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L'Unione informa
 
    8 giugno 2010 - 26 Sivan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  roberto della rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino
Tornando sulla fallita missione degli esploratori su cui altri rabbini hanno gia scritto in queste pagine appare inconfutabile che questa delegazione ha solo riportato la verità dei fatti e di ciò che hanno visto. Quale è allora la loro vera colpa? Il fatto che alla loro relazione oggettiva hanno aggiunto un “però”! Nella Torà (Numeri, 13; 28)  questa pregiudiziale è indicata con la parola "efes". La storia degli esploratori ci insegna che posizioni precostituite nei confronti di Israele non sono purtroppo un problema limitato ai non ebrei poiché, con le dovute differenze, anche noi aggiungiamo spesso alcuni “però”. Per la Torà vivere in Eretz Israel, amare Eretz Israel, è una mitzwà che, come per tutte le altre mitzwòt, va vissuta senza “ma” e senza “però”!  Non è un caso quindi che in questa tragica storia la parolina che vanifica questo primo progetto "sionistico" sia proprio  "efes" che se nel linguaggio della Torà significa "però", nell’ebraico moderno significa "zero". Spesso aggiungere un "però" significa azzerare e vanificare tutto. 
"Tempo di tacere e tempo di parlare". In una lezione magistrale il Rav Josef Dov Soloveithik zh.l. usava questo versetto (Kohelet 3:7), collegandolo con Samuel I, (25:36-37), per insegnarci come anche quando uno vuole invitare alla Teshuvà deve essere guardingo e comprendere se le sue parole saranno accolte oppure se è meglio tacere, essendo le persone a cui ci si vuol rivolgere sotto l'effetto del vino e naturalmente ci si riferisce ad ebbrezze di varia natura, a presunte vittorie. Semplicemente non vi è con chi parlare e allora Avigail nulla raccontò a Naval, "né poco, né molto, fino al mattino". Dietro a ogni peccatore c'è la sua Avigail; ed al momento giusto Avigail dirà "quelle parole". Spesso si deve attendere parecchio prima di poter parlare, perché ti rendi conto che le tue parole non arriverebbero ai cuori che tu vuoi raggiungere, che otterresti il risultato opposto a quello desiderato, che ancora non è giunto il mattino e tu intanto soffri in silenzio... Alfredo Mordechai Rabello,
giurista
rabello  
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  Addio a Ariè Lova Eliav, una vita per il sionismo

ariè lovaIl 30 maggio, mentre era in corso una operazione che ancora una volta ha scosso al massimo il nostro mondo, è mancato a Tel Aviv, all'età di 89 anni, Ariè Lova Eliav. Pagine e pagine occorrerebbero per tracciare, anche in breve, la biografia di questo grande sionista, umanista, costruttore ed educatore. Da capitano di navi della alyà beth  a combattente della neonata Marina di Israele, a vice-ministro negli anni delle grandi alyot, alla creazione della regione di Lachish con le decine di colonie attorno a Kyriat Gat, e alla fondazione di Arad, ad est di Beer Sheva. Inviato in missioni geopolitiche  in zone "scottanti" o per collaborare alla ricostruzione di regioni terremotate in Iran. Servì alla Ambasciata di Israele a Mosca, portando messaggi clandestini, agli ebrei del silenzio. Nel '67  segretario del Partito Laburista egemone, tracciò un piano per il ristabilimento concordato dei profughi palestinesi nei territori acquistati dallo Stato ebraico, non accettato, e, tra i primi, reclamò la necessità di un accordo con una entità palestinese, delinaendone gli elementi in un libro, diventato classico "Erez Hazevi". Vox clamans in deserto, Lova si dimise dalla leadership del Partito, che lo avrebbe probabilmente portato al vertice della piramide, e da allora, più che la politica dei partiti, che lo vide impegnato in liste pacifiste e, all'epoca di Rabin, rientrato nell'Avodà, candidato alla Presidenza dello Stato, Lova dedicò tutte le sue forze per la fondazione e lo sviluppo del Villaggio, al confine coll'Egitto, di Nizana, dove centinaia di giovani trascorrono periodi di studio e di lavoro, tra le dune, nello spirito del Sionismo classico.

Reuven Ravenna


Qui New York - Pugilato, Yuri Foreman dal ring alla Tevà


foremanYuri Foreman, il pugile israeliano di origine bielorussa che aspira a diventare rabbino (da tempo studia in una yeshiva di Brooklyn) non è più il campione mondiale dei pesi superwelter: a distanza di circa sette mesi dalla vittoria del titolo si è visto sfilare la cintura di leader assoluto della categoria. A succedergli è il portoricano Miguel Angel Cotto, incoronato re dei superwelter nello scenario dello Yankee Stadium di New York, tempio del baseball americano che dopo oltre tre decenni di stop è tornato a ospitare un incontro di pugilato. Foreman, alla prima sconfitta da quando è professionista, ha perso per ko tecnico alla nona ripresa. Troppo in forma e troppo forte Cotto, considerato tra i dieci migliori boxeur in circolazione. Il New York Times ha comunque elogiato il grande cuore e il grande ardore agonistico del pugile israeliano, sottolineando che se in futuro salirà sul ring con la stessa intensità potrà ambire a togliersi delle soddisfazioni. Lui, dal canto suo, accetta la sconfitta ma fa sapere: “Lo status di campione del mondo non lo perdi con un ko, resta per sempre nella storia”.

foreman ringProverà un nuovo assalto alla cintura? I suoi fan se lo augurano. Intanto nei prossimi mesi continuerà a concentrarsi sugli studi rabbinici, cercando di mettere la ciliegina sulla torta a una vicenda umana straordinaria. Infanzia molto povera in un villaggio della Bielorussia, ad inizio degli anni Novanta Yuri si trasferisce in Israele insieme alla famiglia. Nella nuova patria si barcamena come può. Ma con la ferma intenzione di trasferirsi a New York, città ideale per sfondare nella boxe. Ci riesce, diventando il primo pugile israeliano a fregiarsi del titolo di World Champion. Nella Grande Mela ottiene il successo e approfondisce la sua identità ebraica, frequentando con crescente costanza sinagoghe e rabbini ortodossi di Brooklyn. È allora che decide di cimentarsi con lo studio dei testi sacri. Dopo essere salito sul ring da campione del mondo, il prossimo obiettivo di Yuri è quello di salire sulla Tevah con un titolo rabbinico.

(immagini di Federica Valabrega - New York)

Adam Smulevich


CmyCasa, è israeliano il nuovo software per progettare la casa

cmycasaProgettare e arredare la propria casa comodamente seduti davanti al proprio computer?
Ora è possibile con CmyCasa un software semplice e intuitivo, direttamente disponibile online che permette all’utente di trascinare gli oggetti selezionati dal vasto catalogo al piano di lavoro e di visualizzare secondo diverse prospettive la pianta del locale da arredare. CmyCasa è il prodotto di punta della Imagine Web Ltd, una giovane azienda israeliana di sviluppo software fondata nel 2008 con sede a Yokne’am, cittadina situata nella regione collinare della Galilea. 
“Molte persone si trovano in difficoltà quando devono scegliere il giusto arredamento per la propria abitazione - afferma Eitan Tsarfati, amministratore delegato e cofondatore di CmyCasa - noi forniamo loro uno strumento online di progettazione 3d totalmente gratuito, che permette all’utente di porre in essere le proprie idee senza doversi affidare a uno specialista.”
L’applicazione dà la possibilità di sfruttare diversi modelli preconfigurati con i quali partire nella pianificazione del progetto, lasciando all’utente la possibilità di riadattare in seguito misure e specifiche del piano. Le possibilità sono pressoché infinite: è possibile modificare i colori delle pareti, lo stile dei decori e delle tappezzerie, selezionare il tipo di parquet o di pavimento a piastrelle, scegliere i tappeti, gli accessori per l’illuminazione, e poi visualizzare il tutto in 3d grazie ad un veloce sistema di rendering. E’ inoltre possibile richiedere, come opzione a pagamento per gli utenti premium, la realizzazione di un progetto personalizzato secondo le proprie esigenze.
Uno strumento interessante per gli utenti, ma anche per le aziende del settore arredamento che possono pubblicare le proprie collezioni di prodotti nel vasto catalogo online di CmyCasa dedicato ai complementi d’arredo e agli accessori per la casa. Il catalogo, aggiornato quotidianamente, offre un’ampia scelta di stili, dal design etnico al moderno, al classico e al contemporaneo, con prezzi accessibili per tutte le tasche: l’utente può effettuare una ricerca mirata sui prodotti scremando i risultati secondo un range di prezzi e mixare i diversi stili disponibili per ottenere l’effetto desiderato.
“CmyCasa - continua Tsarfati - è uno strumento importante per tutte quelle aziende  che vogliono pubblicizzare i propri prodotti e farsi conoscere a livello internazionale. Grazie a noi le aziende possono inoltre sondare i comportamenti e i gusti di coloro che acquistano su internet, riuscendo a carpire le nuove tendenze del mercato”.
L’Imagine Web Ltd, per arricchire ulteriormente l’offerta, ha stretto accordi di partnership con più di 50 aziende del settore arredamento, tra cui due tra i più grandi distributori degli Stati Uniti: CSN Stores, per l’arredamento della casa e dell’ufficio e Cymax Stores, per le forniture audio-video, l’arredamento per la camera, la zona giorno, l’ufficio e la cucina. Nel sito ufficiale di CmyCasa è inoltre possibile consultare un blog sulle ultime tendenze e sui principali eventi dedicati all’abitare. Di recente è stato pubblicato, ad esempio, un interessante articolo sul Salone del mobile di Milano 2010 con un focus sulla moda dell’ecodesign: la realizzazione di complementi d’arredo in plastica, carta, legno, gomma e vetro interamente riciclati. Un nuovo stile che punta all’ecoefficienza e che è destinato ad avere un ruolo sempre più importante nel settore dell’arredamento a livello mo
ndiale.

Michael Calimani




“La caccia di Salomon Klein”, il nuovo libro
di Massimo Lomonaco


lomonaco presentazioneTel Aviv, luglio 1942. “Perché io?” domanda Salomon Klein, ebreo tedesco piuttosto assimilato, approdato in Palestina fuggendo dalla Germania nazista, a David Ben Gurion, quando il futuro Primo Ministro dello Stato d’Israele lo convoca nel suo studio per affidargli una missione. “Potrei darle cento ragioni … eppure non basterebbe. Di molti che vivono in questa terra, alcuni sono in fuga dal passato, altri vogliono vivere ancora nel passato. Lei non ha dimenticato chi è stato. Non so neppure se, quando finirà la follia che è scesa sul mondo, resterà con noi. E non mi interessa neanche. Lei vuole soltanto mettere d’accordo il passato e il presente, non alterarli. E ritrovare quel filo che ha smarrito. Non sarà facile e non sono certo che ci riuscirà. Ma nel farlo sarà un nemico implacabile di chi nega il senso del passato per costruire un presente senza giustificazioni nella storia e nei sentimenti. Per questo ho scelto lei”. Questa è la risposta che il grande architetto dello Stato ebraico dà nell’immaginario incontro con il protagonista de “La caccia di Salomon Klein”, edizioni Mursia 2010. Un romanzo che racconta una storia inventata, ma fino a un certo punto, come spiega l’autore, il giornalista Massimo Lomonaco. Perché sullo sfondo rimangono profili storici tanto inquietanti, quanto poco conosciuti: il progetto di Hitler e Himmler di portare la Shoah direttamente là dove tanti ebrei europei si stavano rifugiando, in Palestina, se Rommel avesse sconfitto gli inglesi a El Alamein, e il piano di Ben Gurion di radunare tutti gli ebrei sul monte Carmelo per difendersi se fosse accaduto. Sarà proprio sventare questo pericolo il compito che viene affidato a Salomon Klein nel colloquio. “A chi sostiene che Israele sia nato esclusivamente grazie alla Shoah, voglio dimostrare che l’aspirazione e la lotta politica del sionismo, nascono ben prima, così come lo scontro con gli Arabi”. Così Massimo Lomonaco ha raccontato il suo nuovo libro, presentandolo insieme all’onorevole Emanuele Fiano e allo storico David Bidussa alla libreria Mursia di Milano “Salomon non è sionista, va in Palestina perché è l’unico posto in cui può andare. E a lui, uomo sospeso tra il passato e il presente, spetterà il compito di vendicare la parte più colpita”.
“Trovo che questo libro, oltre a essere avvincente e quasi giallistico, rappresenti uno strumento importante per comprendere le tensioni irrimediabilmente irrisolte che pervadono lo Stato d’Israele – ha spiegato Emanuele Fiano – Contraddizioni e difficoltà che chi vive, ma anche chi ama questa terra, respira quotidianamente. Che non prescindono dall’attualità, nei suoi rapporti con l’Europa, nel panarabismo estremista e antiebraico del movimento dei Fratelli musulmani, ma anche nel fatto che, finché da ambo le parti del conflitto, si parla e si agisce in termini di epica e di eroismo, sarà difficile uscirne”. E sulla differenza tra l’intelligenza politica di Ben Gurion, e quello che ha definito come “lo scontro attuale, che non porta nessuna utilità, come uno spettacolare derby, che non si propone di finire mai” ha posto l’accento David Bidussa. “Oggi manca la percezione della finalità politica del conflitto, sembra che non si sappia dove si vuole arrivare. Ho trovato ‘La caccia di Salom Klein’ un vero trattato sull’intelligenza politica, perché forse Ben Gurion non ha mai pronunciato quelle esatte parole, ma non ha importanza. Sapeva bene quale era l’obiettivo da raggiungere, e come misurarsi col risultato”.

Rossella Tercatin

 
 
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  Bernard Henry Levy si ricrede?

minerbiIl noto filosofo ebreo Bernard Henry Levy che si era fatto notare negli ultimi mesi per la sua difesa del Vaticano e i suoi virulenti attacchi contro Israele, sembra rinsavirsi. Forse è il risultato di aver trascorso qualche giorno in Israele, forse è un opportuno ripensamento ma in ogni caso ha cambiato il suo tono. Sul quotidiano Haarez odierno egli scopre che “il fiume di ipocrisia e mala fede che sembrava di stare proprio aspettando la Mavi Marmara, non è assolutamente accettabile.” Egli scopre che alcuni quotidiani francesi come Liberation non fanno che contribuire alla delegittimizzazione dello stato ebraico. Egli si accorge anche che se c'è un'entità nella regione che cattura ostaggi, questa è Hamas e non Israele.
Meglio tardi che mai. Ma questa è anche una lezione per certi ebrei italiani che gioiscono nell’attaccare Israele, per  farsi accettare dall’opinione pubblica come insospettabili equidistanti. Forse capiranno anche loro che attaccando Israele essi non si lavano del peccato originale di essere nati ebrei.

Sergio Minerbi


Quale sinodo per il Medio Oriente

tobia zevi In Siria i cristiani sono circa il 12 per cento della popolazione, e rappresentano generalmente le classi più agiate e colte della società. Le testimonianze del loro insediamento storico sono moltissime: da Damasco basta un’ora di macchina per visitare il monastero di santa Tecla, così come da Aleppo ci sono pochi chilometri per raggiungere quello, splendido, di san Simeone. Spesso queste costruzioni recano ancora la memoria del preesistente edificio romano, e in molti casi sono stati successivamente trasformati in moschea.
Proprio in virtù di questa storia ricca e millenaria – che non riguarda solo la Siria ma la totalità dei paesi mediorientali – il papa ha voluto dare un forte segnale, evitando una retorica di contrapposizione, con la visita a Cipro e con la convocazione di un sinodo per il Medio Oriente tra qualche mese. Si tratta di un’operazione molto interessante.
Non entro nel merito teologico, ma rilevo i due principali elementi politici: l’esortazione del papa all’unità tra cattolici e ortodossi, da strutturare anche in forme concrete e quotidiane, e la richiesta ai governanti musulmani di garantire la libertà religiosa dei cristiani, che diminuiscono anno dopo anno e che vivono in condizioni oggettivamente difficili almeno a partire dalla guerra in Iraq.
Il discorso del papa riguarda anche gli ebrei, ovviamente, ma direi tutto l’Occidente. Il Medio oriente potrebbe oggi essere diviso in tre aree: stati che sono apertamente in “guerra” (Iran, Siria), paesi che sono in bilico costante (Libano, Pakistan), nazioni che sono chiaramente alleate fino a prova contraria (Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Turchia). È assai probabile che, in assenza di una soluzione al conflitto israelo-palestinese, saranno “soggetti intermedi”, mediatori, a determinare il rapporto tra mondo islamico e Occidente, e dunque anche a influenzare i rapporti tra paesi dell’area e Israele: basti pensare al ruolo che la “delusione europea” ha avuto nella deriva politica turca nei confronti dello Stato ebraico. A questi attori occorre oggi prestare attenzione: l’Europa e la Chiesa cattolica possono svolgere una funzione fondamentale, anche se non sempre saremo d’accordo su ciò che diranno.


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
 
 
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«Shoah, teniamo viva la memoria»
[...]«Il Percorso dei Giusti è un progetto che va al di là degli schieramenti politici- spiega la presidente-. All'indomani della mia elezione ho detto che avrei dato seguito a tutti i progetti che hanno un senso. E questo ne ha, visto che è finalizzato a ricordare la storia, le leggi razziali, la Shoah, e la memoria di un crimine indescrivibile, come monito affinché ciò non accada mai più». Dopo il blitz israeliano sulla «Freedom Flotilla», il viaggio ha rischiato dii esaere annullato: «Molti pensavano che non ci- fossero più le condizioni- spiega la Polverini-, mentre siamo voluti venire lo stesso come segno di vicinanza ad Israele e per dare un impulso alla pace». La presidente aveva già visitato lo Yad Vashem lo scorso anno, e si è ripromessa di riportarci presto i ragazzi. Prima di lasciare Gerusalemme, la Polverini scrive sul diario dello Yad Vashem, sottolineando il rinnovato impegno «per tener viva la memoria in noi e nei nostri giovani».

Ariela Piattelli, Corriere della Sera, 8 giugno 2010


Erdogan fa il tollerante, ma nella sua Turchia i cristiani 
respirano odio

Monsignor Luigi Padovese potrebbe essere stato ucciso nell'ambito di un omicidio rituale islamico. Lo ha rivelato AsiaNews, agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere, secondo la quale l'assassino prima di decapitare l'alto prelato ha gridato: "Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!". La persecuzione dei cristiani in Turchia avviene non solo nelle campagne ma un po' ovunque, sotto gli occhi delle autorità, in un clima di tacita, quando non esibita, indifferenza da parte dello stato e della società così detta laica. A far da cornice: i talk show oltraggiosi verso i cristiani, in cui si mostra "come il cristianesimo e l'ebraismo cercano di distruggere la religione islamica", i libri di scuola dove si insegna che il Vangelo cristiano è stato "falsificato", le chiese chiuse d'ufficio o soffocate naturalmente dagli altoparlanti dei muezzin, i sacerdoti che non possono uscire per strada con l'abito talare o con i segni esteriori (la croce al collo sopra gli abiti) della loro fede. L'Europa vive al riparo di un diffuso pregiudizio positivo nei confronti del kemalismo, lo crede ancora capace di arginare l'islamismo politico. Ma sotto il governo Erdogan, agli effetti più dannosi della laicità coatta turca sulla libertà religiosa, si è associato l'anticristianesimo come cultura islamista dominante.[...]

Giulio Meotti, Il Foglio, 8 giugno 2010


L'Iran arruola i pacifisti per fare la guerra
Le "anime belle" che pensavano che dietro la Freedom Fleet vi fosse solo la volontà pacifista di aiutare i civili di Gaza, sono servite. Due notizie confermano quanto era già evidente: l'operazione "Mavi Marmara", - si inserisce in una escalation arabo-turco-islamica che vuole - ripeto:vuole - sfociare in una nuova guerra. La prima notizia riguarda il conflitto a fuoco lungo le coste di Gaza dopo che la marina israeliana ha intercettato un battello al largo del campo profughi di Nuseirat i quattro palestinesi che la conducevano sono morti. Tragicomica la versione palestinese: «I miliziani facevano parte delle Brigate dei martiri di alAqsa e a bordo non c'erano armi, ma gli uomini si stavano addestrando per un tentativo di sbarco in Israele
». Conferma piena quindi, anche se involontaria nella goffaggine, della versione israeliana: «I quattro erano armati e si preparavano ad una azione di sabotaggio in Israele». Si noti bene, questi miliziani, non erano di Hamas, ma delle Brigate dei martiri di alAqsa, braccio armato di al Fatah, il movimento di Abu Mazen, il che la dice lunga sull'attendibilità nei colloqui di pace da parte dei palestinesi moderati . Più grave la seconda notizia che viene da Teheran: Ahdolrauf Adibzadem, direttore della Mezzaluna Rossa iraniana ha infatti annunciato di avere deciso di inviare a breve tre navi con aiuti umanitari a Gaza e un aereo con 30 tonnellate di materiale sanitario. Si badi bene: solo la prima nave conterrà aiuti umanitari, la seconda invece trasporterà volontari e si è compreso subito di che tipo di ceffi si tratti, quando le stesse autorità iraniane hanno annunciato che nel giro di poche ore «ottomila iraniani, tra i quali molte le donne, hanno già firmato per unirsi alla missione». [...]

Carlo Panella, Libero, 8 giugno 2010

 
 
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notizieflash    
 
 
Israele protesta per foto ritoccate, Reuters le sostituisce      Londra 8 giu -
La Reuters ha sostituito oggi le foto che ritraggono alcuni momenti degli scontri avvenuti a bordo della Mavi Marmaris, dopo la protesta israeliana di qualche giorno fa. Secondo Israele infatti l'agenzia avrebbe di proposito tagliato e 'ritoccato' alcune immagini 'cancellando' alcune armi in possesso degli attivisti filopalestinesi. L'agenzia ha affermato che il taglio era stato fatto per ragioni editoriali e che appena si è accorta dell'esclusione di un pugnale, ha sostituito le fotografie con quelle originali. "Reuters si impegna a diffondere le sue notizie in maniera accurata e aderente ai fatti. Tutte le immagini trasmesse dal nostro servizio vengono sottoposte ad un severo processo di valutazione e selezione editoriale. Le immagini in questione provenivano da Istanbul e secondo la normale pratica redazionale sono state preparate per la trasmissione, in un procedimento che include anche il taglio dei bordi. Quando si è accorta che un pugnale era stato inavvertitamente tagliato dalle immagini, Reuters ha sostituito le immagini con quelle originali sul suo intero servizio" ha affermato una portavoce indicando quella che ha definito la "posizione ufficiale" dell'azienda.
 
 
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