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L'Unione informa |
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8 luglio 2010 - 26 Tamuz 5770 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
Siamo
nel periodo di Ben Hametzarìm che va dal 17 di Tammùz, giorno in cui fu
aperta la prima breccia nelle mura di Yerushalàim, al 9 di Av, giorno
della distruzione del Tempio. Si parla spesso della necessità di
abbattere i muri, è un intento sicuramente nobile e condivisibile che
si riferisce sia ai muri psicologici che dividono le persone sia quelli
culturali o etnici. Ma come spesso accade anche questa affermazione può
avere un risvolto diverso: a volte l'abbattimento di un muro indica
l'inizio di un'invasione.
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Col
Senatore Nino Randazzo eravamo andati a cena una sera con un gruppo di
amici a Tel Aviv. Persona conviviale, isolano di Salina trasferitosi in
Australia, eletto a Palazzo Madama per la circoscrizione
Asia-Africa-Oceania-Antartide nelle liste dell'Unione nel 2006, poi
confermato nel 2008 con il PD. Avevamo parlato di tutto, aveva promesso
di impegnarsi nella soluzione di antiche questioni non risolte: le
cittadinanze tolte a molti cittadini italiani in Israele e mai
restituite, le pensioni, gli attestati di benemerenza. Nelle ultime
settimane Nino Randazzo sembra sia stato morso dalla tarantola, anzi,
punto dal pesce spada. Non passa quasi giorno senza che si esprima
polemicamente verso Israele e in particolare verso quegli Italiani che,
dopo tutto, hanno contribuito a eleggerlo al Parlamento. Randazzo ha
smesso di curare gli interessi degli Italiani all'estero. La casa
distrutta della cittadina italiana Susanna Cassuto Evron, nel kibbuz di
Sa'ad di fronte a Gaza, non lo interessa. È più sexy la grande
politica. Questa settimana a ItaliachiamaItalia ha detto: "il nostro
cuore non dovrebbe sanguinare solo per le due o tre vittime dei razzi
palestinesi" [frase francamente stupida, sdp] "ma anche per le
centinaia di vittime innocenti, molti dei quali bambini, che muoiono a
Gaza e per i milioni di profughi palestinesi che si trovano in tutto il
Medio Oriente" [purtroppo in parte vero, ma quanta demagogia, sdp].
"Appena potrò, prenderò contatto con gli italiani che vivono in Israele
e anche con le comunità palestinesi" [siamo ormai all'equivicinanza fra
gli Italiani e i Palestinesi, sdp]. "Quello che faccio è prendere
posizione contro gli atti barbarici verso i palestinesi" [il Senatore
nega di essere unilaterale, sdp]". Se il Senatore Randazzo deciderà di
visitare Israele, dove vive la più numerosa collettività italiana in
tutta l'Asia, sarà accolto con cortesia. Potrà incontrare tutti quelli
che lo hanno votato e quelli, ben più numerosi, che non lo hanno votato
né lo voteranno. |
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme |
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davar |
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Roma, Natan Sharansky incontra i giovani ebrei italiani
Natan
Sharansky, Presidente dell'Agezia ebraica per Israele è da questa
mattina in visita ufficiale a Roma dove ha incontrato il Presidente
della Camera dei deputati Gianfranco Fini e subito dopo un gruppo di
giornalisti. Nel pomeriggio vedrà i giovani ebrei italiani in un
incontro - dibattito dal titolo "Il futuro è nelle nostre mani"
e, più tardi, il ministro degli Esteri Franco Frattini. Questa sera
Sharansky, che è accompagnato dalla vicepresidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane e presidente dell'Agenzia ebraica in
Italia Claudia De Benedetti, sarà ospite d'onore di una serata
organizzata dal Keren Hayesod.
Mondiali 2010 - Tifo e memoria in un sondaggio
Doveva
essere il mondiale di Brasile e Argentina e invece la tanto bistrattata
scuola europea è tornata in auge. A contendersi la coppa saranno Olanda
e Spagna, che daranno vita a una finale inedita. Poco più di
settantadue ore e non saremo più campioni del mondo in carica. In
attesa di rimarginare la ferita sudafricana e programmare la
riconquista dello scettro, verso quale delle due squadre saranno
rivolte le simpatie degli italiani? Molti tiferanno perchè domenica
sera il cielo sia sereno: meglio farsi una bella passeggiata e non
guardare scene di esultanza altrui. E gli ebrei per quale squadra
parteggeranno? Un sondaggio pubblicato dal Jerusalem Post ci illustra
la ripartizione del tifo in Israele, paese che pur non rappresentando
la totalità degli ebrei è comunque un campione rappresentativo. Il
sondaggio è stato realizzato alla vigilia delle semifinali, quindi le
possibili scelte sono quattro (Olanda, Spagna, Germania, Uruguay), ma
dà risposte chiare anche per la finale. Il cuore degli israeliani
batterà per l’Olanda, che ottiene il 31,1% dei consensi. La Spagna ha
un buon seguito ma si attesta a un più modesto 23%. Viva gli Orange
dunque, ma se invece degli iberici fossero passati i tedeschi? Il tifo
israeliano si sarebbe letteralmente spaccato in due: la Germania
ottiene infatti un sorprendente 30.5%. Il sondaggio, i cui risultati
travalicano i confini calcistici e ci parlano del rapporto con un
passato ancora prossimo, può prestarsi a varie interpretazioni. Forse
che gli ebrei askenaziti sono riusciti a superare il trauma di nazismo
e Shoah meglio di quanto gli ebrei sefarditi abbiano fatto con le
inquisizioni e il marranesimo? as


Marrani e italiani
Nello
scorso gennaio ho partecipato all’evento annuale della Orthodox
Assembly a Gerusalemme: duecento rabbini da quaranta paesi del mondo
riuniti per dibattere i temi centrali dell’ebraismo. La prima sessione
era dedicata al tema scottante dell’avvicinamento dei lontani, che
nessun forum rabbinico si esime dal trattare oggi. Peraltro, in
apertura ci venne detto che quest’anno non si sarebbe parlato degli
strumenti e degli obbiettivi, ma si sarebbe affrontato l’argomento da
un’angolatura diversa: fino a che punto è lecito spingersi pur di
avvicinare chi si è allontanato dall’ebraismo? Ed è stato posto il
quesito: è permesso organizzare il cenone di Natale (sic!) glatt kosher
in Comunità per evitare che i membri della stessa vadano a farlo da
un’altra parte? Ebbene sì: non il veglione di Capodanno, da molti
tollerato come una ricorrenza sostanzialmente laica e mondana, ma
proprio la cena del 25 dicembre sotto… l’albero! Prima di interrogarsi
sui nuovi fronti del rabbinato ortodosso, occorre precisare che chi
presiedeva la seduta e ha lanciato la provocazione era una delle figure
più “gettonate” della leadership rabbinica modern orthodox in Israele,
noto soprattutto per il lavoro volto al recupero dei discendenti del
marranesimo. Fra i colleghi italiani presenti in sala è corsa
un’occhiata di sbigottimento. Giustamente, da noi tutto ciò che sa di
ecclesiastico è fuori discussione, “non sale sulla tavola dei Re”,
ovvero dei rabbini! Peraltro, sulle presunte analogie fra ebraismo
sefardita, iberico in particolare, ed ebraismo italiano molto ci
sarebbe da discettare. Entrambi hanno dovuto affrontare nei secoli un
difficilissimo rapporto con la religione dominante. Ma per ragioni
storiche che qui non è possibile approfondire i compromessi adottati
sono stati su questo punto opposti. I marrani di Spagna hanno
abbandonato formalmente l’identità ebraica, ma hanno conservato il
sentimento religioso. Quanto all’ebraismo italiano, invece, “Il suo
arco è rimasto saldo” (Gen. 49, 24): si è mantenuta forte l’identità
ebraica, con un formale ossequio alla Halakhah, ma si è perso quel
senso religioso che la sostiene e ne è parte integrante. Per non essere
esposto a influenze del credo dominante complice un’eventuale affinità
di linguaggio, l’ebreo italiano non solo tiene giustamente lontane
dalle sue istituzioni tutte le manifestazioni della religiosità altrui,
ma evita di affrontare apertamente il tema della sua stessa
spiritualità. Peraltro così facendo, spogliandosi cioè del proprio
“motore” ebraico, egli si apre allo svuotamento interiore e
all’assimilazione, facendo rientrare dalla finestra ciò che aveva
voluto allontanare dalla porta. Non bastano dunque a mio avviso gli
strumenti elaborati nei confronti del marranesimo per affrontare i
problemi dell’ebraismo “all’italiana”, che ha una sua specificità e
delicatezza. E’ vero che quando si pone al rabbino un qualsiasi quesito
halakhico ci si aspetta da lui una risposta facilitante ed egli deve
tenerne conto: divieti e rigori li abbiamo già in tasca! Ma è anche
vero che dove tutto è kasher, allora più nulla è kasher. Siamo proprio
così sicuri che il nostro gregge voglia sempre sentirsi dire di sì? Che
la figura del Rabbino “tecnologico” in voga oggi in molti ambienti, con
la soluzione a portata di mano per qualsiasi problema, sia alla lunga
la più richiesta ed apprezzata? Siamo certi che, percorrendo questa
strada, non lasceremo più spazio nella nostra vita ebraica a quella
componente di mistero che è competenza del Santo Benedetto? Se un tempo
certi dilemmi interni venivano risolti “alla buona” entro le mura salde
delle nostre Comunità, viviamo oggi in un mondo globale che non ce lo
consente più. Il confronto con gli altri è vitale. Ma aprirci significa
comunque non lasciarci sopraffare o incantare da questo confronto e
mettere in luce le componenti migliori della nostra specificità, in
modo che proprio il confronto non finisca per travisarle e imporci dei
modelli di soluzione inadeguati. Ci giocheremmo il nostro futuro.
Occorre invece partire da un’osservazione disincantata di noi stessi,
un profondo auto-esame di coscienza condotto con grande reciproca
pazienza. Se non ci saranno ebrei italiani non ci saranno più rabbini
italiani, poco ma sicuro. Ma è anche vero l’inverso: se non ci saranno
rabbini italiani non ci saranno più ebrei italiani.
Alberto Moshe Somekh, Pagine Ebraiche, luglio 2010 |
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pilpul |
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Mal Comune...
La Conferenza dei Rabbini Europei (CER) è l'organizzazione storica che
dai primi anni '50 unisce e rappresenta il rabbinato europeo ortodosso
e che, come direbbe la Settimana Enigmistica, vanta anche un tentativo
di imitazione da parte di un'altra organizzazione dal nome quasi uguale
(RCE). La direzione della CER è fatta da Rabbini Capi e Dayanim delle
maggiori città europee e questo fa sì che l'età media della leadership
sia un po' altina. Sollecitata da diversi analisti, la CER ha lanciato
un progetto per coinvolgere la nuova generazione di rabbini. Un gruppo
vivace di questi giovani si è riunito questa settimana in Lussemburgo,
sponsorizzato dalla fondazione Matanel e ha deciso di creare dei gruppi
di lavoro per sviluppare autonomamente idee e progetti pratici. Vale la
pena di citare i titoli degli argomenti da affrontare: comunicazione e
rete elettronica, collocazione lavorativa dei rabbini, shiddukhim
(promozione di incontri matrimoniali); shechità e kasherut, autorità
certificanti e cerificazione unificata europea; formazione rabbinica,
rabbini itineranti, tecnologia specializzata; outreaching e
problematiche halakhiche correlate, matrimonio misto. Se qualcuno pensa
che l'ebraismo italiano sia solo e disperato sotto il peso di infiniti
problemi, si può almeno consolare con uno sguardo oltre le Alpi, mal
comune....
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
All’erta sto
Israele
aspetta la prossima guerra. Dall’alta Galilea al Neghev le case e le
scuole sono bunker di difesa, la nazione tutta un fortilizio e un
braccio, e le mura, le torri proseguono oltre il mare e si allungano
sui continenti in ogni casa ebraica del mondo, e tutto il popolo
aspetta. La Seconda Guerra Mondiale non è cessata, e prima non erano
cessati i pogrom, i ghetti in fiamme, le torture, le cacciate, le
conversioni e il professare quotidiano e segreto della tefillah. E di
nuovo dicono: “Voi ebrei”. Ciò è andato cambiando, e ciò non è smesso -
è l’angelo del terribile con cui Israele lotta. Noi non conosciamo
sonno. Siamo all’erta.
Il Tizio della Sera
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rassegna stampa |
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Piccoli
e meno piccoli segnali di guerra. Hezbollah rafforza la propria presa
sul sud Libano, estromettendo in pratica le forze Onu (Fausto Biloslavo
sul Foglio). Abu Dabi chiede agli americani di bloccare l'atomica iraniana se occorre anche con la forza (Andrew England sul Financial Times, un commento di Bernard Henry Levi sul Corriere). Sderot rafforza i rifugi in attesa di nuovi bombardamenti (seconda puntata della bella inchiesta di Giulio Meotti sul Foglio
sui preparativi di guerra in Medio Oriente). I palestinesi in sostanza
rifiutano la proposta di negoziati diretti, condizionandola alla "fine
delle colonie" (Virginia Lori sull'Unità). I turchi preparano una flottiglia bis forse in partenza anche dall'Italia a settembre (Biloslavo sul Giornale). Il giudizio in generale è che i ritrovati buoni rapporti fra Obama e Netanyahu siano poco più che merce da politica interna (El pais, Herald Tribune, redazione del Financial Times) a parte un accordo sul nucleare (Molinari sulla Stampa), la salute di Mubarak e con lui dell'Egitto è di nuovo molto preoccupante (Picasso su Liberal). Insomma la situazione in Medio Oriente è molto critica. Per
chi si vuol consolare con lo spettacolo, i giornali danno rilievo a un
nuovo film di Tarantino su Auschwitz (per esempio Caprara sulla Stampa, Mafioletti sul Corriere).
Ma naturalmente un film sulla Shoà non può essere certo per noi motivo
di tranquillità o di divertimento. E neanche le sue ricadute sull'oggi.
Fa impressione per esempio leggere l'articolo di Andrea Brenta su Italia oggi
sulla "rinascita" del ghetto di Cracovia: "tutto è come prima, case,
negozi, sinagoghe; mancano solo gli ebrei, che erano "settantamila alla
fine degli anni Trenta e centoventi oggi": un museo o parco tematico,
come molti "filosemiti antisionisti" vorrebbero tutto l'ebraismo
diventasse.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Netanyahu:
"Discuteremo delle colonie israeliane solo
in negoziati diretti" Roma, 8 lug - Il
premier israeliano Benjamin Netanyahu parlando al 'Larry King Live'
sulla Cnn ha dichiarato che Israele è disposta a trattare da subito
sulle colonie israeliane in Cisgiordania se i palestinesi
acconsentiranno ad avviare negoziati di pace diretti Netanyahu ha
spiegato che gli insediamenti israeliani saranno "tra i primi argomenti
in discussione" se il presidente dell'Autorità nazionale palestinese,
Abu Mazen, rinuncerà alle condizioni che ha posto per avviare i
negoziati diretti con Israele. Nelle condizioni poste dall'Anp c'é
proprio il congelamento degli insediamenti. "Sarà una delle prime cose
che discuteremo, ma cominciamo a parlare", ha detto Netanyahu che ieri
ha incontrato il presidente Barack Obama e il segretario generale
dell'Onu, Ban Ki-moon. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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