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    3 giugno 2010 - 21 Sivan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  rav arbib Alfonso
Arbib,

rabbino capo
di Milano
La parashà di Beha'alotekhà segna un momento di crisi profonda del popolo ebraico, una crisi che sfocerà poi nel peccato degli esploratori nella condanna a 40 anni nel deserto. Secondo il midràsh il primo momento di crisi si può individuare nel versetto apparentemente banale: "partirono dal monte di Dio". Il versetto indica il momento in cui il popolo ebraico, dopo vari mesi, si allontana dal Monte Sinai per dirigersi verso la Terra d'Israele. Secondo il midràsh però gli ebrei non si limitarono a partire ma fuggirono dal monte come un bambino che fugge da scuola. Secondo un grande Maestro dell'inizio '900 questo midràsh non indica ciò che realmente fecero o pensarono ma i loro pensieri reconditi. Il midràsh indicherebbe la tendenza umana a liberarsi dalla spiritualità dopo una lunga immersione in essa. E' assolutamente umano e comprensibile ma il midràsh considera tutto ciò pericoloso e vi vede il germe della crisi successiva. Il problema è che la sfida fondamentale della tradizione ebraica è quella di trasportare l'esperienza del Sinai nella vita quotidiana. Si può e si deve partire dal monte di Dio a patto però di portarselo dietro. Solo in questo modo è possibile garantire la continuità del popolo ebraico.
La crisi di Gaza ha fatto venire alla luce una combattiva pattuglia di giovani congressisti democratici che hanno convinto Barack Obama a sfruttare la situazione venutasi a creare per rafforzare, e non indebolire, i rapporti con Israele, al fine di impedire ad Hamas di rafforzarsi ai danni del negoziato israelo-palestinese. Si tratta dei deputati Anthony Weiner, Jerrold Nader e Gary Ackerman eletti a New York, del deputato della Florida Ron Klein e della senatrice di New York Kristen Gillibrand. A Capitol Hill non si parla di altro che della determinazione di Weiner, pupillo di Hillary Clinton che per compagna ha una musulmana. 
Maurizio
Molinari,

giornalista
Molinari  
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  Il nodo di Gaza - Fatti chiari, commenti distorti 

steinhausFilmati, comunicati, precisazioni. Siamo inondati da tutto ciò, quando in realtà non ce ne dovrebbe essere bisogno, se solo i leader politici e militari d’Israele avessero anche, oltre alle capacità che il loro ruolo richiede, il senso dell’opportunità e la capacità di prevedere e prevenire l’ostilità spesso preconcetta che troppi media nutrono nei confronti di Israele.
Gli avvenimenti sono semplici e chiari: 1) una flottiglia enuncia di voler rompere il blocco navale di Gaza; 2) questo blocco navale è perfettamente in linea con il diritto internazionale ed è sostenuto anche dall’Egitto; 3) le intenzioni della flottiglia di pacifisti non sono umanitarie ma politiche, per loro stessa ammissione; 4) Israele si dichiara disposto a far pervenire a Gaza gli aiuti umanitari trasportati sulle navi via terra, ma i pacifisti rifiutano; 5) le forze israeliane tentano di fermare il convoglio di navi con mezzi di dissuasione, senza usare le armi; 6) i militari israeliani sono aggrediti da alcune decine di passeggeri (sul totale di 5/600) legati ad organizzazioni estremiste, devono difendersi e usano le armi. Purtroppo, alcuni passeggeri vengono uccisi, altri - insieme a diversi soldati israeliani - feriti.
La conseguenza di tutto ciò è l’indignazione unanime che scuote i media ed i governi, malgrado vi siano filmati che confermano in pieno la versione israeliana, e malgrado si sappia che a Gaza non esiste una crisi umanitaria ma solo politica, dato che quella regione della Palestina è governata da una organizzazione terroristica che non esita a massacrare barbaramente gli stessi palestinesi che non ne condividono la linea politica.
Eppure, contro ogni evidenza, le organizzazioni ed istituzioni ebraiche, gli ebrei stessi come individui, sono costretti a mettersi sulla difensiva a causa delle aggressioni verbali che potrebbero facilmente trasformarsi in fisiche, come la triste esperienza insegna. Guai difendere il diritto di Israele a esistere e ad agire come “qualsiasi” altro stato fa e farebbe senza suscitare una indignazione comparabile.
Il comunicato del Congresso Mondiale Ebraico che viene riportato qui di seguito è, fra tanti, uno dei pochi che si esprima a chiare lettere e che con coraggio (ci vuole coraggio a dire quel che si pensa, purtroppo) prenda le difese di Israele, indipendentemente dalla fondate accuse di stupidità e incapacità che piovono addosso al governo e ai comandi militari da tutti i commentatori israeliani.

Federico Steinhaus, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane


Il nodo di Gaza - La nota del Congresso Mondiale Ebraico

Il Congresso Mondiale Ebraico esprime sincero rammarico per la violenza e la perdita di vite umane durante il tentativo delle forse israeliane, il 31 maggio 2010, di assumere il controllo di una nave che aveva violato il blocco navale giuridicamente legittimo dirigendosi verso la Striscia di Gaza controllata da Hamas. Israele aveva più volte inviato avvertimenti nel tentativo di prevenire un conflitto. Non ha voluto né provocato un tale esito. Il Congresso Mondiale Ebraico simultaneamente deplora la corsa alla condanna di Israele nei media ed in larga parte della comunità internazionale prima ancora che tutti i fatti siano noti. E’ noto, comunque, che gli organizzatori della cosiddetta “Freedom Flotilla” hanno deliberatamente cercato lo scontro con Israele. “Attivisti della pace” hanno attaccato soldati israeliani con sbarre di ferro ed altri strumenti potenzialmente letali incluse asce, coltelli e pistole, dando in tal modo avvio alla violenza.
E’ anche deplorevole, pertanto, che molti media internazionali continuino a dipingere attivisti violenti come portatori di messaggi umanitari. Questa è stata una squadraccia di linciaggio ed è compito degli osservatori responsabili di dirlo con chiarezza. Uno dei principali gruppi sponsorizzanti che erano a bordo della nave era l’IHH (Fondo Internazionale di Aiuto) turco - un gruppo estremista i cui legami col terrorismo internazionale dell’islamismo radicale sono noti a molte agenzie di intelligence occidentali inclusa la CIA.
Il CME deplora anche che il più vasto contesto nel quale questa operazione è avvenuta è stato ampiamente ignorato da molti dei media che se ne occupano. Gaza è governata da Hamas - una organizzazione terroristica armata, finanziata e diretta dall’Iran, che ha per scopo la distruzione di Israele. La flottiglia aveva lo scopo di rafforzare il controllo di Hamas su Gaza con il pretesto di portare aiuti umanitari alla popolazione. Lo stato d’Israele ha agito entro i limiti del suo diritto internazionalmente sancito e della sua responsabilità morale mantenendo un blocco navale il cui scopo è di impedire che armi ed altri materiali illeciti arrivino a Hamas.
Malgrado i 12 mila razzi e colpi di mortaio che sono stati sparati su Israele dopo il ritiro unilaterale da Gaza nel 2005, Israele ha fatto arrivare a Gaza migliaia di tonnellate di aiuti umanitari. Fra i beni consegnati alla popolazione di Gaza solo nella settimana del 23 maggio erano inclusi 810.209 litri di gasolio per autotrasporti; 21 autocarri di latte in polvere ed alimenti per bambini; 897 tonnellate di gas per cucinare; 66 autocarri di frutta e verdura; 51 autocarri di frumento; 27 autocarri di carne, polli e prodotti ittici; 40 autocarri di latticini; 117 autocarri di cibo per animali; 36 autocarri di prodotti per l’igiene; 38 autocarri di vestiario; 22 autocarri di zucchero e 4 autocarri di medicinali. E questa è stata una settimana standard.
In aggiunta a ciò 781 pazienti e persone di accompagnamento della Striscia di Gaza sono entrati in Israele per ricevere cure adeguate in vari ospedali. Il CME deplora l’uso opportunistico di questa situazione da parte dell’Autorità Palestinese e dai suoi sostenitori per mettere in piedi un rinnovato attacco alla legittimità di Israele. Israele sta attualmente indagando su quanto è avvenuto. Osservatori responsabili dovrebbero evitare di fare dichiarazioni aggressive ed attendere fino a quando queste indagini saranno completate.


Il nodo di Gaza - Sinistra per Israele: "Risposta inaccettabile"

Fiano"Anche chi come noi non transige sulla sicurezza di Israele, non può esimersi dal considerare la risposta del governo israeliano, al di là dell'eventuale legittimità o meno, come inaccettabile dal punto di vista del costo in vite umane". Lo sottolineano in una nota Furio Colombo ed Emanuele Fiano, presidente e segretario nazionale di Sinistra per Israele insieme ai coordinatori dell'organizzazione di Roma e Milano Fabio Nicolucci e Giorgio Albertini. "La Marina israeliana, che prima dell'azione ha esplicitamente invitato le navi della flottiglia umanitaria a dirottare su un altro porto, ha infatti messo in atto un attacco - spiegano dopo aver espresso cordoglio per le vittime - che appare da diversi punti di vista sproporzionato rispetto alla manovra di rottura dell'embargo; questo anche laddove si accertino le volontà offensive di singoli esponenti del gruppo di pacifisti. Parte dei quali non hanno certo le carte in regola per definirsi 'operatori di pace'. "Anche se chi forza un blocco militare sa che non può non esserci una reazione, sicuramente il previsto arrivo delle navi con gli aiuti poteva essere gestito dalla leadership israeliana in carica con un approccio diverso che impedisse, o per lo meno limitasse al minimo, un eventuale conflitto. L'attuale governo israeliano mostra in questa azione il deficit di politica che lo sta accompagnando fin dalla sua nascita". Per l'organizzazione "è necessario che al più presto riprendano i colloqui di pace fra Israele e l'unica legittima Autorità Nazionale Palestinese, emarginando Hamas e altre frange terroristiche, che in questo frangente stanno tentando di riprendere peso nella scena internazionale. Dobbiamo infatti ricordare che causa del duro embargo contro Gaza è anche la scelta terroristica di chi governa quel territorio, scelta che non è mai stata rinnegata". "Ci auguriamo - dicono ancora - che venga al più presto stabilita la corretta dinamica dei fatti, e si accertino le responsabilità: Israele si apra alla collaborazione delle autorità internazionali e dell'Unione Europea e avvii una propria inchiesta indipendente. In questo senso è bene anche che venga rapidamente chiarito lo status di tutti gli attivisti fermati". "In ultimo - concludono - auspichiamo che altrettanta responsabilità venga da ogni parte coinvolta nella vicenda: è infatti inquietante che le manifestazioni di ieri siano state guidate verso i quartieri a forte presenza ebraica e le sinagoghe di alcune città ; la critica, legittima, contro la politica del governo di Israele non deve mai rischiare di confondersi con forme di antisemitismo; manifestare di fronte ad una sinagoga per i morti a bordo della nave turca significa scegliere come obbiettivo della propria protesta gli ebrei e non il governo d'Israele, il che è pericoloso e inaccettabile".


Il nodo di Gaza - Si fa strada un poco di chiarezza

MinerbiOra gli Stati Uniti prendono posizione in favore di Israele. Il vicepresidente Joe Biden ha detto: “Israele ha il diritto assoluto di curare i propri interessi di sicurezza.. E’ legittimo per Israele di dire: non so cosa ci sia a bordo di quella nave. Se andate un po' più a nord potrete scaricare e noi trasporteremo il carico a Gaza. Perché insistere di andare direttamente a Gaza?”. Parole chiare in un mare di accuse contro Israele.
Quando soldati israeliani uccidono nove civili turchi l’opinione pubblica occidentale insorge e non vuole ascoltare spiegazioni. E’ stato certamente un incidente grave, ma non più di quelli che quasi ogni giorno mettono a confronto forze dell’ordine e dimostranti, come per esempio a Bangkok. Invece per la Commissione per i diritti dell’uomo a Ginevra c’è un solo problema serio al mondo ed è quello creato da Israele. Un giudizio ridicolo. Se si sceglie questo triste episodio per farne un’arma contro Israele, è perché alla base c’è la propaganda islamica che è riuscita dopo anni di lavoro a minare la legittimità israeliana. C’è la compassione per i poveri palestinesi le cui azioni terroristiche sono giustificate dal Patriarca Latino di Gerusalemme, Fouad Twal, quando dice : “Chi non mangia, non si può curare e diventa per necessità terrorista”. Ciò è falso poiché il terrorismo è organizzato come metodo di governo dal Hamas che negli ultimi anni ha lanciato 12 mila razzi contro la popolazione civile israeliana. Inoltre la maggior parte dei terroristi viene assoldata non fra i poveri che non mangiano e non possono curarsi, ma bensì fra intellettuali spesso laureati in ingegneria o chimica
Il patriarca latino e la Santa Sede non protestano mai contro gli atti terroristici palestinesi, e la Santa Sede sostiene che l’occupazione israeliana è “un’ingiustizia politica imposta ai palestinesi”. Essa dà così il beneplacito agli atti terroristici dei palestinesi che diventano legittimi agli occhi di chi stima la Chiesa cattolica come il depositario della morale universale. Insomma si invertono le parti e chi si difende è condannato.
Hamas ha assunto il potere nella striscia di Gaza uccidendo centinaia di altri palestinesi appartenenti ad al Fatah, dopo l’evacuazione degli israeliani dalla striscia di Gaza.. Esso rifiuta di riconoscere lo Stato d’Israele, cerca di ricevere armi dall’Iran, mantiene in cattività un soldato israeliano al quale non concede nemmeno la visita di un rappresentante della Croce Rossa Internazionale. A questa entità Israele ha imposto il blocco navale simile a quanto fa l’Egitto che tenta di vanificare le gallerie sotterranee verso Gaza che servono al contrabbando. E’ del tutto legittimo impedire ad Hamas di ricevere altre armi.
Sui risvolti interni israeliani del “fattaccio” non sembra questo il momento di richiedere le dimissioni di Netanyahu o di Barak. Se l’opinione pubblica li riterrà colpevoli, li punirà col voto alle urne.

Sergio Minerbi
 
 
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  Leadership incapace e speranza di ravvedimento

rav di segniLa storia degli esploratori che leggeremo questo Shabbat è sempre attuale per i problemi che solleva. Uno di questi è la crisi di direzione politica. Gli esploratori non erano gente qualsiasi, erano i migliori rappresentanti delle tribù, eppure dieci contro due fallirono la missione. Il popolo non fu da meno; davanti alle brutte notizie pensò di cercarsi un'altra leadership, con un programma che all'inizio sembrava di autocritica: "Mettiamoci un capo, wenashuva, e torniamo..." (Numeri 14:4), come se volessero dire:  facciamo una bella tesciuvà; invece no, la frase finì male, volevano dire: "torniamocene in Egitto". Leadership incapace e progetti regressivi, miscela micidiale di autodistruzione. Con qualche speranza, almeno nei tempi medi, di ravvedimento.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma


La ricerca e le minoranze

La stesura definitiva della manovra economica promette di tagliare al Cdec (www.cdec.it), già da quest’anno, 172.500 euro, corrispondenti a metà della “legge Ruben” approvata dal Parlamento l’autunno scorso (300 mila) più metà del finanziamento annuo del Ministero per i Beni e le attività culturali (45 mila). Al riguardo desidero proporre tre considerazioni. La prima è che viene improvvisamente a crollare un bilancio preventivo messo in atto ormai da cinque mesi; progetti già avviati, impegni di spesa già assunti … tutto è da ricalibrare e tagliare, per di più con urgenza. La seconda considerazione concerne una questione a pochi nota: il meccanismo di finanziamento delle attività degli istituti culturali. Nessun ente sponsorizzatore finanzia il cento per cento dei costi di un progetto. Così essi vengono coperti o intrecciando più contributi “finalizzati” (evento molto raro) o sommando un contributo “finalizzato” e parte di un contributo destinato all’insieme delle attività (come appunto quello statale). Questo secondo è il caso, ad esempio, della nostra ricerca sulla condizione degli ebrei in Albania durante l’occupazione italiana 1939-1943, della nuova rivista digitale Quest (www.quest-cdecjournal.it), del portale sull’antisemitismo (www.osservatorioantisemitismo.it). I contributi “non finalizzati” sono quindi una risorsa feconda ed essenziale. La terza considerazione è di carattere più generale. E’ vero che il dimezzamento del sostegno statale a tutti gli istituti umanistici danneggerà e atrofizzerà l’intera vita culturale del paese. Ma il taglio finirà per incidere ancor più, come è d’uso, sulle minoranze, siano esse religiose, identitarie, etniche, sociali ecc. Ne risulterà un paese più monotono, più monocorde, più monocromatico.

Michele Sarfatti, direttore Fondazione Cdec


La pasticceria del mondo
 
tizio della seraLa morte è uno scandalo, la morte violenta uno scandalo anche peggiore, la morte dei giovani un'ingiustizia atroce che nessuno può sopportare - la morte procurata da un esercito di ebrei, ghiottoneria generale.

Il Tizio della Sera  
 
 
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Lo scandalo sono le bugie contro Israele
Davvero è uno choc, come ha detto Ban Ki Moon, come hanno detto i governi che scandalizzati hanno richiamato gli ambasciatori, la Turchia, la Svezia, la Grecia, la Giordania, è uno choc, oh sì, come ha detto Hillary Clinton e come anche Tony Blair ha dichiarato. E' un orrore come ha detto la ministro degli Esteri dell'unione Europea la signora Ashton... è un grande scandalo: ma non stiamo parlando della battaglia compiutasi, purtroppo con (...) nove morti, fra gli attivisti armati della nave Marmara e le forze israeliane che cercavano di condurre il convoglio carico di beni e di personaggi non identificati a Ashdod per evitare che fossero consegnati a Hamas doni esplosivi adatti a continuare, fino a Tel Aviv, il lancio di seimila missili in territorio israeliano. No, il maggiore scandalo, il vero orrore è legato alla foga con la quale, da muro a muro, tutto il salotto internazionale si è affrettato a brandire lo stendardo antisraeliano senza nessuna cura perla verità, fregandosene dei video in cui si vede come i soldati che volevano ispezionare il contenuto del convoglio sono stati accolti a mazzate, coltellate, bombe a mano, spari; non importa alla Clinton o alla Ashton la verificata origine aggressiva e la dichiarata intenzione terrorista suicida delle organizzazioni filo-Hamas imbarcate sulla Marmara. […]
Fiamma Nirenstein, il Giornale, 3 giugno 2010 

Inchiesta su Israele, no dell'Italia
Tel Aviv  - È finita come il voto sul rapporto Goldstone, quello sui crimini di guerra a Gaza. E come decine d'altre volte a Ginevra: il mondo contro Israele, gli Usa, l'Italia e pochi amici a difenderlo. La richiesta turca di un'inchiesta internazionale sulla strage della nave Marmara, presentata ieri al Consiglio dei diritti dell'uomo dell'Onu, ha ricevuto 32 sì su 47 votanti. Londra e Parigi si sono astenute. E solo l'amministrazione Obama, il governo Berlusconi e l'Olanda tanno detto no, motivandolo col fatto che «Israele è uno Stato democratico e perfettamente in grado di condurre un'inchiesta credibile e indipendente» (Maurizio Massari, portavoce della Farnesina). La mossa italiana, legata anche al fatto che l'Ue fosse divisa, è criticata dall'opposizione (Pd: «Miopia politica»; Italia dei valori: «Scelta ingiusta e vigliacca ») e non piace ai palestinesi: «E' stato terrorismo di Stato», ha tuonato Abu Mazen a Betlemme, in una standing ovation dedicata «al coraggio degli amici turchi». […] Dietro molti toni duri, qualche spiraglio. E mentre il premier turco Erdogan avverte Obama che «Israele sta perdendo il suo unico amico in Medio Oriente», annunciando vie legali per l'affronto armato, mentre Netanyahu richiama i familiari dei suoi diplomatici in Turchia, ricordando che quella «non era una Love Boat» e che «l'Iran continua a rifornire Hamas di missili destinati a colpire le periferie di Tel Aviv e Gerusalemme», ecco il ministro degli Esteri di Ankara, Davutoglu, riaprire pure lui: «E' tempo che la rabbia faccia posto alla calma». Il nodo Gaza resta centrale: l'Egitto spalanca per qualche giorno il valico di Rafah, come fa quando la temperatura è troppo alta, ma Netanyahu chiude a ogni ipotesi di togliere il blocco navale, «è come lasciare che nel Mediterraneo ci sia un porto iraniano»  [...]
Francesco Battistini, il Corriere della Sera, 3 giugno 2010

«Un'azione andata storta 
ma quelli sulla nave non sono veri pacifisti»

La conversazione con l'Ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir, inizia al giardini del Quirinale durante il ricevimento per il 2 giugno. L'ambasciatore è seduto con Joshua Kalman e Cesara Buonamici. Accetta di rispondere alle nostre domande sul blitz israeliano, responsabilità e possibili conseguenze. A far da interprete nei passaggi più delicati, a cui Meir risponde nella sua lingua, è lo stesso Kalman. «Il ritiro degli ambasciatori e le proteste di alcune nazioni? C'è una parte di ipocrisia in questi gesti, azioni dimostrative per farsi belli, mosse antiamericane», dice Meir. «C'è una domanda che dovete farvi: se ci sia un movimento mondiale contro i valori rappresentati dal mondo occidentale». [...]
Susanna Turco, l'Unità, 3 giugno 2010

La sorpresa degli incursori: «Hanno armi vere e ci sparano»
Gerusalemme. Fonti israeliane hanno ripetutamente sostenuto che gli incursori della marina militare calatisi con le corde sulla nave turca «Mavi Marmara» non si aspettavano di incontrare una resistenza violenta da parte dei pacifisti che erano a bordo. Il livello di violenza nei confronti dei militari sarebbe la giustificazione della loro sanguinosa reazione, che ha portato all'uccisione di una decina di attivisti. Ieri il quotidiano Jerusalem Post ha pubblicato un filmato con relativo audio che documenta ciò che si dicevano via radio i soldati israeliani appena scesi sul ponte della nave turca e i loro commilitoni rimasti a bordo degli elicotteri. [...]
Il Giornale, 3 giugno 2010

Paura al Ghetto, tra cortei ostili e minacce
E' un tranquillo pomeriggio di festa e di paura nel Ghetto di Roma. Di festa, perché il 2 giugno ha fatto abbassare le serrande di molti negozi, perché crocchi di anziane signore del quartiere affollano paciose le panchine, perché i turisti sciamano sorridenti e ordinati attorno alle rovine romane e fanno la coda, per un dolcetto tipico. Un pomeriggio di paura, perché le autoblindo sono sempre li, tra la Sinagoga e il Portico d'Ottavia perché dopo quello che è successo al largo di Gaza e soprattutto dopo l'indegna gazzarra dell'altra notte - un corteo si è avvicinato al ghetto gridando «fascisti» e «assassini», proprio qui, proprio in questo luogo sacro per la storia dell'umanità - un movimento sospetto è poco e due sono troppi. […] «La situazione è notevolmente peggiorata - confessa preoccupato al telefono Marcello Pezzetti, il direttore del Museo della Shoah che sta per aprire a Villa Torlonia - almeno da un paio d'anni, da quando abbiamo cominciato a fare il punto e a denunciare gli episodi di antisemitismo in Italia. Quello che è avvenuto al largo di Gara è suonato a questi gruppi di fanatici come una conferma delle loro tesi, la conferma della relazione, ai loro occhi diabolica, fra ebrei e Israele. Come su tutti gli ebrei fossero cittadini israeliani...». […]
Nino Cirillo, il Messaggero, 3 giugno 2010

 
 
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notizieflash    
 
 
La paura e il conflitto                                                                              
“La reazione d’Israele nasce dalla paura, la paura di essere annientato, di scomparire dalla faccia della Terra”. Parole del tutto condivisibili quelle del presidente Riccardo Pacifici, che però non devono farci dimenticare che la paura del nemico, impastata a odio e pulsioni di morte, è probabilmente all’origine del consenso di cui gode Hamas presso la popolazione palestinese. Il problema che si pone è dunque questo: cosa fare per abbassare il livello di paura, d’ignoranza e di odio che sembra si stiano propagando come un contagio nel Vicino Oriente e nel mondo? Forse, visto lo stallo delle trattative di pace, varrebbe la pena di prendere in seria considerazione la proposta del 2008 di Daniel Barenboim, che in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, suggeriva di “avviare un processo di depoliticizzazione del conflitto” per dare spazio ai veri interessi dei cittadini dei due popoli coinvolgendoli in progetti comuni, artistici, culturali, scientifici. La West-Eastern Divan orchestra è un esempio straordinario nel campo della musica. Perchè non provare in altri campi? E le scuole delle varie Comunità non potrebbero avere un ruolo in tutto questo? Mi rendo conto di volare un po’ con la fantasia, ma credo che cedere al cinismo e al fatalismo sia la cosa peggiore che ci possa capitare. Historia docet.
Maria Fausta Adriani

“No alla missione di inchiesta dell'Onu su Israele”
Andrea Ronchi spiega le ragioni del voto italiano
Roma, 3 giu -
Fra gli altri a motivare il no dell'Italia alla 'missione d'inchiesta internazionale dell'Onu è stato il ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi: “Il nostro Governo e l'America di Obama - ha affermato in un intervista rilasciata al Messaggero - hanno voluto tutelare uno stato democratico come quello israeliano. Sarebbe stato un precedente pericoloso per la comunità internazionale, un conto è accertare la verità su quel che è accaduto, individuare tutte le responsabilità, e invece un altro conto è appoggiare iniziative che alla fine tendono solo a gonfiare questa tremenda ondata di antisemitismo nel mondo". Il ministro ha poi auspicato una "voce sola dell'Ue": "Lady Ashton (il ministro degli Esteri della Comunità) deve capire che l'Europa ha bisogno di parlare con una voce unica. E questa voce unica dovrà portare alla pace, ai due stati e due popoli che tutti sembrano volere". Tornando al blitz israeliano contro la flottiglia diretta a Gaza, Ronchi ha sottolineato che si tratta di una vicenda che presenta "molti lati oscuri": è certamente "deprecabile l'azione militare di Israele ma io desidero che venga fatta piena luce sulla natura di tutte le Ong che hanno ideato questa azione 'umanitaria'".

 
 
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