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L'Unione informa |
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9 maggio 2010 - 25 Iyar 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Rendere Dio casuale - cancellarlo dietro al caso - fa di noi esseri casuali. Ed in balia del caso tutto può accadere.
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Nei giorni scorsi
molti si sono meravigliati dello scontro in atto nella diaspora ebraica
europea a proposito dei due manifesti che chiedono un’adesione “per
Israele” e contro il rischio della sua scomparsa: il primo per dire che
occorre che Israele cambi politica; il secondo per sostenere quella che
c’è. Mi chiedo: a parte “tifare” per qualcuno, si può pensare di fare
qualcosa di più significativo? In altre parole non sarebbe il caso di
fare uno sforzo maggiore? Il rischio della scomparsa di Israele rende
manifesto un fatto: ciò che è messo in dubbio è la capacità degli ebrei
della diaspora di produrre cultura ebraica e lo è perché oggi Israele è
non solo la realtà che produce cultura ebraica, ma la produce
attraverso uno strumento che è “universalistico”, ovvero una lingua
ebraica viva. Pensare di essere dei soggetti attivi e culturalmente
vivi, e non solo dei supporters, significa far parte del club di coloro
che la usano e con quello strumento, creano qualcosa. O almeno, più
modestamente, ci provano.
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David Bidussa,
storico sociale delle idee |
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Da una riva all'altra, a forza di braccia per la pace
"Sono tanti i motivi che mi hanno spinto a scegliere Israele: questa
terra rappresenta, pur nei suoi travagli e delle sue mille
contraddizioni, la ricerca di una convivenza tra anime diverse, il
tentativo di comporre una sintesi tra laceranti diversità, il simbolo
di una pace ricercata e necessaria, condizione fondamentale per una
vita serena e costuttiva." Sono le parole di Salvatore Cimmino il
nuotatore disabile napoletano che ha attraversato per tutta la sua
lunghezza il lago di Tiberiade - ricorrendo essenzialmente alla forza
delle braccia dato che è amputato di una gamba. Cimmino non è nuovo ad
imprese di questo tipo perché ha già attraversato a nuoto lo stretto di
Messina, lo stretto di Gibilterra e il canale della Manica
(nell'immagine da sinistra Piero Abbina ideatore dell'evento, Salvatore
Cimmino, Alessandro e Yoel Viterbo).
Per
l'occasione lo sportivo italiano ha scelto un tragitto altamente
evocativo, partendo da Kefar Nahum per arrivare alla sponda meridionale
di Ein Gev sul lago di Tiberiade. Ad accompagnare il nuotatore, Piero
Abbina, Antonello Manetti, Nora Alkabes, Filippo Tassara, Giovanni
Giordano e Ciro Cimmino mentre sulla sponda del lago di Tiberiade ad
incoraggiarlo c'era anche una delegazione di Tsad Kadima,
l'associazione che in Israele aiuta (senza distinzioni di religione o
nazionalità) il percorso formativo dei bambini dai due anni in su che
soffrono di lesioni cerebrali, guidata da Alessandro Viterbo e da suo
figlio Yoel (nell'immagine un momento della tarversata).
"Il
mio intento - ha detto alla partenza lo sportivo italiano - è di
rafforzare le relazioni fra Italia e Israele e di attirare l'attenzione
sui diritti dei disabili nel mondo, dimostrando che anch'essi possono
condurre una vita normale". Cimmino è sceso in acqua
in primo mattino, dove lo attendevano alcune imbarcazioni e altri
nuotatori decisi ad incoraggiarlo. La traversata - della lunghezza di
oltre 15 chilometri - si è svolta secondo i piani prestabiliti: la
temperatura era tiepida, e le correnti moderate. Dopo tre ore e mezzo
il nuotatore del Circolo Canottieri Aniene di Roma ha raggiunto Ein
Gev, dove in suo onore è stata tenuta una cerimonia a cui hanno preso
parte personalità locali, il ministro consigliere dell'Ambasciata di
Italia Gabriele Altana e rappresentati dell'Istituto Technion di Haifa (nell'immagine Alessandro Viterbo accoglie Salvatore Cimmino all'arrivo)..
"In Israele, ha
osservato Cimmino, la ricerca scientifica relativa alla bio-ingegneria
è veramente avanzata: le protesi di nuova generazione, fisiologicamente
sempre più vicine alle funzionalità dei nostri arti, rappresentano una
conquista importante per i disabili e in questa direzione il contributo
e l' attenzione di questo paese hanno una valenza fondamentale". La
delegazione del nuotatore ha visitato il centro di Tsad
Kadima a Rishon Lezion esprimendo cosi un forte sentimento di
amicizia nei confronti dell'associazione che 'mette in
primo piano l'inserimento del giovane cerebroleso nella vita e nella
societa' normale (nell'immagine un momento della visita della
delegazione di Cimmino al centro Tsad Kadima).
Sorgente di Vita - Il Moked di primavera e la Ferrara di Bassani
Alla
scoperta di Ferrara sfogliando le pagine di Giorgio Bassani: dalla
sinagoga al giardino dei Finzi Contini, dalla lapide in via Mazzini al
cimitero ebraico, dai campi da tennis alla scuola ebraica, letture e
suggestioni per un itinerario tra realtà e finzione letteraria nel
primo servizio della puntata di Sorgente di Vita di domenica 9 maggio. Le
benedizioni e le letture settimanali della Bibbia illustrate dai
bambini nei giochi didattici realizzati dagli Asili Ebraici
di Roma e una lezione di acquarello per gli ospiti della residenza per
anziani di Milano: in un altro servizio vengono illustrati due
dei tanti progetti realizzati con i fondi dell’otto per mille gestiti
dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Infine il
Moked, l’appuntamento culturale primaverile dell’ebraismo italiano sul
tema “i marrani di ieri e di oggi”: voci, testimonianze, percorsi
spirituali e familiari di ebrei lontani, di persone alla ricerca delle
radici o di un’identità ebraica come il cantante Raiz, ex leader degli
Almamegretta o la singolare esperienza degli ebrei di
Sannicandro. Sorgente di vita va in onda su RAIDUE domenica 9 maggio alle ore 1,20 circa. La puntata sarà replicata lunedì 10 maggio alla stessa ora e lunedì 17 maggio alle 9,30 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche on line.
p.d.s.
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pilpul |
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Davar Acher - Quale amore
Si può amare qualcuno e cercare di costringerlo a fare il contrario di
quel che vuole? Si può voler bene a qualcuno e ritenere che la visione
del suo interesse, le sue scelte fondamentali sono sbagliate? Si può
amare qualcuno contro di lui? Qualche volta si può, anzi si deve:
nel caso di bambini, pazzi, malati gravi, tossicodipendenti. Ma se
l'amato, o piuttosto il preteso amato è un popolo intero? Certo, nella
nostra tradizione i profeti hanno fatto qualcosa del genere, ma
rivendicando un'ispirazione divina, non perché pensavano di essere loro
i migliori. Sempre nella nostra tradizione una frase di disprezzo per
il popolo, probabilmente giustificata, è stata rimproverata in maniera
durissima a Moshé, il più grande dei nostri eroi nazionali. E durante
il seder di Pesach, quella macchina pedagogica della "nostra libertà"
che è anche una sintesi singolare dell'identità ebraica e della sua
autocoscienza, definiamo "malvagia" una domanda alla seconda
persona plurale, che implica la sconnessione di chi domanda dal corpo
del popolo. Vediamo.
J-Street dice di essere pro-Israel and pro-peace. Più pro-peace che
pro-Israel, naturalmente; e pro-Israel solo con quel che loro stessi
chiamano "tough love", amore duro, che consiste nell'idea che è
arrivato il momento di costringere con la forza Israele a
scegliere secondo quel suo bene che esso ostinatamente ignora. Anche
J-com dice di voler difendere Israele, come no; ma prima di tutto vuol
difenderlo da se stesso, dalle scelte sbagliate che peraltro ha
democraticamente fatto col voto. La seconda frase del suo appello
inizia così. "Ancora una volta l’esistenza di Israele è in pericolo. Il
pericolo non proviene soltanto dalla minaccia di nemici esterni, ma
dall’occupazione e dalla continua espansione delle colonie in
Cisgiordania e nei quartieri arabi di Gerusalemme Est." La terminologia
("colonie", "Gerusalemme Est") è quella dei nemici di Israele. Il
presupposto principale ("la continua espansione delle colonie") è un
tema propagandistico palestinese, ma è semplicemente falso. Non vi è
alcuna "continua espansione", da molti anni non avvengono nuovi
insediamenti ebraici in Giudea e Samaria; la crescita della loro
popolazione è inferiore a quella palestinese. Se vi è stata una
"crescita continua" a Gerusalemme nell'ultimo decennio, per esempio, è
quello della popolazione araba cresciuta proporzionalmente per ragioni
di immigrazione, oltre che di fertilità. Non voglio discutere
qui il contenuto delle proposte di J-Street e J-Call, che è palesemente
privo di dettaglio, al di là della resa ad Obama. Resta il fatto che
nel merito nella terminologia si sposa la narrazione dei nemici che
circondano Israele. E il punto di vista è quello di un estraneo che
vuole affermare il proprio punto di vista attraverso "pressioni"
esterne. Dice per esempio il punto 2: "E’ essenziale che l’Unione
europea a fianco degli Stati Uniti eserciti una pressione forte sulle
parti in lotta e le aiuti a giungere a una composizione ragionevole e
rapida del conflitto." E il punto 3: "Se la decisione ultima appartiene
al popolo di Israele, la solidarietà degli ebrei della Diaspora impone
di adoperarsi perché questa decisione sia quella giusta. Allinearsi in
modo acritico alla politica del governo israeliano è pericoloso perché
va contro i veri interessi dello Stato d’Israele." Difficile non
pensare che si trova qui una singolare percezione della democrazia. E
anche dell'amore. Standomene seduto comodamente a Parigi, io ti dico
che sono solidale con te perché chiedo ad altri di farti contro una
"forte pressione". Non mi sogno di "allinearmi in maniera acritica" con
te, perché so io qual è il tuo "vero interesse" e tu evidentemente sei
obnubilato. Come gli italiani sono una nazione di commissari tecnici di
calcio, così gli "intellettuali ebrei" sono tutti primi ministri. Data
la mala accoglienza che han subito nel mondo ebraico, da parte dei
firmatari o simpatizzanti di J-call si è sollevato polemicamente il
problema se "sia permesso" dissentire, accusando implicitamente di
intolleranza chi è solidale con Israele (quella vera, col suo popolo e
le sue istituzioni democratiche, non quella ideale nella testa degli
ebrei europei o americani). Ancora un gesto di disprezzo verso la
maggioranza. Ma certo che si può dissentire, figuriamoci, in Europa, in
America e in Israele. Sono tutte democrazie. Inoltre in Israele c'è
Haaretz e il sistema universitario, in Europa il sistema politico la
pensa come voi e in America c'è Obama. Un sacco di alleati potenti e
vociferanti. Il problema è semmai se si può dissentire dal vostro
dissenso. E se, per igiene semantica, vi si può chiedere di
trovare un nome diverso dall'"amore" per definire l'atteggiamento di
chi crede di sapere lui qual è "il vero interesse", "non si allinea"
alla volontà della maggioranza, chiede ai poteri mondiali di esercitare
"forti pressioni". Un paio d'anni fa un giornalista di Haaretz, credo,
fece scandalo chiedendo a un funzionario americano che il suo paese
esercitasse il suo "tough love" con un termine particolarmente
franco, secondo le abitudini sabra. Disse che l'America doveva
"stuprare" Israele per portarlo sulla giusta strada. Ecco, quello che
J-call pratica nei confronti di Israele, più che una forma strana di
amore, mi sembra un tentativo di stupro: una "forte pressione" per
fargli fare quel che non vuole. La divisione, come la vedo io, corre
fra chi ama Israele, "senza se e senza ma" e chi lo vuole stuprare. Nel
suo interesse è chiaro.
Ugo Volli
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Cosa faceva Goldstone nell'apartheid Ha
accusato Israele di "crimini di guerra", ponendo il proprio nome a
sigillo del controverso rapporto che, per conto delle Nazioni Unite, ha
posto Israele e Hamas sullo stesso piano a proposito della guerra a
Gaza. All'Aia, Richard Goldstone è stato insignito del titolo di
"filosofo della pace". Ha fatto parte del collegio di magistrati per i
crimini nella ex Jugoslavia e in Rwanda. Ma il giudice Goldstone si è
sempre dimenticato di spiegare una vicenda del suo passato: come si
comportò da alto magistrato durante l'apartheid in Sudafrica? Ieri
un'inchiesta esclusiva del giornale israeliano Yedioth Ahronoth ha
rivelato il lato oscuro dell'autore del "rapporto Goldstone" che, come
giudice durante l'apartheid, fu "parte attiva nell'applicazione delle
politiche razziste di uno dei regimi più spietati della seconda metà
del XX secolo". Goldstone è stato negli anni più cupi del regime
dell'apartheid magistrato d'appello alla Corte suprema sudafricana. "Ai
tempi del suo mandato come giudice di Corte d'appello, negli anni
Ottanta e Novanta, Goldstone emise sentenze che condannarono
inesorabilmente alla pena di morte decine di neri sudafricani", rivela
lo Yedioth Ahronoth, principale quotidiano israeliano: "Questa macchia
sul suo passato ha impedito a Goldstone di prendere posizione contro la
pena di morte in numerose occasioni (pur sostenendo, ora, di essere
sempre stato contrario), e di criticare con determinazione paesi che
ancora la applicano (in testa alle classifiche mondiali, oltre a Cina,
Iran e Arabia saudita). Naturalmente Goldstone non si prese il disturbo
di riconoscere e discutere questi suoi precedenti in nessuno dei suoi
discorsi e delle sue tante prese di posizione pubbliche. I fatti dicono
che Goldstone ha condannato a morte 28 imputati neri, per lo più
persone condannate per omicidio che avevano fatto appello contro la
sentenza capitale.[...]
Il Foglio, 8 maggio 2010
La beffa Onu: «La minaccia viene da Israele» Avrebbe
dovuto essere il momento critico in cui tutti gli occbl si sarebbero
fissati sull'obiettivo di far cessare l'Iran dalla preparazione della
bomba atomica, in cui l'Iran sarebbe stato affrontato in modo decisivo,
e invece è stata una memorabile, paradossale settimana di successi per
Ahmadinejad, invitato a NewYork in occasione della Conferenza per la
revisione del trattato di non proliferazione nucleare dell'Onu.
All'apertura in pompa magna già si è svolto uno stravagante testa a
testa alla pari, che certo Ahmadinejad sognava, fra il presidente
iraniano e Hillary Clinton. Il presidente iraniano sdottoreggiava
minacciosamente sui gravi rischi che il mondo corre a causa degli Usa e
di Israele, e ha sfidato di nuovo tutti sul nucleare: «Anche se le
sanzioni non saranno benvenute, non le temiamo e la nazione iraniana
non se ne lascerà fermare». Insomma, seguiterà con l'atomica. Perché
non dovrebbe? Dagli eventi e dalle voci sulle possibili decisioni del
Consiglio di Sicurezza sembra che l'Iran potrà seguitare ad arricchire
il suo uranio senza troppi impicci.[...] Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 8 maggio 2010
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Nuove
prove di pace in Medioriente
Gerusalemme, 9 mag - Il
premier israeliano Benyamin Netanyahu ha espresso la propria
soddisfazione per il prossimo avvio di negoziati indiretti con l'Anp
('proximity talks'), avvertendo tuttavia che per arrivare a una pace
duratura con i palestinesi sarà necessario passare al più presto a
negoziati diretti. "I 'proximity talks' - ha detto Netanyahu aprendo i
lavori del Consiglio dei ministri - devono favorire il prossimo inizio
di negoziati diretti. I palestinesi sono i nostri vicini, noi siamo i
loro. La pace non può essere conseguita mediante un controllo a
distanza". Netanyahu si è d'altra parte felicitato che l'avvio dei
'proximity talks' avvenga, come richiesto da Israele, "senza
precondizioni". Ieri, dopo prolungate consultazioni, i negoziatori
palestinesi hanno finalmente informato l'emissario statunitense George
Mitchell di essere pronti ad avviare subito trattative indirette. Ma
Mitchell progetta di rientrare oggi negli Stati Uniti. Di conseguenza
l'avvio di quei negoziati è previsto fra circa due settimane, quando
l'emissario personale del presidente Barack Obama tornerà nella Regione.

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delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
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Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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