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L'Unione informa |
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1 agosto 2010 - 21 Av 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Dio
parla con Moshè, non semplicemente a Moshè. Che il confronto tra
opinioni sia legittimo non poteva trovare fonte più autorevole. |
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Venerdì
scorso Stefano Jesurum sul “Corriere della Sera” (Se per smascherare
gli
Antisemiti i Poliziotti si «travestono» da Ebrei) ha sottolineato,
come di fronte alle intolleranze, sappiamo ormai semplicemente
sorvegliare, monitorare, trovare i colpevoli di comportamenti
indecenti, inaccettabili e quindi punirli, sanzionarli (…) dimostrando
così che lo Stato e la collettività hanno, di fatto, rinunciato a
educare…”. Condivido e vorrei rilanciare la provocazione. E’ indubbio
che le politiche volte a garantire la sicurezza registrano un consenso,
più spesso riscuotono successo, comunque un plauso. Chi non si
sentirebbe “tutelato” o garantito da chi continuamente ti ripete: “Mi
curerò di te”? Qualcosa tuttavia in questo ragionamento non torna.
Dentro e dietro a queste parole, infatti, si afferma un’idea della
politica fondata sull’affidamento cui non corrisponde
nessuna crescita di responsabilità. In altre parole la politica come
“governo della gente”, rassicurandone le angosce. Ma la politica non è
solo questo, o almeno non dovrebbe essere solo questo. Dovrebbe anche
essere aiutare la gente a governarsi da sé. Ma di questo secondo
profilo non si intravede un percorso, e forse, insieme alle forme
possibili per definirlo e metterlo in pratica, si stanno perdendo anche
le parole fino a pensarlo "impossibile", "utopico", "iunutile". Un
"optional", a giudizio dei più disponibili. Un costo senza la
certezza di un guadagno. |
David Bidussa,
storico sociale delle idee |
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davar |
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La verità urta i prepotenti
La
verità urta i prepotenti. Nel Libano la prospettiva che il Tribunale
Internazionale dell’Onu, incolpi Mustafa Badr Aldin, cognato del
comandante Imad Mughniyeh, ed eminente esponente dell’Hizbollah, come
maggiore responsabile per l’assassinio alla bomba di Rafik Hariri
all’epoca Primo Ministro libanese, il 14 febbraio 2006, rischia di
immergere il paese in un mare di sangue. Il figlio Saaad Hariri attuale
Premier si è dimostrato finora molto debole al punto da formare un
Governo associando l’Hizbollah nel suo seno, dopo che l’esercito
libanese aveva dimostrato la sua netta inferiorità in scontri armati
con l’Hizbollah. Hariri-figlio fa pressioni perchè il Tribunale non
pubblichi la sua sentenza. Sono accorsi a Beirut il re dell’Arabia
Saudita Abdullah bin Abdulaziz, “padrino” di Hariri e Bashar el Assad,
Presidente siriano da tempo sostenitore dell’Hizbollah. Il re Saudita
che aveva sostenuto Hariri padre, pensa ora che sia più importante
salvaguardare la fragile stabilità libanese che non rivendicare la
memoria del defunto. Il Premier Assad dal canto suo continua ad
appoggiare l’Hizbollah e lo ha regolarmente rifornito in armi iraniane
transitate per Damasco. L’Hizbollah in contrasto con la Risoluzione
1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha provveduto a riarmare i
propri accoliti nel Libano meridionale e potrebbe cercare ora un
diversivo provocando qualche incidente alla frontiera con Israele. La
presenza formale dell’Unifil, le truppe dell’Onu, non da nessun
fastidio all’Hizbollah che le mantiene fuori della zona controllata da
tale organizzazione terroristica. Più a sud dopo il razzo “Grad” contro un quartiere di abitazione ad Ashkalon, sabato è arrivato un altro razzo a Sderot ed ha colpito il College Sapir, per fortuna vuoto a quell’ora e nel giorno festivo.
Sergio Minerbi
Vacanze israeliane per il cestista statunitense Amar Stoudemire
Un
viaggio alla ricerca delle proprie origini: è quello intrapreso da Amar
Stoudemire, tra i volti più noti del basket nordamericano, che in
questi giorni si trova in Israele dove sta trascorrendo una settimana
di ferie. Nato da madre ebrea, Stoudemire non ha mai approfondito più
di tanto (“sono una persona spirituale piuttosto che religiosa”) le
proprie radici. Anche se le vacanze in Eretz Israel, annunciato dal
neoacquisto dei Knicks via Twitter, “sono un sogno che si realizza”.
Era delle sue priorità d’altronde: “Israele è sempre stato in cima alla
lista dei paesi che volevo visitare e quando si è presentata la
possibilità non ho voluto rimandare la visita”, racconta la star della
Nba al Jerusalem Post. Cena con la ragazza in un ristorante kasher di
Gerusalemme subito paparazzata dai fotografi, Amar spiega ai
giornalisti il senso del suo viaggio: “Sono in Israele per visitare
luoghi straordinari, imparare qualche parole di ebraico, approfondire
le mie origini e riposarmi in vista della nuova stagione agonistica”.
Ricaricare le pile per essere al top: Stoudemire si candida a essere
uno dei grandi protagonisti della prossima Nba. Dopo otto stagioni con
i Phoenix Suns coronati dagli splendidi playoff del 2010 che hanno
portato il team alla finale di Western Conference, dal 5 luglio Amar si
è trasferito (100 milioni di dollari spalmati in cinque anni il suo
faraonico contratto) ai New York Knicks, la squadra della città più
ebraica degli Stati Uniti. “Forse è anche per questo che mi trovo qua”,
scherza il gigante di Lake Wales con la stampa. Nel frattempo cresce la
febbre tra gli appassionati israeliani, che dopo Omri Casspi, primo
cestista israeliano a giocare nella Nba (l’ex baby fenomeno del Maccabi
Tel Aviv veste la casacca dei Sacramento Kings), hanno trovato un altro
campione per cui fare il tifo.
Adam Smulevich
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pilpul |
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Davar Acher - Miscele esplosive
Si
fa fatica oggi, almeno stando qui in Italia, a credere nella
possibilità dell'antisemitismo, quello vero, attivo, genocida che
conobbero i nostri padri o nonni. Nell'Europa democratica e pacificata
ci sentiamo a casa. Tendiamo ad attribuire gli episodi di odio e
aggressione che subiamo ogni tanto a ricadute del conflitto
mediorientale, quindi all'ambito del conflitto politico col mondo
islamico, o a regressioni nell'idiozia di persone che non hanno capito
la nostra fondamentale appartenenza a questa Europa, la nostra adesione
ai valori espressi dalla variante progressista della cultura
occidentale. Vorrei suggerire che vale la pena di pensarci meglio. Nel
1916, mentre gli eserciti europei si distruggevano in trincea, un
filosofo di vaglia come Hermann Cohen, discendente di una famiglia
rabbinica ed egli stesso profondamente coinvolto – a modo suo,
beninteso - nel pensiero e nella religione ebraica, pubblicò un libro -
“Deutschtum und Judentum“, "Germanità ed ebraismo" -, in cui proponeva
intorno all'idea del messianesimo e all'etica del dovere un'identità
fondamentale delle due culture, di cui presto una avrebbe sbranato
l'altra. L'obiettivo di Cohen era appoggiare la Germania in guerra,
come fece Tomas Mann con le "Considerazioni di un impolitico" e allo
stesso tempo legittimare l'ebraismo come elemento tedesco agli occhi
dei nazionalisti che ne diffidavano. L'antisemitismo gli sembrava un
elemento minore o resideuale della cultura tedesca, da battere con la
lealtà allo Stato e la pedagogia della ragione. Il sionismo, ai suoi
occhi come a quelli di molti ebrei del suo tempo, era un pericoloso
tradimento, che rischiava di mettere in pericolo l'ideale insediamento
ebraico emancipato nella civile Europa. L'anziano filosofo, per sua
fortuna fece in tempo a vedere la sconfitta dell'impero guglielmino ma
non l'avvento del nazismo. Non rischiamo di essere noi stessi oggi
in una posizione analoga? L'identificazione dell'ebraismo europeo e
americano con il progresso civile e sociale delle società in cui
vivono, con valori come la giustizia sociale e l'emancipazione dei
popoli, non rischia di essere altrettanto illusorio? E soprattutto, è
davvero morto con le giornate della memoria e le visite ad Auschwitz e
i musei della Shoà e i bigliettini papali nel Kotel l'antisemitismo,
quello profondo, che si cerca una base culturale antica? C'è da
dubitarne. Vorrei oggi dare solo un indizio di tipo culturale. Il 29
luglio scorso il molto rispettabile quotidiano Liberal, di area Udc,
diretto da Ferdinando Adornato (dopo la scomparsa di Renzo Foa, primo
direttore), nel cui comitato di redazione siede Rocco Buttiglione, ha
pubblicato un articolo di Ernst Nolte, reperibile nella rassegna stampa
del Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it In
realtà una lunga recensione del libro di E. Michael Jones "The Jewish
Revolutionary Spirit" in cui si leggono frasi del genere: "L'autore, E.
Michael Jones, intitola il primo capitolo La Sinagoga di Satana ,
riferendosi ai passaggi contro gli ebrei del Vangelo di Giovanni,
mentre il quarto capitolo ha come titolo The Revolution arrives in
Europe, con cui si intende il movimento hussita, e il giudizio sui
taboriti è particolarmente negativo, come del resto quello su Thomas
Miintzer, sugli anabattisti di Miinster, e in generale sulla Riforma.
In tutti i casi Jones sottolinea l'influenza ebraica, e non solo quella
dell'Antico Testamento, e non pochi passaggi suscitano l'impressione di
provenire da una raccolta di testi antisemiti. Ma questa impressione è
sbagliata, perché Jones si appropria qui delle linee fondamentali
dell'interpretazione cattolica e della sua posizione molto critica nei
confronti degli ebrei. Essa tuttavia, nonostante le numerose asserzioni
contrarie, non è mai stata antisemita nel senso di un giudizio sul
piano etnico o razziale , ma si fonda sulla decisione di alcuni ebrei,
sebbene certamente non si tratti di pochi. di non riconoscere Gesù
Cristo come Messia, e anzi di rifiutano fino alla crocifissione. Non
c'è quindi alcun dubbio sul fatto che Jones potrebbe senza alcuna
riserva ammettere fra i cristiani un ebreo convertito al Cristianesimo,
cosa che nessun antisemita accetterebbe mai. La particolarità e
l'eccezionalità di questo libro stanno piuttosto nel fatto che l'autore
ha il notevole coraggio di fare propria una concezione per così dire
cattolica tradizionalista, respinta persino dalla Chiesa Cattolica del
Concilio Vaticano Il, e di proporre un'ampia interpretazione della
storia in cui la maggior parte di ci che viene considerato generalmente
uno sviluppo positivo viene rovesciato e valutato come un'opposizione
alla Chiesa Cattolica. [...] Il libro è diretto inoltre contro il
millenarismo terreno e i falsi Messia , che molto difficilmente
avrebbero potuto farsi strada e guadagnare credito senza il decisivo
aiuto delle forze ebraiche , intese come ostili a Cristo. Rendere noti
e descrivere questi rapporti conferisce un valore storico al libro, che
è estremamente ricco di notizie, e sebbene Jones sia molto lontano
dallo sminuire la durezza delle persecuzioni degli ebrei nell'Europa
cristiana, non tralascia di considerare le responsabilità degli stessi
ebrei nell'origine di esse. Gli ebrei non appaiono ai suoi occhi un
popolo meramente perseguitato di paria, ma una potenza storica
mondiale, come i marranos che in Spagna furono vicini a prendere il
potere, o come i profughi che resero Anversa la capitale dell'economia
mondiale. L'influenza ebraica era già rintracciabile nella Rivoluzione
Francese, ma secondo Jones gli ebrei giocarono un ruolo significativo
anche nella Rivoluzione europea del 1848, e la loro partecipazione
costituì un importante impulso per la Rivoluzione Russa, che produsse
come contraccolpo la reazione (uguale se non ancora più terribile) del
nazionalsocialismo tedesco. [...] Nelle ultime frasi del libro, a
pagina 1076 ss. si legge quanto segue: «Gli ebrei non sono mai stati
più potenti; la Chiesa, antagonista della sinagoga di Satana, non è mai
stata più debole. Ma le apparenze possono ingannare. Benedetto XVI,
autore del Dominus Iesus, ha detto persino prima di divenire papa che
rimaneva in attesa della conversione degli ebrei. L'inversione di
tendenza era nell'aria» [...] Ma sarebbe corretto dire questo: la
contrapposizione tra la vecchia religione ebraica e quella cristiana
più giovane è stata una delle più lunghe e significative della storia
del mondo, e ci sono stati momenti in cui la vicenda dell'ebraismo è
apparsa priva di prospettive. Oggi è la situazione della Chiesa
Cattolica ad apparire senza prospettive, anche perché gran parte
dell'ebraismo è stato vittima di un tentativo di annientamento condotto
da un uomo che, pur avendo condannato in dichiarazioni non ufficiali il
cristianesimo già nel 1920 come nemico della vita, era tuttavia
cresciuto in un ambiente cattolico, dal quale aveva potuto trarre e
utilizzare in chiave antisemita alcune critiche all'ebraismo. Sembra
non esserci altra via d'uscita se non quella di una giudaizzazione come
fondamento del futuro cristiano, eventualità che Jones descrive sempre
in termini negativi. Ma è una dimostrazione di grande coraggio non
ignorare una delle linee guida di duemila anni di storia mondiale, ma,
contro tutte le ragionevoli speranze e aspettative, riprenderla
nuovamente, per verificare se ciò che sembra negativo e senza
prospettive abbia anche correnti positive, che possano contrastare
un'affrettata dimenticanza e un'interpretazione semplicistica. Il
risultato difficilmente corrisponderà alle aspettative dei combattenti
della resistenza, ma potrebbe apportare nuove intuizioni e prospettive
alla mancanza di alternative di un pensée unique,
soddisfacendo inoltre i principi della scienza meglio dell'infinita
ripetizione di formule vere solo in parte. Perciò credo che sia
opportuno congratularsi con l'autore di questo libro." Mi scuso
della citazione molto ampia. Ma che questo testo sia stato pubblicato
su un giornale di centro cattolico (che peraltro conta fra i suoi
collaboratori anche Tariq Ramadan, senza suscitare, a quel che ne so,
né critiche né polemiche, che il suo autore sia uno storico assai
discusso per l'idea della "guerra civile europea" e del nazismo come
semplice reazione al bolscevismo, ma rispettato negli ambienti
conservatori, è certamente un segnale, come l'interpretazione di Jones
del papato attuale, che Nolte appoggia. Vi sono oggi le condizioni di
un antisemitismo militante, che mette insieme ex- e neo-comunisti,
conservatori radicali o neo-fascisti, e naturalmente militanti
islamici, il cui odio per gli ebrei è giustificato
dal terzomondismo progressista dominante. E' una miscela
esplosiva, contro cui non bisogna smettere di vigilare.
Ugo Volli
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La guerra degli ebrei per le aragoste Da
una parte il cappellone nero e la barba candida di Rav Shlomo Bekhor,
rabbino Chabad-Lubavitch, uno dei movimenti ortodossi dell’ebraismo;
dall’altra Rav Haim Fabrizio Cipriani, guida religiosa della comunità
ebraica «riformata» e progressista Lev Chadash di Milano e Roma. Tra i
due contendenti, inconsapevole e involontaria pietra dello scandalo,
l’aragosta. O meglio le proibitissime e «succulente aragoste » che -
denuncia poche settimane fa Rav Bekhor in una mail spedita ai suoi
seguaci - alcuni testimoni gli assicurano essere state mangiate proprio
nella sinagoga riformata e proprio nella cena rituale di Pesach, la
Pasqua ebraica. L’accusa, per gli ebrei osservanti, è tra le più gravi:
l’aragosta, come tutti i crostacei, è infatti alimento vietato perché
non kasher, ossia non conforme ai precetti della Torah. Rav Bekhor non
lesina le ironie, parlando del «salto di qualità» che avrebbero fatto
gli ebrei riformati: se agli ultimi Mondiali, palloni che hanno passato
la linea di porta non sono diventati goal - scrive - nella sinagoga Lev
Chadash si è riusciti invece a «fare superare all’aragosta la linea
della kasherut». La reazione degli accusati è netta. Ugo Volli,
semiologo e presidente della sinagoga «riformata», prima scrive
direttamente al rabbino ortodosso parlando di «insinuazione gravissima
e insultante» e spiega che quanto da lui raccontato «ha il difetto di
essere completamente falso. Non c’erano aragoste, crostacei, o alcun
cibo non kasher al nostro seder». E al cronista fornisce la prova
regina con una battuta: «Al di là di tutto, le pare che a una cena da
venti euro a testa avremmo mai servito aragosta!?». Dopo un acceso
scambio di missive - dove gli attacchi personali si mescolano a
raffinate disquisizioni teologiche - Volli ricorre assieme a Cipriani
alle più alte autorità religiose con richiesta di convocazione
immediata al Bet Din, il tribunale rabbinico, e di risarcimento danni.
Vuole - come scrive in una lettera al rabbino capo di Milano Rav
Alfonso Arbib - soddisfazione per «la menzogna propagata da Rav
Bekhor», che «ci diffama gravemente » e chiede un risarcimento di 5000
euro da devolvere a un’associazione benefica. La querelle
teologico-alimentare - «la guerra dell’aragosta», come è stata già
ribattezzata - agita e in qualche caso fa sorridere la comunità
ebraica. Ma dietro il caso che scalda gli animi ci sono anche e
soprattutto le difficoltà di convivenza - a Milano come nel resto
d’Italia - tra le diverse anime dell’ebraismo. Sia all’interno della
comunità ortodossa che in Italia - ma non nel resto del mondo - è
maggioritaria e in cui si riconosce la maggioranza dei circa settemila
iscritti milanesi, che a sua volta si può dividere sommariamente in tre
grandi aree: i tradizionalisti e i «mistici» chassidici cui
appartengono anche i Lubavitch, e gli ortodossi «moderni». Fuori dalla
comunità ortodossa ci sono invece, tra gli altri, gli ebrei «riformati
», aperti ad esempio all’uguaglianza tra sessi, che a Milano contano
qualche centinaio di aderenti e sono spesso scelti anche da chi - per
vicende personali come il caso classico di figli di coppie «miste» -
trova difficoltà nell’essere accettato dalle sinagoghe più
tradizionaliste. Tensioni che non sono a senso unico. C’è la giovane di
padre ebreo e madre convertita in un’altra comunità italiana, da
decenni iscritta alla comunità, che si vede negare la circoncisione per
il figlio appena nato. Ma c’è anche il caso recentissimo delle
improvvise dimissioni di Rav Roberto Colombo e di sua moglie Anna
Arbib, pilastri della scuola ebraica di Milano; dimissioni che la vox
populi vuole decise dopo l’elezione alla guida della comunità, in
maggio, di una maggioranza più laica e meno tradizionalista che in
passato. «In Italia il problema della diversità è più sentito che in
altri paesi anche perché si applica a un contesto con una sola comunità
in ogni territorio all’interno della quale devono convivere giocoforza
diverse anime», spiega Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti
Cultura e Informazione dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane.
Dunque, invece che una miriade di comunità sull’esempio Usa, un
ebraismo ortodosso in rapporti spesso difficili con chi segue strade
diverse. E con l’aumentare dei matrimoni misti le tensioni sembrano
destinate ad aumentare. «Gli ortodossi - commenta David Bidussa,
direttore della biblioteca della Fondazione Feltrinelli ed aderente
alla comunità ortodossa - credono che la via più facile per salvare la
comunità sia quella di mantenerla come comunità di “puri”, mentre il
passato ci insegna che è l’”ibridazione” a salvarla. Francesco Manacorda, La Stampa, 1 agosto 2010 Woody Allen le ha usate per vendicarsi con Madoff L’
aragosta proibita dev’essere parsa più credibile della mela, come
tentazione, se anche Woody Allen, in un memorabile racconto uscito sul
New Yorker tempo fa, l’ha usata come sorta di contrappasso ebraico per
«cucinare » la vendetta contro il finanziere truffatore di tanti ebrei
(e ebreo lui stesso) Bernie Madoff. Protagoniste due sue vittime: un
dentista morto d’infarto e un suo amico che ha scelto il suicidio dopo
il crac. Woody Allen li resusciterà entrambi in a r a g o s t e che,
pescate nel Maine, si ritrovano assieme nella vasca di un ristorante
dell’Upper East Side. Entrambi sono ebrei e si chiedono se è così, cioè
proprio da aragoste, che tocchi loro di finire dopo aver condotto una
vita onesta. Dopo una riflessione su come il Signore operi in modo
strano, i due truffati-crostacei vedono dal vetro della vasca il loro
truffatore accomodarsi a un tavolo con la consorte «sobriamente »
ingioiellata. Rabbia e sconcerto finché Madoff non si avvicina col
cameriere alla vasca per scegliere cosa farsi cucinare. Naturalmente
sceglie i suoi clienti-aragoste, che con le code riusciranno a
rovesciare la vasca e a scarnificare con le chele il naso e la faccia
di Madoff. «Ogni mese ricevevo il suo estratto conto», commenterà
l’aragosta vendicatrice, «e sapevo che quei numeri erano troppo belli
per essere kosher...». S.R.V. La Stampa, 1 agosto 2010 |
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notizieflash |
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Sorgente di vita - Speciale Giornata della Cultura Ebraica La puntata di Sorgente di vita di domenica 1 agosto apre con la presentazione della XI Giornata Europea della Cultura Ebraica che sarà il 5 settembre prossimo. Un invito a visitare sinagoghe, musei, centri culturali, cimiteri, alla scoperta delle tradizioni, degli usi e dei beni culturali ebraici. Il tema di quest’anno è Arte ed ebraismo: il secondo servizio di questa puntata è dedicato ad un artista, Emanuele Luzzati. Scenografo, costumista, disegnatore, pittore, illustratore, si svela attraverso le opere esposte in una mostra all’Auditorium di Roma, accompagnate dai ricordi di chi l’ha conosciuto ed i commenti dei bambini affascinati dal suo mondo magico. Segue poi un itinerario nella Ferrara ebraica: sfogliando le pagine dei romanzi e dei racconti di Giorgio Bassani, si snoda un percorso che va dalla sinagoga al giardino dei Finzi Contini, dalla lapide in via Mazzini al cimitero ebraico, dai campi da tennis alla scuola ebraica, con tante suggestioni tra realtà e finzione letteraria. Chiude un servizio sul Tempio ebraico di Firenze con l’inaugurazione del restauro, durato quindici anni, e della nuova illuminazione. La cupola di rame, i marmi, le decorazioni della bella sinagoga ottocentesca, centro della vita della comunità ebraica fiorentina vengono valorizzati come patrimonio culturale e artistico della città. Sorgente di vita va in onda domenica 1 agosto alle ore 1,20 circa su Raidue. La puntata verrà replicata lunedì 2 agosto alla stessa ora e lunedì 9 agosto alle 7 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche online. p.d.s.
Chelsea e Mark, doppio rito per il matrimonio dell'anno New York, 1 ago - Matrimonio
sotto la chuppah per la trentenne Chelsea Clinton, figlia dell'ex
Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e il giovane finanziere della
Goldman Sachs Marc Mezvinsky. La cerimonia è stata celebrata con rito
interreligioso dal reverendo William Shillady e il Rav James Ponet
visto che Chelsea è metodista e Mark ebreo. Lo sposo proviene da una
famiglia abbiente dell'Iowa ed è un investment banker del mostro
bancario mondiale Goldman Sachs. Marc è il figlio dell'ex deputato e
uomo d'affari Edward Mezvinsky e della ex giornalista del NBC, ex
deputato Marjorie Margolies. Durante la cerimonia che si è svolta
sabato sera prima del termine dello shabbat, il Rav James Ponet ha
cantato le Sheva Berachot (sette benedizioni) recitate nei matrimoni
ebraici tradizionali dopo lo scambio degli anelli. Ponet,
è un un rabbino riformato, capo del Joseph Slifka Center for Jewish
Life a Yale dal 1981. Attualmente è insegnante di un seminario
universitario con il Dr. Ruth Westheimer su "La famiglia nella
tradizione ebraica". Lui e sua moglie Elana tengono anche discussioni
settimanali nella sala da pranzo dello Slifka Center sul valore della
pace nella vita e nel pensiero ebraico. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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