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L'Unione informa
 
    27 luglio 2010 - 16 Av 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  roberto della rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino 
Il profondo pilpul di ieri scritto da Donatella Di Cesare ha messo in evidenza come nella tradizione ebraica il corpo umano non viene né divinizzato, né rinnegato. Esiste una correlazione  tra spirito e materia, tra cielo e terra, tra la creazione del mondo e la creazione dell’uomo. La terra, il corpo dell’uomo, quell’aspetto per cui gli uomini sono creature fragili, destinate a tornare alla polvere, è propriamente il contenitore di quello che in noi è sacro, lo spirito divino. Non che la terra rappresenti la negatività: tutto il creato è cosa buona (tov), e l’uomo è molto buono (tov me’od). Il corpo non è nemmeno considerato come una prigione dell’anima, come per il greco Platone; il mondo corporeo è piuttosto paragonato ad un palazzo dove abita il soffio divino. Anche per questo motivo il corpo umano va custodito con cura. Noi ebrei siamo tenuti ad osservare 613 pre­cetti, 365 comandi negativi e 248 comandi positivi. Anche questi numeri ci indicano l’attenzione che è rivolta alla corporeità: 365 sono, infatti, i giorni dell’anno, e 248 sono le parti del corpo umano. Ogni momento nel tempo e ogni parte del corpo sono coinvolti nell’osservanza dei precetti. Ma è soprattutto il nostro corpo a essere il luogo dove si esercita questa kedushà. Non è un caso che la maggior parte dei precetti attingono alla sfera alimentare e alla sfera sessuale della vita umana. Dunque, nulla di più lontano dall’ebraismo delle posizioni di edonismo sfrenato o di astinenza e di forme di ascetismo. Spirito e materia, anima e corpo. Un dualismo che non è dualismo, e che non può essere posto in parallelo con il bello e con il brutto, e soprattutto con il buono e con il cattivo. L’uomo è pur sempre un essere a sé che  non s’identifica né con gli animali e neppure con gli angeli. Non è solo materia o solo spirito, perché c’è spirito nella nostra materialità e materia nella nostra spiritualità.  
Quello che gli altri pensano di te non è un tuo problema. Vittorio Dan Segre,
pensionato
vittorio dan segre  
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  Qui Roma - Daniela Di Castro, una grande protagonista
che ha aiutato a capire il valore dell'arte e della cultura ebraica

daniela di castro"Ho conosciuto Daniela 27 anni fa e mi colpì per prima cosa la sua intelligenza, Daniela era una persona di un’intelligenza estrema, per me è stata un dono, con lei ho vissuto 27 anni stupendi e l’ho amata profondamente sostenendo i suoi progetti per il museo, ma non credo di dover dire molto perché le sue azioni parlano per lei”. Così Giacomo Moscati ha ricordato ieri sua moglie Daniela Di Castro nella serata di studio (limud) tenutasi al museo ebraico, nel trentesimo dalla sua scomparsa.
Nella sala in cui attraverso gli oggetti rituali sono illustrate le feste ebraiche, sono accorsi in molti, occupando ogni ordine di posto, a testimonianza della grande stima di cui godeva Daniela Di Castro nella Comunità e all’esterno.
La serata di studio è iniziata con il saluto di Roberto Steindler, assessore ai beni culturali della Comunità, che ha voluto porre l’accento sull’ampio riconoscimento che il lavoro di Daniela Di Castro aveva presso le istituzioni museali anche straniere, sottolineando la sua capacità di progettare il futuro del museo ebraico di cui aveva già predisposto l’attività per i prossimi anni
(nell'immagine Daniela Di Castro ripresa accanto al fotografo Araldo De Luca che ha curato l'iconografia di molte sue pubblicazioni).
Subito dopo, Rav Benedetto Carucci Viterbi ha riflettuto sul ruolo dello storico dell’arte in una prospettiva ebraica, affermando che per l’ebraismo la creazione divina è secondo molti midrashim un atto artistico e che quella dello storico dell’arte per l’ebraismo è una professione complessa, costretta a fare i conti con una certa diffidenza ebraica verso l’arte. Secondo Rav Carucci se l’arte non è altro che uno specchio della realtà, allora lo storico dell’arte riflettendo ulteriormente su questo specchio svolge una “meta professione”. Rav Vittorio Haim Della Rocca ha parlato del ruolo dell’arte nella Torah,  raccontando delle sue discussioni con Daniela sulle parashot di Vaiachel e Pekudè dove viene raccontata la costruzione del Mishkan.
Guido Moscati, uno dei due figli di Daniela ha sottolineato un aspetto privato della madre, rilevando quanto oltre e forse nonostante la sua attività pubblica che la portava a trascorrere gran parte della sua giornata al museo ebraico ella sia stata importante per loro, un vero punto di riferimento costantemente presente e disponibile in ogni momento.
In conclusione Rav Riccardo Di Segni, prendendo spunto dalla sua ultima discussione con Daniela Di Castro che richiedeva per una mostra una rappresentazione delle Tavole della Legge situata nell’ufficio del Rav ha approfondito, partendo dalla Parashà della scorsa settimana, il sugnificato dei Dieci Comandamenti evidenziando la difficoltà di classificarli in gruppi. Parlando di Daniela e ricordando come il limud si svolgesse il giorno di Tu Be Av in cui nel 1904 fu inaugurato il Tempio Maggiore il Rav ha detto “ricordiamo oggi Daniela che ha contribuito alla storia delle fondamenta di questo edificio”.

Daniele Ascarelli
 
 
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  Il difficile cammino dell'integrazione
tobia zeviNotizie banali che aiutano a capire chi siamo. Prendiamo un episodio di domenica, l’incidente di un pullman tra il casello di Varazze e Celle Ligure. All’interno di un tunnel scoppia un incendio, probabilmente causato da un cortocircuito del televisore di cabina, e 18 passeggeri rimangono intossicati. Va peggio ad uno di loro, Procopio De La Cruz, di anni 50, deceduto per soffocamento, e a una ragazza trasportata in elicottero all’ospedale di Genova attualmente in coma famacologico. Fin qui il fatto, tranquillamente catalogabile tra le decine di incidenti automobilistici domenicali.
L’accaduto però ci apre uno squarcio su una piega sconosciuta della nostra società: ogni fine settimana centinaia di persone - in questo caso di origine filippina - lasciano le nostre case e le nostre città - in questo caso Milano - per farsi un bagno al mare, mangiare un gelato, incontrare mogli e figli, fidanzati e cugine, liberi solamente il giovedì pomeriggio e la domenica. Un popolo silenzioso di persone che custodisce le nostre case, i nostri anziani, i nostri giardini, che pulisce i nostri uffici prima del nostro arrivo, che prende corpo in una domenica di luglio. Per un giorno queste persone non vivono in funzione dei loro datori di lavoro, né in funzione dei parenti lontani cui spediscono i soldi sudati con grande fatica. Con 40 euro andata e ritorno si ritrovano fianco a fianco ad abbronzarsi con ogni altro italiano.
Quando si parla di integrazione occorrerebbe forse partire da qui. Dalla realtà. Una realtà  fatta di immigrati titolari di migliaia di imprese, che consumano e producono ricchezza, che sgobbano come matti, e che nella maggior parte dei casi condividono le nostre stesse aspirazioni, come quella di farsi un tuffo nell’acqua fresca senza, possibilmente, restare imbottigliati sull’autostrada. Un paese che non vuole vedere il progresso silenzioso e quotidiano di questi nuovi italiani, ma che anzi cerca di sbarrare la strada dell’integrazione con leggi liberticide e discriminatorie (nazionali e locali), è un paese che rischia di perdere il treno decisivo. Un treno in cui talvolta può capitare di fare brutti incontri, ma che è l’unico in partenza.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
 
 
 
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Israele, scoperto un Hammurabi di 3700 anni fa
Per la prima volta, un frammento del «Codice della legge» di Hammurabi è stato scoperto al di fuori della Mesopotamia, terra natale del primo sistema legale scritto della storia. La scoperta è stata stata annunciata ieri da un gruppo di archeologi israeliani che hanno rinvenuto il documento nel sito della città cananea di Hazor, nel nord di Israele. «E' la prima volta che un frammento del Codice viene rinvenuto in Terra Santa e al di fuori della Mesopotamia» ha spiegato il responsabile degli scavi, l'archeologo Amnon Ben-Tor dell'Università ebraica di Gerusalemme. Il testo rinvenuto è stato datato al 1700 a.C., ovvero circa dieci secoli prima della redazione della Bibbia. Si tratta di un frammento di argilla in scrittura cuneiforme su 4 linee. 

Avvenire, 27 luglio 2010

Che cosa fa il capo del Mossad israeliano in Arabia Saudita?
Roma. Meir Degan, capo del Mossad israeliano, si sarebbe recato in Arabia Saudita per discutere strategie militari comuni nei confronti del programma atomico iraniano, secondo il WorldNetDaily. La notizia fa il paio con quella diffusa settimane fa dal Times di Londra secondo cui l'Arabia Saudita ha deciso di spegnere il suo sistema di difesa aerea per permettere il sorvolo di una flotta aerea israeliana che bombardi i siti nucleari iraniani di Bushehr (notizia smentita dall'ambasciatore saudita a Londra). Le due notizie sono quantomeno plausibili, alla luce delle dichiarazioni recenti dell'ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti (alleati dell'Arabia Saudita), Yousef al Otaiba, che ha descritto come i paesi del Golfo vivono la minaccia nucleare iraniana: "Gli aspetti positivi di una soluzione militare al problema nucleare iraniano hanno superato i probabili effetti negativi. Gli Emirati non possono vivere con un Iran nucleare. L'America magari sì. Noi no. I paesi della regione avvertono la minaccia iraniana in modo differente. A 7.000 miglia di distanza, e con due oceani di mezzo, la minaccia nucleare iraniana non sembra così credibile agli Usa. Non vi minaccia direttamente. Il nostro esercito, invece, si sveglia, sogna, respira, mangia e dorme con la minaccia iraniana. E' l'unica preoccupazione per cui il nostro apparato militare si prepara e si addestra. Non ce ne sono altre. Non ci sono altri paesi che ci minacciano. C'è solo l'Iran".

Il Foglio, 27 luglio 2010

 
 
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Nucleare: Ahmadinejad minaccia la Russia                                    
Teheran, 27 lug -
La televisione iraniana in lingua inglese PressTv riferisce che il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha avvertito oggi la Russia che deve "evitare di giocare nelle mani degli Usa". Si tratta di un nuovo round in uno scambio di colpi verbali senza precedenti tra Teheran e Mosca, da quando il presidente russo Dmitri Medvedev, il 12 luglio scorso, ha affermato che l'Iran è "vicina ad avere il potenziale" per costruire armi nucleari. Ahmadinejad ha risposto accusando Medvedev di essere complice di un presunto complotto degli Usa e di Israele per portare una nuova guerra in Medio Oriente e di aver dato "il segnale d'avvio" a questo piano con le sue dichiarazioni. Ieri Mosca ha detto che le dichiarazioni del presidente iraniano sono "inaccettabili, sterili e frutto di retorica irresponsabile". Ahmadinejad, scrive oggi il sito di PressTv, ha "avvertito le autorità russe che devono evitare di giocare nelle mani di Washington, perché ciò andrebbe contro i loro interessi nazionali".

 
 
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L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
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