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L'Unione informa
 
    1 agosto 2010 - 21 Av 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  benedetto carucci viterbi Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino 
Dio parla con Moshè, non semplicemente a Moshè. Che il confronto tra opinioni sia legittimo non poteva trovare fonte più autorevole.
Venerdì scorso Stefano Jesurum sul “Corriere della Sera” (Se per smascherare gli Antisemiti i Poliziotti si «travestono» da Ebrei) ha sottolineato, come di fronte alle intolleranze, sappiamo ormai semplicemente sorvegliare, monitorare, trovare i colpevoli di comportamenti indecenti, inaccettabili e quindi punirli, sanzionarli (…) dimostrando così che lo Stato e la collettività hanno, di fatto, rinunciato a educare…”. Condivido e vorrei rilanciare la provocazione. E’ indubbio che le politiche volte a garantire la sicurezza registrano un consenso, più spesso riscuotono successo, comunque un plauso. Chi non si sentirebbe “tutelato” o garantito da chi continuamente ti ripete: “Mi curerò di te”? Qualcosa tuttavia in questo ragionamento non torna. Dentro e dietro a queste parole, infatti, si afferma un’idea della politica  fondata sull’affidamento cui non corrisponde  nessuna crescita di responsabilità. In altre parole la politica come “governo della gente”, rassicurandone le angosce. Ma la politica non è solo questo, o almeno non dovrebbe essere solo questo. Dovrebbe anche essere aiutare la gente a governarsi da sé. Ma di questo secondo profilo non si intravede un percorso, e forse, insieme alle forme possibili per definirlo e metterlo in pratica, si stanno perdendo anche le parole fino a pensarlo "impossibile", "utopico", "iunutile". Un "optional", a giudizio  dei più disponibili. Un costo senza la certezza di un guadagno. David
Bidussa,

storico sociale delle idee
david bidussa  
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  La verità urta i prepotenti

sergio minerbiLa verità urta i prepotenti. Nel Libano la prospettiva che il Tribunale Internazionale dell’Onu, incolpi Mustafa Badr Aldin, cognato del comandante Imad Mughniyeh, ed eminente esponente dell’Hizbollah, come maggiore responsabile per l’assassinio alla bomba di Rafik Hariri all’epoca Primo Ministro libanese, il 14 febbraio 2006, rischia di immergere il paese in un mare di sangue. Il figlio Saaad Hariri attuale Premier si è dimostrato finora molto debole al punto da formare un Governo associando l’Hizbollah nel suo seno, dopo che l’esercito libanese aveva dimostrato la sua netta inferiorità in scontri armati con l’Hizbollah. Hariri-figlio fa pressioni perchè il Tribunale non pubblichi la sua sentenza. Sono accorsi a Beirut il re dell’Arabia Saudita Abdullah bin Abdulaziz, “padrino” di Hariri e Bashar el Assad, Presidente siriano da tempo sostenitore dell’Hizbollah. Il re Saudita che aveva sostenuto Hariri padre, pensa ora che sia più importante salvaguardare la fragile stabilità libanese che non rivendicare la memoria del defunto.
Il Premier Assad dal canto suo continua ad appoggiare l’Hizbollah e lo ha regolarmente rifornito in armi iraniane transitate per Damasco. L’Hizbollah in contrasto con la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha provveduto a riarmare i propri accoliti nel Libano meridionale e potrebbe cercare ora un diversivo provocando qualche incidente alla frontiera con Israele. La presenza formale dell’Unifil, le truppe dell’Onu, non da nessun fastidio all’Hizbollah che le mantiene fuori della zona controllata da tale organizzazione terroristica.
Più a sud dopo il razzo “Grad” contro un quartiere di abitazione ad Ashkalon, sabato
è arrivato un altro razzo a Sderot ed ha colpito il College Sapir, per fortuna vuoto a
quell’ora e nel giorno festivo.

Sergio Minerbi


Vacanze israeliane per il cestista statunitense Amar Stoudemire

stoudemireUn viaggio alla ricerca delle proprie origini: è quello intrapreso da Amar Stoudemire, tra i volti più noti del basket nordamericano, che in questi giorni si trova in Israele dove sta trascorrendo una settimana di ferie. Nato da madre ebrea, Stoudemire non ha mai approfondito più di tanto (“sono una persona spirituale piuttosto che religiosa”) le proprie radici. Anche se le vacanze in Eretz Israel, annunciato dal neoacquisto dei Knicks via Twitter, “sono un sogno che si realizza”. Era delle sue priorità d’altronde: “Israele è sempre stato in cima alla lista dei paesi che volevo visitare e quando si è presentata la possibilità non ho voluto rimandare la visita”, racconta la star della Nba al Jerusalem Post. Cena con la ragazza in un ristorante kasher di Gerusalemme subito paparazzata dai fotografi, Amar spiega ai giornalisti il senso del suo viaggio: “Sono in Israele per visitare luoghi straordinari, imparare qualche parole di ebraico, approfondire le mie origini e riposarmi in vista della nuova stagione agonistica”. Ricaricare le pile per essere al top: Stoudemire si candida a essere uno dei grandi protagonisti della prossima Nba. Dopo otto stagioni con i Phoenix Suns coronati dagli splendidi playoff del 2010 che hanno portato il team alla finale di Western Conference, dal 5 luglio Amar si è trasferito (100 milioni di dollari spalmati in cinque anni il suo faraonico contratto) ai New York Knicks, la squadra della città più ebraica degli Stati Uniti. “Forse è anche per questo che mi trovo qua”, scherza il gigante di Lake Wales con la stampa. Nel frattempo cresce la febbre tra gli appassionati israeliani, che dopo Omri Casspi, primo cestista israeliano a giocare nella Nba (l’ex baby fenomeno del Maccabi Tel Aviv veste la casacca dei Sacramento Kings), hanno trovato un altro campione per cui fare il tifo.

Adam Smulevich
 
 
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  Davar Acher - Miscele esplosive

ugo volli Si fa fatica oggi, almeno stando qui in Italia, a credere nella possibilità dell'antisemitismo, quello vero, attivo, genocida che conobbero i nostri padri o nonni. Nell'Europa democratica e pacificata ci sentiamo a casa. Tendiamo ad attribuire gli episodi di odio e aggressione che subiamo ogni tanto a ricadute del conflitto mediorientale, quindi all'ambito del conflitto politico col mondo islamico, o a regressioni nell'idiozia di persone che non hanno capito la nostra fondamentale appartenenza a questa Europa, la nostra adesione ai valori espressi dalla variante progressista della cultura occidentale. Vorrei suggerire che vale la pena di pensarci meglio. Nel 1916, mentre gli eserciti europei si distruggevano in trincea, un filosofo di vaglia come Hermann Cohen, discendente di una famiglia rabbinica ed egli stesso profondamente coinvolto – a modo suo, beninteso - nel pensiero e nella religione ebraica, pubblicò un libro - “Deutschtum und Judentum“, "Germanità ed ebraismo" -, in cui proponeva intorno all'idea del messianesimo e all'etica del dovere un'identità fondamentale delle due culture, di cui presto una avrebbe sbranato l'altra. L'obiettivo di Cohen era appoggiare la Germania in guerra, come fece Tomas Mann con le "Considerazioni di un impolitico" e allo stesso tempo legittimare l'ebraismo come elemento tedesco agli occhi dei nazionalisti che ne diffidavano. L'antisemitismo gli sembrava un elemento minore o resideuale della cultura tedesca, da battere con la lealtà allo Stato e la pedagogia della ragione. Il sionismo, ai suoi occhi come a quelli di molti ebrei del suo tempo, era un pericoloso tradimento, che rischiava di mettere in pericolo l'ideale insediamento ebraico emancipato nella civile Europa. L'anziano filosofo, per sua fortuna fece in tempo a vedere la sconfitta dell'impero guglielmino ma non l'avvento del nazismo.
Non rischiamo di essere noi stessi oggi in una posizione analoga? L'identificazione dell'ebraismo europeo e americano con il progresso civile e sociale delle società in cui vivono, con valori come la giustizia sociale e l'emancipazione dei popoli, non rischia di essere altrettanto illusorio? E soprattutto, è davvero morto con le giornate della memoria e le visite ad Auschwitz e i musei della Shoà e i bigliettini papali nel Kotel l'antisemitismo, quello profondo, che si cerca una base culturale antica? C'è da dubitarne. Vorrei oggi dare solo un indizio di tipo culturale. Il 29 luglio scorso il molto rispettabile quotidiano Liberal, di area Udc, diretto da Ferdinando Adornato (dopo la scomparsa di Renzo Foa, primo direttore), nel cui comitato di redazione siede Rocco Buttiglione, ha pubblicato un articolo di Ernst Nolte, reperibile nella rassegna stampa del Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it
In realtà una lunga recensione del libro di E. Michael Jones "The Jewish Revolutionary Spirit" in cui si leggono frasi del genere: "L'autore, E. Michael Jones, intitola il primo capitolo La Sinagoga di Satana , riferendosi ai passaggi contro gli ebrei del Vangelo di Giovanni, mentre il quarto capitolo ha come titolo The Revolution arrives in Europe, con cui si intende il movimento hussita, e il giudizio sui taboriti è particolarmente negativo, come del resto quello su Thomas Miintzer, sugli anabattisti di Miinster, e in generale sulla Riforma. In tutti i casi Jones sottolinea l'influenza ebraica, e non solo quella dell'Antico Testamento, e non pochi passaggi suscitano l'impressione di provenire da una raccolta di testi antisemiti. Ma questa impressione è sbagliata, perché Jones si appropria qui delle linee fondamentali dell'interpretazione cattolica e della sua posizione molto critica nei confronti degli ebrei. Essa tuttavia, nonostante le numerose asserzioni contrarie, non è mai stata antisemita nel senso di un giudizio sul piano etnico o razziale , ma si fonda sulla decisione di alcuni ebrei, sebbene certamente non si tratti di pochi. di non riconoscere Gesù Cristo come Messia, e anzi di rifiutano fino alla crocifissione. Non c'è quindi alcun dubbio sul fatto che Jones potrebbe senza alcuna riserva ammettere fra i cristiani un ebreo convertito al Cristianesimo, cosa che nessun antisemita accetterebbe mai. La particolarità e l'eccezionalità di questo libro stanno piuttosto nel fatto che l'autore ha il notevole coraggio di fare propria una concezione per così dire cattolica tradizionalista, respinta persino dalla Chiesa Cattolica del Concilio Vaticano Il, e di proporre un'ampia interpretazione della storia in cui la maggior parte di ci che viene considerato generalmente uno sviluppo positivo viene rovesciato e valutato come un'opposizione alla Chiesa Cattolica. [...] Il libro è diretto inoltre contro il millenarismo terreno e i falsi Messia , che molto difficilmente avrebbero potuto farsi strada e guadagnare credito senza il decisivo aiuto delle forze ebraiche , intese come ostili a Cristo. Rendere noti e descrivere questi rapporti conferisce un valore storico al libro, che è estremamente ricco di notizie, e sebbene Jones sia molto lontano dallo sminuire la durezza delle persecuzioni degli ebrei nell'Europa cristiana, non tralascia di considerare le responsabilità degli stessi ebrei nell'origine di esse. Gli ebrei non appaiono ai suoi occhi un popolo meramente perseguitato di paria, ma una potenza storica mondiale, come i marranos che in Spagna furono vicini a prendere il potere, o come i profughi che resero Anversa la capitale dell'economia mondiale. L'influenza ebraica era già rintracciabile nella Rivoluzione Francese, ma secondo Jones gli ebrei giocarono un ruolo significativo anche nella Rivoluzione europea del 1848, e la loro partecipazione costituì un importante impulso per la Rivoluzione Russa, che produsse come contraccolpo la reazione (uguale se non ancora più terribile) del nazionalsocialismo tedesco. [...] Nelle ultime frasi del libro, a pagina 1076 ss. si legge quanto segue: «Gli ebrei non sono mai stati più potenti; la Chiesa, antagonista della sinagoga di Satana, non è mai stata più debole. Ma le apparenze possono ingannare. Benedetto XVI, autore del Dominus Iesus, ha detto persino prima di divenire papa che rimaneva in attesa della conversione degli ebrei. L'inversione di tendenza era nell'aria» [...] Ma sarebbe corretto dire questo: la contrapposizione tra la vecchia religione ebraica e quella cristiana più giovane è stata una delle più lunghe e significative della storia del mondo, e ci sono stati momenti in cui la vicenda dell'ebraismo è apparsa priva di prospettive. Oggi è la situazione della Chiesa Cattolica ad apparire senza prospettive, anche perché gran parte dell'ebraismo è stato vittima di un tentativo di annientamento condotto da un uomo che, pur avendo condannato in dichiarazioni non ufficiali il cristianesimo già nel 1920 come nemico della vita, era tuttavia cresciuto in un ambiente cattolico, dal quale aveva potuto trarre e utilizzare in chiave antisemita alcune critiche all'ebraismo. Sembra non esserci altra via d'uscita se non quella di una giudaizzazione come fondamento del futuro cristiano, eventualità che Jones descrive sempre in termini negativi. Ma è una dimostrazione di grande coraggio non ignorare una delle linee guida di duemila anni di storia mondiale, ma, contro tutte le ragionevoli speranze e aspettative, riprenderla nuovamente, per verificare se ciò che sembra negativo e senza prospettive abbia anche correnti positive, che possano contrastare un'affrettata dimenticanza e un'interpretazione semplicistica. Il risultato difficilmente corrisponderà alle aspettative dei combattenti della resistenza, ma potrebbe apportare nuove intuizioni e prospettive alla mancanza di alternative di un pensée unique, soddisfacendo inoltre i principi della scienza meglio dell'infinita ripetizione di formule vere solo in parte. Perciò credo che sia opportuno congratularsi con l'autore di questo libro."
Mi scuso della citazione molto ampia. Ma che questo testo sia stato pubblicato su un giornale di centro cattolico (che peraltro conta fra i suoi collaboratori anche Tariq Ramadan, senza suscitare, a quel che ne so, né critiche né polemiche, che il suo autore sia uno storico assai discusso per l'idea della "guerra civile europea" e del nazismo come semplice reazione al bolscevismo, ma rispettato negli ambienti conservatori, è certamente un segnale, come l'interpretazione di Jones del papato attuale, che Nolte appoggia. Vi sono oggi le condizioni di un antisemitismo militante, che mette insieme ex- e neo-comunisti, conservatori radicali o neo-fascisti, e naturalmente militanti islamici, il cui odio per gli ebrei è giustificato dal terzomondismo progressista dominante. E' una miscela esplosiva, contro cui non bisogna smettere di vigilare.

Ugo Volli
 
 
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La guerra degli ebrei per le aragoste

aragosteDa una parte il cappellone nero e la barba candida di Rav Shlomo Bekhor, rabbino Chabad-Lubavitch, uno dei movimenti ortodossi dell’ebraismo; dall’altra Rav Haim Fabrizio Cipriani, guida religiosa della comunità ebraica «riformata» e progressista Lev Chadash di Milano e Roma. Tra i due contendenti, inconsapevole e involontaria pietra dello scandalo, l’aragosta. O meglio le proibitissime e «succulente aragoste » che - denuncia poche settimane fa Rav Bekhor in una mail spedita ai suoi seguaci - alcuni testimoni gli assicurano essere state mangiate proprio nella sinagoga riformata e proprio nella cena rituale di Pesach, la Pasqua ebraica. L’accusa, per gli ebrei osservanti, è tra le più gravi: l’aragosta, come tutti i crostacei, è infatti alimento vietato perché non kasher, ossia non conforme ai precetti della Torah. Rav Bekhor non lesina le ironie, parlando del «salto di qualità» che avrebbero fatto gli ebrei riformati: se agli ultimi Mondiali, palloni che hanno passato la linea di porta non sono diventati goal - scrive - nella sinagoga Lev Chadash si è riusciti invece a «fare superare all’aragosta la linea della kasherut». La reazione degli accusati è netta. Ugo Volli, semiologo e presidente della sinagoga «riformata», prima scrive direttamente al rabbino ortodosso parlando di «insinuazione gravissima e insultante» e spiega che quanto da lui raccontato «ha il difetto di essere completamente falso. Non c’erano aragoste, crostacei, o alcun cibo non kasher al nostro seder». E al cronista fornisce la prova regina con una battuta: «Al di là di tutto, le pare che a una cena da venti euro a testa avremmo mai servito aragosta!?». Dopo un acceso scambio di missive - dove gli attacchi personali si mescolano a raffinate disquisizioni teologiche - Volli ricorre assieme a Cipriani alle più alte autorità religiose con richiesta di convocazione immediata al Bet Din, il tribunale rabbinico, e di risarcimento danni. Vuole - come scrive in una lettera al rabbino capo di Milano Rav Alfonso Arbib - soddisfazione per «la menzogna propagata da Rav Bekhor», che «ci diffama gravemente » e chiede un risarcimento di 5000 euro da devolvere a un’associazione benefica. La querelle teologico-alimentare - «la guerra dell’aragosta», come è stata già ribattezzata - agita e in qualche caso fa sorridere la comunità ebraica. Ma dietro il caso che scalda gli animi ci sono anche e soprattutto le difficoltà di convivenza - a Milano come nel resto d’Italia - tra le diverse anime dell’ebraismo. Sia all’interno della comunità ortodossa che in Italia - ma non nel resto del mondo - è maggioritaria e in cui si riconosce la maggioranza dei circa settemila iscritti milanesi, che a sua volta si può dividere sommariamente in tre grandi aree: i tradizionalisti e i «mistici» chassidici cui appartengono anche i Lubavitch, e gli ortodossi «moderni». Fuori dalla comunità ortodossa ci sono invece, tra gli altri, gli ebrei «riformati », aperti ad esempio all’uguaglianza tra sessi, che a Milano contano qualche centinaio di aderenti e sono spesso scelti anche da chi - per vicende personali come il caso classico di figli di coppie «miste» - trova difficoltà nell’essere accettato dalle sinagoghe più tradizionaliste. Tensioni che non sono a senso unico. C’è la giovane di padre ebreo e madre convertita in un’altra comunità italiana, da decenni iscritta alla comunità, che si vede negare la circoncisione per il figlio appena nato. Ma c’è anche il caso recentissimo delle improvvise dimissioni di Rav Roberto Colombo e di sua moglie Anna Arbib, pilastri della scuola ebraica di Milano; dimissioni che la vox populi vuole decise dopo l’elezione alla guida della comunità, in maggio, di una maggioranza più laica e meno tradizionalista che in passato. «In Italia il problema della diversità è più sentito che in altri paesi anche perché si applica a un contesto con una sola comunità in ogni territorio all’interno della quale devono convivere giocoforza diverse anime», spiega Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti Cultura e Informazione dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane. Dunque, invece che una miriade di comunità sull’esempio Usa, un ebraismo ortodosso in rapporti spesso difficili con chi segue strade diverse. E con l’aumentare dei matrimoni misti le tensioni sembrano destinate ad aumentare. «Gli ortodossi - commenta David Bidussa, direttore della biblioteca della Fondazione Feltrinelli ed aderente alla comunità ortodossa - credono che la via più facile per salvare la comunità sia quella di mantenerla come comunità di “puri”, mentre il passato ci insegna che è l’”ibridazione” a salvarla.

Francesco Manacorda, La Stampa, 1 agosto 2010

Woody Allen le ha usate per vendicarsi con Madoff

L’ aragosta proibita dev’essere parsa più credibile della mela, come tentazione, se anche Woody Allen, in un memorabile racconto uscito sul New Yorker tempo fa, l’ha usata come sorta di contrappasso ebraico per «cucinare » la vendetta contro il finanziere truffatore di tanti ebrei (e ebreo lui stesso) Bernie Madoff. Protagoniste due sue vittime: un dentista morto d’infarto e un suo amico che ha scelto il suicidio dopo il crac. Woody Allen li resusciterà entrambi in a r a g o s t e che, pescate nel Maine, si ritrovano assieme nella vasca di un ristorante dell’Upper East Side. Entrambi sono ebrei e si chiedono se è così, cioè proprio da aragoste, che tocchi loro di finire dopo aver condotto una vita onesta. Dopo una riflessione su come il Signore operi in modo strano, i due truffati-crostacei vedono dal vetro della vasca il loro truffatore accomodarsi a un tavolo con la consorte «sobriamente » ingioiellata. Rabbia e sconcerto finché Madoff non si avvicina col cameriere alla vasca per scegliere cosa farsi cucinare. Naturalmente sceglie i suoi clienti-aragoste, che con le code riusciranno a rovesciare la vasca e a scarnificare con le chele il naso e la faccia di Madoff. «Ogni mese ricevevo il suo estratto conto», commenterà l’aragosta vendicatrice, «e sapevo che quei numeri erano troppo belli per essere kosher...». 

S.R.V. La Stampa, 1 agosto 2010

 
 
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Sorgente di vita - Speciale  Giornata della Cultura Ebraica
logo sdvLa puntata di Sorgente di vita di domenica 1 agosto apre con la presentazione della XI Giornata Europea della Cultura Ebraica che sarà il 5 settembre prossimo. Un invito a visitare sinagoghe, musei, centri culturali, cimiteri, alla scoperta delle tradizioni, degli usi e dei beni culturali ebraici. Il tema di quest’anno è Arte ed ebraismo: il secondo servizio di questa puntata è dedicato ad un artista, Emanuele Luzzati. Scenografo, costumista, disegnatore, pittore, illustratore, si svela attraverso le opere esposte in una mostra  all’Auditorium di Roma, accompagnate dai ricordi di chi l’ha conosciuto ed i commenti dei bambini affascinati dal suo mondo magico. Segue poi un itinerario nella Ferrara ebraica: sfogliando le pagine dei romanzi e dei racconti di Giorgio Bassani, si snoda un percorso che va dalla sinagoga al giardino dei Finzi Contini, dalla lapide in via Mazzini al cimitero ebraico, dai campi da tennis alla scuola ebraica, con tante suggestioni tra realtà e finzione letteraria.
Chiude un servizio sul Tempio ebraico di Firenze con l’inaugurazione del restauro, durato quindici anni, e della nuova illuminazione. La cupola di rame, i marmi, le decorazioni della bella sinagoga ottocentesca, centro della vita della comunità ebraica fiorentina vengono valorizzati come patrimonio culturale e artistico della città. Sorgente di vita va in onda domenica 1 agosto alle ore 1,20 circa su Raidue.
La puntata verrà replicata lunedì 2 agosto alla stessa ora e lunedì 9 agosto alle 7 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche online.
p.d.s.



Chelsea e Mark, doppio rito per il matrimonio dell'anno
New York,  1 ago -
chelsea clinton1Matrimonio sotto la chuppah per la trentenne Chelsea Clinton, figlia dell'ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e il giovane finanziere della Goldman Sachs Marc Mezvinsky. La cerimonia è stata celebrata con rito interreligioso dal reverendo William Shillady e il Rav James Ponet visto che Chelsea è metodista e Mark ebreo. Lo sposo proviene da una famiglia abbiente dell'Iowa ed è un investment banker del mostro bancario mondiale Goldman Sachs. Marc è il figlio dell'ex deputato e uomo d'affari Edward Mezvinsky e della ex giornalista del NBC, ex deputato Marjorie Margolies. Durante la cerimonia che si è svolta sabato sera prima del termine dello shabbat, il Rav James Ponet ha cantato le Sheva Berachot (sette benedizioni) recitate nei matrimoni ebraici tradizionali dopo lo scambio degli anelli. chelsea clinton
Ponet, è un un rabbino riformato, capo del Joseph Slifka Center for Jewish Life a Yale dal 1981. Attualmente è insegnante di un seminario universitario con il Dr. Ruth Westheimer su "La famiglia nella tradizione ebraica". Lui e sua moglie Elana tengono anche discussioni settimanali nella sala da pranzo dello Slifka Center sul valore della pace nella vita e nel pensiero ebraico.
 
 
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