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L'Unione informa
 
    3 agosto 2010 - 23 Av 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  roberto della rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino
La pausa estiva è spesso un’occasione per ipotizzare progetti per l’anno a venire. Chi governa gli organismi comunitari si lascia troppo spesso assillare dalle cosiddette emergenze di gestione, da scadenze amministrative e finanziarie che non permettono una riflessione adeguata sui destini dell' ebraismo italiano e soprattutto sulla necessità di un  progetto globale e di un punto di riferimento definito al quale tutto il lavoro dovrebbe essere finalizzato. L’opposto corrisponde ad una logica distorta. Non sono i progetti che devono essere subordinati alle esigenze amministrative, ma queste ultime che devono piuttosto essere confacenti agli obiettivi da raggiungere. Ciò che occorre è che vengano elaborati dei progetti da sottoporre a periodiche verifiche e che tengano conto della situazione oggettiva ma che non si facciano divorare da questa. A volte il timore, la mancanza di un po' di fantasia e di intraprendenza sono alla base dell’immobilismo. “…lo alècha hamelachah ligmor, velò atta ben chorin lehibbatel mimmenna…..”, “ ... non spetta a te portare a termine l’opera, ma neppure sei libero di esentartene…” (Pirqè Avot, 2; 16).
C'è un momento in cui rimanere chiusi nel bocciolo diventa più doloroso che uscirne. (Anais Nin) Vittorio Dan Segre,
pensionato
vittorio dan segre  
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  Europei basket: Italia - Israele, finisce male per gli azzurri

basketEsordio da dimenticare e strada che si fa in salita per i padroni di casa, colpaccio esterno che aumenta le chance di leadership nel girone per gli ospiti: il match che ha visto di fronte la nazionale italiana e quella israeliana di basket nella prima giornata di qualificazione ai campionati europei del 2011 in Lituania dà alcune indicazioni importanti sugli esiti futuri del raggruppamento (si qualificano senza ulteriori ostacoli solo le prime e le due migliori seconde dei vari gruppi). Il Palaflorio di Bari, gremito da circa 5000 spettatori illusi di poter assistere al riscatto dei propri beniamini dopo le ultime disastrose annate del basket tricolore, si svuota tra la delusione della gente. Belinelli & Bargani, la coppia targata Nba che avrebbe dovuto far sognare i tifosi pugliesi, regala qualche colpo di alta scuola ma il pur fondamentale apporto dato dai due talenti da esportazione non basta per trascinare gli azzurri alla vittoria: i ragazzi di mister Pianegiani, che forse avrebbe fatto meglio a non cedere alle lusinghe della federazione per non offuscare gli straordinari successi ottenuti in terra senese, perdono male (71-79) con Israele dopo essere stati sotto (fino a meno 16) per la tutta la partita. Qualche sporadico tentativo di rimonta ma poca roba: non è ancora vera Italia o molto più semplicemente Israele è di gran lunga superiore alla vincibile armata che è allo stato attuale la rappresentativa dello Stivale. A fare la differenza sul parquet barese alcune individualità rodate e di livello come Casspi, l’ex bolognese Bluthenthal e Halperin (chiamato al riscatto dopo una stagione da panchinaro), oltre a una precisione quasi chirurgica nei tiri da fuori e un migliore assetto difensivo. Adesso per entrambe le compagini un banco di prova importante che ne misurerà le velleità europee: la nazionale lettone, che giovedì sera affronterà gli azzurri davanti al pubblico amico e domenica sarà ospite degli israeliani. Per la coppia Be & Ba è già dentro o fuori, per Casspi e compagni una preziosa opportunità di consolidamento del primato.

 

Adam Smulevich

 
 
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  Regole di vita

tobia zevi A me pare che l’«affaire-aragosta» sia particolarmente interessante. Chiariamo i fatti: sembra ovvio che l’accusa mossa a Lev Chadash - aver mangiato aragosta durante il seder di Pesach - sia falsa. L’«Associazione per l’ebraismo progressivo» ha sporto denuncia al Bet Din di Milano per diffamazione, e se, come pare probabile, avrà ragione, destinerà i soldi del risarcimento in beneficenza.
Il lettore non ebreo avrà una certa difficoltà a comprendere la gravità dell’accusa. L’osservanza delle regole è centrale nell’ebraismo, e questo ci differenzia dai fedeli di altre confessioni. Da questo punto di vista l’«affaire-aragosta» ben sintetizza un elemento portante dell’ebraismo: D-o, così come il diavolo, si annida nei dettagli, ed è a quelli che noi dobbiamo prestare attenzione. Non esiste una mizvà marginale e una fondamentale, poiché l’ebraismo si sostanzia nella ritualità quotidiana. Basti pensare che lo shabbat – ovvero la regolarità – è insieme a Kippur la più importante delle festività (Shabbat shabaton), come a dire che non serve cercare picchi di santità assoluta, quanto piuttosto un livello costante e possibilmente crescente di moralità.
Ma è interessante anche la replica di Lev Chadash all’accusa infamante. «Mai ci saremmo sognati di fare una cosa del genere». Perché, verrebbe da chiedersi? Non sarebbe tutto sommato logico che chi si propone di reinterpretare le mizvoth possa immaginare di mangiare i frutti di mare? Il bello è proprio qui: in un meccanismo squisitamente ebraico, che sottopone la lettera della norma a ogni tipo di interpretazione, non può esistere una contrapposizione tra ebrei – anche organizzati - che si concretizzi in una dialettica bianco-nero. «Noi rispettiamo tutte le mizvoth e noi nessuna». Tra ebrei si discute sulla modalità di osservanza, si contratta, si approfondiscono gli aspetti fondamentali, si tentano soluzioni creative. Nessuno potrà mai ebraicamente sostenere, alla maniera del figlio rashà (malvagio) durante il Seder di Pesach: «Questo precetto non è importante, a me non interessa!».
Insomma, chi non considera semplicemente buffa la produzione di gamberi di merluzzo per avere frutti di mare kosher, ma che coglie in questo lo spirito creativo e originale dell’ebraismo, in cui anche il divieto va sezionato e interpretato, non sorriderà dell’«affaire-aragosta». Perché un ebraismo capace di discutere e di mediare, è un ebraismo che saprà restare unito.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas 
 
 
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La Siria impone a Beirut la «stabilità» iraniana
Niente suona più futile della parola «stabilità» usata ad abbondanza dall'inusuale duo saudita siriano mostratosi in visita a Beirut la settimana scorsa: Hezbollah si frega la mani, mentre cadono missili terroristi su Eilat in Israele e su Aqaba in Giordania, mentre su Hamas piomba un missile che fa 24 feriti di probabile provenienza Hezbollah, mentre palestinesi e israeliani si agitano sulla eventuale ripresa di colloqui. E insieme, strana coppia, si presentano a Beirut Abdullah, il re saudita, e Bashar Assad. il presidente siriano, per una perorazione comune che secondo loro dovrebbe salvare il Libano: «Chiediamo di non pubblicizzare le scoperte del tribunale incaricato di scoprire chi è l'assassino di Rafik Hariri, pena uno scontro micidiale che travolgerà il Libano». Insomma: salviamo Hezbollah, principale fonte di instabilità a Beirut. Perché i due vengono insieme a tentare di bloccare le rivelazioni del tribunale di Antonio Cassese? I due rappresentano fronti opposti, Bashar Assad, amico intimo dell'Iran e suo tramite nell'armare di missili il maggiore braccio mediorentale di Ahmadinejad, Hezbollah, e anche nell' ospitare e aiutare l'altro migliore amico dei mullah, Hamas. [...]

Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 3 agosto 2010

Razzi di Hamas contro la Giordania per sabotare i negoziati
Gerusalemme. Ai primi segnali di una ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi, l'estremismo islamico ha lanciato la sua offensiva. Ieri mattina a finire nel mirino è stata la città di Eilat, il paradiso turistico d'Israele sul Mar Rosso, solitamente ai margini del conflitto. La pioggia di missili diretta su Eilat di prima mattina ha quasi completamente mancato il bersaglio, e uno dei razzi è esploso nella zona alberghiera della vicina città giordana di Aqaba, uccidendo un tassista e ferendo altre quattro persone. Soltanto uno dei missili ha colpito Israele, senza provocare danni, e altri tre sono finiti in mare. Le autorità israeliane e giordane ritengono che l'attacco sia partito dalla penisola del Sinai, territorio egiziano dove pullulano gruppi legati ad al Qaida e trafficanti d'armi. Il Cairo ha smentito, ma non è la prima volta che il golfo che ospita Aqaba ed Eilat viene colpito dal Sinai: ad aprile due razzi avevano raggiunto la zona. L'episodio di ieri segna un allargamento dell'escalation di violenza iniziata la settimana scorsa più a nord, nella Striscia di Gaza, con il lancio di un razzo Grad, lo stesso tipo utilizzato nell'attacco su Eilat, sulla città israeliana di Ashkelon. E' probabile che dietro il lancio non ci fosse Hamas, ma uno degli altri movimenti attivi nella Striscia, come i Comitati di resistenza popolare, legati all'Hezbollah libanese, o gruppi d'ispirazione qaidista. Israele ha risposto duramente, bombardando obiettivi di Hamas nella notte tra venerdì e sabato per lanciare un segnale: chi controlla la Striscia sarà ritenuto responsabile di ogni attacco da essa proveniente. [...]

Il Foglio, 3 agosto 2010

Attacco al turismo israeliano
Dal Sinai egiziano? La domanda che inquieta le autorità israeliane ed egiziane non ha ancora trovato risposta. Ma è la stessa che si sono posti i media della regione, arabi e israeliani: da dove sono stati sparati i cinque razzi che ieri hanno colpito la città giordana di Aqaba e quella israeliana di Eilat? Israele sospetta che l'attacco sia stato sferrato dal Sinai egiziano, un'area controllata dalle tribù di beduini, molte delle quali dedite al contrabbando con la Striscia di Gaza, e dove si nascondano pericolosi gruppi islamici. La Giordania, l'unico paese arabo, insieme all'Egitto, che riconosce Israele, si è limitata a condannare l'attacco, ribadendo l'impegno nella lotta al terrorismo. Le autorità egiziane, più volte criticate per la loro perdita di autorità in Sinai, sono invece scettiche: «I soli colpi che possono essere sparati dal Sinai sono i mortai, in grado di volare sopra le alture», ha risposto Abdel Fadeel Slousa, governatore del sud del Sinai. [...]

Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore, 3 agosto 2010



Quell'attacco di Peres agli «antisemiti» inglesi
Dicono gli inglesi: «L'antisemita è uno che odia gli ebrei più del necessario». Battuta assai british, ma in bocca al presidente israeliano Shimon Peres soprattutto mentre accusa i sudditi di Sua Maestà proprio di quello spiacevole vizietto diventa, ovviamente, uno scandalo internazionale. Il vecchio Shimon si è dunque fatto un bel regalo di compleanno (è nato a Visneva, attuale Bielorussia, cognome Perski, il 2 agosto di 87 anni fa): la lunga intervista con lo storico Benny Morris per il sito Tablet, un'infinità di «rospi» sputati fuori dopo una vita all'insegna della diplomazia che si addice agli statisti nonché premi Nobel (per la Pace, 1994). L'ex delfino del mitico David Ben Gurion, uno dei pochissimi rappresentanti viventi del primo establishment ashkenazita socialista - i pionieri - ha detto papale papale che «gli inglesi sono antisemiti da sempre», che «il prossimo problema è/sarà la Gran Bretagna, dove ci sono milioni di elettori islamici che fanno la differenza tra eleggere e non eleggere un deputato». Sotto accusa è il premier David Cameron, colpevole di avere pronunciato davanti al Parlamento turco la frase «Gaza è un campo di prigionia» durante una recente visita di (troppa?) cortesia al collega Erdogan. In realtà, è da qualche anno che la comunità ebraica inglese denuncia la miscela esplosiva fra tradizionale antigiudaismo tory e trend antisionista laburista. [...]

Stefano Jesurum, Il Corriere della Sera, 3 agosto 2010

 
 
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notizieflash    
 
 
Confermata la provenienza dei razzi esplosi su Eilat e Akaba    
Amman, 3 ago -
 Un alto responsabile giordano, vicino all'indagine ha dichiarato oggi che la Giordania ha "le prove" che il razzo esploso ieri ad Aqaba, facendo un morto e cinque feriti, proveniva dalla penisola egiziana del Sinai."Possiamo affermare adesso, senza esitazione, che il razzo Grad proveniva dal Sinai. L'indagine ne ha fornito le prove", ha dichiarato sotto copertura di anonimato. Ieri un razzo Grad ha colpito la città costiera di Aqaba, limitrofa alla località balneare israeliana di Eilat. L'alto responsabile giordano ha sottolineato che Amman ha "sospetti molto forti sull'identità del gruppo responsabile di questo attacco", ma si è rifiutato di farne il nome almeno "per il momento".


 
 
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