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L'Unione informa
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25 agosto 2010 - 15 Elul 5770 |
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alef/tav |
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Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova |
“Avrai
un peso regolare...affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra
che l’Eterno tuo Dio ti concede” (Deuteronomio 25:15). Alla base
di ogni società, affinché possa mantenersi stabile, devono essere
stabilite regole e unità di misura condivise. Quando però questi
“elementi fondamentali” sono dal principio iniqui, o stabiliti secondo
brame personali, accade che tutta la collettività perde il suo
equilibrio e l’instabilità mina fortemente il mantenimento futuro. La
mancanza di un “peso regolare”, causa alla comunità sgretolamento e
divisione che, di conseguenza, la porterà anche alla perdita di
contatto con la terra sulla quale si è stabilita.
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Il 9
di Elul 5683 (21 agosto 1923) il rav Meir Shapira di Lublino propose al
mondo ebraico di dedicarsi giornalmente allo studio di una pagina (daf)
di Ghemarà, tutti con la stessa pagina in modo tale che una persona,
anche trovandosi fuori casa, avrebbe potuto proseguire il suo studio di
Torà giornaliero. L'iniziativa ebbe un gran successo, e oggi in ogni
bet midrash ordinato e in molti baté keneset troviamo gruppetti di
persone pronte a dedicare un'ora della loro giornata allo studio del
daf yomì, della pagina giornaliera di Ghemarà. In questi giorni abbiamo
iniziato lo studio del trattato sull'idolatria (massekhet 'avodà
zharà) ed ecco una lezione importante di Rabbì Meir, l'allievo
per eccellenza di Rabbì Akivà, che studiò per qualche tempo al Bet
Midrash di Rabbì Ishmael e che proseguì a studiare da Elishà ben Avuià
anche dopo che questi divenne molto controverso (acher). Fondamentale
fu la sua opera di ricostruzione dello studio della Torah, dopo il
terribile periodo adrianeo con le repressioni dell'imperialismo romano.
In 'avodà zharà 3a apprendiamo: "Rabbì Meìr soleva dire: 'Da dove
apprendiamo che perfino il goy che si occupa di Torah è considerato
come il Sommo Sacerdote (kekohen gadol)'? Come è detto (Levitico 18:5):
"Osserverete dunque le Mie leggi e i Miei statuti, seguendo i quali
l'uomo (haadam) ha la vita; Io sono il Signore". Non è detto cohanim,
leviti o Ebrei, ma l'uomo (haadam); hai appreso che perfino il goy che
si occupa di Torah è considerato come il Sommo Sacerdote". Può essere
che altri Chachamim abbiano avuto una visione differente, come Rabbì
Shimón bar Yochai (Rashbi) e ogni opinione merita uno studio
approfondito. Il Meiri di Perpignano, in loco, si appoggia
sull'opinione di Rabbì Meir per insegnarci: "Perfino il non-ebreo che
si occupa di Torah e ne comprende la profondità, e la osserva
disinteressatamente (lishmà), riceve la ricompensa come un ebreo…" e si
discute se ci riferiamo ai Sette precetti noachidi, oppure a tutta la
Torah. E il Rashbaz aggiunge che se così per il non-ebreo, a maggior
ragione per gher zedek che ha studiato Torah e il Maharan Alshaker, che
cacciato dalla Spagna (1492) riuscì infine ad arrivare in Eretz Israel,
parla dell'importanza per il goy di elevare la propria anima con lo
studio della Torah per il Santo Nome.
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Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme |
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Bejahad 5770 - Al via il festival di cultura ebraica
Prende
il via stamane ad Abbazia il festival di cultura ebraica Bejahad, una
serie di appuntamenti culturali e sociali che rappresenta da oltre
dieci anni la più importante occasione di incontro degli ebrei dell'ex
Jugoslavia. Quest'anno per la prima volta il festival dedicherà
un’intera giornata di cultura e arte, organizzata in collaborazione con
il Dipartimento Educazione e Cultura (DEC) dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica di Trieste, all'ebraismo
italiano (nell'immagine a sinistra il presidente della Comunità triestina Andrea Mariani assieme al
vicepresidente della Comunità ebraica di Zagabria Vladimir Salamon in
uno degli incontri preparatori al festival).
L'evento, che prevede la presenza, fra gli altri, del direttore del
DEC, rav Roberto Della Rocca, e del coordinatore del dipartimento
Cultura e informazione UCEI, Guido Vitale, si svolgerà domani.
Nella stessa giornata Sanja Roic´ e Sinan Gudzevic´ terranno una
lettura dedicata a Primo Levi e Alberto Moravia. La mostra fotografica
“Trieste e Venezia: kehillot tra passato e futuro” proporrà quindi uno
spaccato di due Comunità ebraiche vicine, sia dal punto di vista
storico sia da quello delle interrelazioni, all’ebraismo croato. In
esposizione immagini del fotografo Michele Levis e scatti d’epoca dagli
archivi comunitari. La giornata si concluderà il concerto Hayam shar -
il mare canta di Ashira ensemble con Evelina Meghnagi.
Bejahad 5770 - Le cinque vocali della Mitteleuropa
Varcato
il confine che taglia l’Istria, sulla Dragogna, il grande salto verso
l’Adriatico è a un soffio. Il golfo del Quarnero, le prime isole che
costellano la costa dalmata, si scorgono dalla discesa verso Abbazia.
Da Fiume a Zagabria l’attraversamento delle pianure e delle Alpi del
Velebit sono ormai una breve corsa lungo l’autostrada della nuova
Europa. E si riapre uno spazio comune. Quando sui banchi di scuola di
un impero il cui inno si cantava in due dozzine di lingue diverse
(incluso l’ebraico e l’yiddish) i bambini aprivano per la prima volta
il quaderno di scrittura, il pennino doveva tracciare le cinque vocali.
Quelle lettere, da Vienna a Budapest, da Trieste a Leopoli, erano le
iniziali di una promessa rimasta a lungo senza risposta: “Austria Erit
In Orbe Ultima” (l’impero di tutte le genti della Mitteleuropa, con i
suoi valori di tolleranza e libertà e l’apporto determinante della
cultura ebraica, tornerà per durare in eterno). Oggi Fiume, che fu la
contesa capitale e il laboratorio di tutte le etnie, di tutte le
culture, le tendenze, le avanguardie e i veleni del 900, riscopre il
proprio patrimonio ebraico. A Zagabria uno statista e presidente della
Repubblica come Stipe Mesic e uno dei grandi storici della nuova Europa
come Ivo Goldstein, testimone di una famiglia miracolosamente scampata
ai massacri dei collaborazionisti Ustascia, si incontrano portando
assieme i nipotini alla nuova scuola ebraica. Abbazia riscopre la
vocazione turistica di elegante località di vacanza e a fine agosto
ospita il festival ebraico Bejachad. Le lingue e le culture dei Balcani
e dell’Adriatico, si intersecano, dalle inflessioni slave, al tedesco,
all’italiano, all’ebraico, all’yiddish. Le ferite dei nazionalismi e
dei razzismi restano profonde. Ma da Est il segno eterno delle cinque
vocali arde sotto la cenere. L’ultima pagina del quaderno resta ancora
da scrivere.
g.v., Pagine Ebraiche, luglio 2010
Bejahad 5770 - Un rav al lavoro per la ripresa
E’
senz’altro uno dei motori della rinascita ebraica della Croazia. Rav
Kotel Da-Don, 42 anni, sposato con quattro figli (tre maschi e una
femmina) è infatti l’artefice di molteplici iniziative centrali per la
vita ebraica, che spaziano dal culto all’educazione dei bambini. Senza
ovviamente trascurare il festival Bejahad. Nato in Israele, il rav ha
vissuto a Gerusalemme dove ha concluso gli studi rabbinici nella
Yeshivah haHotel e nella Yeshivah Midrash sefaradi nella città vecchia.
Laurea in legge all’Università di Bar Ilan e Phd in Jewish studies, è
arrivato in Croazia 12 anni fa e da allora porta avanti un lavoro
serrato per restituire alla sua comunità le istituzioni cancellate
dalle persecuzioni razziali e dal recente conflitto. “Oggi a Zagabria -
dice infatti con orgoglio - abbiamo le principali istituzioni che
contraddistinguono una Comunità ebraica: una sinagoga, una scuola
ebraica, la kashrut e una casa di riposo per gli anziani”. I problemi
non mancano. “La questione principale - racconta riguarda il
finanziamento delle attività e della scuola. Non riceviamo un sostegno
sufficiente dallo Stato, in particolare non riceviamo alcun aiuto per
ciò che riguarda la scuola”. Un’altra difficoltà riguarda l’assenza di
un mikveh. “Per ora - dice rav Da-Don - chi ne ha bisogno si reca a
Trieste, dove si trova il mikve più vicino alla nostra Comunità”. Le
relazioni con la realtà triestina sono ottime, come quelle con
l’ebraismo italiano, precisa il rav. “Abbiamo rapporti molto buoni con
tutto il Rabbinato italiano e naturalmente con il rabbino di Trieste,
Itzhak David Margalit, il nostro più stretto vicino”.
d.g., Pagine Ebraiche, luglio 2010
Qui Firenze - Una Giornata tra le eccellenze museali
Organizzare
un evento che si declina sul tema dell’arte a Firenze è - si perdoni il
paragone profano - come organizzare un mondiale di calcio in Brasile:
il contesto di riferimento stimola a dare il meglio di se stessi e a
sfruttarne tutte le potenzialità. In occasione della Giornata Europea
della Cultura Ebraica in programma domenica 5 settembre con tema Arte
ed ebraismo, la Comunità ebraica del capoluogo toscano propone alla
cittadinanza un itinerario artistico inedito e una serie di attività e
incontri che coinvolgono istituzioni, uomini di cultura e le più
celebri strutture museali fiorentine. Un esempio su tutti: alcuni
capolavori della Galleria degli Uffizi in cui sono evidenti i
riferimenti alla Torah - nella lista ci sono opere di Botticelli,
Tiziano e Rembrandt - saranno contrassegnati dal logo della Giornata e
dalla citazione del versetto biblico a cui si riferiscono. Oltre alla
Galleria degli Uffizi e alle sale comunitarie, sono coinvolte le
seguenti strutture: Palazzo Vecchio, Palazzo Pitti e Gabinetto Viesseux.
“Siamo
molto orgogliosi di poter usufruire di location di questo livello -
commenta il presidente della Comunità ebraica Guidobaldo Passigli -.
Abbiamo un programma ambizioso che si presta a sfruttare al meglio la
straordinaria ricchezza artistica di Firenze”. Il presidente,
insediatosi a metà aprile, rivolge un ringraziamento particolare a chi
lo ha preceduto: “Il lavoro degli ultimi mesi è figlio del canovaccio
predisposto dal precedente Consiglio (presieduto da Daniela Misul ndr)
che è stato abile a muoversi lavorando sugli ottimi rapporti esistenti
con le istituzioni e con alcuni protagonisti del mondo della cultura”.
L’itinerario, ideato e coordinato da Carlo Sisi, ex direttore della
Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, parte dalla Comunità e dal
Museo Ebraico (dove saranno esposti alcuni dipinti di Mario Cavaglieri
e un ritratto del filantropo Giuseppe Montefiore realizzato da Vittorio
Corcos) e prosegue nelle quattro strutture citate, mete predilette
dell’incessante pellegrinaggio turistico che popola strade e piazze
della culla del Rinascimento. Filo conduttore del percorso sarà l’arte
e l’ebraismo, un binomio che verrà sviluppato in più direzioni:
produzione artistica di pittori ebrei, rapporto degli ebrei con l’arte
figurativa, pittori non ebrei in cui sono evidenti i richiami
all’ebraismo.
Sarà
anche la Giornata di Corrado Cagli, pittore del Novecento che fu
sperimentatore di nuovi linguaggi e promotore di idee e tecniche
artistiche innovative: le sue opere, donate dai figli e dall’artista
negli anni Settanta, usciranno dai depositi per essere visibili in più
sale museali. L’idea di Sisi ha ricevuto il via libera del sindaco
Matteo Renzi, che da tempo intendeva valorizzare i lavori di Cagli. Il
percorso non si esaurirà dal mattino al tramonto: “Il 5 settembre -
prosegue il presidente Passigli - è solo l’inizio. Molte iniziative,
tra cui l’esposizione dei quadri di Cavaglieri e le mostre allestite
nei musei, si protrarranno per alcune settimane. È uno dei punti di
forza del nostro programma, oltre al prestigio delle sedi coinvolte”.
Il programma, dislocato in vari punti della città, avrà come fulcro
delle attività la Comunità di via Farini, nel cui giardino saranno
esposte le sculture di Gidon Graetz. In mattinata lo studioso Sandro
Servi parlerà del tema delle festività ebraiche in alcune incisioni di
Bernard Picart (1673-1733) e in altri libri olandesi del XVII e XVIII
secolo. Le incisioni, a cui sarà dedicata una mostra, sono la chiave
per immergersi nelle dinamiche religiose della comunità sefardita di
Amsterdam e per approfondire la grande fascinazione provata dagli
intellettuali del tempo, in particolare ugonotti preilluministi, per
l’ebraismo. A seguire la professoressa Dora Liscia Bemporad, direttrice
del Museo Ebraico di Firenze, terrà una conversazione su arte ebraica,
artisti e committenti nella Yeshivà Margulies. Nel primo pomeriggio è
prevista una tavola rotonda con Carlo Sisi, Antonio Natali, Ettore
Spalletti e Alberto Boralevi, presidente della Fondazione Ambron
Castiglioni, altro soggetto istituzionale che ha dato un apporto
significativo nell’organizzazione del percorso. Al termine del
dibattito, presentazione del volume Pittori ebrei in Italia: 1800 –
1938 di Elena Casotto. Conclusione della Giornata al Teatro
Affratellamento con una performance teatrale (a cura di Enrico Fink e
Laura Forti) dedicata a Charlotte Salomon, artista tedesca di origini
ebraiche morta giovanissima ad Auschwitz. Nel corso della Giornata,
oltre a una serie di iniziative rivolte ai più piccoli, ai bibliofili e
agli appassionati di cucina e oggettistica ebraica, sarà attivo un
servizio navetta che collegherà la Comunità a Piazza della Signoria e a
Piazza Pitti, mentre le porte del Cimitero Monumentale di viale
Ariosto, al cui interno il team coordinato dall’architetto Renzo Funaro
ha riportato alla luce circa trecento lapidi risalenti al Cinquecento,
si apriranno per una serie di visite guidate. L’offerta è vasta e
articolata: Renzo Bandinelli, assessore alla Cultura della Comunità che
ricoprendo lo stesso ruolo anche nel precedente mandato ha garantito
una certa continuità programmatica, sottolinea il grande sforzo
compiuto. Di tipo economico (“si è trattato di un impegno non
indifferente in parte ripianato da donazioni di privati”) ma anche di
persone che si sono sobbarcate una mole notevole di lavoro. “Un merito
speciale - spiega l’assessore - va riconosciuto alla Segreteria, senza
la quale non sarebbe stato possibile allestire un programma così
importante”. Bandinelli introduce alcune novità dell’edizione di
quest’anno. La prima riguarda la stampa: su proposta della Sigma, la
cooperativa che si occupa di gestire i contatti con l’esterno, la
conferenza stampa di presentazione della GECE 2010 (in data venerdì 3
settembre) avrà carattere itinerante: “I giornalisti saranno
accompagnati nei vari luoghi in cui si svolgeranno le iniziative. In
questo modo avranno un quadro completo interagendo con tutti i
protagonisti della manifestazione”. L’altra novità riguarda il
packaging: per quest’anno niente piattini di plastica, gli assaggi di
prodotti tipici della gastronomia ebraica, uno dei must della Giornata
fiorentina - saranno serviti in un contesto più raffinato. “In linea
con il prestigio del nostro programma - spiega Bandinelli - abbiamo
fatto realizzare un cestino da viaggio molto sofisticato ed elegante,
che potrà essere conservato come gadget ricordo”. Il 5 settembre è una
data fondamentale per gli ebrei di Firenze, che sono pronti ad esibire
nuovamente il loro gioiello più prezioso: “Ci presentiamo alla Giornata
nelle condizioni ideali, dopo che i recenti restauri hanno riportato il
giardino e la sinagoga all’antico splendore”.
Adam Smulevich
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Cittadini della Memoria
Il
museo di Yad Va-Shèm, il sacrario della memoria di Gerusalemme,
recentemente ingrandito e ristrutturato, offre oggi al visitatore, al
suo ingresso, un lungo filmato, che scorre ininterrottamente su
un’ampia parete triangolare, svettante fino all’alto soffitto. Una
grande carta topografica dell’Europa centrale e orientale degli anni
’30, recante l’indicazione di città, villaggi, fiumi e montagne di
Polonia, Ungheria, Lituania, Estonia, Lettonia, Ucraina, Russia, si
srotola lentamente, senza fine, sulla parete. Su di essa si stagliano,
di volta in volta, brandelli di filmati dell’epoca: strade affollate di
viandanti, contadini indaffarati nei campi, bambini che si rincorrono,
signori con alti cappelli neri, carrozze trainate da cavalli bardati,
scolaresche che salutano con la mano. Immagini che, dopo alcuni
secondi, si dissolvono, nel nulla, così come si accendono e si spengono
i suoni delle voci, le cantilene, lo scalpiccìo dei cavalli, il cigolìo
delle ruote. Un continuo apparire e disapparire, senza fine. Una
visione dura da reggere, anche per animi non particolarmente sensibili.
La legge istitutiva dello Yad Va-Shèm, del 1953, attribuisce una
‘cittadinanza della memoria’ a tutti gli ebrei d’Europa sterminati
durante la Shoah, attraverso un’estensione retroattiva della sovranità
dello stato risorto. Una cittadinanza che non è ‘onoraria’ o
‘simbolica’, ma giuridicamente reale, effettiva, ancorché post mortem.
Ciò, certamente, non rappresenta alcuna forma di ‘consolazione’ per le
vittime, e neanche un elemento di ‘legittimazione’ per lo Stato di
Israele (che, diversamente da come si suole dire, non è certo nato “per
la Shoah”, ma “nonostante la Shoah”), né, tanto meno, una sorta di
‘compensazione storica’: i nuovi figli di Giobbe non prenderanno mai il
posto dei primi. Si tratta, semplicemente, di un dato di fatto,
scolpito in eterno nel cuore del Paese. Un legame di identità e
continuità indistruttibile, che è ricordato dai versi di Uri Tzvi
Greenberg (“we are them”, noi siamo loro), così come, con ben altro
spirito, dai quotidiani attacchi degli antisionisti negazionisti, che,
odiando ‘tutto’ Israele, non dimenticano i sei milioni di suoi
cittadini che non hanno avuto la sorte di vedere la loro patria, e di
trovarvi salvezza.
Francesco
Lucrezi, storico
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rassegna stampa |
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Sono
i giorni che precedono l’inizio delle trattative dirette tra israeliani
e palestinesi che si riuniranno il prossimo 2 settembre in una cena
organizzata alla Casa Bianca alla presenza anche di Mubarak e del
giovane re giordano Abdullah II Al-Hussein; iniziano logicamente le
pubblicazioni delle analisi che ci accompagneranno in tutti i prossimi
giorni. Su Liberal
l’ex ambasciatore USA all’ONU John Bolton fa una analisi che appare
estremamente severa nei confronti del presidente Obama alla ricerca,
prima di tutto, di consensi in vista delle prossime elezioni di
midterm. Le possibilità di successo delle trattative sono minime,
mentre alti sono i rischi: se falliscono, le conseguenze negative
saranno enormi. E intanto Obama sperpera il prestigio degli Stati Uniti
su una nave che sta per affondare, distogliendo al contempo le
attenzioni dall’Iran che diventa sempre più la superpotenza regionale.
Sullo stesso argomento troviamo due interessanti editoriali sul Wall Street Journal e sul Foglio;
quest’ultimo illustra posizioni non molto dissimili in una analisi
delle incognite che ruotano attorno ai numerosi problemi che oggi
Netanyahu deve affrontare (confini dei due stati, blocco delle
costruzioni, eventuali maggioranze di governo alternative, eventuali
nuove elezioni). Il quadro appare davvero fosco, e non vengono neppure
menzionati i nodi più difficili da sciogliere: Gerusalemme, ritorno dei
profughi, accettazione da parte araba dell’esistenza dello Stato di
Israele. La decisione del governo israeliano di rendere obbligatorio
per tutti gli allievi lo studio dell’arabo, una delle due lingue
ufficiali in Israele, viene riportata da numerose testate: Avvenire la accompagna alle proteste di alcune ONG per la mancanza di aule in certe zone, soprattutto a Gerusalemme Est, mentre il Mattino
pubblica un articolo di Michele Giorgio che, col suo solito livore
antiisraeliano scrive che oggi sono pochi i medici che parlano arabo
negli ospedali frequentati da palestinesi. Impossibile per lui parlare,
a tal proposito, dei tanti medici e infermieri arabi che lavorano a
fianco degli ebrei nei diversi ospedali israeliani dove non si deve
dichiarare la propria religione per essere ricoverati. “C’è del marcio
in Norvegia” è il titolo di un editoriale apparso sul Foglio:
continua il boicottaggio israeliano nella socialdemocrazia pacifista e
multiculturale di Oslo. Non si contano le vignette (si menziona quella
che raffigura Olmert come comandante di un lager) e lo scrittore ed
eroe nazionale Gaarder, noto per il romanzo: Il mondo di Sofia, si
augura la prossima distruzione di Israele; tutto questo succede con il
sostegno della chiesa luterana. Nel momento dell’uscita dei combattenti
americani dall’Iraq Toni Capuozzo rivive sul Foglio i sette anni, dal momento dello scoppio della guerra, con i tanti dubbi che l’hanno sempre accompagnata. Sull’Herald Tribune
Avner Cohen e Miller Marvin pubblicano l’anticipazione di una ricerca
che uscirà a breve su Foreign Affairs: se finalmente i dirigenti
israeliani accettassero di ufficializzare il possesso della bomba
nucleare e se ne liberassero, il mondo intero sarebbe pronto a bloccare
davvero lo sviluppo della bomba iraniana. Ancora un’importante testata
che mette sullo stesso piano la democrazia israeliana che vuole solo la
sopravvivenza dei propri cittadini, e la teocrazia violenta e
sanguinaria sciita che dichiara apertamente di volere la distruzione di
Israele perché possa scendere sulla terra il Mahdi. Ancora personalità
importanti della cultura che non capiscono che la storia, passata,
recente e recentissima, ha insegnato agli israeliani che, purtroppo,
devono fare affidamento solo su se stessi. La settimana scorsa, nella
mia consueta rassegna stampa, a proposito di un altro articolo
pubblicato sull’Herald Tribune,
ebbi a scrivere che non conosco a fondo né la realtà del movimento
islamico sufista, né la figura del suo leader Feisal Abdul Rauf, che
figura tra i promotori del progetto per il nuovo centro islamico. Per i
lettori interessati a saperne di più segnalo ora l’articolo pubblicato
su La Stampa di giovedì 19 firmato da Francesco Semprini ed intitolato:
L’Imam dei misteri a libro paga degli 007 americani. Purtroppo,
anche in questo caso si deve riflettere a fondo su una certa attitudine
di tanti personaggi a mistificare la realtà per raggiungere lo scopo
voluto; attitudine che troppa gente, ancora oggi, non vuole
comprendere. Sul Mattino
l’archeologo italiano Emmanuel Anati si dimostra convinto, dopo oltre
30 anni di ricerche, di aver trovato le prove che il monte Har Karkom,
che domina il Negev coi suoi 847 metri, sarebbe il vero Monte Sinai.
Tra gli innumerevoli ritrovamenti archeologici, un santuario
paleolitico e graffiti preneolitici provano che il monte era già sacro
ben prima di quando lo avrebbe risalito Mosé; suo suocero Ietro gli
disse infatti: vai a pascolare alla montagna di Dio, a dimostrazione di
che cosa quel monte significava già allora. Su Avvenire,
infine, desidero ricordare la breve col ricordo di Rav Elio Toaff del
vescovo emerito di Livorno Abiondi, recentemente scomparso: è stato un
grande combattente per il dialogo tra ebrei e cristiani, e come tale lo
ricordiamo anche noi.
Emanuel Segre Amar
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Champions League - Il sogno dell’Hapoel diventa realtà Il
sogno è diventato realtà. L’Hapoel Tel Aviv, club vincitore dell’ultima
Ligat Toto, si è qualificato per la prima volta nella sua storia alla
fase a gironi della Champions League. È il secondo anno consecutivo che
una squadra israeliana fa capolino tra le 32 grandi d’Europa: nella
scorsa stagione l’impresa era riuscita al Maccabi Haifa, poi entrato
nel libro dei record (negativi) del torneo con zero goal e zero punti
fatti. Anche l’ultimo ostacolo prima del salto nell’elite del pallone,
quel Salisburgo che a suo tempo fu allenato da Trapattoni, è stato
superato. Ma quanta sofferenza: dopo il convincente 3 a 2 ottenuto in
trasferta, la gara di ritorno sembrava una mera formalità, quasi una
passerella davanti al pubblico amico. Complice una sfortunata autorete
di Douglas Da Silva (anche se le responsabilità maggiori del fattaccio
sono del portiere Vincent Enyeama) in conclusione di primo tempo,
il sogno ha rischiato di trasformarsi nel più brutto degli incubi. Un
altro goal e gli austriaci avrebbero condannato i rossi di Tel Aviv a
una drammatica eliminazione: sugli spalti del Bloomberg Stadium
iniziava a serpeggiare la tensione. I brividi, nonostante un netto
predominio territoriale dei padroni di casa che gettavano al vento una
lunga serie di occasioni propizie per pareggiare, si sono tramutati in
gioia sfrenata solo pochi istanti prima del triplice fischio finale.
Cioè quando la botta sul primo palo di Eran Zahavi ha gonfiato la rete
avversaria, scongiurando ogni possibile ribaltone. Da quel momento era
il delirio: una città che vive di basket, scopriva che anche il calcio
poteva darle grandi emozioni. HAPOEL TEL AVIV 1 – 1 SALISBURGO Autorete Da Silva (S), Zahavi (H) a.s
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delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
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indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per
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Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross.
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