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L'Unione informa
 
    8 agosto  2010 - 28 Av 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  benedetto carucci viterbi Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino 
Sarà pur vero che l'ebraismo è caratterizzato dalla quotidianità delle mitzvot. Ma sempre più assistiamo all'insofferenza -collettiva ed individuale- a qualsiasi regola condivisa; e sempre meno siamo pronti ad ascoltare e accettare i giudizi degli altri, per quanto autorevoli e ponderati possano essere. Come preparazione ai giorni della teshuvah, che dovrebbe cominciare con il prossimo mese di Elul, non c'è male.
La parola complotto è tornata a girare con eccessiva intensità e frequenza nei giorni scorsi. Da sempre di complotti parla chi il potere ce l'ha per due ragioni, talvolta complementari: 1)Perché teme di dover rendere conto della propria condotta;  2) Perché ha bisogno di ingigantire i poteri di chi identifica come avversario per fare la sensazione di essere non solo debole, ma anche il miglior difensore dei deboli. In tutti e due i casi un'argomentazione che sovrappone la demagogia alla realtà dei fatti. Nella migliore delle ipotesi. David
Bidussa,

storico sociale delle idee
david bidussa  
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  Il Giro di Polonia sosta a Auschwitz

auschwitzDi solito le gare ciclistiche concentrano le emozioni più intense nel finale: scatti e controscatti, fughe solitarie che vanno a buon fine e volate di gruppo. Gli organizzatori del Giro di Polonia hanno deciso di invertire il termometro del pathos dando un significato inestimabile alla corsa. Località di partenza della sesta tappa: Auschwitz. "Uno sciame colorato di farfalle all'inferno", questa l'espressione usata da Claudio Gregori sulla Gazzetta dello Sport per descrivere il gruppo che transitava davanti all'ingresso del campo di sterminio di Birkenau. I rappresentanti delle 34 nazioni in gara hanno posato ciascuno una rosa bianca davanti al cancello, gli italiani Bennati e Cataldo sono entrati nel blocco 21 e hanno letto le lapide con le parole di Primo Levi: "Da qualunque Paese tu venga fa che il tuo viaggio non sia stato inutile". Poi, uscito a pezzi dalle baracche della morte, lo sciame colorato di farfalle ha ripreso il suo volo verso la libertà.

a.s.


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Qui Locarno -  Il  grande omaggio al tocco di Lubitsch 

logo locarno Il leggendario Pardo del Festival del Cinema di Locarno spicca quest’anno un balzo che appassionerà i cultori del tocco ebraico nel triangolo Vienna-Berlino-Hollywood. Al margine della competizione ufficiale, il grande Festival del cinema indipendente (che ha aperto i battenti sulla piazza Grande della città il 4 agosto e si concluderà il prossimo 14 agosto) regala ai cinefili una retrospettiva completa dedicata a Ernst Lubitsch. Regista, sceneggiatore, attore e soggettista, Ernst Lubitsch (Berlino 1892–Los Angeles 1947) ha cambiato la storia del cinema americano e di quello europeo aggiungendo quel pizzico di yiddishkeit che non avrebbe più abbandonato (o quasi) il cinema d’autore statunitense.

lubitschConsiderato un maestro da molti suoi contemporanei, e più tardi dai registi della nouvelle vague, Lubitsch è stato tra i primi registi ad avere l’onore di vedere il suo nome collocato prima del titolo sui manifesti e negli elenchi del cast. La sua carriera è cominciata nel 1911, come attore teatrale al Deutsches Theater di Berlino: Lubitsch recitava in innumerevoli ruoli e uno dei registi che lo diresse più spesso fu Max Reinhardt. A partire dal 1913 inizia a lavorare anche nel cinema, che diventa la sua passione. Dirige film muti nei quali recita anche come protagonista. Prima del 1918 gira soprattutto film slapstick, dove lo ritroviamo a interpretare anche la parte di un commesso di negozi di scarpe nella Berlino della prima guerra mondiale nel film Pinkus l’emporio della scarpa (Schuhpalast Pinkus) del 1916. Nel 1920 riadatta Shakespeare in Romeo e Giulietta sulla neve (Romeo und Julia in Schnee), gustosissima commedia montana. Dopo il successo di Madame du Barry con un eccezionale Emil Jannings (che interpreta anche la parte di Enrico VIII in Anna Bolena), nel 1922 l’attrice americana Mary Pickford invita Lubitsch a Hollywood per il film Rosita (1923), dove l’ebreo berlinese inizia una nuova carriera che lo porta a dirigere le più famose attrici dell’epoca come Marlene Dietrich, Greta Garbo, Carole Lombard e Miriam Hopkins. Negli anni trenta dirige alcuni dei suoi capolavori: da Mancia competente (Trouble in paradise, 1932), storia di ladri e alberghi di lusso dove bugie e verità si inseguono in un continuo gioco di specchi, a La vedova allegra (The Merry Widow, 1934), ambientato in un fantastico reame d’operetta che testimonia l’origine mitteleuropea del regista; da Angelo (Angel, 1937), in cui si affaccia una vena di asciutto cinismo, alla satira politica di Ninotchka, 1939), il cui celebre lancio pubblicitario recita: “il film dove Greta Garbo ride” (“Garbo laughs!”). Celebre la sua parodia di Hitler in Vogliamo vivere! del 1942, ispirato alla piece teatrale Noch ist Polen nicht verloren del drammaturgo ungherese Melchior Lengyel. Nel 1947 ottiene l’Oscar alla carriera. Morì a Bel Air (Los Angeles) durante le riprese di La signora in ermellino (That Lady in Ermine), film terminato da Otto Preminger.

gv - Pagine Ebraiche, agosto 2010


Qui Locarno - Quando Hollywood scoprì la yiddishkeit


Il regista Billy Wilder aveva un cartello appeso sulla porta del suo ufficio sul quale si leggeva: Che cosa farebbe Lubitsch? Il viennese Wilder, infatti, riconosceva al berlinese Lubitsch uno stile particolare, una capacità unica nella maniera di mettere in scena una storia. Il Tocco di Lubitsch è l’espressione usata per descrivere questo stile, creata dall’ufficio relazioni pubbliche di uno studio Hollywoodiano con l’intento di trasformare il nome del regista in un marchio. Molto si è scritto a proposito di questo touch e ogni testo ha una sua definizione di cosa sia. Richard Christiansen, sul Chicago Tribune, per esempio scrive: “Il Tocco di Lubitsch è la breve descrizione di una lunga lista di virtù: raffinatezza, stile, sottigliezza, spirito, eleganza, fascino, nonchalance e audaci allusioni sessuali”. Ephraim Katz, dal canto suo, afferma che il Tocco sta ad indicare: “L’umorismo sottile e la grande ironia delle immagini presenti nei film di Lubitsch. 

film dietrichLo stile era caratterizzato da una sapiente compressione di idee e situazioni in singole riprese o brevi scene che suggeriva una lettura ironica dei personaggi e del significato dell’intero film”. In un’unica frase Andrew Sarris aggiunge: “Un contrappunto d’intesa tristezza nei momenti più felici del film”. Greg Faller suggerisce: “Il Tocco di Lubitsch può essere concretamente percepito come derivante da un dispositivo narrativo dei film muti: interrompere l’azione drammatica focalizzando l’attenzione dello spettatore su un oggetto o su un piccolo dettaglio che forniscono un commento arguto o una rivelazione sorprendente riguardo l’azione principale”. Herman Weinberg, l’autore di The Lubitsch Touch, scrive: “I Russi hanno un drink chiamato kvass: nel fondo del bicchiere mettono un’uvetta che da sapore all’intera bevanda. Gli attori Russi erano soliti dire, “Trova l’uvetta e l’intera bottiglia sarà buona”. Lubitsch cercava sempre l’uvetta che avrebbe dato sapore alla scena...”. Prima di emigrare negli Stati Uniti, Lubitsch aveva dichiarato durante un’intervista che l’humour ebraico aveva una parte così importante nel teatro, nell’operetta e nel Cabaret in Germania che sarebbe stato ridicolo non utilizzarlo nel cinema. L’elemento ebraico del suo cinema è inconfondibile e quel Touch così speciale si rivela davvero molto Jewish: l’uso delle ellissi per raccontare un pezzo di storia senza mostrarlo, la critica alle convenzioni sociali, il capovolgimento dei ruoli, l’uso del linguaggio corporeo, gli accostamenti improbabili e scandalosi ma soprattutto la grande fiducia nell’individuo, nella sua capacità di combattere contro le ingiustizie della società e nella possibilità di vivere una vita, almeno in parte, felice. Lubitsch morì nel 1947, quando aveva solo 55 anni, a causa di un attacco di cuore. Dopo il funerale Billy Wilder dichiarò mestamente: “Niente più Lubitsch”. William Wyler, un altro leggendario regista ebreo tedesco, gli rispose: “Molto peggio, niente più film di Lubitsch!”.

Rocco Giansante, Pagine Ebraiche, Agosto 2010

 
 
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  Davar Acher - L'aragosta e il dialogo necessario

ugo volli Un rabbino Chabad ha avuto la bizzarra idea di attribuire a Lev Chadash l'inclusione di un piatto di aragosta nel Seder di Pesach. A questo rabbino va riconosciuto il merito di aver suscitato un interessante dibattito nel quale è intervenuta prima la redazione di Pagine Ebraiche e poi due significative personalità dell'ebraismo italiano, Tobia Zevi e Gadi Polacco, oltre a un paio di grandi giornali nazionali. Purtroppo il rabbino in questione ha dimenticato di menzionare il maialino al latte servito su fragranti fette di pane pugliese che non poteva mancare in una celebrazione di Pesach veramente adeguata alla sua fantasia. Ma si sa, non tutte le diffamazioni riescono col buco. In questa grottesca faccenda dell'aragosta c'è però un risvolto positivo, e cioè che si sia incominciato a discutere e a ragionare pubblicamente del pluralismo nell'ebraismo italiano. Non credo di essere partigiano dicendo che il dialogo fra le diverse anime del mondo ebraico, in Italia e nel mondo, è assolutamente necessario e prezioso, un bene da salutare con gioia anche quando nasce fra le chele di un'aragosta inesistente.

Ugo Volli 
 
 
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La stanza di Mario Cervi - La lobby ebraica 
(espressione da brividi) esiste ma non è scema



Caro Cervi, Bersani è stato di recente negli Stati Uniti, C'è stato anche Fini, poco tempo fa. Forse a ricevere istruzioni entrambi. Perché dico questo? Proviamo a fare un ragionamento semplice. Gli Usa stanno preparando la guerra all'Iran e devono ovviamente trovare sponde affidabili nel mondo occidentale. E noto che in Italia ci sono due personaggi molto influenti che danno fastidio alla potentissima lobby ebraica americana (che conta più di quanto immaginiamo): il presidente del Consiglio, fautore di una politica certo non ostile al mondo arabo (vedi atteggiamento con Gheddafi) e Papa Benedetto XVI, In quanto tedesco. Fini può essere un grimaldello utilissimo per far cadere Berlusconi (e l'opposizione dev'essere pronta a cogliere l'occasione), e gli scandali pompati ad arte su Ratzinger possono destabulizzare - almeno sul piano «politico» - il suo pontificato. Credo sia una guerra ampia, che parte da lontano. Che dice, è uno scenario fantasioso?

Andrea Danubi Castglione della Pescaia (Grosseto)

Altro che fantasioso, caro Danubi. A me sembra, per dirlo con franchezza, che il suo scenario rispecchi la realtà nella stessa misura in cui Antonio Di Pietro rispetta la sintassi. Ho laconvinzione che nelle ipotesi da lei affacciate non manchi solo la verità, manchi anche un minimo di verosimiglianza. Ma davvero lei crede che Barack Obama, volendo fare la guerra all'Iran, non trovi di meglio, come «sponda affidabile» europea, di Bersani e di Fini? Semmai studierebbe le mosse dei due per capire che cosa non bisogna fare, se si vuole vincere. La lobby ebraica americana sarà anche potentissima - mi spiace rilevare che queste espressioni riecheggiano il linguaggio del dott. Goebbels - ma non è stupida. Lo sarebbe se scambiasse Berlusconi e Benedetto XVI per fiancheggiatori del fondamentalismo arabo (mi pare di poter dedurre, dal tono della sua lettera, che l'antisemitismo non è per lei un demerito).Lei cita Gheddafi; e lascia capire che gli accordi politici, economici e di sicurezza che l'italia ha stretto con la Libia sono cedimenti alla strategia del dittatore diTripoli, il più alacre indossatore d'uniformi rutilanti che l'Africa abbia avuto dopo Idi Amin Dada. Le pacche del Cavaliere sulle spalle di Gheddafi non mi sono molto piaciute. Appartengono tuttavia alla sua tecnica di socializzazione, sono un elemento d'una politica estera non sempre ortodossa, ma efficace. Ma per cariltà, guardiamoci dall'addebitare a Berlusconi indulgenze verso il fondamentalimo isliamico, un ammiratore di Oriana Fallaci non può esserlo anche del fanatismo di ayatollah e mullah. Quanto al Papa, che cosa significa l'annotazione «in quanto tedesco»? che, per vizio di nascita e per la veste che indossa, Ratzinger deve avere assimilato antiche fobie antiebraiche contrassegnate dalla croce cristiana e dalla croce uncinata? Questo è offensivo per un Papa che può essere discusso, ma che è di alta levatura intellettuale e morale. Insomma un gran pasticcio, caro Danubi, nel quale Fini - pensate un po' - assumerebbe la funzione di grimaldello per far cadere il governo e per destabilizzare il pontificato. Se proprio una qualsìasi lobby di qualsiasi tipo mira a realizzare contemporaneamente gli obbiettivi da lei indicati, deve cercarsi, secondo me, grimaldelli migliori.  

Mario Cervi, Il Giornale 8 agosto

 
 
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notizieflash    
 
 
Il gruppo israeliano Alrov acquista l'Hotel Lutetia                            Parigi, 7 ago -
E' il gruppo israeliano Alrov l'acquirente dell'Hotel Lutetia a Parigi, quartier generale nazista nella Francia occupata. La stampa francese definisce l'acquisto di grande valore simbolico. Sempre al Lutetia, dopo la liberazione di Parigi, furono accolti gli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento. L'albergo, di proprietà del gruppo americano Starwood Capital, è stato venduto al gruppo israeliano Alrov per 150 milioni di euro.

 
 
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