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L'Unione informa |
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26 agosto 2010 - 16 Elul 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Di
Shabbat, come è noto, è proibito cucinare. Ma se qualcuno l'ha fatto,
il cibo si può mangiare? La risposta alla domanda dipende da tre
variabili: 1. quando? nello stesso Shabbat, quando ancora il divieto di
cucinare è in vigore, o anche dopo? 2. chi sarebbe coinvolto nel
divieto? la persona che ha trasgredito o tutti quanti? 3. come è stata
fatta la trasgressione, volontariamente o involontariamente? I Maestri
si dividono (TB Chulin 15a) sulle risposte da dare ai casi che nascono
da questa domanda particolare, che nasconde una domanda più grande e
fondamentale: si può trarre godimento da una trasgressione, chi, come e
quando? E' anche questo uno degli aspetti in discussione nella polemica
intellettual-morale di fine Agosto che ha agitato (poco) gli ultimi
giorni delle vacanze: è lecito a chi scrive di morale usare un editore
che avrebbe evaso le tasse? Molti scrittori si sono precipitati a
distinguere le loro responsabilità di quello che scrivono, dalle
responsabilità di chi stampa. Può essere che giuridicamente abbiano
qualche ragione, ma bisogna vedere se e a qual punto avrebbero tratto
vantaggio da una presunta illegalità. Eppure in questi giorni di Elul,
l'aspetto strettamente giuridico non basta. Basta guardare i testi
delle nostre tefillot con tutte le casistiche dei widduìm (le
confessioni collettive). E' lecito il godimento da un'azione scorretta,
anche se non fatta da noi? Una colpa non intenzionale lascia del tutto
innocenti? E che ne è del principio di responsabilità collettiva?
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"La
questione veramente importante non è se differenti sette musulmane
possano vivere in armonia con gli americani, ma se possano vivere in
armonia le une con le altre" (Stephen P. Cohen, "Beyond America’s
Grasp: a Century of Failed Diplomacy in the Middle East"). "Il grosso
problema non sono i musulmani che costruiscono le moschee in America,
sono i musulmani che fanno esplodere le moschee in Medio Oriente. E la
risposta non è un dialogo inter-religioso in America. È un dialogo
intra-religioso - così assente oggi - nel mondo musulmano" (Thomas L.
Friedman, New York Times, 21 agosto 2010).
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Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme |
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Bejahad 5770 - La giornata dell'ebraismo italiano
Prosegue
il festival della cultura ebraica di Abbazia. A dare il via alla terza
giornata della manifestazione, dedicata all'ebraismo italiano, è stato
stamane il direttore del dipartimento Educazione e cultura dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane, rav Roberto Della Rocca, a seguire un
intervento di Guido Vitale, coordinatore del dipartimento Cultura e
informazione UCEI, dal titolo Percezione della minoranza ebraica in
Europa. Ma la giornata è fitta di appuntamenti e proseguirà fino a
tarda sera. In
programma infatti ci sono anche la mostra fotografica “Trieste e
Venezia: kehillot tra passato e futuro”, con scatti del fotografo
Michele Levis e immagini d'epoca dagli archivi comunitari e, nel
pomeriggio, Sanja Roic´ e Sinan Gudzevic´ terranno una lettura
dedicata a Primo Levi e Alberto Moravia. Poi sarà la volta dell'atteso
concerto Hayam shar - Il mare canta di Ashira ensemble con
Evelina Meghnagi. A chiudere la giornata due film documentari sulla
storia degli ebrei di Zagabria.
Bejahad 5770 - Venezia e Trieste nel mirino di Michele Levis
Il
festival Bejahad, ad Abbazia dal 24 al 31 agosto, rappresenta la più
importante vetrina per l’ebraismo dell’ex Jugoslavia. Un appuntamento
che anche quest’anno propone un fitto programma di eventi culturali e
sociali. Tra questi è da segnalare la mostra fotografica “Trieste e
Venezia: kehillot tra passato e futuro”, che propone uno spaccato di
due Comunità ebraiche vicine, sia dal punto di vista storico sia dal
punto di vista delle interrelazioni, all’ebraismo croato. La mostra si
articola in due sezioni: una dedicata alla kehillà veneziana che trae
ispirazione dall’installazione “Fotografia e Memoria” presentata
proprio a Venezia in occasione del Giorno della Memoria 2010, e una
sezione dedicata a Trieste completamente nuova. In esposizione una
serie di immagini in bianco e nero stampate in Fine Art e realizzate
dal fotografo Michele Levis accostate a scatti d’epoca provenienti
dagli archivi comunitari, tracce di vita ebraica veneziana e triestina,
finestra su un passato recente e drammaticamente attuale.
Un
percorso attraverso i dilemmi e le speranze di un intenso momento
storico presente che, ebraicamente, indaga la memoria per proiettarsi
nel futuro. È l’immagine di un’assenza, in dialogo con quelle
fotografie d’anteguerra che documentano una vita quotidiana ebraica
ricca e fiorente, ricordandoci le tante persone che potrebbero essere
ancora qui, con i loro figli e nipoti, se il nazifascismo non le avesse
cancellate. Immagini, disegni, memorie provenienti dalla secolare
storia di rapporti, intrecci, scontri, vissuti da cenciaioli ebrei
italiani, ricchi banchieri aschkenaziti, curiosi mercanti e navigatori
sefarditi. Infine immagini del presente, delle sinagoghe veneziane e
triestine, del ghetto nuovo di Venezia, della colonia estiva di Villa
Opicina intitolata a Carlo Morpurgo, del museo "Carlo e Vera Wagner" di
Trieste senza prescindere dai luoghi tragici della Shoah come la
Risiera di San Sabba.
Michele
Levis nasce a Venezia, ma vive e lavora a Bologna. Entra nel mondo
della fotografia seguendo un percorso prima da autodidatta, poi
approfondendo diversi aspetti tecnico-artistici in corsi e workshop,
con il continuo confronto sul campo con colleghi e maestri.
Principalmente si occupa di reportage in senso esteso ( in ambito
urbano, sociale, paesaggistico), di fotografia applicata
all’architettura per privati e collaborando con riviste, enti pubblici
e associazioni. Durante la sua carriera di fotografo ha esposto i suoi
lavori a Spoleto, Bologna, Milano, Venezia. La mostra di Abbazia
risulta essere solo una parte di un progetto a più ampio respiro
dedicato a tutte le comunità ebraiche del nord-est e della ex
Iugoslavia, un progetto che ha la finalità di riscoprire luoghi lontani
nel tempo e le memorie connaturate ad essi. Accanto però alle tracce
del passato il fotografo ha voluto inserire elementi caratteristici
della vita ebraica del presente che, malgrado tutto, non si è mai
spenta totalmente e che in alcune realtà, sebbene a fatica, torna oggi
alla luce.
Michael Calimani
Bejahad 5770 - Evelina Meghnagi, il canto dell’anima
Il
canto di una donna innamorata del suo lavoro e depositaria di un
talento straordinario. Evelina Meghnagi, ebrea di origine tripolina,
una delle voci più belle della musica italiana, scavando nella sua
viscerale identità sefardita tocca le corde più profonde della
sensibilità di quanti hanno il privilegio di poterla ascoltare,
spalancando finestre su culture inesplorate. Sarà lei, accompagnata dal
trio Ashira ensemble (Domenico Ascione, Arnaldo Vacca e Marco Camboni),
a chiudere in bellezza la terza giornata di Bejahad, il festival in
corso di svolgimento ad Abbazia (Croazia) che da anni rappresenta il
meeting più importante per gli ebrei dei paesi dell’ex Jugoslavia.
Hayam shar – il mare canta, questo il nome del progetto che verrà
proposto al pubblico croato, e che nel recente passato è stato
protagonista, con ottimi riscontri, di numerosi concerti in Italia e
all’estero. “Hayam Shar - spiega Evelina - è un percorso alla scoperta
del mondo sefardita e di altri popoli mediterranei, un mix di poesia e
musica che mostra come persone apparentemente distanti talvolta
affrontino le stesse tematiche e utilizzino i medesimi linguaggi. Col
mio lavoro cerco di dare delle chiavi di comprensione a queste realtà”.
Ride e confessa: “Sono una donna universalista, mi piace evidenziare i
punti di contatto tra le genti”. Poi racconta della sua grande passione
per la pesca: non quella tradizionale con amo e baco, ma la pesca di
tracce e modalità di espressione - sia canore che scritte - delle
culture minoritarie, che pur vivendo immerse in società in cui sono
prevalenti modalità espressive differenti, mantengono viva la propria
identità. In Hayam Shar, ad esempio, vengono lette antiche poesie arabe
e andaluse. Mentre tra i progetti futuri di Evelina, è prevista la
riscoperta di canti curdi, catalani e in dialetto grecanico.
L’interesse per le sfumature etniche della musica nasce ai tempi
dell’università, facoltà di Antropologia. “Era destino che me ne
occupassi. Oltre alle aule universitarie frequentavo infatti la scuola
di musica popolare di Giovanna Marini. Una scelta di avvicinamento al
canto non canonica, che in un secondo momento ho integrato dedicandomi
ad ambiti più classici”. Il 1980, anno del primo folk festival di
musica ebraica, rappresenta il passaggio più significativo di una vita
in vocalizzi. Con la prima schiarita di voce in Evelina si accende una
scintilla che ancora brucia: la torcia olimpica della passione per le
melodie sefardite. “In quel momento esatto ho trovato la mia anima”,
ricorda. L’esibizione al folk festival è solo l’inizio del percorso, ad
oggi trentennale, che conduce alla valorizzazione del vasto repertorio
melodico degli ebrei del Mediterraneo. Percorso che è anche
condivisione e trasmissione di brividi: “Quando canto il mio cuore
vibra, è un qualcosa che il pubblico percepisce ”. Emozioni di
una figlia della diaspora degli ebrei di Libia, frammento di storia
personale che, anche se doloroso, “mi arricchisce di qualche corda in
più”. È la curiosità il motore di Evelina e del suo pubblico, spesso
digiuno di ebraismo e cose ebraiche, che assiste ai concerti con un
crescendo di partecipazione. Prossima tappa in Sicilia, dove Meghnagi e
Ashira ensemble si esibiranno - con il precedente del grande successo
dell’anno scorso - in una minitournee. “La Sicilia è un posto
incredibile. Pur essendoci nella gente una scarsa conoscenza della
storia ebraica dell’isola, l’interesse e il coinvolgimento per il
nostro lavoro è molto forte”. Evelina, che dice di avere sviluppato
un’attrazione fatale per lo spettacolo da quando era giovanissima, è
artista a 360 gradi, oltre che cultrice di mille interessi e amante
delle cose fatte per bene (“adoro prendermi il mio tempo, bere con
calma il caffè alla mattina…”). Insieme alla musica, l’altro canale di
sfogo artistico privilegiato - con risultati altrettanto eccelsi - è la
recitazione. Nel suo curriculum spiccano collaborazioni con alcuni
grandi nomi del teatro e del cinema italiano, tra cui Ronconi,
Scaparro, Albertazzi e Benvenuti. Tanti gli sviluppi di un talento
eclettico: la situazione preferita da Evelina è “quando posso coniugare
recitazione e canto”. E l’ispirazione per partorire nuove idee, invece,
da dove viene? “Innanzitutto da una buona dormita, una premessa
fondamentale per chi fa spettacolo. Poi dalla vita di tutti i giorni,
anche da cose semplici come annaffiare le piante o incontrare gente.
Difficile che venga studiando a tavolino”. E quando le viene chiesto
che cosa canti sotto la doccia, ecco la sua risposta: “Di solito lavori
che sto perfezionando, arie liriche oppure melodie. Ma anche semplici
canzonette”.
Adam Smulevich
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Di nuovo
Il
castagno ormai ultracentenario descritto da Anna Frank era malato e
alla fine è stato abbattuto dal vento forte e compassionevole, il
grande amico degli alberi. Lo sappiamo che gli eredi del castagno sono
disseminati nei giardini del mondo, ma non saranno le stesse chiome
guardate da Anna, e il Tizio è in lutto. C‘è che Il castagno che io
amavo e tu amavi, neanche lui era eterno, e c’è che questo è l’oblio.
Girano i giorni e sessantacinque anni dopo la chiusura di Auschwitz i
Rom vengono espulsi dalla Francia per mano del loro personale, niente
affatto compassionevole, grande nemico: l’uomo. Non c’è rapporto tra le
due vicende, ma qualcosa si sta spezzando di nuovo.
Il Tizio della Sera
Difesa, cosa cambia al vertice
Tra
qualche mese prenderà servizio il nuovo Capo di stato maggiore,
generale (Aluf) Yoav Galant, che attualmente dirige l’esercito sul
fronte meridionale. Finisce così la burrasca provocata nelle ultime
settimane da uno pseudo documento che preconizzava la strategia
necessaria a Galant per diventare Capo di stato maggiore. Secondo le
indagini della Polizia il documento era falso e circolava tra gli
ufficiali di stato maggiore già da qualche mese. Quale fosse il suo
scopo non è chiaro e forse poteva anche mirare a silurare la
candidatura di Galant. Lo pseudo documento, il suo lancio vistoso per
mezzo di una rete televisiva locale, le illazioni sul suo autore, hanno
occupato l’opinione pubblica per alcuni giorni. Alla fine sembra che si
trattasse di una burrasca in un bicchier d’acqua. Il ministro della
Difesa Ehud Barak ha scelto Galant tra una rosa di candidati tutti atti
al grave compito. Spero che sia possibile cominciare a diminuire le
spese di bilancio destinate alla Difesa (più di 55 miliardi di shekel),
ma le notizie degli ultimi giorni parlano invece dell’eventuale
acquisto di 25 aerei da combattimento americani del tipo F-35 che
possono sfuggire ai radar nemici e costa cifre folli sebbene sia
stanziato sui fondi degli aiuti americani.
Sergio Minerbi
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rassegna stampa |
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Continua
la scarsità estiva di notizie vere e proprie riguardanti Israele e il
mondo ebraico. Certamente però non è un buon segno la raffica di
attentati realizzata da Al Queida in Iraq per festeggiare a modo suo o
mostrare il suo potere dopo che è stata dichiarata chiusa la missione
militare americana (Alberto Negri sul Sole, redazione del Foglio, England sul Financial Times).
La "notizia" più diffusa dai giornali è un tipico "fattoide", cioè un
racconto che si dà come fattuale senza le basi necessarie. Domizia
Carafoli sul Giornale, la redazione di Avvenire, quella del Giorno/Nazione/Carlino, perfino quella della Gazzetta dello Sport
pubblicano un raccontino praticamente con le stesse parole: "L'analisi
del Dna di Adolf Hitler, ottenuto da campioni di saliva di 39 parenti
del dittatore nazista, dimostra che aveva origini ebraiche e
nordafricane. In particolare è stato trovato un cromosoma, l'Aplogruppo
Eib1b1', raro tra gli occidentali ma comune nei berberi in Marocco,
Algeria e Tunisia, così come tra gli ebrei ashkenaziti e serfarditi.".
Dal punto di vista scientifico la ricostruzione indiretta di un Dna che
esibisce, non si sa in quale proporzione, una variante rara non
dimostra un bel niente. Peccato poi che la fonte di questa storia
dall'aria molto scientifica sia almeno tre volte indiretta: "Lo scrive
il 'Daily Tetegraph' citando la ricerca di un giornalista e di uno
storico belgi, Jean-Paul Mulders e Marc Vermeere". i quali però sono
difficilmente qualificati a fare analisi del DNA e dunque in un testo
di cui non conosciamo la collocazione scientifica né le prove
evidentemente citano una ricerca, di cui non ci viene detto l'autore né
i criteri di scientificità (né sappiamo nulla di 39 parenti
interessati). La notizia si conclude riportando un'altra possibile
bufala data come un fatto: "In passato era emerso che il padre di
Hitler, Alois, potesse essere il figlio illegittimo di una cameriera di
nome Maria Schickelgruber e di un 19enne ebreo, noto come
Frankenberger". Bisogna addestrarsi a leggere criticamente queste
"notizie" giornalistiche, perché la tecnica dell'approssimazione
disinvolta, se non proprio della menzogna è diffusissima nel
giornalismo contemporaneo e non può non rispondere ai pregiudizi degli
autori. Lo mostra Dimitri Buffa sull'Opinione,
riprendendo un'analisi pubblicata da Deborah Fait su "Informazione
corretta": per i giornali italiani il palestinese con problemi mentali
che ha dato l'assalto qualche giorno fa all'ambasciata turca a Tel Aviv
ed è stato ferito dalle guardie turche, è stato invece ucciso dagli
israeliani, anche se è facile verificare che non è morto". Ma
verificare è una parola estranea al lessico della stampa italiana. Se
non fosse così anche nella calma estiva a qualcuno sarebbe venuto in
mente di controllare con un biologo e uno storico la bufala del Dna di
cui abbiamo parlato prima. Altri articoli di qualche interesse sulla rassegna di oggi sono un'analisi di Sarah Toth Stub sul Wall Street Journal
a proposito della difficoltà dell'economia israeliana di trasformare le
tante piccole imprese innovative in grandi aziende; un commento di Anna
Foa sull'Osservatore romano a proposito della proibizione delle immagini nella cultura ebraica, un reportage di Lorenzo Bondi su Europa a proposito degli sviluppi della sucessione a Mubarak in Egitto.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Allerta
attentati per gli israeliani in vacanza
Tel Aviv, 25 ago - E'
rischio attentati nei confronti dei cittadini israeliani in viaggio
all'estero, “sconsigliamo vivamente qualsiasi puntata turistica negli
Stati arabi e musulmani in vista delle imminenti festività per il
Capodanno ebraico”. Questo l'appello diffuso dall'ufficio nazionale
israeliano dell'anti-terrorismo nel quale si mette in relazione
l'incremento del pericolo con concrete informazioni d'intelligence, ma
anche con le accuse particolarmente aggressive rivolte a Israele negli
ultimi tempi "dall'Iran e da Hezbollah". I Paesi arabi che i cittadini
israeliani possono in teoria liberamente visitare - poiché in pace con
lo Stato israeliano - sono Giordania ed Egitto. Ed è proprio dal Sinai
egiziano che nelle ultime settimane è stata segnalata una recrudescenza
di tensione, sfociata fra l'altro a luglio nel lancio di alcuni razzi
finiti fra Eilat e l'adiacente costa giordana del Mar Rosso. Il
richiamo potrebbe tuttavia riguardare anche un Paese musulmano non
arabo come la Turchia, alleato strategico di Israele per decenni, ma da
qualche tempo al centro di forti contrasti con lo Stato israeliano.
Ground Zero - Coalizione interreligiosa a favore della Moschea Washington, 25 ago - Musulmani,
ebrei, cristiani e comitati cittadini assieme per sostenere il progetto
di costruzione della moschea “Cordoba center” a soli due isolati da
Ground Zero. Accade in America e la variegata organizzazione prende il
nome di "Neighbors for American Values", cioè 'i vicini a favore dei
valori americani'. Secondo loro le proteste contro la moschea sono
ingiustificate e hanno l'unico scopo di creare paura e divisione tra i
cittadini di New York, violando così il principio della libertà
religiosa, tutelato esplicitamente dalla Costituzione americana. Fra i
membri anche un portavoce di un'associazione Familiari delle vittime
dell'11 settembre: Donna O'Conner. "Deve essere chiaro a tutti che non
siamo stati attaccati dal mondo musulmano - ha affermato O'Conner.
“Tutti noi - ha proseguito - che quel giorno abbiamo perso i nostri
familiari, siamo d'accordo al 100 per cento con chi vuole costruire
questo centro culturale islamico e al suo interno la moschea". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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