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    10 giugno 2010 - 28 Sivan 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  alfonso arbib Alfonso
Arbib,

rabbino capo
di Milano
Gli esploratori, di ritorno dal loro viaggio in Israele, per descrivere gli esseri giganteschi che avevano visto dicono: "Eravamo ai nostri occhi come cavallette e così apparivamo a loro". Da ciò che dicono gli esploratori si possono ricavare due insegnamenti: a) Se pensi di essere cavalletta, gli altri non potranno far altro che vederti come cavalletta. b) Se vedi il mondo con la prospettiva di una cavalletta, lo vedrai dal basso verso l'alto, ti sembrerà gigantesco, spaventoso e imperscrutabile. Alla fine della parashà, la Torà spiega a cosa dobbiamo rivolgere il nostro sguardo e dice che dobbiamo guardare il tekhèlet, il filo azzurro dello tzitzìt. I chakhamìm spiegano che l'azzurro dello tzitzìt ricorda il mare, il cielo e il Trono divino. Dobbiamo perciò essere capaci di guardare il mondo dall'alto, avere cioè la capacità di una visione d'insieme, di non soffermarci su particolari che ci sembrano spaventosi.
Sergio Romano, l'autorevole diplomatico, storico e columnist, è stato colto ieri da una momentanea amnesia. Nel rispondere a una lettrice del Corriere sulle cause dell'ostilità araba legate alle origini di Israele, Romano immagina una breve storia del Medio Oriente nel Ventesimo secolo. Israele sarebbe "uno stato nuovo costruito per ospitare una popolazione che era stata ferocemente perseguitata e cercava una nuova casa". Eppure Romano sa bene che il Mandato Britannico fu creato nel 1922 con l'accordo delle principali Potenze e con un ben preciso scopo: "la messa in atto della dichiarazione del 2 novembre 1917 in favore della creazione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico" – "oltre che la salvaguardia dei diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina senza distinzione di razza e di religione". Gli arabi della regione, e anche questo Romano lo sa, si consideravano allora parte della Grande Siria. Dopo le gravi inadempienze dell'Inghilterra nei 26 anni del suo mandato, veniva la decisione dell'ONU nel 1947 di spartire la Palestina fra due stati – uno Arabo e uno Ebraico. Lo Stato Ebraico non era un fatto nuovo visto che in realtà realizzava, su una parte ridotta del territorio, gli impegni presi dalla comunità internazionale ben prima della Shoah. La vera invenzione politica era invece lo Stato Arabo che, per la prima volta nella storia, attribuiva una sovranità araba su un'altra parte del territorio mandatario – autarchicamente, e non come provincia di un'entità politica più ampia. Oggi, quella ebraica-israeliana e quella araba-palestinese sono due realtà politiche ben stabilite e irreversibili, ed è del tutto superfluo discettare su come e perché siano nate, se siano legittime o no, e fino a quando dureranno. Tutte le parti in causa non possono non riconoscere questa realtà duale che esprime identità culturali e politiche profondamente radicate e incompatibili. E se c'è un minimo di onestà, proprio questa diversità è condizione necessaria affinché il Medio Oriente possa trovare un assetto politico stabile e, nelle parole di Sergio Romano "fra le persone di buona volontà e di buon senso la convivenza sia possibile".
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme

sergio della pergola  
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  I nostri Giusti

tiliuNegli anni tremendi delle persecuzioni alcuni di coloro che non erano riusciti a scappare trovarono aiuto grazie a tanti (ma non abbastanza, purtroppo) uomini che seppero pensare con la propria testa. Qualunque fosse il loro pensiero politico (anche se fascisti convinti), o il loro ruolo (addirittura alcuni tedeschi furono tra loro), questi che noi consideriamo i nostri Giusti trovarono il modo di aiutare e di salvare tanti ebrei ai quali apparentemente non restava più alcuna via di fuga. Ma con gli anni ci stanno lasciando tutti.
E' morto l'altro giorno Attilio (Tilliu) Francesetti (nell'immagine in alto) che visse tutta la sua vita tra i monti delle valli di Lanzo. Visse da solo, isolato da un'umanità che sentiva così lontana. Ma quando gli ebrei si rivolgevano a lui per scappare in Francia lui non trovava ostacolo alcuno. Una giovane famiglia di francesi bussò alla sua porta, un giorno di freddo inverno, con una bambina  piccolissima. La mamma di Tilliu diede i propri scarponi a quella donna che non poteva certo attraversare i monti coperti di neve con scarpe coi tacchi. Tilliu tosò una pecora per avvolgere la bimbetta nella lana che, dentro a un sacco, le fece da culla. E dopo otto ore di marcia dura e pericolosa per tutti affidò quella famigliola ad altri che poi la fecero arrivare fino all'oceano e, da lì, in America.
Finita la guerra questa famiglia, memore, cercò di portarsi con sé Tilliu a New York, dove avrebbe potuto vivere tranquillamente con coloro che aveva salvato. Francesetti scelse invece di continuare la propria vita di uomo solitario tra i suoi monti. E nemmeno ricordava dove aveva messo il Rolex d'oro che gli era stato regalato.
Ora anche lui ci ha lasciato, andandosene da solo come aveva voluto, ma come non avrebbe meritato.
silvio rivoirCome ci ha lasciati, poco tempo fa, Silvio Rivoir (nell'immagine a fianco) che, di professione, faceva l'impiegato dell'anagrafe in Val Pellice. Egli fornì documenti falsi a chi aveva bisogno di una nuova identità,  fino al giorno in cui, ad un controllo, la terribile verità venne scoperta. Il nostro Giusto finì in un campo di lavoro in Germania, dal quale per fortuna tornò alla fine della guerra. Queste traversie non gli impedirono di arrivare al centesimo compleanno, ed in quel giorno di gioia, a chi gli consegnava una semplice pergamena di riconoscimento, disse, con enorme fatica per il peso degli anni e della malattia, schermendosi: "non fu merito, ma dovere".
Queste sono le parole e le gesta di alcune di queste grandi figure che ci stanno lasciando (anche Rivoir è mancato recentemente).
Pochi giorni fa ha compiuto 90 anni don Francesco Brondello, proclamato Giusto di Yad Vashem. Ci disse di lasciare, ai posteri, pagine e pagine di testimonianza di quanto accadde in quei giorni; ma queste pagine saranno disponibili solo dopo la sua morte.
Non abbiamo premura di leggerle, don Brondello, anche perché forse possiamo immaginare alcuni contenuti.
Almeno lei rimanga a lungo con noi.

Emanuel Segre  Amar

 
 
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rav di segniStiamo attraversando un momento difficile di isolamento con Israele (e tutti gli ebrei in qualche modo appresso) sotto accusa da tutte le parti. A questa difficoltà internazionale fa riscontro il ritmo stabile della vita religiosa che questo Shabbat ci farà rileggere la storia di Qorach. Cugino di Moshè, fu protagonista di una rivolta contro il suo potere. Qorach si presenta in
apparenza come democratico e ugualitario, in realtà è solo demagogico. Pare che tra le cause del suo risentimento ci fosse anche la mancata assegnazione di carri e animali per il trasporto degli arredi del tabernacolo, compito riservato a varie famiglie di leviti. Senza "auto blu" il nobile entra in crisi e diventa democratico. E' interessante che si debba riproporre un problema di dinamica interna alla nostra attenzione, quando siamo distratti dalla scena internazionale. Ma forse questo significa che certi problemi dovrebbero avere la precedenza.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma


Professionismo
 

tizio della seraSecondo la circostanziata ricostruzione del direttore della Reuter, il coltello insanguinato non compariva nella foto dato che taglia. 

Il Tizio della Sera

 
 
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In una rassegna stampa tornata a dimensioni ragionevoli dopo la campagna mediatica sulla flottiglia, domina la notizia delle sanzioni approvate dal consiglio di sicurezza dell'Onu contro l'Iran (Guido Olimpo su Corriere, Mario Platero sul Sole e molti altri). Sembrerebbe una buona notizia, ma le controindicazioni sono parecchie. Prima di tutto c'è il voto contrario di Brasile e Turchia e l'astensione del Libano, tutti ex alleati americani, che indicano "nonostante Obama (o come alcuni pensano anche a causa sua) l'erosione del soft power americano". Poi c'è il fatto che si tratta di sanzioni leggere, nonostante quel che dice Clinton, sostanzialmente limitate alla sfera militare, e che però il regime potrà usare per imporre alla popolazione una "psicologia di stato d'assedio" (le citazioni vengono entrambe da un articolo di Vittorio Emanuele Parsi sulla Stampa, significativamente intitolato "Ancora una volta ha vinto Teheran"). Il risultato è che Ahmadinedjad ha definito "spazzatura" la decisione dell'Onu (Franco Venturini sul Corriere, Anna Guaita sul Messaggero) e ha promesso di andare avanti e che i turchi parlano di "occasione perduta" (Marta Ottaviani sulla Stampa). Interessante il commento del politologo David Ignatus, intervistato da Paolo Valentino sul Corriere, secondo cui l'Iran interebbe fermarsi "a un passo dalla costruzione della bomba" per provocare una revisione strategica senza suscitare troppe reazioni ostili. Peraltro la voce che gli ayatollah dispongano già oggi di un paio di bombe atomiche continua a circolare.
Nel frattempo Obama, ricevendo Abu Mazen, ha definito "intollerabile" la situazione in Medio Oriente e gli ha staccato un assegno di 400 milioni di dollari (Paolo Valentino sul Corriere, Lee Bricchi su Avvenire). Numerosi giornali danno notizia della decisione israeliana di consentire l'importazione a Gaza di un certo numero di merci ritenute prima pericolose (Il Giornale, Antonio Spampinato su Libero. Fra le analisi, da leggere anche quella di Barry Rubin, intervistato da Antonio Picasso su Liberal, che richiama il pericolo di un ministato islamista sul Mediterraneo, come diventerebbe Gaza "libera" e spiega così l'atteggiamento egiziano. Per capire la complessita delle vicende politiche (o in questo caso, politico-criminali) del mondo arabo, è interessante l'articolo di Carlo Panella sul Foglio a proposito della catena di omicidi fra alti gradi militari e dei servizi segreti in Siria.
Venendo alla cronaca italiana, c'è un piccolo giallo sul discorso del ministro Frattini in parlamento sugli incidenti della flottiglia. Sembra che certe dichiarazioni coraggiose che compaiono sul testo scritto, dove per esempio si afferma che i manifestanti avevano provocato consapevolmente gli incidenti, non siano state pronunciate effettivamente dal ministro e siano poi state smentite (Nigro su Repubblica Matteo Muzio sul Secolo XIX e altri giornali). Da notare la notizia del Corriere (a firma di Francesco Battistini) per cui il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha fatto visita ai marinai israeliani feriti durante l'ispezione alla nave turca e li ha invitati a venire in convalescenza in Italia. Da leggere l'articolo di Toni Capuozzo sul Foglio, che ricostruisce di nuovo ma in maniera non banale la vicenda della flottiglia, chiedendosi per esempio che cosa ci facevano 800 attivisti sulle navi, se lo scopo era di portare solo dei rifornimenti a Gaza?
Un tema che inizia a venir fuori nella riflessione è quello della "guerra mediatica contro Israele" (David Rosemberg sul Wall Street Journal). Un esempio delle conseguenze di questa semina d'odio è l'esclusione della delegazione israeliana al Gay Pride di Madrid (Jesurum sul Corriere, editoriale del Foglio), tanto più grave in quanto Israele è un'isola di tolleranza e libertà per i gay, perseguitati in tutto il mondo islamico. L'intervento più importante su questo tema è la riflessione di Alessandro Schwed sul Foglio, intitolata "tornatevene ad Auschwitz" dalla risposta che qualcuno dell'equipaggio della flottiglia ha dato per radio all'intimazione della marina israeliana a fermarsi: un testo profondo e emozionante, da non perdere.
Fra le notizie "curiose" o comunque da meditare vi è la decisione di Yahoo di fornire all'Iphone due diverse previsioni del tempo per "Al Quds" e "Yerushalaim", naturalmente identiche, ma divise come se si trattasse di due città diverse (notizia firmata F. Bat. sul Corriere) e l'altra pubblicata su Avvenire per cui è in preparazione a "Bolliwood" il primo film indiano su Hitler. Sembra che sia proprio il momento degli antisemiti.

Ugo Volli

 
 
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Lieberman, nessuno stop al blocco di Gaza                             senza visite a Shalit
Tel Aviv, 10 giu -
Il minstro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman in una nota scritta ha oggi precisato che una revoca del blocco imposto da Israele (e dall'Egitto) alla Striscia di Gaza non potrà essere neppure discussa fino a quando Hamas, la fazione islamico radicale palestinese al potere nell'enclave, non consentirà "visite regolari" della Croce Rossa al militare israeliano Ghilad Shalit, prigioniero dal 2006.
 
 
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