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L'Unione informa |
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4 agosto 2010 - 24 Av 5770 |
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alef/tav |
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova |
“Guarda,
Io pongo davanti a voi la benedizione e la maledizione; la benedizione
(si verificherà) quando osserverete le mitzwoth dell’Eterno vostro Dio,
che Io vi comando hayom - oggi.”(Duteronomio 11:26-27). Nei versetti
citati potrebbe sembrare che la parola “oggi” sia superflua. Questo può
accadere se consideriamo il termine nella sua accezione temporale. Se
invece la interpretiamo allegoricamente, possiamo trarre un
interessante insegnamento. Il Signore sa bene che il popolo d’Israele
può incontrare delle difficoltà quando la visione spirituale (Torà)
s’intreccia con quella materiale (‘Avodà). C’è chi sceglie, a
volte, di seguire solo una delle due. La parola “hayom – oggi”
rappresenterebbe, quindi, un invito a raggiungere una visione d’insieme
necessaria per superare tali difficoltà. Come “l’oggi – hayom” è
composto da giorno e notte, e l’uno non sussiste senza l’altra, così
“la via dell’Eterno - Derekh Hashem” è composta di Torà e ‘Avodà, e
l’una non sussiste senza l’altra. La benedizione si verificherà quando
si avrà la capacità di riconoscere il giusto collegamento tra le due
visioni.
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Anche il corpo di un santo è fatto di carne. (Baal Shem Tov) . |
Alfredo Mordechai Rabello, giurista |
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davar |
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Un numero verde contro il terrorismo suicida
Per
il governo tedesco, dare il proprio appoggio ai musulmani che si
oppongono ai loro correligionari estremisti e fondamentalisti
rappresenta un'assoluta priorità. Per questa ragione, in Germania, è
stato attivato Hatif, in arabo telefono, un servizio hotline per la
prevenzione del terrorismo suicida. La commissione del governo federale
che ha curato il progetto dichiara che il “principale obiettivo è
quello di combattere la violenza praticata in nome dell'Islam”. La
gestione dell'iniziativa è affidata ai servizi segreti di Berlino, i
quali hanno insistito con la componente politica della commissione per
mantenere riservati i dati sugli investimenti monetari e umani.
Congiuntamente l'intelligence teutonica sta lavorando anche ad un
programma di protezione per chi denuncerà e testimonierà la trame delle
organizzazioni terroristiche, e anche per i pentiti. “Vogliamo aiutare
chi, coinvolto negli ambienti dell'Islam radicale e violento, vuole
tentare di uscirne”, dichiarano i servizi. La loro stima è che in
Germania vivano e siano attivi trentaseimila estremisti, di cui alcuni
potenzialmente violenti, su una popolazione islamica di oltre quattro
milioni. Isolare le frange più movimentiste all'interno della comunità
musulmana è la scelta strategica del nuovo governo federale. Il
servizio Hatif,per rivolgersi ad un pubblico moderato il più allargato
possibile, funzionerà in tedesco, arabo e turco. L'auspicio è che
l'esempio lanciato da Berlino sia seguito in tutto il mondo, islamico e
occidentale. “Puntare sulla prevenzione è – spiegano i tedeschi – la
strategia vincente”. Attualmente programmi simili non esistono in
Europa: cercare di facilitare le cose a chi vuole voltare la faccia al
terrorismo per abbracciare un Islam più pacifico è la lezione che viene
dalla Germania.
Manuel Disegni
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pilpul |
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Solidarietà apparente
Il
popolo palestinese ha ricevuto dalla storia, negli ultimi decenni, la
singolare condizione di destinatario di un apparente movimento di
solidarietà straordinariamente vasto e radicato. Cortei e
manifestazioni pro Palestina si sprecano, nei cinque continenti, la
bandiera palestinese appare sventolata di continuo, anche in adunate
convocate per tutt’altre ragioni, riprodotta sui muri di scuole, mense,
collettivi, Università, documenti di solidarietà al popolo palestinese
sono votati e approvati in assise di ogni formato, dalle Nazioni Unite
al più sperduto Consiglio municipale, le sofferenze palestinesi sono
continuamente evocate, con toni accorati, da esponenti politici e
intellettuali di tutti i generi. Ed è un appoggio assolutamente
trasversale, in nome del quale appaiono affiancati rappresentanti delle
più diverse e opposte aree di pensiero, che mai potrebbero trovare, in
nessun modo, un qualsiasi altro punto di possibile convergenza: estrema
destra ed estrema sinistra, zelanti sacerdoti e atei anticlericali,
trasgressivi antisistema e benpensanti perbenisti. Tutti uniti, tutti
insieme, tutti amici della Palestina. Solidarietà
apparente, abbiamo detto, perché di aiuti concreti, in genere, c’è ben
poco. Tutti, soprattutto, anche i bambini, sanno che, dietro tale
imponente mole di finto amore, c’è qualcos’altro. E tutti sanno di che
si tratta. Sarebbe pertanto offensivo, nei confronti dei palestinesi,
ritenerli non consapevoli della natura decisamente falsa e pelosa di
tale simpatia, puntuale dimostrazione del vecchio principio secondo cui
“i nemici dei miei nemici sono miei amici”. La
domanda che si pone, però, è se i palestinesi, diretti destinatari di
tale strombazzata solidarietà, ritengano di poter ricevere da essa un
qualche, sia pur indiretto, beneficio sul piano delle loro aspirazioni
ed esigenze. La domanda non riguarda quei palestinesi – che, purtroppo,
non sono pochi – che praticano o appoggiano il terrorismo, giacché è
evidente che costoro si sentono legittimati e incoraggiati dai vari
movimenti pro Palestina, dal momento che questi ultimi non distinguono
mai, ma proprio mai, tra palestinesi ‘semplici’ e terroristi; né coloro
– anche in questo caso, numerosi - che paiono rassegnati a voler
recitare, in eterno, la parte delle vittime, ai quali la grancassa
della solidarietà mondiale dà certamente protagonismo e visibilità. Ma
la domanda va rivolta a quella terza categoria di palestinesi – e
vogliamo credere che siano la maggioranza – fatta da persone normali,
che desidererebbero semplicemente vivere in pace e in dignità, uguali
fra uguali, in un loro pacifico stato, in rapporti di buon vicinato con
Israele. Si chiedono, costoro, se la pace in Medio Oriente, secondo
l’abusata formula dei “due popoli in due stati”, sia, per lo sterminato
esercito dei loro dichiarati ‘amici’ (o “nemici dei loro nemici”), un
reale obiettivo da perseguire, o non piuttosto qualcosa da impedire a
ogni costo, per non precipitare in una gigantesca crisi d’identità? Attendiamo
il giorno in cui un giovane palestinese strapperà la bandiera del suo
Paese dalle mani di un partecipante a un corteo pro Palestina,
dicendogli: “è la mia bandiera, lasciala”. Sarebbe un piccolo, grande
passo sulla strada della pace.
Francesco Lucrezi, storico
La via italiana
Da
acquariofilo lettore di "l'Unione Informa" esigo una rettifica al
commento di Tobia Zevi che può ingenerare grave confusione: l'aragosta
è un crostaceo, mentre i frutti di mare sono molluschi (con conchiglia
oppure con conchiglia in un sol pezzo o in due pezzi). Niente di ciò è
kasher, ma occorre ristabilire la verità. Circa invece il "caso
aragosta" che contrappone l'"Associazione per l'ebraismo progressivo",
denominata "Lev Chadash", al "rabbino ultraortodosso di nome Bekhor"
(come si legge nel sito di "Lev Chadash"), fossi un commentatore
politico non potrei esimermi dal rilevare che il ricorso al Bet Din di
Milano (ortodosso) è una vittoria del centro che, come i liberali
inglesi, dimostra che il bipolarismo è una chimera e necessita
dell'apporto indispensabile,appunto, del saggio centro, detto con
rispetto per tutti. Insomma, la "prima via" ebraica italiana, dopo
tutto e nonostante quanto si dice, regge sempre.
Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Alain Elkann - Diario della settimana Al
ministero per i Beni e le Attività Culturali assisto a una conferenza
stampa dove vengono annunciati i programmi per la giornata della
cultura ebraica domenica 5 settembre. Sono presenti il sottosegretario
Francesco Giro e il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche
italiane, Renzo Gattegna. Quest'anno la città capofila sarà Livorno,
dov'è nato il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi amico da sempre
di un altro livornese illustre, il rabbino capo emerito Elio Toaff.
Malgrado sia stato il rabbino capo di Ancona, di Venezia e poi di Roma
per 51 anni, Toaff è rimasto sempre un livornese. Quando, nel libro che
abbiamo scritto a quattro mani Essere Ebreo, gli chiesi Professore qual
è il piatto ebraico italiano per antonomasia lui rispose: «Il
polpettone con le olive». Sono ormai in pochissimi a sapere questa
ricetta che per rimarrà segnalata nel nostro libro. Livorno è la città
di Amedeo Modigliani e anche di Vittorio Matteo Corcos, lì transitavano
gli ebrei che, scacciati da Isabella la Cattolica, andavano poi in
varie parti d'Italia e d'Europa. [...]
A Anna, 12 agosto 2010
Venti di guerra tra Israele e Libano L'incidente
più grave che il confine israelo-libanese abbia conosciuto dalla guerra
del 2006, e che ha causato un morto israeliano più un ferito grave e
quattro morti libanesi, ha qualcosa di surreale: un attacco a fuoco da
parte dell'esercito libanese, non di Hezbollah, di cui è difficile
vedere le ragioni se non in una crisi d'odio tipica del conflitto
arabo-israeliano, o in un piano molto sofisticato che promette guerra.
Le guerre qui nascono fra i cespugli delle montagne e la polvere di
strade sterrate con spari e rapimenti inaspettati. Così fu il 12 luglio
del 2006 vicino a Zarit; stavolta, e speriamo non sia guerra, a metà
della caldissima giornata di ieri l'esercito libanese ha reagito con
l'artiglieria alla presenza di una pattuglia israeliana in una delle
enclave vicino al kibbutz Misgav haAm, fra la linea blu, il confine
stabilito dall'Onu, e la barriera di sicurezza israeliana: nelle
enclave Israele ha il permesso di entrare, ma data l'incertezza
dell'appartenenza, entrarvi è sempre un rischio, come si è visto in un
simile incidente nel 2007. Stavolta si trattava di ripulire da cespugli
e alberi per garantire la visibilità, e pare che l'esercito israeliano
sia entrato anche con macchine fotografiche molto sgradite ai libanesi.
L'esercito libanese, secondo la versione israeliana ha dunque
mitragliato la pattuglia israeliana. Forse è stato allora che i colpi
libanesi hanno ucciso il comandante delle riserve israeliano Dov
Harari, che pure era completamente in territorio israeliano, e sono
stati feriti altri due soldati, di cui uno gravemente. La diniamica non
è chiara.[...]
Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 4 agosto 2010
Il piano di Ahmadinejad sta diventando realtà La
successione degli avvenimenti dell'ultima settimana è inequivocabile e
getta una luce più che allarmante sulla aggressione dell'esercito
libanese contro militari israeliani lungo la linea Blu che separa i due
paesi che ha visto un ufficiale israeliano ucciso e un altro gravemente
ferito da due cecchini (elemento probante della responsabilità
libanese) e due soldati libanesi uccisi dai colpi di mortaio di
risposta dell'esercito israeliano. Poche ore prima, lunedi. C'era stato
il lancio di razzi sulla cittadina israeliana di Eilat e su quella
Giordana di Aqaba (un morto), che hanno segnato l'inizio delle
provocazioni tese a creare il casus belli da parte della galassia filo
iraniana impiantata in Medio Oriente. Sabato, a Beirut, si è rivelato
un completo fallimento l'incontro storico tra il re saudita Abdullah,
il dittatore siriano Beshar al Assad e il premier (filosaudita) Saad
Hariri, organizzato per evitare che Hezbollah riprenda le ostilità
quando, di qui a poco, alcuni suoi dirigenti saranno incriminati dal
Tribunale dell'Onu perl'assassinio di Rafik Hariri, padre di Saad.
Lungo tutta la settimana precedente, continue erano state le
provocazioni dei massimi dirigenti militari e politici iraniani che
minacciavano guerra contro l'applicazione delle sanzioni. Un quadro
talmente chiaro nel suo precipitare che poche ore prima dello scontro a
fuoco di ieri, l'Emiro del Qatar è corso a Beirut e ha dichiarato:
«Siamo sull'orlo del baratro». È stato facile profeta. [...]
Carlo Panella, Libero, 4 agosto 2010 |
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Mo:
Unifil, Israele era sul proprio confine
Beirut, 4 ago - Per
l'Unifil si trovava in territorio israeliano l'albero che i militari di
Tel Aviv volevano sradicare ieri. L'azione ha poi innescato violenti
scontri con l'esercito libanese. La forza Onu nel sud del Libano ha
affermato che a seguito delle prime indagini condotte sul luogo degli
scontri, 'l'albero che stava per essere sradicato dall'esercito
israeliano era situato a sud della Linea Blu'' di demarcazione tra i
due Paesi, quindi in territorio israeliano. In una telefonata avuta con
il collega libanese, Michel Suleiman, il presidente iraniano,Mahmud
Ahmadinejad ha condannato quella che ha definito "l'aggressione di
Israele al Libano", sottolineando che "la comunità internazionale deve
reagire"."La nazione iraniana sarà sempre al fianco del coraggioso
popolo e del governo del Libano", ha aggiunto Ahmadinejad. "Ci
auguriamo che si tratti di uno scontro isolato" e che "entrambe le
parti abbiano l'intenzione di ridimensionare lo scontro che rimane
grave e molto preoccupante". Ha detto il ministro degli Esteri Franco
Frattini, riferendo in Aula alla Camera sugli scontri tra Israele e
Libano. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
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