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L'Unione informa
 
    14 maggio 2010 - 1 Sivan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  roberto colombo Roberto
Colombo,

rabbino
Ottavo comandamento: “Non rubare”. Questo comandamento include tre tipi di ladri: colui che ruba denaro, colui che rapisce, colui che ruba all’altro la possibilità di conoscere la verità. Dice una cosa e ne pensa un’altra. (Ovadià Sforno - Cesena, 1470 - Bologna, 1550). Il peggior furto è quello commesso con le false parole. Non vi è perdono per questa trasgressione (mekhiltà babà kamà). 
La ricca e vulcanica creatività dello Stato d’ Israele si esprime in numerosi ambiti: dall’ innovazione tecnologica, alla straordinaria produzione letteraria  e artistica, alla ricerca scientifica e culturale. Anche in campo educativo gli stimoli sono numerosi e si concretizzano con sperimentazioni ed elaborazioni di metodi ormai conosciuti e adottati in tutto il mondo. Proposte volte a migliorare non solo la qualità degli insegnamenti ma il rapporto stesso dei giovani con la conoscenza e in ultima analisi con la vita stessa. Le nostrane istituzioni educative ebraiche come reagiscono a questi fermenti? Con innegabile entusiasmo e ammirazione. Eppure le novità faticano ad affermarsi e a radicarsi nella pratica scolastica quotidiana. Per timore? Perché troppo innovative? Perché in fondo abbiamo bisogno di altro? Contraddizioni e incertezze sulle quali gli “addetti ai lavori” hanno già iniziato a ragionarne ma, siamo certi che il tema in questione debba essere riservato solo agli specialisti?
Sonia
Brunetti Luzzati,

pedagogista
sonia brunetti  
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  Contrapposizioni non fondate su concezioni religiose diverse
e decisioni che non giustificano strumentali reazioni emotive

gattegna 3Il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha dichiarato:
Il 2 febbraio 2009 il Consiglio della Comunità ebraica di Torino decise la revoca di Rav Alberto Moshe Somekh dal ruolo e dalle funzioni di rabbino capo.
Il 3 aprile 2009 lo stesso Rav Somekh ha notificato l'atto di impugnativa e ha quindi chiesto l'attivazione della procedura prevista dall'articolo 30, comma 2, dello Statuto dell'Unione delle Comunità Ebrache Italiane e la costituzione dell'apposito collegio.
Questo Collegio, dopo aver invano esperito vari tentativi per indurre le parti a giungere ad un bonario componimento della vertenza, ha svolto una lunga fase istruttoria dedicata all’approfondimento delle ragioni e degli argomenti dedotti dalle parti, assistite dai rispettivi legali. A conclusione di tutta questa attività il Collegio stesso ha deciso di respingere il ricorso del rabbino.
La questione deve essere mantenuta nei suoi giusti limiti, che sono quelli della soluzione del caso specifico attraverso valutazioni inerenti a dinamiche comunitarie, comportamenti, attitudini, incomprensioni e conflitti che hanno riguardato la vita della Comunità torinese.
Sarebbe errato e fuorviante che da questa dolorosa e singola vicenda, che non ha precedenti nell'ambito dell'ebraismo italiano, si traessero deduzioni e conclusioni inappropriate, infondate, o estensive.
La contrapposizione tra le parti non è stata fondata su due diverse concezioni religiose, in quanto, al contrario, esse come persone e come enti vivono e operano nell'ambito dell'ebraismo ortodosso e applicano le regole tradizionali dell'ebraismo italiano. Altrettanto errato e fuorviante sarebbe affermare che in qualche modo sia stata messa in discussione la serietà, l'impegno o il prestigio morale del rabbino, al quale viene riconosciuta grande cultura, grande statura di studioso e grande capacità didattica. E’ necessario che si accantonino le reazioni emotive, si prenda integrale ed esatta conoscenza della decisione adottata e si operi per prevenire l'eventualità che si ripresentino in futuro situazioni simili”.

Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane



Qui Torino - Revoca dell'incarico di rabbino capo convalidata
Il Collegio respinge tutte le eccezioni dei ricorrenti


Una divergenza che deve essere ricondotta a valutazioni inerenti dinamiche intercomunitarie e comportamenti, attitudini, incomprensioni sedimentate in molti anni di vita comunitaria. Un provvedimento che in alcun modo può essere ricondotto a valutazioni o misurazioni legate alle differenti interpretazioni delle legge ebraica, ma al difficile rapporto fra diverse componenti di una comunità. Una decisione che in alcun modo può gettare ombre sulla dirittura delle persone coinvolte, ma si limita piuttosto a prendere atto della conclusione di un percorso, della necessità di trovare un nuovo equilibrio all'interno della collettività ebraica torinese. Il provvedimento emesso dalla Commissione ex articolo 30 dello Statuto dell'ebraismo italiano, il primo del genere da quando le norme che lo prevedono sono state create, sta suscitando interesse e dibattito per le vicende che vi sono connesse, ma anche per i principi generali che vi sono inevitabilmente legati. Questo il senso che si evince dal lungo testo notificato nelle scorse ore alle due parti (il ricorrente rabbino capo della Comunità torinese rav Alberto Moshe Somekh e il Consiglio della stessa Comunità torinese), contrapposte riguardo al provvedimento di revoca dell'incarico gerarchico di rabbino capo emesso all'inizio dello soccorso anno dallo stesso Consiglio comunitario. Il documento non fa altro che confermare le determinazioni emesse già da tempo in sede locale dalla Comunità di Torino, determinazioni riguardanti esclusivamente la revoca dell'attribuzione gerarchica della funzione di rabbino capo.
Il provvedimento, che da stamane è depositato alla Segreteria comunitaria e consultabile da tutti gli iscritti, è stato emesso dal Collegio composto da sette componenti e presieduto dal Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (la composizione, fissata dallo Statuto, prevede un collegio di sette componenti: tre rabbini, tre probiviri Ucei e il presidente o un suo delegato), parla chiaro. Il Collegio, come è noto, non era chiamato a pronunciarsi su fatti che appartengono alla sola e autonoma valutazione degli ebrei torinesi, ma riguardo alla legittimità e alla fondatezza di un provvedimento di cui si era lungamente discusso e infine fu adottato circa un anno e mezzo fa. Tale provvedimento è stato considerato legittimo e tutte le eccezioni sollevate dai ricorrenti sono state respinte.
Il Consiglio della Comunità, riunito ieri in serata, ha preso atto della decisione e ha approvato la relazione che il Presidente Tullio Levi porterà all'assemblea degli iscritti convocata per questo lunedì, 17 maggio. Tutti gli appartenenti alla Comunità possono da subito prendere visione del complesso documento, scaturito dopo lunghi mesi di udienze, che ricostruisce la vicenda. Molti stralci, soprattutto quelli che evocano i principi generali e non i casi personali, saranno comunque con ogni probabilità anche enunciati e discussi pubblicamente nel corso dell'assemblea.
Il Consiglio ha anche deprecato le informazioni parziali e distorte poste affrettatamente in circolazione nelle scorse ore. Elementi che rischiano di lasciare intendere un tentativo di delegittimazione della figura rabbinica sotto il profilo della sua preparazione, o della sua competenza o della sua moralità.
Al di là di reazioni emotive e di opinioni di parte più o meno motivate, il documento esprime in maniera documentata e inequivocabile il giudizio su una incompatibilità e sulle sue ricadute e nulla altro, senza addentrarsi in giudizi che appartengono esclusivamente agli ebrei torinesi e agli attori delle stesse vicende. Lo stesso rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, stando a dichiarazioni non smentite e rilasciate a organi di informazione diffusi già questa mattina, ha tagliato tagliato corto mettendo a nudo con poche parole la natura delle speculazioni circolanti.
“Il dispositivo – riporta 'Il Messaggero' di stamane - è lungo quasi 30 pagine e descrive un rapporto di fiducia che si è venuto sgretolando. 'Ma non ha nulla a che vedere con l'ortodossia di Somekh o con una sua presunta eccessiva rigidità nell'osservanza delle regole - afferma il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni - Il vero problema è stato di natura caratteriale, pastorale e non rituale dunque. Si è modificato il suo rapporto col pubblico”.
Questa mattina sia il Rav che il Presidente della Comunità hanno svolto assieme a molti altri, dopo una pubblica stretta di mano, il programmato intervento di presentazione della realtà ebraica torinese ai giovani ebrei di tutta Italia giunti per partecipare al corso di formazione Yeud. L'argomento è stato evocato solo di sfuggita e tutti i presenti hanno mostrato il desiderio di determinare un clima estremamente composto e sereno anche di fronte agli interrogativi, alle difficoltà e alle mutazioni che la Comunità si trova ad affrontare.



Statuto dell'ebraismo italiano

(Articolo 30 – Secondo comma)


“La nomina del Rabbino capo diventa definitiva dopo tre anni di esercizio dell’ufficio nella medesima comunità. (…) Più comunità possono accordarsi per la nomina di un unico rabbino capo. Qualora sussistano gravi motivi il Consiglio, con la maggioranza di due terzi, può deliberare la revoca del rabbino capo, sentito personalmente l'interessato e previa comunicazione alla Consulta rabbinica, che deve esprimere il proprio parere preventivo al Consiglio. In caso di revoca, il rabbino capo può ricorrere a un Collegio formato da tre rabbini, di cui uno nominato dal Consiglio medesimo, uno dal rabbino in questione, il terzo dalla consulta rabbinica, nonché da tre probiviri nominati dal Collegio di probiviri e presieduto dal Presidente dell’Unione o da un suo delegato”.

 
 
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  Qui Torino - Yeud tra gestione comunitaria e informazione ebraica

de benedettiDa tutta Italia sono arrivati a Torino, i ragazzi di Yeud, corso di young leadership organizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
In un week end incentrato sul tema dell’informazione ebraica in Italia, c’è stata prima di tutto l’occasione per parlare ai partecipanti di quella che è la realtà peculiare della Comunità torinese. Una comunità media, circa novecento iscritti, eppure complessa, forte di una lunga storia legata al suo territorio. “Anche lo scorso anno siamo venuti a Torino, e assaporare la vita di una piccola comunità è stata considerata un’esperienza fondamentale dai nostri ragazzi, che per la maggior parte vengono da Roma e Milano – ha spiegato la vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti – in questo caso siamo particolarmente soddisfatti di vedere come diverse esperienze abbiano avuto occasione di fondersi qui, i ragazzi dei nostri due corsi, i leader della Comunità, la redazione di Pagine Ebraiche, la Fiera del libro, in un fine settimana che rappresenta per tutti un grande momento di condivisione”.
Le varie sfaccettature della realtà ebraica del capoluogo piemontese sono state raccontate da vari relatori. Così il rabbino Alberto Somekh ha parlato del suo lavoro da “tuttologo”, in cui è necessario fare tante cose diverse e parlare con tante persone pur essendo privo di una preparazione specifica “Fare il rabbino in Italia, specie in una Comunità non numerosissima, significa occuparsi delle cose più disparate, di cucina, di trattamenti medici, di rapporti con le istituzioni civili e con le altre confessioni – ha spiegato il rav Somekh “Lavorare con l’obiettivo di trasformare la Comunità in quella che per un rabbino sarebbe una ‘comunità ideale’, può apparire una missione impossibile. Il mio pensiero tuttavia è che questo non debba essere visto in modo negativo perché un impegno del genere è anche fonte di soddisfazione ”, ha precisato.
Del grande radicamento della Comunità torinese sul territorio ha parlato il presidente Tullio Levi. “In tutto il Piemonte esistono tracce del nostro passato qui – ha sottolineato - Oggi ci sono problemi legati al decremento demografico. Ma la nostra è una comunità viva, che offre tanti servizi, che ha ottimi rapporti con le istituzioni con cui organizziamo eventi e manifestazioni. E saremo in prima fila a celebrare i 150 anni dall’Unità d’Italia, come ebrei e come torinesi”.
I ragazzi del seminario sono rimasti poi incuriositi dall’esperienza didattica della scuola ebraica di Torino che accoglie circa 200 allievi, in parte ebrei, ma in maggioranza non ebrei. La preside Marta Silva ha illustrato quelli che sono i pilastri fondamentali di questa esperienza, lunga ormai decenni, e che riesce a comporre l’identità ebraica del progetto culturale con il pluralismo del background degli alunni.
È intervenuta poi Sara Kaminsky, assessore della Comunità di Torino, che ha proposto diversi spunti di riflessione sui cambiamenti che l’identità ebraica italiana sta attraversando, sottolineando l’importanza della dimensione culturale.
Con le parole di Guido Vitale, direttore di Pagine Ebraiche e del Portale dell’ebraismo italiano moked.it, si è entrati nel vivo del tema dell’informazione della più antica comunità della diaspora. Quale può essere il rapporto degli ebrei italiani con la società civile e i mezzi di comunicazione? Così i partecipanti hanno ascoltato, ma anche espresso le proprie opinioni su una domanda fondamentale per il futuro dell’ebraismo italiano. Ha chiuso la mattinata di lavori un confronto sulla rinascita di HaTikwa, il giornale dell’Unione giovani ebrei di Italia, con Amalia Luzzati, vicepresidente Ugei, e alcuni dei praticanti del Portale che collaborano al progetto. Un giornale nato grazie alla collaborazione tra diverse espressioni dell’ebraismo italiano, che adesso spera di includere tra i suoi collaboratori anche i ragazzi di Yeud.

Rossella Tercatin



Comix - Ma che lingua parliamo?

pilpul grilliÈ proprio di questi giorni una serie di segnalazioni su errori presenti nell’edizione italiana del fumetto “Blake & Mortimer , La maledizione dei trenta denari – tomo 1” pubblicato in Italia dalla Alessandro Editore.
Blake & Mortimer sono due personaggi creati da Edgar P. Jacobs, fumettista belga tra i maggiori rappresentanti della Linea Chiara, cioè del fumetto franco-belga. Ex collaboratore di Hergé, l’autore di Tintin, Jacobs creò nel 1946 questi due personaggi molto speciali, uno agente del famoso MI6 britannico, il controspionaggio, l’altro scienziato votato ai misteri. La serie esordì sulla rivista Tintin per poi diventare pubblicazione autonoma nel formato francese dell’album, il fumetto cartonato che viene venduto anche nei supermercati francesi. Ma questa è un’altra storia, triste per il mercato fumettistico italiano.[...]


( il testo integrale dell'articolo è sul Portale dell' Ebraismo italiano www.moked.it)
 
 
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Partiamo dal commento di Umberto Eco su l’Espresso, dove nell’abituale rubrica «la bustina di Minerva», si dedica, criticandola, all’ennesima presa di posizione di Gianni Vattimo. Quest’ultimo, in occasione della nuova edizione del Salone del libro di Torino, di cui fa menzione Stefano Caselli su il Fatto quotidiano, è tornato a caldeggiare il boicottaggio sistematico degli intellettuali israeliani. A detta del filosofo questi ultimi sarebbero degli incondizionati fiancheggiatori dei governi del loro paese, impegnandosi, di contro al loro ruolo critico, in un’azione semmai ancora più subdola di quella operata dagli aperti sostenitori, ovvero in una sorta di abbellimento – quindi di implicita legittimazione degli aspetti peggiori – dell’operato dell’autorità politica. In tal modo ne vanterebbero e ne celebrerebbero le gesta che da censurabili diverrebbero invece accettabili agli occhi del grande pubblico, di per sé, invece, ingenuo e acritico. Il fantasma che più o meno consapevolmente Vattimo rievoca nella memoria dei suoi interlocutori, ha un nome secco e temibile, quanto meno nella storia più recente dell’Europa, e si declina in un solo modo: collaborazionismo culturale. Si tratta di quel fenomeno in ragione del quale, durante l’occupazione nazista e fascista del nostro continente, nutriti gruppi di accademici e di uomini di sapere si piegarono alle ragioni della dittatura straniera, giungendone a tesserne gli elogi e a identificarsi con le sue azioni. Quando il filosofo torinese prende a bersaglio Amos Oz, uno dei più grandi autori della letteratura contemporanea, adoperandosi nello “smascheramento” di quella che sarebbe la sua “autentica identità” politica, quella di colluso con il potere, vuole rifarsi ad una associazione di idee che demanda a quel precedente. Costruendo così, una serie di correlazioni che nell’universo mentale e culturale di quanti lo ascoltano, hanno una immediata plausibilità e confortano l’obiettivo di sentirsi riconosciuti nella scelta di negare qualsiasi legittimità all’interlocutore. Per Vattimo, che conosce bene il gioco mentale delle idealizzazioni, letterati, studiosi e intellettuali, dovrebbero aderire al cliché di senso comune che li vuole isolati in una sorta di torre d’avorio, quella della politica come pura contrapposizione, protesi a testimoniare, per il fatto stesso di esistere, di un dissenso ontologico: l’unico intellettuale degno di considerazione è quello che sta in perenne opposizione. Una opposizione fine a sé, peraltro, segnata da un compiaciuta impotenza poiché intesa come mero esercizio retorico. Nel caso poi di quanti provengono da Israele, poiché il vizio d’origine del paese sta nel fatto stesso di esistere, essendo nato (e cresciuto) sulla scorta di un peccato originale (e originario), l’espulsione dei palestinesi dalle proprie terre, l’unico attestato di credibilità starebbe nel disconoscersi dalla propria identità israeliana che è irrevocabilmente macchiata nelle sue premesse. Il “tradimento”, se così lo si vuole definire, che viene contestato agli scrittori israeliani, è per l’appunto quello di essere e volere rimanere israeliani. Ovvero degli individui che si riconoscono in una identità straniera, quella di uno Stato di occupazione (di tutta la Palestina). Il fatto che la potenza culturale che essi esprimono, proprio perché manifestazione autorevole della cultura diffusa in un paese che riflette su di sé, sia la ragione della loro autorevolezza morale, viene capovolto nel suo inverso, divenendo così indice di compromissione. Si tratta, ad un vaglio critico, della reazione di chi vive con fastidio l’altrui capacità autoriflessiva, opponendo ad essa l’arroccamento a posizione identitarie tanto enfatizzate quanto prive di sostanza. Ma comunque capaci di incentivare, reiterandoli, molti pregiudizi di fondo. A tale riguardo ci sia concesso poi un rimando agli articoli comparsi nella rassegna stampa di ieri, dove sul quotidiano Rinascita (erroneamente identificato con l’omonimo settimanale di un partito politico, che ha recentemente cessato le pubblicazioni) comparivano due articoli, uno a firma del redivivo Robert Faurisson, tra i maggiori negazionisti europei, e l’altro con stralci di una non recentissima intervista, a Norman Finkelstein, esponente della vulgata che contesta la cosiddetta «industria dell’Olocausto». Esempio, l’uno e l’altro, delle più deliranti posizioni avverse al “sionismo” che qui è identificato tout court con il “giudaismo”. Non ci soffermiamo sui contenuti, che si commentano da sé, ma sul contenitore, che è una pubblicazione che si richiama all’universo rosso-bruno (molto conosciuto nella Russia di Eltsin, Putin e Medvedev), da essi definito «sinistra nazionale», quel territorio grigio dove gli appartenenti agli schieramenti opposti di destra e sinistra estrema, celebrano, sull’altare della difesa della «nazione», un matrimonio di intendimenti che si alimenta, nel giudizio sui fatti del mondo, del ricorso ai più pesanti stereotipi. Sulle vicende degli opposti appelli ad Israele, ed in particolare di quello patrocinato da J-Call, ritornano con un articolo di sintesi per l’Espresso Wlodek Goldkorn e Gigi Riva, dove il focus della riflessione è baricentrato sul ruolo della diaspora nei confronti di Gerusalemme. La discussione nel merito della querelle che si è innescata sulla scorta delle diverse prese di posizione è ovviamente aperta ma per gli autori è fondamentale riscontrare, dietro questo bisogno di manifestare i propri convincimenti, una rinnovata vivacità dell’ebraismo. Anna Momigliano, per il Riformista, ci dà conto di una lettera redatta da David Grossman e sottoscritta da un centinaio di intellettuali israeliani, che risponde alle recenti affermazioni di Elie Wiesel sullo status di Gerusalemme. E da Israele arrivano notizie rassicuranti se si parla di economia, così come fa Andrea Brenta su Italia Oggi, dove la crescita del prodotto interno lordo per l’anno corrente è stimata intorno al 3,5 per cento, con un tasso di disoccupazione non superiore al 7 per cento, a una bilancia dei pagamenti in attivo (grazie a forti esportazioni) e a un sistema bancario estremamente regolamentato. Capitolo diverso è invece l’elevato numero di poveri, non meno di un quinto della popolazione, dovuto anche alla composizione peculiare sociodemografica del paese, dove la ripartizione della società nazionale in gruppi ed enclave comunitarie fa scontare a parte di esse una marginalità che si traduce in una incapacità (o impossibilità) di accedere alla ripartizione della ricchezza prodotta. Sul versante palestinese interessante è invece il ritratto che Franca Roiatti dedica su Panorama al primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese Salam Fayyad, il politico emergente in Cisgiordania (che per parte sua vanta una crescita economica del 7 per cento l’anno). La sua forza è anche il suo limite, ovvero l’essere un tecnocrate. Eppure parrebbe che qualche conto lo sappia fare tornare, in una comunità dove fino ad oggi troppo spesso le parole hanno sostituito i fatti.

 
Claudio Vercelli

 
 
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Timori di crisi economica in Israele                                                    Tel Aviv, 15 mag -
Israele teme che un colpo di coda della crisi economica internazionale possa colpire il paese. A far paura è in particolare il tracollo dell'euro, precitato in pochi mesi di quasi il 20% rispetto allo shekel (la valuta locale) e indicato oggi a quota 4,7 (il cambio più basso di sempre) contro gli oltre 5,4 toccati l'anno scorso. Una tendenza che minaccia le esportazioni israeliane e a cui si aggiunge un ulteriore dato negativo, inatteso in queste proporzioni, sul fronte dell'aumento del costo della vita: salito dello 0,9% secondo gli ultimi dati ufficiali mensili resi noti oggi, con uno scarto sorprendente rispetto alle previsioni del governo.

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Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
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