se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai  click qui  
 
  logo  
L'Unione informa
 
    9 agosto 2010 - 29 Av 5770  
alef/tav   davar   pilpul   rassegna stampa   notizieflash  
 
Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
La "figliola" di Clinton (come qualche anno fa la chiamavano in un programma televisivo italiano) ha fatto parlare di sé nei giorni scorsi per il suo matrimonio con un giovanotto ebreo. Al clamore mediatico ha fatto riscontro il silenzio del mondo ortodosso ebraico americano, che ha preferito non parlare per non dire cose tanto ovvie quanto sgradevoli al grande pubblico. La cerimonia è stata fatta di Shabbat pomeriggio, con lo sposo ammantato in un talled e concelebrata da un "rabbino" e un pastore. Bisogna riflettere su questo uso improprio di ruoli (rabbino) e precetti religiosi (tzitzit) sbandierati come meri segni identitari proprio nel momento in cui l'identità va in crisi. Fulgido esempio di perfetta integrazione ebraica al top della società generale e di disintegrazione della società ebraica.
Si può discutere di filosofia in un paese in cui chiunque non condivida le idee del governo può essere arrestato e sparire in una prigione? Sarebbe come trasportare l'Accademia di Platone in un mattatoio. Che l'Unesco abbia assegnato all'Iran la giornata mondiale della filosofia è un fatto grave. E non credo proprio che possa rappresentare un'attenuazione della repressione in atto. Sarà solo una legittimazione del governo di Ahmadinejad. Chi avrà approfittato della presenza dei media occidentali per manifestare il suo dissenso sparirà in una prigione appena i filosofi saranno risaliti sui loro aerei, convinti che in fondo in Iran non si sta così male. Credo che bisogni appoggiare con forza l'iniziativa di boicottaggio lanciata in Italia da Reset  per iniziativa di Giuliano Amato, Giancarlo Bosetti e l'iraniano Ramin Jahanbegloo e appoggiata fra gli altri anche da Jurgen Habermas. Non avrà effetto sul governo iraniano, ma può forse averne qualcuno sulla dissennata politica dell'Unesco, sempre pronta a mettere in ultima fila quei diritti umani che dovrebbero invece essere al centro di tutte le sue iniziative. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
  torna su
davar    
 
  banner 1
banner 2




Qui Livorno - Storia di mare, libertà e nuovi diritti 

banner culturaIl testimone passa da Trani a Livorno. Cambia la costa, ma la città capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica resta anche quest’anno una località marittima. Affacciandosi dalla Terrazza Mascagni, luogo di suggestioni mediterranee nel centro di Livorno, lo sguardo volge verso occidente. A centinaia di chilometri si possono immaginare le spiagge della Spagna da cui hanno tratto origine le fortune di questo centro ebraico. Piccolo agglomerato con alcune decine di sudditi fino a tardo Cinquecento, la città ha una storia che molto spesso parla proprio spagnolo, lo spagnolo (e il portoghese) parlato dagli ebrei sefarditi in fuga dall’Inquisizione. La città nasce per volere del Granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici che vuole limitare la decadenza di Pisa, passata sotto dominio fiorentino e senza più sbocco diretto sul Mar Tirreno, creando un vicino scalo portuale in grado di dare nuova linfa ai commerci. Ferdinando I ha una felice e lungimirante intuizione: aprire Livorno ai “mercanti di qualsivoglia Nazione”. Nel 1591 (e una seconda volta nel 1593 con alcune lievi modifiche) promulga le Costituzioni livornine, che garantiscono a chiunque prenda residenza a Livorno o Pisa libertà di culto e di mestiere, professione religiosa e politica, annullamento dei debiti e di condanne per almeno 25 anni. È una tappa decisiva per gli ebrei sefarditi senza una patria: dopo anni di massacri e conversioni forzate, ottengono diritti fino a quel momento sconosciuti. Inizia così una vicenda di integrazione quasi unica nella cristianissima e antisemita Europa che inceneriva la sua coscienza nei roghi.

livornoGli ebrei prosperano e fanno prosperare Livorno. Sono rispettati e anche nei momenti di maggiore tensione con le autorità e con il popolino non conoscono mai le privazioni e i confini rigorosi imposti dei ghetti. La cosiddetta Nazione ebrea cresce di numero in modo vertiginoso, in pochi decenni la comunità vede decuplicare i suoi iscritti: dai 134 ebrei registrati nel 1601 si arriva ai 1250 del 1645. A fine Settecento gli ebrei sono il 15 per cento della popolazione, nel 1810 sfiorano le 5 mila unità grazie a consistenti flussi migratori dal Nordafrica. È il momento più alto per la Livorno ebraica. Poi è il declino: in breve tempo inizia una lenta ma inesorabile decadenza dovuta in particolare alla crisi dei commerci. Poco più di un secolo di alti e bassi e la seconda guerra mondiale spazza via per sempre il punto di riferimento degli ebrei livornesi: la splendida sinagoga monumentale che in oltre tre secoli di storia ha ospitato fior di rabbini, tra cui il celeberrimo rav Chidà che per quasi 30 anni operò a Livorno, e fatto sognare principi e regnanti in visita di cortesia. La Comunità ebraica di oggi è molto ridotta nei numeri rispetto al passato e può essere considerata una media Comunità. Ma nonostante la crisi demografica e la fuga dei giovani che sempre di più cercano altrove, nelle grandi città o in Israele, opportunità lavorative, continua a partecipare alla costruzione democratica del futuro di una realtà che in tempi di razzismo crescente è ancora faro e modello di integrazione. Lo fa con un occhio di riguardo a ciò che fu: in occasione della prossima Giornata europea della cultura ebraica è infatti previsto l’ampliamento dello spazio espositivo del Museo ebraico di via Micali. Preziose testimonianze di un tempo usciranno dagli archivi e vedranno finalmente la luce. Gli oggetti certo non parlano. Ma quelli in possesso degli ebrei livornesi sono particolari. Ci raccontano di un passato glorioso, di abili commercianti, di un grande fervore religioso, di una sinagoga gioiello, di una tradizione liturgica ricchissima. Quel passato che oggi è la base del futuro.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche, agosto 2010



Qui Locarno - Il discepolo Truffaut   

festival locarno “Se qualcuno dice: ‘Ho appena visto un film di Lubitsch dove c’era un’inquadratura inutile’, costui mente. Il suo cinema è il contrario del vago, dell’impreciso, dell’inespresso, dell’incomunicabile, non ammette mai nessuna inquadratura decorativa, messa là per fare bella mostra: no, dall’inizio alla fine si è immersi nell’essenziale, fino al collo”. François Truffaut non conosceva certo mezze misure. I suoi amori li difendeva a spada tratta. E il suo massimalismo estetico ha fatto scuola. Proprio come quello di Godard che in La donna è donna chiamava il personaggio di Jean-Paul Belmondo, Alfred Lubitsch (la commedia e il giallo in un unico segno). Si sa. La nouvelle vague i suoi eroi li sceglieva con cura e ancora oggi, mettere in discussione alcuni di quei nomi, come qualche anno fa ha fatto Jacques Rivette, equivale alla messa in discussione di un intero universo etico ed estetico. In Lubitsch i fautori della nouvelle vedevamo il principio stesso della mise en scene. Il cinema che diventava linguaggio. Qualcosa di completamente alieno dalla letteratura e dal teatro. La quintessenza stessa del cinema. Tutti i cineasti del pantheon della nouvelle vague fondano il loro magistero sul primato della messinscena. Alfred Hitchcock, Fritz Lang, Jean Renoir, Howard Hawks esprimono un cinema al tempo stesso radicalmente classico e moderno. In Lubitsch, Godard e Truffaut avevano trovato un cineasta che parlava e respirava cinema. E avevano ragione, perché il magistero lubitschiano, formatosi nella vecchia Europa, è diventato il fondamento stesso della commedia sofisticata americana. Un modello che, nonostante le incomprensioni iniziali, è stato ben presto riconosciuto come unico e irripetibile. Non è un caso che Billy Wilder, il primo dei discepoli lubitschiani, sia stato sovente accusato di volgarità perché ha osato elaborare il cinema del maestro. Ciò che conta nel cinema lubitschiano è la precisione e il nitore del gestocinema. Non la raffinatezza degli ambienti o il plot.

lubitschCiò che conta sono le traiettorie dello sguardo. E la medesima cosa vale per Billy Wilder. Sia Lubitsch che Wilder inscrivono il destino dei loro personaggi nello spazio dell’inquadratura e nel gioco delle maschere che privano i protagonisti del peso delle loro identità sociali. Sempre sottilmente eversivo, in Lubitsch il tema della maschera diventa epifanico della condizione d’esilio degli ebrei in Vogliamo vivere!, capolavoro rifatto con totale sprezzo del pericolo da Mel Brooks, senza però ascendere ai vertici lubitschiani. Tra la maschera e lo sguardo esiste dunque tutto il cinema di Lubitsch. Una macchina filosofica potente che ha mette in crisi gli equilibri del reale. Motivo per cui Lubitsch era amato sia dal cinefilo Truffaut, che dall’iconoclasta Godard. Il cinema ridisegna il mondo. Ed è questa la lezione che Billy Wilder ha mutuato da Lubitsch (e che, per certi versi, sarà estremizzata da Jerry Lewis). Nessuno però dei discepoli lubitschiani è riuscito a ritrarre il carattere apollineo del caos come il maestro. Sia Billy Wilder che Blake Edwards, nonostante la loro estrema consapevolezza delle dinamiche dello sguardo, non hanno potuto fare altro che accettare il caos che si celava dietro gli equilibri delle geometrie lubitschiane. Il carattere schiettamente eversivo di Lubitsch risiede proprio nel gioco con cui le maschere dell’ordine e della razionalità sono rovesciate nel loro opposto. Le porte che si aprono e che si chiudono, stilema ripreso con sublime maestria da Blake Edwards, sono il segno di un oscillare del principio di realtà e del principio di individuazione. Come le palpebre che battono, le porte di Lubitsch segnalano interferenze nel tessuto del reale. Il mondo non è altro che un castello di carte. Basta una porta che si apre e tutto crolla. Ernst Lubitsch lo sapeva bene. Lui ci rideva sopra. Ma in fondo era mortalmente serio. Straordinario razionalista scettico, osservava il mondo agitarsi all’interno dei suoi perimetri perfetti. Non giudicava mai. Osservava e filmava. Con una precisione ormai proverbiale. E mentre intorno a lui il mondo crollava, lui ne evocava un altro nel nitore del suo sguardo cinematografico. Il fare cinema per Lubitsch era resistenza.

Giona A. Nazzaro, Pagine Ebraiche, agosto 2010

 
 
  torna su
pilpul    
 
  A proposito di bandiere

di cesare Troppe volte abbiamo visto la bandiera di Israele calpestata, imbrattata, bruciata – in Iran, nei paesi arabi, ma anche in Europa e in Italia. Immagini che ci hanno suscitato i sentimenti più cupi, i pensieri più allarmati. In un tale contesto, in cui la difesa della bandiera di Israele è stata ed è prioritaria, abbiamo dovuto cercare alleanze per uscire dall’isolamento. Eppure, in un giorno forse non troppo lontano, guardando indietro dovremo rammaricarci, e molto, di averla lasciata in mano – usata spesso come pretesto ed espediente – a personaggi  che nulla hanno a che fare con la democrazia che Israele rappresenta.

Donatella Di Cesare, filosofa 
 
 
  torna su
rassegna stampa    
 
 
leggi la rassegna
 
 

La Sinagoga riapre le porte
Per la Giornata europea della cultura ebraica, domenica 5 settembre, la Sinagoga di Sabbioneta riaprirà le porte al pubblico per la presentazione dei restauri conservativi. Da pochi giorni, infatti, sono terminati i lavori di recupero del tempio di via Campi, realizzati grazie al finanziamento da parte del ministero dei Beni culturali (legge 175/05 per la tutela dei beni ebraici), e della Comunità Ebraica di Mantova. Il 5 settembre, dunque, alla presenza anche del consigliere del ministero dei Beni ctilturali Alain Elkann, l'ottocentesca Sinagoga rivedrà la luce dopo la chiusura di alcuni mesi per permettere i lavori. L'importante sovvenzione governativa è arrivata grazie alla segnalazione dell'Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane). L'Unione, attraverso una apposita commissione, di cui fa parte anche il presidente della Comunità Ebraica di Mantova Fabio Norsa, vaglia i progetti provenienti da tutta Italia da finanziare. «Le pratiche e poi i lavori per il recupero della Sinagoga di Sabbioneta ha detto Norsa sono stati effettuati su iniziativa della Comunità Ebraica di Mantova. I primi sopralluoghi per l'intervento sono iniziati da parte nostra nel febbraio del 2008». Il responsabile del progetto del recupero è Massimo Terzi, consulente della Comunità ebraica mantovana, che dopo costanti sopralluoghi e monitoraggi alla Sinagoga ha redatto una relazione tecnica per la richiesta di avvio dei lavori e per la proposta di finanziamento da parte del ministero. L'autorizzazione a procedere con i restauri conservativi è arrivata nel dicembre del 2009 da parte della Soprintendenza dei Beni culturali di Brescia, Mantova e Cremona.,[...]

La Gazzetta di Mantova, 9 agosto 2010

I nemici di Hamas assassinati e gettati in mare
La calda, affollata spiaggia di Gaza cinque anni fa, al momento dello sgombero, era per i proprietari degli alberghi e dei ristoranti affacciati sulla sabbia la rappresentazione della vita dopo gli israeliani: turismo in costume da bagno, giornalisti che si abbronzano e fanno la siesta sulle sdraio mentre gli asinelli sospinti dai ragazzini giocano con la schiuma del Mediterraneo. Per i camerieri, pesce fresco da spinare in cambio di buone mance. Il mare, orlato da palme ed edifici moderni per il turismo. Avrebbe dovuto andare così. Ma sin dal primo momento, quando Hamas prese il potere, quella spiaggia è stata percorsa da rivoli di sangue, sovente sangue di fratelli palestinesi invisi al potere assoluto dell'organizzazione integralista. Uscire di metafora è troppo facile: dalle voci dei palestinesi locali, spaventati e confusi, si sa che è molto frequente l'affiorare di corpi riportati dalle onde sulla spiaggia. I giornali riportano spesso un'ecatombe di affogati, ma si sa che non è colpa solo del mare: spesso quei morti hanno anche una pallottola in testa, e fra di loro si trovano personaggi della nomenclatura, burocrati, ufficiali della polizia e degli uffici di sicurezza. La gente ne parla a bassa voce, ma sa che su tutti questi personaggi c'è un marchio, quello di «traditore», «spia». La parola «collaborazionista», ci spiega il giornalista israeliano esperto di mondo palestinese Alex Fishman del quotidiano Yediot Aharonot, ha ormai una quantità di versioni: se sei Jesous (spia) o Madsus (impiantato) o Amil (agente) o Matawin (collaborazionista) o Unsur Munshur (elemento sospetto), proprio come nell'Urss di Stalin, puoi essere trascinato in silenzio nella «piantagione», luogo che al tempo degli insediamenti fungeva da serra per pomodori e fiori. Ma ora si dice in slang, puoi esservi «piantato» a parecchi metri di profondità, e addio al mo
ndo. [...]

Fiamma Nirenstein, Il Giornale 9 agosto 2010

 
 
  torna su
notizieflash    
 
 
Europei basket – Israele demolisce la Lettonia                            Dopo la vittoria esterna (71-79) contro gli azzurri, il quintetto israeliano era chiamato a una conferma non scontata contro la Lettonia. Ma il 110 a 88 con cui ha demolito la compagine baltica ha dato una risposta inequivocabile: la squadra è di valore assoluto ed è in piena corsa per la qualificazione agli Europei in Lituania del 2011. Protagonista assoluto della serata Omri Casspi con 21 punti e otto rimbalzi, che ha dimostrato ancora una volta (ma si sapeva già) perché calca con successo i parquet della Nba. In doppia cifra anche altri cinque giocatori di casa: tra i migliori Yotam Halperin con 18 punti e cinque assist. Mercoledì è in programma il terzo incontro del girone eliminatorio: Israele tenta la fuga in casa della Finlandia.

CLASSIFICA GIRONE  A
Israele e Montenegro 4, Lettonia e Italia 2, Finlandia 0
 
 
    torna su
 
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”.