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L'Unione informa |
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6 giugno 2010 - 24 Sivan 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
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esploratori di cui parla la parashà letta ieri sono di fatto dei
reporter. La loro relazione sulla terra di Israele è sapientemente
costruita di fatti intrecciati indissolubilmente a opinioni. Creano
così, con strategica retorica, consenso introno alla loro
interpretazione dei fatti. E distruggono la possibilità di un rapporto
reale con la terra di Israele.
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La
parola vergogna ha girato molto in questi giorni fino a diventare una
categoria politica. Si può provare individualmente vergogna per
qualcosa e o per qualcuno, ma se questo sentimento diventa una
categoria politica, meglio un discrimine politico, allora ciò allude a
un fatto che mi inquieta. Conosco perfettamente il precedente di questo
meccanismo, rientra nella pragmatica del pentimento, una misura che
inizia con l’autointerrogarsi e termina con la delega a qualcuno che
esprima il perdono o emetta la sua sentenza di condanna. Nel Novecento
questo percorso è stato battuto molte volte e ha non solo
contrassegnato, ma anche inaugurato i regimi politici totalitari. In
politica la vergogna se pretesa come atto collettivo è una pessima
richiesta ed è l’indicatore di una mentalità totalitaria e
inquisitoriale. Molto meglio la responsabilità. Non solo perché obbliga
a un esame di sé, e chiede che anche altri lo intraprendano valutando
se stessi - più esplicitamente facendo le pulci a se stessi e chiedendo
che anche dall’altra parte si intraprenda lo stesso percorso - ma
perché è un indicatore significativo di una dimensione laica, una
condizione che sarebbe una risposta “alta”, né pavida, né succube a
fronte dei molti fanatismi, intransigentismi e radicalismi che
imperversano. Forse è anche per questo che oggi la responsabilità,
tanto collettiva come individuale, latita, inondata e sopravanzata
dalla vergogna, o dall’indignazione, spacciate entrambi per una sua
versione più aggiornata, anzi più radicale.
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David Bidussa,
storico sociale delle idee |
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davar |
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Un albero per Gino - Il figlio Andrea: "La notizia prende corpo"
“Mio
padre ha avuto una grande sfortuna nella vita, quella di essere
fiorentino”. Andrea Bartali, figlio del Gino nazionale campione della
bicicletta e salvatore di ebrei negli anni del nazifascismo, pronuncia
parole spiazzanti. Il primogenito della leggenda sui pedali di Ponte a
Ema spiega la sua affermazione: “Intendevo dire che se fosse nato in
una città anonima, le istituzioni e chi conta lo terrebbero in maggiore
considerazione”. Ma Firenze non è un posto qualsiasi: “Qua rischia di
essere solo uno dei tanti uomini che ne hanno fatto la storia e perciò,
come spesso succede in situazioni analoghe, di finire nel
dimenticatoio”. Eppure, da quella città dalla memoria tiepida
(all'ombra del cupolone del Brunelleschi esiste un solo museo dedicato
a Ginettaccio, gestito da una cooperativa chiamata in causa dalla
famiglia Bartali per alcune scorrettezze) è stato lanciato un appello
dai notevoli risvolti simbolici: piantiamo un albero in suo onore nel
Giardino dei Giusti dello Yad Vashem, il memoriale delle vittime della
Shoah. Perché Gino pedalò anche per loro, corriere e latore di
documenti falsi di una rete clandestina che aiutava centinaia di ebrei
nascosti negli istituti religiosi e nelle abitazioni di coraggiosi
uomini e donne del Centro Italia. Il sogno di vedergli conferito il
massimo riconoscimento dello Stato di Israele sta diventando sempre più
una realtà: negli scorsi giorni è arrivata la prima testimonianza
utile. Giulia Donati, 88enne fiorentina residente a Tel Aviv dal 1974,
dopo aver saputo che c’è chi intende onorare Bartali con un albero in
quel luogo straordinariamente denso di significati, ha scritto una
lettera ai funzionari dello Yad Vashem citando il nome di Gino tra
quello dei suoi salvatori. La svolta tanto attesa è arrivata. “Grazie
al grande impegno di Sara Funaro e al supporto mediatico di Pagine
Ebraiche (la prima testata a formulare l’appello su scala nazionale), è
stato possibile far ripartire una battaglia che era stata intrapresa
anni fa su iniziativa della professoressa Magnotta e di tanti altri,
tra cui il rabbino capo di Firenze Joseph Levi e Piero Nissim”. Gino
Bartali, eroe silenzioso e uomo dalla dignità immensa, in pubblico non
parlava mai dei suoi meriti extrasportivi. “In vita non voleva
riconoscimenti, anche se sperava che la sua storia facesse da esempio
per le nuove generazioni che negli sportivi vedono dei modelli di
riferimento”. Così una volta disse al figlio: “Un giorno capirai da
solo, quando verrà il momento di parlare”. Quel momento è arrivato
qualche anno fa. Insieme alla madre e ad alcuni personaggi molto noti
del panorama ciclistico toscano (incluso Franco Ballerini), Andrea ha
deciso di dare vita alla Fondazione Gino Bartali onlus, fondazione che
si prodiga per trasmettere i grandi valori che furono propri di suo
padre, "un uomo che vedeva lo sport anche come una forma di
solidarietà". In tempi di sportivi campioni di individualismo, la
domanda viene spontanea: quanti sono realmente a conoscenza del
silenzioso eroismo di tuo padre? "A Firenze in molti, via via che ci si
allontana dalla Toscana sempre meno”. Anche se negli ultimi tempi
qualcosa è cambiato: “Una settimana fa ero a Verona per seguire
l’ultima tappa del Giro di Italia. A un certo punto si avvicina il
direttore dell’Arena e, senza che gli avessi detto niente, mi sommerge
di complimenti e applausi per l’iniziativa dello Yad Vashem”. È un
ottimo segnale, il commento di Andrea, “perché vuol dire che la notizia
sta circolando”.
Adam Smulevich
Sorgente di Vita: dalla Freedom Flottila alle manipolazioni genetiche
La
puntata di Sorgente di vita di domenica 6 giugno apre con una breve
riflessione del giornalista Peppino Caldarola sull’azione israeliana
contro la Freedom Flotilla: le implicazioni internazionali, il ruolo
della Turchia, l’isolamento di Israele. Segue un servizio sulla cellula
artificiale prodotta in laboratorio da Craig Venter: il rabbino e
biologo Gianfranco Di Segni affronta gli interrogativi scientifici ed
etici sulle manipolazioni genetiche alla luce della tradizione ebraica.
Si parla poi di Militia, gruppo della destra radicale autore di azioni
eclatanti nella capitale con il giornalista Guido Caldiron. Infine lo
spettacolo “Stones” messo in scena a Torino da sei mimi-attori
israeliani: il monumento alle vittime della Shoà e ai resistenti del
ghetto, posto dove sorgeva il ghetto di Varsavia, si anima in una
performance ricca di emozioni. Sorgente di vita va in onda domenica 6 giugno alle ore 1,20 circa su Raidue. Il programma verrà replicato lunedì 7 giugno alla stessa ora e lunedì 14 giugno alle ore 7 del mattino. I servizi di Sogente di vita sono anche online.
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Davar Acher - "Go back to Auschwitz"
Piccola
riflessione ad uso di quanti si interrogano ancora sul perché gli ebrei
italiani, tradizionalmente progressisti, si siano spostati a destra. Vi
è stata nei giorni scorsi una correlazione quasi matematica fra la
collocazione politica dei giornali e dei politici e il loro
atteggiamento rispetto all'azione dei teppisti che si sono organizzati
militarmente sulla nave turca Marmara per provocare il massimo dei
tumulti al momento del preventivato blocco israeliano. Tanto più a
sinistra era schierato un giornale o un politico dichiarante, tanto più
facilmente si è bevuto la propaganda islamista, tanto più si è
rifiutato di riconoscere i fatti anche di fronte ai video più
eloquenti, tanto più si è indignato, ha condannato Israele, ne ha
profetizzato la vicina scomparsa allineandosi ad Ahmadinejad, tanto più
ha infine accostato la condanna a Israele a quella degli ebrei,
trovando del tutto naturale andare a manifestare al ghetto di Roma e
alle sinagoghe nel resto d'Italia. Ma anche le parti più
istituzionali e "riformiste" dello schieramento di sinistra hanno
pensato bene di manifestare davanti all'ambasciata israeliana. Gira in
rete un video in cui una dirigente sindacale si riferisce a Israele dicendo "quei bastardi" e poi dice "magari mi prenderanno per razzista". Eh
già... Solo le destre più estreme e semiclandestine, le schegge
neonaziste vere e proprie, hanno avuto riflessi condizionati
anti-israeliana pari a quelli della sinistra. Con le opportune
differenze questa stessa proporzione vale anche nel mondo ebraico, con
gli ebrei di estrema sinistra del tutto allineati alla propaganda
anti-israeliana dei loro compagni, quelli di sinistra un po' meno
estrema dolenti e scandalizzati, spesso profetizzanti la fine di
Israele per mano della sua improvvida classe dirigente. Ammettiamo
pure che in questo gioco di opinioni e dichiarazioni tutti siano stati
sinceri e abbiano semplicemente reagito per come capivano quel che
fosse successo, cioè per come interpretavano le informazioni
disponibili a tutti, evitiamo cioè di pensare a calcoli politici o
malafede. Come si spiega questo fatto? E' forse necessario applicare
qui un vecchio principio dell'ermeneutica: ogni giudizio viene
formulato applicando a ciò che si conosce, quel che già si crede, si
vuole, si sa (o si crede di sapere). L'orizzonte delle aspettative e
delle credenze dell'interprete contribuisce insieme ai fatti a
determinare la sua interpretazione. Anzi, i fatti stessi vengono
percepiti a seconda del proprio orizzonte interpretativo. Dunque,
se tutta la sinistra ha visto nella faticosa e rischiosa azione del
commando israeliani per prendere il controllo di una spedizione mirante
a dar mano libera ad Hamas nient'altro che "un'aggressione", "un
arrembaggio", "una strage", "un crimine", "un assassinio" eccetera
eccetera, e se non ha visto invece la dimensione aggressiva non solo
dei teppisti che accoglievano a sprangate i soldati israeliani scesi
sulla nave quasi disarmati per evitare incidenti, ma del sostegno ad
Hamas - questo mostra che il suo orizzonte di attesa nei confronti di
Israele è del tutto negativo, che essa pensa davvero che si tratti di
"uno stato canaglia", come ha scritto "Liberazione" (sempre con le
diverse nuances fra destra e sinistra, fra sinistra ebraica e sinistra
politica generale). Solo un'antipatia e una sfiducia radicata
per Israele e in prospettiva per tutto l'ebraismo possono spiegare
queste reazioni. Chiamatele se volete "solo" antisionismo o prendete
atto che si tratta di un sia pur tendenziale antisemitismo. Resta il
fatto che la sinistra, quasi tutta la sinistra, con solo qualche
differenza di accento, ce l'ha se non proprio con gli ebrei, con
qualcosa cui gli ebrei tengono moltissimo e con cui si identificano.
Che essa considera con antipatia il nostro sogno secolare di realizzare
il carattere di popolo attraverso uno stato, dunque un territorio
legato da sempre alla nostra identità. Che pensa che la nostra terra
sia "rubata", come si esprime anche qualche ebreo (di estrema
sinistra). Che ritiene "un errore", "una provocazione al mondo arabo",
l'esistenza dello Stato di Israele. Gli ebrei di sinistra, almeno
quelli moderati, cercano nei limiti del possibile di suggerire faticosi
distinguo e complesse forme di mediazione. Preferiscono pensare che col
ritorno ai confini del '49, intorno a cui sono nate tante guerre e
terrorismo, la situazione miracolosamente si acquieterà. Ma la loro
parte politica, con tutta evidenza, non li ascolta, dalla base al
vertice ha interiorizzato il proprio pregiudizio su Israele, la sua
classe dirigente, la sua cultura e in definitiva sull'ebraismo, salvo
un minimo velo di ritegno verbale su quest'ultimo punto - forse per via
di un "credito" accumulato ad Auschwitz, che come ha scritto una
lettera incredibilmente pubblicata sull'Unità "è in via di
esaurimento". All'azzeramento del conto, immagino, saremo tutti
invitati a "tornare ad Auschwitz", come si è espresso gentilmente un
radiotrasmittente della flottiglia. Nessuna meraviglia, dunque, se sono cordialmente ricambiati.
Ugo Volli
Il nodo di Gaza - Posizioni maremmane
All'epoca
della questione Falkland/Malvinas un Consiglio di Circoscrizione
(quartiere) della mia Livorno "intimò" agli inglesi il ritiro. Oggi un
giornale locale riporta due note: nella prima gli estensori perorano
che il Comune di Castagneto Carducci esprima la propria "ferma
condanna", mentre nell'altra, dando grande prova di democratico
rispetto delle altrui opinioni, cinque firmatari con l'adesione "degli
iscritti maremmani del Partito Comunista dei Lavoratori e dei militanti
di Solidarietà Internazionalista" dopo le rituali sentenze
antisraeliane esprimono "il più profondo disgusto" verso, manco a
dirlo, i critici dei "pacifinti". C'è sempre del ridicolo, del
tragicomico quando vi siano di mezzo delle vittime, in certi commenti.
Accade anche in questi giorni nei quali si sprecano le condanne
altisonanti e il copia-incolla delle esecrazioni contro Israele.
Dall'ONU a scendere, come si vede, sino alla nostra periferia, si nega
l'evidenza, ovvero che se c'è una cosa pacifica, nella vicenda della
"flottiglia", è proprio che questa spedizione non aveva niente di
pacifico.
Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Bloccata la nave irlandese, Israele dirotta i pacifisti La
sfida della Rachel Corrie, la nave irlandese che trasportava aiuti
umanitari per i palestinesi, si è fermata «tra 30 e 35 miglia al largo
di Gaza» così come hanno comunicato le stesse forze annate israeliane.
Si è fermata con la forza, ma senza violenze. La nave è stata
circondata da imbarcazioni della marina israeliana e costretta a
deviare verso il porto di Ashdod. C'erano diciannove pacifisti a bordo
che, come hanno comunicato con involontaria ironia le stesse autorità
israeliane, saranno «trattati in modo diverso» rispetto agli attivisti
catturati, e nove di loro uccisi, sei giorni fa con un blitz dei corpi
speciali. Trattati in modo diverso perché, viene spiegato, gli
attivisti della Rachel Corrie non hanno commesso reati, non hanno
opposto resistenza si sono accordati. Non sono stati trasferiti in un
carcere nel deserto ma sono potuti ripartire sulla stessa nave una
volta che al porto le merci trasportate erano state controllate per
impedire il contrabbando di armi. «Questi sono veri pacifisti. Ecco la
differenza con la nave dell'odio carica di estremisti violenti che
sostengono il terrorismo» ha commentato Benyamin Netanyahu. [...] Fabio Morabito, Il Messaggero, 6 giugno 2010
I «pacifisti» italiani sulla nave? Antisemiti che negano l'Olocausto Pacifisti?
Opinabile. Antisemiti? Piuttosto difficile negarlo, anche se si
industriano in tal senso con prose contorte sul web. Una visita al sito
di TerraSantaLibera è comunque assai istruttiva. Può servire, ad
esempio, a meglio comprendere chi sia la signora Angela Lano, sedicente
pacifista che si trovava a bordo della nave turca «Mavi Marmara» presa
d'assalto una settimana fa dagli incursori israeliani. O l'altro
militante Giuseppe Fallissi. La signora Lano, direttore dell'agenzia di
stampa Infopal.it, è collaboratrice, come Fallisi, di TerraSantaLibera.
Infopal.it non fa grandi sforzi per apparire imparziale rispetto alla
questione palestinese: per loro ci sono dei cattivi assoluti (Israele)
e delle vittime innocenti per definizione (i palestinesi). I loro
collegamenti con Hamas, che ovviamente non considera un'organizzazione
terroristica, sono documentati. Meno spesso si parla dei toni di odio
antisemita che Infopal utilizza, e che come riporta il Foglio hanno
spinto un personaggio come Mariano Mingarelli, leader di lungo corso
della militanza filopalestinese in Italia, a prendere le distanze dalla
Lano. Annunciando la propria rottura con Infopal, Mingarelli ha detto
riferendosi alla sua direttrice: «Non voglio certi nomi accanto al
mio». Stessa scelta hanno fatto gli antisionisti della rete Ebrei
contro l'Occupazione. Ma TerraSantaLibera.org merita sul serio una
visita. Non tanto per gli insulti che vi si rivolgono al Giornale, pure
interessanti. Piuttosto perché visi trovano perle di antisemitismo
davvero rare. Un sito sul quale Carlo De Benedetti, che sulla
Repubblica ha appena ospitato un lungo articolo-reportage a firma Lano,
viene qualificato di «ebreo sionista» o anche definito, con
inconfondibile stile nazistoide, «l'ebreo De Benedetti». Un sito nel
quale aleggia un clima negazionista dell'Olocausto e sul quale si
rinvengono inviti a «investigare sull'11 Settembre» (il sottinteso
rimanda alla leggenda del complotto ebraico), interviste e brani
firmati da noti negazionisti come Roger Garaudy e Robert Faurisson.
[...] Roberto Fabbri, Il Giornale, 6 giugno 2010
Pronta l'offensiva della Turchia: cannoni contro il blocco a Gaza La
scaramuccia è finita, ma la guerra vera è solo all'inizio. E Gaza
rischia di diventarne la nuova Danzica. Dopo l'abbordaggio della Rachel
Corrie, ultimo bastimento pacifista diretto verso la Striscia,
sull'asse Gerusalemme Gaza-Ankara non si profila un futuro facile.
Apparentemente ieri tutto è filato liscio. La marina israeliana ha
abbordato la Rachel Corrie alle prime luci dell'alba e - a differenza
di lunedì mattina - non ha trovato alcuna resistenza. Così il premier
israeliano Benjamin Netanyahu ha potuto rimarcare la distanza tra
pacifisti veri e pacifisti travestiti: «Oggi abbiamo visto la
differenza». Parole seguite dall'impegno dell'esercito a trasferire a
Gaza gli aiuti scaricati dalla Rachel Corrie nel porto israeliano di
Ashdod. Dietro l'apparente lieto fine covano per la crisi dei rapporti
tra Israele e Turchia, una deriva islamista che il governo di Ankara
non sembra voler arginare e una politica turca ispirata a un crescente
nazional islamismo. Quest'ultimo elemento sembra la cartina di
tornasole per comprendere le mosse di Erdogan. il premier turco secondo
alcune fonti starebbe pensando d'imbarcarsi personalmente su una nuova
flottiglia per sostenere - anche con l'ausilio delle proprie navi da
guerra - la necessita d'infrangere l'embargo da Gaza. Uno scenario da
brivido che evoca l'immagine di una flotta guidata dal premier di un
paese Nato pronta, nel nome di Gaza, a cannoneggiarsi con quella
israeliana. Uno scenario a cui s'aggiungono le dichiarazioni dal Libano
del segretario Hezbollah Hassan Nasrallah, pronto ad elogiare il
«terremoto» che squassa le relazioni tra Israele e Turchia e minaccia
di far cadere il blocco di Gaza. Ad amplificare quel «terremoto»
contribuiscono gli ambigui ammiccamenti di Erdogan all'Iran. [...] Gian Micalessin, Il Gionale, 6 giugno 2010
Week-end notturno nel ghetto Anche
quest'anno torna a risplendere la storica via nel cuore di Roma: via
della Reginella. Per due giornate, dalle 19 a mezzanotte inoltrata, le
botteghe e gli studi d'arte resteranno aperti, offrendo alla città la
possibilità di godere delle meraviglie di questa piccola via
rettilinea, che fa da ponte tra il centro storico e l'ex ghetto
ebraico. Fiaccole, candele, dolciumi, vino e altre specialità della
cucina kosher , offerti dai ristoratori del posto, saranno il biglietto
da visita che accoglierà i romani e i turisti di passaggio, o in cerca
di un intrattenimento alternativo alle notti chiassose della movida
capitolina. «La festa di via della Reginella può essere un modello»
spiega Viviana di Capua, presidente dell'Associazione abitanti centro
storico, «per impedire il dilagare di attività non compatibili con le
tradizioni di questa strada e l'uso che ne fa l'abitato». [...] Beatrice Nencha, Libero, 6 giugno 2010
Renata Polverini a Gerusalemme con gli studenti lungo il “percorso dei Giusti” Sarà
la sua prima missione all'estero da presidente della Regione Lazio. E
la destinazione è uno dei punti caldi del pianeta, ma anche un luogo
della memoria: Gerusalemme. La governatrice del Lazio, Renata
Polverini, oggi e domani accompagnerà in Israele i ragazzi vincitori
del concorso promosso dalla Regione “Il percorso dei Giusti-La memoria
del bene patrimonio dell'Umanità”. Si tratta di un premio che è partito
nel 2006 e che ha interessato, anno dopo anno, gli studenti delle
scuole superiori di tutte le province laziali. Serve a far conoscere
alle nuove generazioni il valore dei “Giusti”, di chi ha avuto il
coraggio di opporsi all'orrore: donne e uomini che sacrificarono la
loro vita con scelte coraggiose per salvare altre vite umane. Un modo
per consolidare la memoria della Shoah. [...] Il progetto ha ottenuto
l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e ha inoltre il
Patrocinio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della
Comunità Ebraica di Roma. Il Messaggero, 6 giugno 2010
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notizieflash |
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Indagine
internazionale sul blitz israeliano:
il premier Netanyahu consulta i suoi ministri Gerusalemme, 6 giu - Il
premier israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato per stasera una
consultazione con i sei ministri a lui più vicini. Discuteranno della
proposta del Segretario generale della Nazioni Unite Ban Ki-moon di
condurre un'indagine multinazionale sul blitz israeliano sulla nave
turca Marmara. Per l'Onu l'indagine dovrebbe essere condotta dall'ex
premier neozelandese Georffrey Palmer e dovrebbe includere i
rappresentanti di Turchia, Israele e Stati Uniti. Nel frattempo
Netanyahu ha fornito nuovi dettagli sulla presenza a bordo di un gruppo
di attivisti islamici violenti. "Quel gruppo - ha rivelato - è salito a
bordo della Marmara separatamente dagli altri passeggeri, in una città
diversa, si è organizzato in maniera separata, si è equipaggiato in
maniera separata, e i suoi membri non sono stati sottoposti a
controlli". Secondo la stampa è prevedibile che se Israele dovesse
cedere alle pressioni diplomatiche e accettare una indagine
internazionale sul blitz probabilmente esigerebbe che venga fatta luce
anche sulle relazioni fra il governo turco e la Ong turca Ihh che ha
organizzato la missione della Marmara.
Il rabbino colono Froman afferma: “Erdogan salverà Shalit” Tel Aviv, 6 giu - Il
rabbino colono Menachem Froman, accompagnato da uno sceicco
palestinese, nei giorni scorsi è stato ricevuto dal ministro turco
Recep Tayyp Erdogan. “Il premier turco si prodigherà per cercare di
liberare Ghilad Shalit”, ha affermato il rabbino. "Erdogan mi ha
abbracciato con calore e mi ha coperto di doni" ha aggiunto Froman, che
da anni cerca di imbastire una dialogo di pace fra esponenti religiosi
ebrei ed islamici, fra cui anche Hamas. Secondo il rabbino Froman non è
necessariamente negativo per Israele il recente avvicinamento della
Turchia a Hamas e ai Paesi islamici radicali come Iran e Siria. "Gli ho
detto che proprio in questa posizione egli potrebbe contribuire a
favorire la pace fra Israele e i suoi vicini”. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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