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    17 giugno 2010 - 5 Tamuz 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  alfonso arbib Alfonso
Arbib,

rabbino capo
di Milano
La parola règhesh in ebraico ha due significati: significa emozione, sentimento ma anche sensibilità. Secondo un grande Maestro contemporaneo, rav Shlomo Wolbe, molto spesso, si sopravvaluta l'importanza delle emozioni e dei sentimenti che sono perlopiù momentanei e si sottovaluta l'importanza della sensibilità. La sensibilità è ciò che permette di percepire in maniera quasi istintiva ciò che è importante e fondamentale. Questo tipo di sensibilità ha fatto sì che per secoli gli ebrei indipendentemente dalla loro vicinanza all'osservanza delle mitzvòt, sentissero come vitale la costruzione di una famiglia ebraica. Nelle ultime generazioni questo tipo di sensibilità si è molto affievolito ed è assolutamente fondamentale recuperarla.
Questa settimana, a un simposio internazionale a Gerusalemme, ci siamo interrogati su "Chi è sefardita?", anzi "Chi è un Ebreo orientale?" In tempi di politica internazionale dura, e a volte di vera aggressione mediatica, può essere salutare cambiare marcia per un momento e guardare a noi stessi un po' dall'interno. Non che le domande siano ingenue, o le risposte semplici. Lo stesso concetto di Oriente e Occidente non ha una relazione precisa con la geografia, ma rappresenta piuttosto un immaginario mondo gerarchico in cui il cosiddetto Occidente sta effettivamente a nord, e il cosiddetto Oriente sta a sud di una virtuale linea Tangeri-Astrakhan. L'ostilità dell'ambiente e le molte migrazioni internazionali hanno quasi completamente svuotato le terre islamiche della loro presenza ebraica sefardita, Nordafricana e Mediorientale. Queste comunità si sono quasi interamente trasferite e ricostituite in Israele, in Europa, in America del Nord e del Sud. Qui convivono, competono, e in buona parte si sono fuse con comunità ebraiche di altre provenienze. In Israele esiste ancora un rabbinato sefardita e uno ashkenazita. Nella cittadina di Emanuel, una scuola molto religiosa ha tentato di separare le alunne sefardite da quelle ashkenazite. La Corte suprema ha dichiarato illegale questa divisione. Ne sono nate subito pubbliche dimostrazioni di protesta da parte dei genitori ashkenaziti che vogliono tenere alla larga le ragazzine sefardite. Il Partito religioso Shas (sigla di Osservanti sefarditi) sta studiando se unirsi a queste proteste - a sostegno dei genitori ashkenaziti! Politica delle identità. Certo, dall'interno, le identità di gruppo divengono sempre più complesse, multiple, soggettive, transnazionali; dall'esterno, sono spesso frutto di giudizi e pregiudizi a priori - senza possedere più quell'oggettività storica, sociologica o geografica che avevano in passato.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme

sergio della pergola  
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  Qui Milano - Jarach: “Dopo le polemiche serve un confronto
sui valori autentici della via italiana all'ebraismo”

jarachDavar.jpgSorpresa e amarezza, ma anche l'auspicio di un dibattito approfondito “sui veri valori della via italiana all'ebraismo”, sono state espresse dal Presidente della Comunità di Milano Roberto Jarach riguardo ai commenti sulle dichiarazioni da lui rilasciate al quotidiano La Stampa e pubblicate lo scorso sabato. In una nota diffusa ieri in serata, il responsabile della seconda Comunità ebraica italiana si sofferma in particolare su uno specifico punto fra i tanti evocati nell'articolo, quello dei matrimoni misti.
“Sono rimasto sorpreso e amareggiato - si legge nel documento - dall'eco che qualcuno ha voluto dare a una mia frase riportata fuori dal contesto specifico dell'intervista rilasciata al giornale La Stampa, pubblicata sabato 12 giugno. Lungi dal voler rappresentare in alcun modo una mia visione sul complesso e ben più ampio tema dei matrimoni misti e del delicato tema delle conversioni a essi collegato, quella mia affermazione andrebbe letta con riferimento ai gravi problemi demografici che vedono oggettivamente tutte le comunità del mondo dibattersi con il calo degli iscritti”. “Il ragionamento, puramente statistico, evidenziava come la non soluzione del tema del recupero dei figli dei matrimoni misti porta inesorabilmente al calo di iscritti, unito per di più ai flussi migratori storici o contingenti per le situazioni economiche locali. Posso comprendere che la frase in sé, isolata da altri elementi del discorso, come spesso purtroppo avviene nei media, possa aver creato dubbi sul suo reale significato, quello che faccio molta più fatica a comprendere è perché una esigenza di chiarimenti abbia potuto trasformarsi in un così violento attacco alla mia persona e al Consiglio che ho l'onore di presiedere. Spero che possa ora possa nascere un risvolto positivo da questo incidente, con l'apertura di un dibattito approfondito sui veri valori di quella 'via italiana all'ebraismo' invocata da alcuni, a garanzia della sopravvivenza delle nostre Comunità negli anni a venire”. 


L'emergenza povertà in Israele

RabelloLa nuova rivista Emòr (che si pubblica in italiano e inglese) "si impegna a dedicare una costante attenzione a problematiche di carattere umanitario e sociale inerenti sia 'am Israel che altre identità" (secondo le parole della sua redattrice Rosa Banin di Milano). È un impegno particolarmente importante per ognuno di noi, è un invito a non chiuderci in noi stessi, nella nostra carriera, intenti a soddisfare solo i nostri bisogni, ma anzi a guardarci intorno per vedere se possiamo essere di aiuto a qualcuno e allora potremo scoprire facilmente, per esempio, che vi sono "oltre un milione e mezzo di cittadini poveri in Israele" e che "famiglie numerose, anziani e bambini (sono) le categorie più fragili". Scopriremo così che in questo nostro desiderio di dare (latet secondo il nome di una delle organizzazioni filantropiche) non siamo soli, ma che vi sono varie organizzazioni che si propongono di aiutare.
Per esempio l'organizzazione Yad Ezra veShulamit è stata fondata soprattutto per assistere "orfani, vedove, madri single, famiglie numerose, tutti accomunati da gravi difficoltà finanziarie"; con la collaborazione di centinaia di volontari vengono distribuite a Jerushalaim e in altre città pacchi di cibo e vengono gestite mense pubbliche nelle quali "un migliaio fra donne, uomini e bambini possono ricevere il loro unico pasto caldo della giornata". Questa parte di Emòr si chiude con una Postfazione di Maurizio Picciotto sulla Mitzvà della Zedakà e i suoi otto livelli come descritti dal Maimonide.
Specialmente nei nostri momenti di tristezza, di senso di solitudine potremo trovare conforto nell'aiutare chi ha bisogno del nostro aiuto (per esempio all'indirizzo www.yadezra.net). Si legge nei Racconti Chassidici sulla Torà raccolti dal  Rav Zevin (Gerusalemme, 1956): "Raccontano i Chassidim che un rabbino si recò un giorno dal giusto Rabbi Avraham di Satritin:  'Ho sentito dire che sua eccellenza ha la possibilità di dare un rimedio che permetta di conquistare il timore di D-o'. Gli rispose il giusto: 'Per il timor di D-o non ho alcun rimedio; posseggo un rimedio solo per l'amor di D-o'. Gli disse il rabbino: 'Oh, di questo ho ancor più bisogno; l'amore di D-o è più importante del timore di D-o.; dammi subito, ti prego, questo rimedio'. Gli rispose il giusto: 'Il gran rimedio per arrivare all'amore di D-o è amare il prossimo; chi ha il cuore pervaso dall'amore per Israele, può arrivare facilmente ad ottenere l'amore di D-o...".

Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme

 
 
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  Leadership

rav di segniNella lettura di questo Shabbat un incidente apparentemente piccolo chiude le porte della terra promessa a Mosè. Mancava l'acqua, gli viene chiesto di parlare alla roccia, lui invece la percuote con un bastone come aveva fatto 40 anni prima. Tra tutte le spiegazioni sulla apparente sproporzione tra colpa e punizione, ne risalta una riproposta da rav Sachs: ogni leadership è adatta per un certo periodo di tempo, quando cambia la gente deve cambiare anche la leadership. Il linguaggio del bastone, usato all'uscita dall'Egitto non andava più bene con la nuova generazione, era necessaria la parola. E questo evidentemente Mosè non lo aveva capito. Ma Mosè non è solo leader a tempo determinato, è anche e soprattutto maestro. Leader per 40 anni, maestro per millenni. Per questo lo chiamiamo Moshè rabbenu.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma


Le reazioni

tizio della seraNon ha suscitato reazioni che Aryeh Leib Misinzov, ebreo venticinquenne del movimento Chabad, sia stato rapito a Kiev il 20 aprile, giorno del compleanno di Hitler. Da giorni, non suscita reazioni la notizia del ritrovamento in dieci pezzi del suo corpo, e in una sempre più lunga catena di silenzio non sta suscitando reazioni che non vi siano reazioni. Un silenzio antico circonda la morte ebraica.

Il Tizio della Sera

 
 
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Con Ankara abbiamo perso un alleato importante
[…] La Turchia è entrata nella Nato nel 1952 e in questi anni ha lavorato per diventare un membro effettivo dell'Unione Europea, obiettivo che non è venuto meno con l'arrivo di Erdogan al potere. In questo ambito il governo turco ha portato avanti numerose riforme e in questo contesto ha sviluppato legami profondi, sia di tipo economico che militare, con Israele. Così la Turchia ha giocato le proprie carte in Medio Oriente, ha potuto per esempio contenere la vicina Siria e farsi consegnare il leader del Pkk Abdullah Òcalan. La speranza di ricevere finalmente la cittadinanza europea è diffusa fra la gente per le strade di Istanbul, ma si avverte anche la frustrazione per quello che di fatto è visto come il continuo rifiuto da parte dell'Europa nei confronti dei turchi. La Turchia sembra aver iniziato ad alzare la voce e a voler far capire quanto pesi. Erdogan ha iniziato a dare segnali: le critiche a Israele, le provocazioni, ma anche un progressivo avvicinamento all'Iran. All'Onu Ankara si è appena opposta all'aumento delle sanzioni a Teheran per il nucleare. Forse siamo a un punto di non ritorno.
Yasha Reibman, Tempi, 17 giugno 2010

Radici lontane per la Shoah
Le parole che usiamo per definire l'ostilità antiebraica sono nate tardi, assai più tardi del fenomeno che intendono descrivere. È solo in tempi assai recenti che appaiono sia il termine «antigiudaismo», con cui designiamo oggi un'opposizione nei confronti degli ebrei caratterizzata in senso religioso e diretta in particolar modo contro l'ebraismo post-biblico, sia quello di «antisemitismo», con cui designiamo un'ostilità antiebraica a carattere prevalentemente razziale, «Antisemitismo», infatti, è un termine che si afferma nel linguaggio comune soltanto nel 1879, dopo essere stato usato dal giornalista tedesco W. Marr nel corso di una violenta campagna giornalistica contro gli ebrei. Quanto ad «antigiudaismo», che descrive un fenomeno assai più antico, è termine ancora più recente che appartiene, nella sua forma sostantivata, alla seconda metà del XX secolo, anche se è coniato sul più antico aggettivo «antigiudaico» e sulla tradizione, affermatasi già nella prima età patristica, degli scritti contra Iudaeos. In realtà, fino a che la teologia cristiana aveva considerato naturale considerare gli ebrei come il simbolo dell'errore e accettarne la presenza nella società cristiana solo entro uno statuto di inferiorità, l'ostilità verso di loro non aveva avuto bisogno di un nome. L'insegnamento del disprezzo verso gli ebrei era una parte fondamentale dell'insegnamento religioso, quello che individuava l'errore per esaltare la verità del cristo. [...]
Anna Foa, Avvenire, 17 giugno 2010

Israele-Palestina ultima chiamata per gli Stati Uniti
Lo scenario israelo-palestinese nelle ultime settimane è decisamente cambiato. Forse qualcuno sosterrà che la questione delle navi non modifica sostanzialmente il quadro: da una parte la persistenza di un blocco che appare a molti come un sopruso, dall'altro un confronto politico non solo tra israeliani e palestinesi, ma anche fra palestinesi che ormai è in stallo da almeno cinque anni, ovvero dal momento in cui la striscia di Gaza, nell'estate 2005, fu abbandonata dai coloni israeliani per divenire l'enclave di Hamas, prima nei fatti e poi sancito dai risultati delle elezioni del gennaio 2006. Apparentemente l'unica novità su cui molti hanno concentrato l'attenzione è l'atteggimento della Turchia. E tutto vero nei dati, ma non è più sostanzialmente vero nei fatti, a cominciare dal blocco intorno a Gaza: ancora operante ma sempre meno sostenibile. In ogni caso una politica che puntasse esclusivamente al suo mantenimento senza proporre una soluzione complessiva è destinata alla sconfitta. Comunque dopo i 9 morti della Mavi Marmara al di là di chi ci fosse su quella nave - quel blocco non è sostenibile. In Medio Oriente, la geopolitica è in movimento. Non è detto che ne esca un quadro più governabile. Quando una situazione, in stallo per anni si rimette in moto sono in vista nuovi equilibri: o un compromesso che dia, almeno sui punti nodali, reciproca soddisfazione ai contendenti e dunque sia anche il risultato di una mediazione (il che implica qualcuno che sia in grado di funzionare da mediatore) o la sconfitta secca di uno dei due contendenti, forse di entrambi? [...]
David Bidussa, il Secolo XIX, 17 giugno 2010

Se Gaza può esportare
“Qui a Gaza abbiamo numerose qualità di generi alimentari, possiamo anche esportarli negli Stati Uniti a prezzi simbolici. Non vogliamo la maionese di Obama, non vogliamo l'elemosina”. Barack Obama farebbe bene a prendere nota di queste parole di scherno di un leader di Hamas, e prima di dichiarare che a Gaza la situazione è insostenibile (e prima di inviare grandi container di maionese) dovrebbe parlare con Bassam Naim, che conosce la situazione alimentare e sanitaria della Striscia perché è il responsabile della Sanità. Altrettanto dovrebbe fare Lady Ashton, capa della diplomazia europea, che considera inaccettabile che Israele tenga chiusi i valichi di Gaza (dimenticando che i principali valichi sono tenuti chiusi dall'Egitto, con l'appoggio peraltro dell'Unione europea). Così dovrebbero fare anche i media che continuano a dipingere Gaza come un lager in cui si muore di fame e di mancanza di cure. [...]
Il Foglio, 17 giugno 2010

Le sanzioni costano, la Bomba di più
Al Consiglio europeo di oggi, dedicato alla crisi del debito e ai guai finanziari della Spagna, i leader dell'Ue adotteranno un pacchetto di sanzioni supplementari contro il programma nucleare della Repubblica islamica, più forti di quelle del Consiglio di sicurezza dell'Onu. In una rara prova di determinazione, l'Europa è pronta a mettere in discussione i propri interessi economici: le sanzioni unilaterali dell'Ue prenderanno di mira i settori chiave dell'industria del gas e del petrolio con il divieto di nuovi investimenti, assistenza tecnica e trasferimenti di tecnologie , è riportato in una bozza anticipata dalla Reuters. Germania, Italia, Francia, Spagna e Austria impediranno alle loro società energetiche di fare nuovi affari con il regime di Teheran.
Il Foglio, 17 giugno 2010

Gerusalemme protesta: 
«L'Italia non ci invita al Forum Mediterraneo»

Non si sono mai amati .Ma non s'erano ancora detestati. Finora, almeno: i Craxi sulla poltrona di viceministro degli Esteri, prima Bobo con Prodi e poi Stefania con Berlusconi, a Gerusalemme sono sempre stati degli osservati speciali. Per la storia di quel nome, che nella Palestina di Arafat ha significato molto. Ieri, prima volta, dagli israeliani è partito un siluro. Diretto al Forum dei Paesi del Mediterraneo, in programma a Milano, e a chi lo sta organizzando: «Il boicottaggio contro Israele si sta espandendo - ha scritto Yedioth Ahronot, il quotidiano più diffuso - . E comincia a influenzare anche Paesi considerati amici...». Nel mirino c'è l'amico Berlusconi: «Esponenti del governo italiano hanno ceduto alle pressioni dei Paesi arabi e deciso di non invitare Israele alla conferenza, in luglio, nonostante Israele sia membro di questo forum. La decisione ha fatto profondamente infuriare gli israeliani, che stanno  facendo pressioni sull'Italia perché torni sulla sua strana decisione...». Segue (triplo) nome e cognome del sottosegretario italiano che ha sponsorizzato l'evento e avrebbe voluto l'esclusione: Stefania Gabriella Anastasia Craxi. [...]
F.Bat., il Corriere della Sera, 17 giugno 2010
 

 
 
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Israele allenta il blocco di Gaza, Frattini soddisfatto                      
Gerusalemme, 17 giu -
Approvato alleggerimento del blocco verso Gaza. Lo ha deciso oggi il gabinetto israeliano per la sicurezza. A Gaza, è stato deciso, sarà facilitato l'ingresso di beni a uso civile e di materiali per progetti civili. Resterà in vigore il blocca navale, con le misure per prevenire l'ingresso di armi e di mezzi paramilitari. Nello stesso comunicato in cui Israele annuncia l'iniziativa il Governo ha affermato anche che "si aspetta che la comunità internazionale, dal canto suo, agisca per l'immediata liberazione del soldato Ghilad Shalit", il soldato israeliano rapito da Hamas nel giugno del 2006. Dall'Italia il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha espresso  la sua soddisfazione per l'allentamento del blocco. "Tenere Gaza bloccata - ha spiegato il ministro - vuol dire dare ad Hamas le chiavi del destino di Gaza, ma significa anche non aiutare Abu Mazen e soprattutto mettere in difficoltà la comunità internazionale". Frattini ha quindi ringraziato per "l'impegno continuo" il portavoce del quartetto, Tony Blair, l'inviato degli Usa per il Medio Oriente, George Mitchell e il rappresentate degli esteri dell'Ue, Catherine Ashton. "L'Europa e gli Usa - ha concluso - ancora una volta hanno detto la stessa cosa insieme e Israele ha capito".  

 
 
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