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L'Unione informa
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24 giugno 2010 - 12 Tamuz 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma |
Un Beth
Din, tribunale rabbinico, unico per tutta l'Italia. E' una delle
richieste più condivise in questo periodo di revisione
dell'organizzazione ebraica in Italia. Servirebbe finalmente a mettere
ordine in questioni controverse. Il Beth Din si occupa di diritto
matrimoniale, di litigi ma soprattutto di conversioni, vero punto
dolente. Bisogna trovare un criterio unico, si dice, così si fa anche
in tutti gli altri paesi, dove di Beth Din ce 'è uno solo, si aggiunge.
Quindi perché dovremmo rimanere indietro noi? Il fatto è che non è vero
che ogni nazione ha un suo unico Beth Din. In Francia, collegati al
Concistoire, ci sono quelli ufficiali di Parigi, Lione, Strasburgo, più
altri indipendenti. Nel Regno Unito c'è quello di Londra delle United
Synagogues, quello Sefardita di Londra, quello di Manchester, quello
della Federation, più quelli di organizzazioni autonome charedì. Solo
ad Amsterdam ne funzionano almeno due. In Svizzera ce ne sono diversi.
Non parliamo degli Stati Uniti. Solo in Germania ce n'è uno solo,
mobile, composto da due giudici mandati dal rabbinato d'Israele cui si
associa di volta in volta il rabbino della Comunità; ma la storia
recente dell'ebraismo tedesco è un caso a parte. Insomma che senso ha
chiedere un unico Bet Din "come fanno tutti gli altri"? Non si potrebbe
essere più sinceri e chiedere semplicemente e direttamente quello che
si vuole in realtà (procedure facili e una corte controllabile)?. |
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Qualcuno
ha detto che nella nostra epoca prevedere il futuro è impossibile.
Probabilmente sì è sbagliato. Molte e importanti sono le tendenze che
operano nel lungo periodo, sono agevolmente prevedibili, dettano
lezioni che è bene apprendere, metabolizzare, applicare. È vero,
altrettanto importanti sono gli eventi inattesi che modificano a volte
profondamente le realtà. In questi casi bisogna essere pronti a reagire
con nuovi strumenti di fronte alle situazioni che non erano state
previste. A volte sono le lezioni del passato che possono aiutare a
trovare queste nuove piste, a volte anche queste lezioni vanno
aggiornate. Ne discende che del passato bisogna conoscere bene e
conservare sia i momenti di continuità sia i momenti di discontinuità.
Continuare a essere ciò che si è stati finora, o dimenticare ciò che si
è stati finora, non ci garantisce che saremo ancora qualcosa domani.
Dovremmo pensarci.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme
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Libertà per Gilad - Un
invito, un atto concreto, poche parole
Un
invito, un atto concreto, poche parole.
Un invito. Questa notte a Roma sotto il Colosseo, assieme al presidente
dell'Unione giovani ebrei italiani Giuseppe Massimo Piperno, al
presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, al sindaco
Alemanno e ai parlamentari, leader comunitari, rappresentanti delle
associazioni civili e comuni cittadini che hanno voluto questa
manifestazione e regalano a tutti noi, ebrei e non ebrei, a prescindere
dalle differenze che ci contraddistinguono, una formidabile occasione
per stare assieme. Questa notte a Milano, sotto il Castello sforzesco
assieme al presidente della Comunità Roberto Jarach e al sindaco
Moratti. Questa notte a Torino sotto la Mole con il presidente della
Comunità ebraica Tullio Levi e il sindaco Chiamparino. Questa notte a
Gerusalemme, assieme al presidente della Camera Gianfranco Fini e al
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
in missione in Israele. Tutti insieme, tutti uniti, per frantumare il
buio della prigionia di Gilad Shalit.
Un atto concreto. Con il dossier che tutti i lettori trovano qui in allegato, la
redazione del Portale dell'ebraismo italiano offre una ricostruzione
meticolosa di questi quattro anni di prigionia e di sofferenza imposta
da infami criminali che ostacolano con ogni mezzo il progresso della
pace in Medio oriente.
E poche parole, perché altre non crediamo necessarie: Libertà per Gilad
Shalit.
Libertà per Gilad - Anche Torino
rompe gli indugi
La sera di San Giovanni, il 24 giugno, i torinesi si radunano nelle vie
del centro per festeggiare la festività cittadina. La città si appresta
ad allestire il consueto spettacolo di fuochi d'artificio, ma con una
variazione sul programma: dalle 22 alle 22.15 si spegneranno le
luminarie della Mole antonelliana, monumento simbolo della città,
originariamente progettata per diventare una sinagoga. Il comune di
Torino ha aderito alle iniziative a favore di Gilad Shalit intraprese
dalle città di Roma e Milano insieme alle rispettive Comunità ebraiche.
Questa sera, quando le luci del Colosseo e del Castello Sforzesco si
spegneranno per riportare alla memoria dei cittadini le sorti del
giovane soldato israeliano ostaggio di Hamas, anche la Mole
antonelliana rimarrà al buio. La Comunità ebraica torinese aveva
sollecitato il Consiglio comunale e il suo presidente Beppe Castronovo
affinché il capoluogo piemontese si aggiungesse a quelli lombardo e
laziale nel commemorare, in occasione del suo quarto anniversario, il
rapimento di Shalit e nel sensibilizzare la propria cittadinanza a
questa dolorosa vicenda. Le istituzioni comunali, che inizialmente
avevano preferito non interrompere il regolare svolgimento dei
festeggiamenti cittadini, ieri hanno cambiato idea, anche grazie alle
insistenze della Comunità ebraica. “Aderiamo alla richiesta della
Comunità ebraica di Torino di spegnere per quindici minuti
l’illuminazione della Mole Antonelliana - hanno dichiarato il primo
cittadino Sergio Chiamparino e il presidente del Consiglio comunale
Beppe Castronovo - nella serata del 24 giugno, per richiamare
l’attenzione sulla detenzione del caporale israeliano Gilad Shalit”.
“Con l’adesione a questa richiesta - ha precisato Chiamparino - giunta
in un momento di particolare tensione per i noti fatti delle Freedom
Flottilla con l’uccisione di 14 persone che tentavano di portare aiuti
umanitari a Gaza, la Città vuole altresì richiamare l’attenzione sulla
grave situazione in medio Oriente auspicando una rapida ripresa del
processo di pace”.
Dopo Roma e Milano, dunque, anche Torino vuole dimostrare la sua
vicinanza e solidarietà verso Gilad e la sua famiglia. “Avevamo fatto
richiesta” spiega Tullio Levi, presidente della Comunità ebraica
torinese “perché le luci della Mole venissero spente oppure di
accendere i fuochi di San Giovanni con alcuni minuti di ritardo”. Oggi
infatti la città festeggia il suo patrono con i tradizionali fuochi
d’artificio. “Il momento giusto” continua Levi “per focalizzare
l’attenzione delle persone sulla prigionia di Shalit”. Inizialmente,
però, il comune aveva risposto picche a causa delle forti tensioni
scaturite dallo scontro fra gli attivisti della Freedom Flotilla e
l’esercito israeliano. “Le due cose però - sottolinea il presidente -
vanno necessariamente tenute distinte e grazie all’impegno della
Comunità, in particolare del vicepresidente Edoardo Segre,
l’amministrazione ha deciso di tornare sui suoi passi".
Accanto alle manifestazioni ufficiali sarà organizzato anche un corteo
convocato dal gruppo Amici di Gilad Shalit, il cui promotore principale
è il consigliere della comunità di Torino Emanuel Segre Amar.
L'iniziativa, spontanea, è sorta originariamente in polemica con la
città di Torino per il suo iniziale rifiuto: si sussurrava che proprio
i recenti fatti di Gaza avessero determinato il responso negativo delle
istituzioni torinesi. Gli amici di Shalit, riconciliatisi con la
cittadinanza, sfileranno questa sera lungo il fiume Po, in direzione di
piazza Vittorio Veneto, centro nevralgico della movida torinese e della
festa di San Giovanni. Il ritrovo è previsto per le 20.30 in corso
Cairoli angolo via Dei Mille.
“Partecipare alle iniziative a favore della liberazione di Gilad Shalit
- ha commentato il rav Alberto Moshe Somekh - equivale a prendere parte
alla mitzwah del riscatto del prigioniero”.
Manuel
Disegni e Daniel Reichel
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pilpul |
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Esteri
Israele
sta schierando una flotta di sottomarini nucleari al largo dell'Iran.
La notizia è apparsa sul Manifesto in esclusiva mondiale. Dice, che un
loro inviato al bar di fronte alla redazione avrebbe sentito con
estrema chiarezza una prima ammissione da parte di Amilcare l'Avaro,
l'ebreo calvo e senza orecchi che sta alla macchina del caffè e prende
solo ordinazioni scritte. Dice, che lui dei sottomarini l'ha sentito
tipo due giorni fa da Elan, il cliente tunisino sefardita che prende
sempre il cappuccino col cacao, lo zenzero e i capperi e poi corre in
bagno. Dice che Elan, che può darsi che sia la donna barbuta dell'Eur,
l'abbia saputo da un conduttore della metro che si chiama Vanni e il
lunedì sera va a pescare con lui sotto ponte Milvio. Dice, che mentre
Vanni tirava su una yiddish-tinca gli ha confidato che quando lui passa
col vagone sotto piazza Risorgimento approfitta dell'antenna di Radio
Vaticana per sentire sino a via Cicerone le telefonate di un certo
Isacco Abramoni che fa il pasticcere e di secondo lavoro il pantalonaio
cosher. Dice, che mentre questo zaccheo sionista gran figlio di Davide
finge di rammendare, collabora a tutto shofar con lo spionaggio
israeliano e fa i giri delle ambasciate arabe dalla mattina alla sera
per portare le bombe con la scusa che sono alla crema. Dice.
Il
Tizio della Sera
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rassegna stampa |
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Quattro anni fa, nella
notte fra il 24 e il 25 giugno 2006, una postazione dell'esercito
israeliano nelle vicinanze della striscia di Gaza, ma ben dentro il
territorio israeliano fu assalita d'improvviso da terroristi di Hamas
sbucati da un tunnel. I terroristi furono respinti al prezzo della
morte di due militari e del rapimento di un soldato di leva, Gilad
Shalit, che fu sequestrato e nascosto da Hamas non secondo una logica
militare, ma come pedina di scambio per ottenere la liberazione di
terroristi palestinesi catturati e condannati al carcere da tribunali
regolari. Sbaglia dunque chi parla di "scambio di prigionieri": si
tratta del tentativo di ottenere il rilascio di condannati rapendo una
persona cui non si attribuisce nessuna responsabilità personale. Da
questo punto di vista anche il paragone con il rapimento di Aldo Moro è
improprio, perché le Brigate Rosse attribuivano a Moro delle
responsabilità personali e politiche che Hamas non ha mai neppure
provato ad addossare a Shalit. Si tratta di una situazione del tutto
illegale: ancora ieri i terroristi hanno per l'ennesima volta rifiutato
di far visitare il giovane israeliano alla Croce Rossa, come sarebbe
d'obbligo se fosse un prigioniero di guerra, a norma delle convenzioni
di Ginevra (Il Riformista); in cambio hanno
fatto trapelare che il giovane guarda i mondiali alla televisione e -
tanto per variare sul suo stato d'animo, "si è molto addolorato" per la
sconfitta della Francia (Giorno-Carlino-Nazione). In tutto
il mondo la condizione di Shalit suscita sdegno e solidarietà; in
Italia i giovani del Bené Berit e la Comunità di Roma hanno ottenuto
una forte solidarietà dal Comune, che spegnerà le luci del Colosseo (la
manifestazione è stasera alle 21.30: Giornale Roma, Il Foglio) Lo stesso è accaduto a
Milano, dove il Comune spegnerà le luci del Castello Sforzesco
(manifestazione alle 21.15). Ci saranno manifestazioni anche altrove,
per esempio a Torino, dove il Comune ha opposto resistenza alla
richiesta di un gesto analogo da parte della comunità locale. La
responsabilità a quanto pare è di alcuni elementi di ultrasinistra che
appoggiano la giunta del sindaco Chiamparino. Se si vuole vedere il
punto di vicinanza morale al terrorismo cui può arrivare l'ideologia
comunista su questo tema, una lettura del breve e ributtante pezzo del Manifesto di oggi è opportuna.
Un altro tema presente sulla rassegna oggi è la visita di Fini a
Gerusalemme: accolto amichevolmente, il presidente della Camera dei
deputati ha avuto una serie di incontri con i politici locali
(redazione del Foglio, Claudia Terracina sul Messaggero). Da notare una breve
notizia sulla Padania, in cui il deputato
Polledri rivendica la presenza della Lega nella delegazione del
Parlamento italiano. Sia la posizione di Fini che la rivendicazione di
Polledri vanno letti ovviamente come gesti di solidarietà preziosi in
questo momento difficile. A questo proposito, colpisce sfavorevolmente
la rivendicazione, non solo ad opera della figlia Stefania ma anche del
ministro Frattini, dell'operato di Craxi quando 25 anni fa a Sigonella
decise di non consegnare i terroristi assassini della nave "Achille
Lauro" alla giustizia americana; è avvenuto ieri durante la
presentazione di un libro alla Farnesina (Il Corriere). L'idea che un po' di
complicità col terrorismo possa "fare grande" l'Italia nel mondo arabo
è purtroppo una tentazione che alberga ancora nel nostro Ministero
degli Esteri.
Ugo
Volli
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notizieflash
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Fini in Israele: “Hamas è un'organizzazione
terroristica”
Gerusalemme,
24 giu -
“Chi ha rapito
Gilad Shalit non può essere considerato un combattente perché ciò che
gli è stato imposto viola le convenzioni internazionali e i diritti
della persona umana. Il fatto che nessuno lo ha potuto visitare è la
riprova che chi lo ha rapito non è un resistente, non è un combattente,
ma va considerato per quello che è: cioè un terrorista". Queste le
parole del presidente della Camera, Gianfranco Fini, in missione in
Israele assieme al presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna, pronunciate durante un incontro con
la Comunità ebraica di origine italiana, dove ha affermato
anche di ritenere "positivo e bello che Roma sia in prima fila nel
ricordare il dramma di Shalit, ormai da quattro anni nelle mani di
Hamas".
Fini in Israele: "Sono
preoccupato per la situazione di stallo
nei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi"
Gerusalemme,
23 giu -
La
pace fra israeliani e palestinesi "appare oggi un obiettivo più
lontano". Questa la considerazione del presidente della Camera
Gianfranco Fini, in Israele assieme al presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna. Fini si è anche detto
"preoccupato" della situazione, lo ha riferito a margine dei
colloqui con i vertici politici israeliani. La
situazione di stallo nei negoziati sarebbe riconducibile, secondo il
presidente della Camera, anche al fallimento della mediazione avviata a
suo tempo
dall'Egitto per "sanare le divisioni" interne al campo palestinese, fra
l'Anp del presidente moderato Abu Mazen (Mahmud Abbas) e gli
islamico-radicali di Hamas, al potere nella Striscia di Gaza. Un
insuccesso che pone Abu Mazen in condizione di "oggettiva debolezza",
ha notato Fini, pur ribadendo il ruolo del presidente dell'Anp quale
interlocutore necessario del negoziato.
Netanyahu ad Abu Mazen:
"Accetti negoziati diretti,
solo così potremo risolvere i nostri conflitti"
Gerusalemme,
23 giu -
"Non c'è da parte dell'Autorità palestinese la volontà di entrare in
colloqui di pace diretti e io esorto di nuovo Abu Mazen a entrare in
negoziati diretti perché non c'è altro modo per risolvere il conflitto
tra di noi", con queste parole il premier israeliano Benjamin Netanyahu
ha invitato il leader dell'Autorità palestinese a riprendere i
negoziati di pace. E ancora: "Come possiamo aspettarci una coesistenza
pacifica se essi (i palestinesi) non sono nemmeno disposti a entrare
con noi nella stessa stanza?". Netanyahu si è anche espresso, nel corso
di un dibattito alla Knesset sull'isolamento internazionale di Israele
affermando che contro lo Stato israeliano "sono in corso attacchi che
intendono minare la legittimità della sua stessa esistenza" e negargli
il diritto fondamentale alla difesa, riconosciuto invece agli altri
stati. "Noi sappiamo - ha detto - che questi attacchi sono contro la
nostra stessa esistenza perché sentiamo lapsus linguae che ci dicono di
tornare in Polonia e in Marocco ...". Per il premier questi attacchi
sono una conseguenza "dell'allacciamento dell'Islam estremista alla
sinistra radicale in Europa ... E' una strana alleanza che crede che si
debba demolire lo stato di Israele".
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per
concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross.
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