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4 ottobre 2010 - 26 Tishrì 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

Per una singolare evoluzione degli eventi, negli ultimi giorni la kippah è diventata nella società civile un simbolo opposto alla rozzezza e alla volgarità della politica. E' un messaggio molto impegnativo, sia per chi la porta sempre, che per chi la mette ogni tanto e per chi non la mette mai.
Anna
Foa,
storica
   

Anna Foa
Non bastava il senatore Ciarrapico, ci voleva anche la barzelletta raccontata dal Presidente del Consiglio. Una barzelletta stupida e antisemita. Ma anche le barzellette più stupide, anche quelle antisemite, si reggono su un filo logico. In questa, troviamo un ebreo che durante la persecuzione nasconde in casa sua un "connazionale" (sic!), a peso d'oro naturalmente, e che poi si domanda se sia il caso o no di dirgli, dopo 65 anni, che la guerra è finita. Eppure, qualcosa non funziona nella logica interna dell'infelice barzelletta: quale ebreo poteva infatti in quegli anni dare rifugio a un altro ebreo? Tutti gli ebrei, indistintamente, erano in pericolo. E allora? Da dove viene la battuta? E' evidente che c'è stato un cambiamento, che l'avido salvatore originario non poteva che essere un non ebreo. Quanto all'ignoranza sulla fine della guerra, c'era forse, nella battuta originaria, l'eco di quei soldati giapponesi vissuti per decenni nella foresta, convinti di essere ancora in guerra, ricordate? E allora? Chi ha, mutando poche parole, reso antisemita la barzelletta? Forse qualcuno che pensava che, se uno era avido, non poteva che essere ebreo? E che non sapeva nulla dei meccanismi delle persecuzione nazista. Ma chi? Chissà? 
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davar
Gattegna: Espressioni di antisemitismo, "Rabbia e sconforto"
Renzo GattegnaIl Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
“Gli ebrei italiani nel vedere e ascoltare l’esternazione del senatore Ciarrapico hanno provato rabbia e sconforto. Ciarrapico non ha sorpreso, perché tutti sanno che egli si è limitato, in un momento di sincerità, a dire ciò che ha sempre pensato degli ebrei, coerentemente con la sua formazione e la sua mentalità”.
“Lo sconforto è nato da ciò che si è potuto cogliere intorno a lui: sorrisi, consenso, evidente soddisfazione di altri senatori che si compiacevano del fatto che qualcuno trovasse il coraggio di sfidare la correttezza politica e di ingiuriare nuovamente gli ebrei. Nessuno dei presenti ha avuto la sensibilità, l’intelligenza e la prontezza per reagire, come sarebbe stato necessario, per tutelare soprattutto la dignità e l’onorabilità del Senato. Così, all’incomprensibile silenzio del Presidente dell’Aula, si è aggiunta la replica del Presidente del Consiglio che non ha colto la gravità delle affermazioni di Ciarrapico e ha risposto in maniera assolutoria alle offese agli ebrei rinnovando la sua amicizia allo Stato di Israele, cioè confondendo due diverse entità. E’ sconfortante dover verificare l’alto prezzo che le istituzioni stanno pagando per il grave errore commesso da chi ha proposto e sostenuto l’elezione di una persona che si è sempre rivelata pronta a calpestare i valori fondamentali dello stato democratico”.
“Siamo in attesa di vedere se il Presidente del Senato e il Presidente del Consiglio adotteranno provvedimenti diretti a sanzionare quella grave offesa che è stata rivolta non solo agli ebrei ma alle Istituzioni nazionali, soprattutto per evitare che simili episodi si possano ripetere”.

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pilpul
Barzellette
Donatella Di CesareIn ogni democrazia occidentale il senatore del «Popolo della libertà» Giuseppe Ciarrapico si sarebbe già dimesso dopo le parole pronunciate nell’aula del Senato il 30 settembre. Per definire «rinnegati» i finiani, Ciarrapico si è servito della metafora della kippah, ha attinto cioè al vecchio, ma non logoro, stereotipo antisemita secondo cui l’ebreo è Giuda il traditore. Stereotipo gravissimo dopo Auschwitz e dopo il Concilio Vaticano II.
Questo dovrebbe costituire un problema per chi gli siede accanto, nello stesso partito, e difende Israele. Come si può sorvolare sull’odio antiebraico, convinto ed esplicito, assumendo che questo odio sia bilanciato da una millantata amicizia per Israele?
L'altro risvolto del doppiopetto della destra italiana è venuto fuori nella posizione del premier che, per ovviare all'«incidente» di Ciarrapico, si è affrettato a riaffermare la sua «amicizia» per Israele. Ma qualche ora prima si era lasciato andare raccontando in privato una barzelletta sulla Shoah - un’offesa inaudita per la memoria di milioni di vittime - che termina con queste parole: «pensi che glielo dobbiamo dire che Hitler è morto e che la guerra è finita?».
C’è chi avanza due giustificazioni, entrambi insostenibili e inaccettabili: la prima è la tesi della separazione tra morale privata e morale pubblica (l’ebraismo è il modello opposto); la seconda è che le barzellette non vanno prese sul serio e che le parole vanno e vengono, si relativizzano a seconda del contesto, e si possono in certo modo ritirare quando fa comodo.
Non è così. Le parole hanno uno spessore e un effetto; perciò non sono seconde ai fatti. Lo dice il mondo della comunicazione in cui viviamo. In nessuna democrazia occidentale un Primo ministro si permetterebbe nel 2010 barzellette come quella sugli ebrei e la Shoah.
Non è facile credere che chi parla in questo modo possa essere un paladino di Israele. Potrebbe invece esserlo per convenienza. E sarebbe allora una beffa rischiosa. Perché un lasciapassare farebbe comodo a una destra antisemita, xenofoba, sguaiata e violenta. E potrebbero cadere nell’oblio tutte le colpe che il fascismo ha avuto nel passato dell’Italia e dell’Europa.
C’è nella destra italiana chi, come Fini e il gruppo di «Futuro e libertà» ha scelto un altro cammino, un ripensamento critico - che deve essere riconosciuto. Ma altri fanno emergere una inquietante continuità con il fascismo, quello che ha proclamato le leggi razziste del 1938. E il fascismo italiano - bisogna ricordarlo - deve ancora rispondere dei suoi crimini davanti al tribunale della Storia.

Donatella Di Cesare, filosofa

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