quegli argomenti riservati agli storici o
alle ricerche erudite. Ricco di fascino e mistero ma ben poco pregnante
per il presente e soprattutto per il futuro. Parlare di marrani e del
marranesimo vuol dire invece mettere sul tavolo le mille contraddizioni
intrinseche al mondo ebraico, toccarne con mano le radici e affrontare
il tema per eccellenza: quello dell’identità. Rav Roberto Della Rocca,
direttore del Dec - Dipartimento educazione e cultura UCEI non si
nasconde la complessità della questione ma è ben convinto che ragionare dei conversos sia ragionare degli ebrei di oggi e
del domani. Per questo ha voluto dedicare al marranesimo il Moked di
primavera che, accanto alle consuete occasioni di svago e convivialità,
proporrà sull’argomento un programma d’approfondimento di grande
interesse. “Vi sono più ordini di motivi che mihanno spinto
a questa scelta - spiega - Da un lato è in atto una riscoperta del Sud
d’Italia: a cinquecento anni dalla cacciata degli ebrei da quelle
terre, nel 1510, stiamo approfondendo studi, ricerche e progetti sul
Meridione con risultati notevoli dal punto di vista storico e
antropologico. E proprio in questo contesto stanno emergendo tracce
importanti del fenomeno dei conversos”. Gli studiosi che si addentrano
in questo mondo si confrontano con famiglie in cui da secoli
sopravvivono reminescenze, ricordi lontanissimi, pratiche di cui si è
scordata da tempo l’origine: l’usanza di accendere le candele al venerdì sera o di cuocere il pane azzimo a Pasqua, un certo modo di fare cucina, taluni gesti. Sono abitudini che, dice rav Della Rocca, vanno indagate con cura per capire
se racchiudono davvero una specificità ebraica. Ma certo inoltrarsi in
quest’universo ancora velato di segretezza, fare i conti con quanti
s’interrogano sulle loro radici lontane e su ciò che significano per il
presente e per il futuro risulta tanto più suggestivo oggi, in tempi
contrassegnati da identità in bilico. Ed è questo il secondo grande
motivo per cui nella convention di primavera si parlerà di marranesimo.
“Viviamo un momento in cui è fortissima la dissimulazione dell’identità
ebraica - afferma il rav Roberto Della Rocca - Sono sempre più
frequenti le forme di nascondimento mentre avanza il fenomeno dei
cosiddetti ebrei invisibili che in molti modi celano la loro identità e
la loro origine. Si tratta di una situazione per molti versi speculare
a quella dei discendenti dei marranos che invece cercano di dare
visibilità a un ebraismo sommerso e vogliono entrare a far parte
del mondo ebraico. Ed estremizzando il ragionamento si potrebbe anche
affermare che esiste il pericolo di un marranesimo al contrario: ebrei
esteriormente e qualcos’altro nella propria intimità. Riflettere su
questi diversi aspetti è dunque molto intrigante”. A rendere la cosa
ancor più stimolante concorre il fatto che il tema dei conversos dal
mondo ebraico è sempre stato vissuto in modo conflittuale. Il marrano
gioca infatti su una doppiezza tra pubblico e privato, è ebreo dentro
casa e cattolico fuori. Costretto da un travagliato destino,
considerato spesso un impostore e un eretico dai cristiani, e un
traditore della sua gente. Ma se si tiene conto della forte costrizione
esercitata su di lui e sui suoi familiari lo si può vedere invece come
una persona forzata ad abiurare con la violenza e la minaccia: un uomo
o una donna da comprendere e non da condannare. “L’approccio
ai
conversos - spiega il rav Della Rocca - suscita da tempo una forte
dialettica nelle coscienze ebraiche e sul tema c’è da sempre un
dibattito all’interno dello stesso rabbinato. Nella scelta tra morte e
conversione i marrani hanno risposto con una soluzione alternativa che
ha assunto una portata collettiva, vivendo il paradigma di una doppia
identità. Una
dimensione che ci rimanda alla Bibbia, alle figure per noi così
importanti di Mosè e di Ester”. Figlio di una madre ebrea e cresciuto a
palazzo come un egiziano, Mosè è il paradigma di un’identità doppia che
si risolverà nel riconoscimento dell’essere ebreo. Proprio come
accade a Ester, che vive in segreto il suo essere ebrea finché gli
eventi la inducono a manifestarsi a protezione del suo popolo. Al di là
delle suggestioni bibliche confrontarsi con i marrani comporta una
serie di problematiche non da poco. “La
riammissione
all’ebraismo non può affatto essere automatica - sottolinea infatti il
rav - Si deve valutare la veridicità delle origini ebraiche, cosa non
facile vista la distanza storica dalla conversione. E si deve poi
capire se l’abiura è avvenuta sotto costrizione e minaccia della vita.
La legge rabbinica prevede, in linea teorica, anche l’obbligo di
mettere a disposizione la propria vita pur di non infrangere il divieto
d’idolatria. Ma certo il caso dei conversos è del tutto sui generis”. A
confermarlo la preghiera, presente solo nel rito italiano, in cui si
auspica che gli anusim (termine ebraico che alla lettera significa
violentati e che indica i marranos) possano fare ritorno. Il rabbino la
pronuncia al sabato mattina, dopo aver benedetto la comunità,
prima di riporre il Sefer Torah nell’Aron HaKodesh. E’ un invito a chi
ha dovuto allontanarsi e al tempo stesso un monito che rimanda a una
riflessione sulla secolare storia ebraica.
Daniela Gross, Pagine Ebraiche, maggio 2010
Moked - Il risveglio di San Nicandro
La
notte del 10 agosto 1930, nel piccolo centro pugliese di San Nicandro,
Donato Manduzio, professione bracciante, fece uno strano sogno, che lo
spinse a mettersi a leggere la Bibbia (una Bibbia protestante, l’unica
che riuscì a reperire). Fu così che scoprì e cominciò a praticare
l’ebraismo, senza sapere nemmeno che al mondo degli ebrei esistevano
ancora. Ebbe inizio in questo modo una delle pagine più incredibili
della storia dell’ebraismo italiano novecentesco. Il popolo
ebraico è considerato un esempio straordinario, per molti aspetti
unico, di cultura e coesione mantenute intatte per millenni. Il
trascorrere del tempo, la dispersione e le persecuzioni, a prima vista
non sembrano aver danneggiato la vita e la vitalità degli ebrei nel
mondo. Non altrettanto si può affermare a livello demografico. Quanti
sono gli uomini e le donne ebree che si sono allontanati nel corso dei
secoli? Impossibile saperlo. Ma è accaduto anche, e sempre più spesso
si ripete oggi, che persone del tutto estranee all’ebraismo, magari
animate da antichi ricordi di un’appartenenza perduta da generazioni,
all’ebraismo vogliano ricongiungersi. Un fenomeno sempre più frequente
per esempio nei territori dell’Ex Unione sovietica, per ragioni
geopolitiche, ma che si ripete costantemente anche in quelli che nel XV
secolo erano domini spagnoli, dove gli ebrei furono espulsi o costretti
a convertirsi. E dove in molti casi scelsero di mantenere in segreto le
proprie tradizioni, dando vita al fenomeno del marranesimo. Proprio di
queste storie di identità perdute e ritrovate si parla nel Moked
primaverile 5770, che prende oggi il via. Sarà proprio “Marrani di
ieri e di oggi” il filo conduttore di incontri e dibattiti che
animeranno le giornate dei partecipanti all’appuntamento annuale del
DEC. Nelle regioni meridionali della nostra penisola oggi la
riscoperta dell’ebraismo perduto è fortissima, come ha testimoniato il
successo di Negba, il primo festival della cultura ebraica in Puglia
organizzato a settembre dall’UCEI. Sono tante le storie nate
all’ombra Gargano. Quella di San Nicandro la racconta oggi un
film-documentario presentato per la prima volta nel novembre 2009 al
festival Transiti d’Oriente, “San Nicandro, Zefat. Il viaggio di Eti”,
diretto da Vincenzo Condorelli. Nel giro di pochi anni dopo la
visione di Donato Manduzio, il gruppo di ebrei sannicandresi era
arrivato a contare più di una ventina di persone. Erano stati avviati
contatti con la Comunità ebraica di Roma per un processo di conversione
riconosciuto. Ma per gli ebrei in Italia i tempi si facevano cupi. Con
le leggi razziali, il rabbino capo di Roma cercò di dissuadere Donato
Manduzio e i suoi dal proseguire nell’intento, loro che potevano
scampare alla persecuzione. La risposta fu indignata. Il gruppo si
considerava e voleva essere considerato ebreo a tutti gli effetti,
pronto a sopportare anche le conseguenze più negative. La conversione
vera e propria arrivò nel 1946, e nel giro di pochi anni la maggioranza
degli ebrei di San Nicandro si trasferì in Israele. Oggi nel paese
vivono alcune decine di ebrei, tra i quali Grazia Gualano, ricercatrice
di Storia dell'Ebraismo sannicandrese e Presidente del gruppo San
Nicandro. Sarà lei a commentare il documentario, in cui compare proprio
nel suo ruolo di studiosa che aiuta il protagonista Eti a ricostruire
la sua storia familiare. La comunità di San Nicandro, nonostante
le difficoltà che deve affrontare legate all’esiguità dei numeri, e
alla scarsa disponibilità di prodotti kasher, continua a rappresentare,
a distanza di tanti anni dalla sua nascita, uno straordinario esempio
di vitalità ebraica, contro una storia che secoli fa sembrava aver
messo per sempre la parola fine all’ebraismo italiano del meridione.
Rossella Tercatin
Moked - Il viaggio di Eti
S’intitola
“San Nicandro, Sefat. Il viaggio di Eti”, il film sulla comunità
ebraica di San Nicandro garganico che sarà protagonista della prima
serata del Moked e che era stato proiettato in anteprima nazionale
l'estate scorsa, nelle intense giornate di Negba, il festival della
cultura ebraica in Puglia. Alla proiezione della pellicola seguirà un
dibattito con Grazia Gualano, studiosa della storia dell'ebraismo
di San Nicandro e fautrice della rinascita della comunità locale. Il
viaggio di Eti è un'opera del cineasta Vincenzo Condorelli, coprodotta
dall'Apulia film commission, l'Associazione culturale Antonello Branca
e Medinet audiodivuals, con il patrocinio dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane. Narra del viaggio che Eti, Yossi e Miriam,
rappresentanti di tre generazioni dell'ebraismo sannicandrese compiono
alla riscoperta delle loro origini pugliesi e delle tracce che ancora
oggi sono presenti dal Gargano al Salento della fiorente presenza
ebraica. I protagonisti sono discendenti degli ebrei che, all'epoca
della seconda guerra mondiale emigrarono dall'Italia meridionale in
Galilea. Eti è una giovane laureanda presso l'Istituto di
cinematografia di Gerusalemme. Come tesi sta preparando un film sulla
vicenda dei suoi nonni Eliezer ed Esther Tritto, i quali da bambini
dovettero trasferirsi da San Nicandro a Sefat insieme alla loro
comunità. Yossi è un affermato filmaker con cui Eti avrà modo di
confrontarsi durante il viaggio, Miriam è la sua anziana madre che
lotta contro il morbo di Alzheimer. I rapporti che si instaurano tra i
tre protagonisti sono lo specchio di quelli intergenerazionali tra gli
ebrei pugliesi. Storia, memoria e costruzione dell'identità sono
le tematiche che, attraverso l'esperienza dei tre viaggiatori,
Condorelli si propone di affrontare. Il 2010 è il
cinquecentesimo anniversario della cacciata degli ebrei dell'Italia del
sud. Proprio in questo ultimi anni si è registrato un crescente
desiderio di recuperare tradizioni e sentimenti ebraici rimasti
sommersi per molti decenni, in alcuni casi per secoli. Il film sulla
comunità sannicandrese inaugura i lavori di un Moked dedicato al
marranesimo, che s'interroga sulle possibilità e sulle modalità di
recupero e di valorizzazione di queste tradizioni dimenticate, su come
rinsaldare i legami con i cosiddetti ebrei invisibili.
Manuel Disegni
Qui Firenze - Perché bisogna ricordare
Non
una mera celebrazione ma una grande opportunità per riflettere in modo
critico e costruttivo sulla Memoria. Nasce con queste premesse Perché
ricordare: Un incontro sulla Memoria, iniziativa organizzata dalla
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze
(Unifi) in collaborazione con la Regione Toscana. L’appuntamento è a
partire dalle 15.45 di oggi pomeriggio nella Sala Comparetti della
medesima Facoltà (la sede è in Piazza Brunelleschi 4). Ida
Zatelli, docente di Lingua e Letteratura Ebraica e organizzatrice
dell’evento odierno, svela il filo conduttore del meeting: “Al centro
del dibattito ci sarà il concetto di raggiustamento del mondo dopo la
Shoah che fu così ben trattato da Emil Ludwig Fackenheim nel suo libro
Mend The World. Ci chiederemo cosa possiamo fare attivamente e non solo
cosa dobbiamo celebrare. Lo faremo senza retorica. Rifletteremo inoltre
su quale sia il modo migliore per trasmettere la Memoria alle nuove
generazioni, che spesso non conoscono o sono comunque poco interessate
ai fatti”. La professoressa sottolinea un aspetto di non poco
conto: “Questa iniziativa dimostra l’impegno preso, almeno in Toscana,
di fare Memoria tutto l’anno e non solo in una data istituzionalizzata”. La
scaletta dell’incontro prevede i saluti di Michele Papa, prorettore
vicario dell’Università di Firenze, e quello di Franca Pecchioli Daddi,
preside della Facoltà di Lettere. Toccherà poi a Ugo Caffaz, direttore
generale delle Politiche Formative, Beni e Attività Culturali della
Regione Toscana, introdurre ospiti e temi che verranno trattati nelle
ore successive. Il primo a parlare sarà Daniel Vogelmann, direttore
della Casa Editrice Giuntina e figlio di Shulim, uno degli oltre mille
ebrei salvati da Oskar Schindler, il Giusto tra le Nazioni a cui Steven
Spielberg ha dedicato il suo film più celebre e amato. Seguiranno gli
interventi della professoressa Zatelli, una riflessione sul tema
biblico della sofferenza del giusto, e quello dello studioso (e
collaboratore di Pagine Ebraiche) Alberto Cavaglion, che cercherà di
definire il concetto di zona grigia introdotto da Primo Levi.
Concluderà la giornata Massimo Giuliani, docente dell’Università di
Trento, che approfondirà il tema filo conduttore del pomeriggio:
riparare il mondo dopo Auschwitz.
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Una strana coppia
La
"strana coppia" del giorno, americana, è quella di Gary Krupp, magnate
ebreo con la mission di riconciliare gli ebrei con la buona memoria di
Pio XII, e Shmuley Boteach, rabbino ortodosso, grande comunicatore
mediatico, già amico e consigliere di Michael Jackson e autore di
best-seller come Kosher Sex, Kosher Adultery, The Kosher Sutra. Boteach
non condivide l'opinione di Krupp su Pio XII e su questo argomento
insieme si sono esibiti l'altro mese a New York in un dibattito
pubblico (a pagamento, adult ticket 25 $). Ieri i due sono riapparsi
insieme, con ampia delegazione, nell'udienza generale del mercoledì a
S. Pietro. Le agenzie riferiscono che era per manifestare solidarietà
ebraica alla Chiesa sotto accusa. Boteach racconta di aver regalato al
papa un orologio con doppio orario (Roma-Gerusalemme), e di avergli
parlato della minaccia iraniania e della necessità che le due religioni
collaborino in iniziative per il rafforzamento dell'istituto familiare,
con l'idea particolare di passare il Venerdì sera in casa con i figli
(perché poi anche i cristiani debbano farlo il Venerdì non è chiaro).
Fin qui niente di eccezionale né di disdicevole. Quello che non si
capisce è che bisogno ci sia stato di manifestare e chiedere amicizia
al papa proprio "nella delegazione guidata" dal principale supporter
della beatificazione di Pio XII. Chissà se dopo Kosher Sex vedremo
anche Kosher Pope.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
La sensibilità
Da
un certo numero di anni la Germania sta facendo i conti con il suo
passato nazista. Vi sono musei e importanti segni nella nuova
architettura urbana, esistono dipartimenti universitari che si occupano
della fenomenologia della catastrofe ebraica. C'è una pubblicistica che
va dalla narrativa, alla saggistica, all'indagine giornalistica. Infine
ci sono atti di amicizia verso Israele da parte del governo nazionale.
Ma a ben guardare, esiste una sottile linea di silenzio su come fossero
i tedeschi in quegli anni. Una barriera invisibile impedisce l'accesso
al loro interno umano. Non sappiamo cosa in quegli anni orridi la gente
avesse dentro. Ed esiste un silenzio ancora maggiore su cosa
sentano oggi i tedeschi di questo passato genocida. Ad uno
scrittore che si informava con operatori culturali tedeschi circa la
possibilità di realizzare una fiction satirica sul nazismo, è stato
spiegato che questo potrebbe avvenire solo con una piccola produzione e
con personale artistico prettamente ebraico: attori e regista, ad
esempio. I canali generalisti tedeschi, è stato spiegato educatamente a
bassa voce, non si impegnerebbero mai in una satira televisiva sul
nazismo. La motivazione risiede nel fatto che la nazione si
offenderebbe. A riguardo, c'è molta sensibilità. E questo,
commuove.
Il Tizio della Sera |
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Il riarmo di Hezbollah dalla Siria accende la miccia al Medioriente I
segnali che preannunciano l'imminenza di una nuovo aggressione di
Hezbollah libanese contro Israele sono sempre più inquietanti e
inequivocabili. 11 ministro della difesa americano Robert Gates ha
infatti dichiarato pubblicamente che la Siria e l'Iran stanno
consegnando missili sempre più sofisticati agli Hezbollah in Libano:
«Siamo arrivati al punto dove gli Hezbollah sono in possesso di un
arsenale di razzi e missili più poderoso di molti governi del mondo».
Questa autorevolissima accusa di sabotare l'accordo di tregua che
chiuse la guerra del 2006, lanciata contro Hezbollah, il governo
libanese, la Siria e l'Iran, non proviene - si badi - da un
oltranzista, ma dal ministro a cui Barack Obama ha consegnato il
controllo del Pentagono. Dunque, la più alta autorità politico militare
del pianeta, avalla totalmente - anzi le incrementa - le denunce di
Israele circa la totale violazione dei presupposti e del senso della
missione Unifil in Libano e conferma la recente denuncia di Simon
Peres, che si è detto certo che la Siria abbia consegnato a Hezbollah
pericolosissimi missili Scud. Un quadro talmente grave, che Obama ha
inviato ieri in Libano il suo Consigliere per la sicurezza nazionale
John Brennan, che è anche responsabile per l'antiterrorismo, per
verificare in loco la consistenza del fenomeno (soprattutto per cercare
di comprendere se Hezbollah abbia o meno ricevuto gli Scud). [...] Carlo Panella, Libero, 29 aprile 2010
Un'antica tribù torna a casa Dopo
quasi tre millenni di esilio diventa realtà il ritorno in Israele di un
gruppo, chiamato Bnei Menashe, che si ritiene discendente di Manasse,
una delle dieci tribù perdute degli ebrei. Quelle che furono cacciate
dagli Assiri 2.700 anni fa, mentre gli occupanti permisero soltanto a
due di esse (Beniamino e Giuda) di restare nella Terra Promessa. Circa
1.700 membri di Bnei Menashe sono migrati in Israele dall'india:
esattamente dallo stato di Manipur nel Nordest del paese asiatico. Dopo
l'esilio avvenuto nell'ottavo secolo avanti Cristo, questo gruppo,
almeno stando alla tradizione, raggiunse dapprima l'Afghanistan e il
Tibet, quindi la Cina: qui fu nuovamente perseguitato ed espulso
intorno al 100 dopo Cristo. Da lì, in piccoli gruppi, i Bnei Menashe se
ne andarono verso il Sudest asiatico e l'india, dove rimasero fino ai
giorni nostri. A scoprirli furono i missionari cristiani alla fine del
diciannovesimo secolo. Essi furono sorpresi nel constatare che alcuni
abitanti del luogo conoscevano già qualcosa della narrazione biblica.
Molti Bnei Menashe si convertirono al cristianesimo, ma negli ultimi
decenni sono nuovamente passati alla fede giudaica. Soltanto con la
creazione dello stato di Israele, avvenuta nel 1948, alcuni
cominciarono a credere di essere discendenti degli antichi Israeliti
cominciando a sognare il ritorno verso la loro terra. […] Massimo Galli, Italia Oggi, 29 aprile 2010 |
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Genocidio armeno, dibattito alla Knesset Gerusalemme, 28 apr - Alla
Knesset si discute sull'eventuale riconoscimento del “genocidio” degli
armeni, per mano della Turchia, durante la Prima guerra mondiale. E'
stato il leader del partito Meretz, Haim Oron, a proporre l'argomento.
“La Knesset ha l'obbligo morale di riconoscere la grande tragedia
nazionale degli armeni", ha affermato Oron e il parlamento israeliano
ha deciso di rinviare a una della sue commissioni la discussione. La
Turchia nega che gli armeni siano state vittime di un genocidio e si
oppone a qualunque riconoscimento in questo senso. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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