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6
ottobre
2010 - 28 Tishrì 5771 |
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![Adolfo Locci, rabbino capo di Padova](http://www.moked.it/unione_informa/101006/Locci1.jpg) |
Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova
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...poiché l’inclinazione dell’uomo tende al male fin dalla sua fanciullezza (Bereshit 8, 21).
Rav Shimshon Refael Hirsch (1808 - 1888) s’interroga su questa
espressione e solleva una perplessità: com’è possibile che un essere
umano appena nato, possa tendere al male ed essere traviato? Secondo
Rav Hirsch, il Signore usa questi termini per definire solo una
generazione, quella del diluvio (Dor Hamabul) che, nella storia
dell’umanità, rimane unica nel suo genere perché effettivamente
malvagia fin dalla sua formazione tanto da causare il diluvio
universale. Tuttavia, bisogna notare che l’espressione in questione, è
detta dal Signore dopo il diluvio, per motivare il fatto che non
avrebbe senso colpire ancora la terra a causa dell’uomo perché
purtroppo “tende al male fin dalla sua fanciullezza”.
Dunque, senza nulla togliere all’ottimismo di Hirsch che crede nella
bontà originaria dell’essere umano (quando nasce) e che solo la vita e
la società lo può portare a tendere verso il male, dovremmo cominciare
guardare al mondo che ci circonda e a noi stessi, nel tentativo di
capire se “quella” generazione sia da definirsi ancora unica nel suo
genere, anche perché il Signore ha promesso che non ci sarà più un
diluvio a “salvarci”...
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Michele
Sarfatti,
storico
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La barzelletta di Silvio
Berlusconi contiene e propaga cinque fondamentali del pregiudizio
antiebraico: l'ebreo straricco, l'ebreo profittatore, l'ebreo astuto,
l'ebreo traditore (anche del fratello), l'ebreo a-nazionale (vedi l'uso
di "connazionale" anziché "correligionario"). Niente male in una botta
sola, anche senza considerare l'offesa del riso imbecille su una
tragedia profonda.
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Israele e noi - JCall con Yehoshua e Cohn-Bendit
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“L'appello
alla ragione degli ebrei europei”, il primo grande meeting di JCall,
l'organizzazione dell'ebraismo europeo progressista si questa sera si
tiene a Parigi. Al convegno hanno anunciato fra gli altri la loro
presenza lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua, il deputato francese
Henri Weber, il filosofo ebreo Alain Finkielkraut e il leader dei verdi
francesi, la terza forza politica alle ultime elezioni europee, l'ex
leader sessantottino e leader politico Daniel Cohn-Bendit. A una
settimana di distanza dalle rivelazioni del Washington Times, che hanno
fatto vacillare i vertici dell'organizzazione sorella d'oltreoceano J
Street, gli ebrei europei che si dichiarano 'per Israele, per la pace'
si riuniscono nella capitale francese per presentare al pubblico il
loro movimento d'opinione. Il quotidiano conservatore della
capitale americana aveva pubblicato un'inchiesta sul finanziamento –
tenuto segreto – del finanziere filantropo George Soros al movimento J
Street. Ebreo di origine ungherese, Soros è un personaggio controverso,
poco amato da tanti americani per le sue prese di posizione
progressiste radicali, soprattutto contro l'amministrazione Bush.
Avrebbe versato – secondo il Washington Times – 750 mila dollari in tre
anni nelle tasche di J Street – pratica lecita nel sistema della
democrazia statunitense – versamento che però fu pubblicamente negato
da Jeremy Ben Ami, direttore esecutivo di J Street. L'insincerità,
nella cultura e nella prassi politica americana, è la colpa più
imperdonabile. Nel momento della crisi della lobby ebraica
liberal, il movimento europeo nato da una sua costola si presenta al
pubblico parigino. Ne abbiamo parlato con il fondatore di J Call, David
Chemla, ebreo di origini tunisine con la cittadinanza israeliana e
francese. Quali sono i vostri rapporti con JStreet ? Si
tratta solo di un'affinità ideologica, non abbiamo nessun collegamento
organizzativo, siamo due gruppi indipendenti. J Street è una lobby, un
soggetto politicamente attivo nella politica americana che raccoglie
denaro ed esercita pressioni sul Congresso. Noi invece siamo un
movimento d'opinione, non lavoriamo insieme ai partiti politici. Che opinione vi siete fatti del caso Soros? Che
io sappia non è stato commesso alcun illecito. Anche l'Aipac (la lobby
ebraica americana di orientamento conservatore) raccoglie donazioni,
così come tutte le altre lobbies. Se Ben Ami ha mentito, se ne assumerà
personalmente la responsabilità. Come avviene la vostra raccolta fondi? Noi,
in quanto movimento d'opinione, non abbiamo un interesse primario a
raccogliere denaro, come avviene in America. Abbiamo però aperto da
poco un fondo donazioni, ma solo al fine di coprire le spese, come la
gestione del sito e l'organizzazione degli eventi come quello di questa
sera. Quali sono, attualmente, le dimensioni di J Call? Per
ora abbiamo raccolto circa 7.500 firme. Voglio sottolineare la nostra
dimensione europea. La presentazione di J Call tenutasi l'anno scorso
al parlamento di Bruxelles ha un valore fortemente simbolico. Puntiamo
a diventare una federazione di organizzazioni nazionali di ebrei
liberal. Abbiamo un nucleo molto numeroso in Francia e in Belgio,
alcuni sostenitori britannici, i gruppi intitolati a Martin Buber in
Svizzera e in Italia, e pochi firmatari dell'appello nell'Europa
orientale. Una settimana fa è stato fondato J Call Germania. Dobbiamo
ancora crescere molto: in Italia siamo ancora poco seguiti, perciò, con
David Calef, il nostro referente dal bel paese, stiamo pensando di
organizzare un meeting come quello di stasera, a novembre. Quali sono gli obiettivi politici di J Call? Non
assumiamo posizioni radicali, manteniamo una linea politica
progressista e largamente condivisa. Siamo ebrei e sionisti, e in
quanto tali siamo determinati ad esercitare il nostro diritto/dovere di
criticare l'operato del governo israeliano nel merito delle sue scelte.
Vogliamo aprire il dibattito nel mondo ebraico, proponendoci come
alternativa a coloro che difendono Israele aprioristicamente, qualunque
scelta compia, anche se contraria ai valori ebraici e democratici. Il
popolo d'Israele è culturalmente una società aperta: nostro primo
obiettivo è alimentare il dibattito sul futuro dello Stato ebraico. Ci
schieriamo decisamente a favore della soluzione dei due stati, l'unica
che consentirebbe a Israele di rimanere uno stato democratico e con la
maggioranza della popolazione ebraica. I
vostri critici affermano che voi danneggiate l'immagine di Israele in
Europa, che già non gode di ottima salute. Come replicate a
quest'accusa? È esattamente il contrario. Mostrare che la
minoranza ebraica non è rigida e monolitica non può che migliorare la
sua relazione coll'esterno. Inoltre noi combattiamo la delegittimazione
dello Stato d'Israele e lo supportiamo, anche se non sempre in accordo
con le scelte del suo governo. Quanta fiducia nutrite nei negoziati di pace in corso a Washingon? Consideriamo
un risultato importante la ripresa di negoziati diretti tra il governo
israeliano e l'autorità palestinese, e siamo soddisfatti di come
l'amministrazione Obama abbia preso a cuore la questione. Riguardo
all'esito siamo ancora un po' scettici, ma io non escludo che Netanyahu
ci possa riservarci delle sorprese, non è un estremista. Siamo convinti
che per il buon andamento dei negoziati sia essenziale una proroga
della moratoria, che cessino le costruzioni di nuovi insediamenti.
Abbiamo già perso troppo tempo, e il tempo, logorando gli animi delle
popolazioni coinvolte, gioca a favore degli estremisti.
Manuel Disegni
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Israele e noi - JCall
Italia: "Manifestazioni discutibili" |
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L’onorevole Fiamma
Nirenstein ha indetto a Roma la manifestazione Per la Verità, per
Israele per il 7 Ottobre. La manifestazione si propone di attirare
l’attenzione dell’opinione pubblica sui tentativi di delegittimazione
dello stato di Israele e sulle persistenti correnti di antisemitismo
che pervadono l’Europa e il Medio Oriente. Non sottovalutiamo certo
questi fatti e a tale riguardo l’iniziativa appare condivisibile.
Ci sembra però che una difesa lungimirante d’Israele non possa
sottacere le responsabilità del governo presieduto da Benjamin
Netanyahu nei negoziati con la controparte palestinese. A nostro
avviso, la ripresa di nuove costruzioni negli insediamenti in
Cisgiordania compromette i negoziati in corso e fa dubitare
dell’autentica volontà di compromesso e di pace dell’attuale governo
israeliano.
Con l’interruzione della moratoria - che peraltro è stata applicata in
modo parziale, come documentano ricostruzioni precise di ONG
israeliane, quali Pace Adesso e B’Tselem - la coalizione guidata da
Netanyahu scredita l’amministrazione Obama (tacciata di appeasement
dall’onorevole Nirenstein in un’intervista a Il Foglio del 25 settembre
2010) e persegue quella politica di espansione nei Territori Occupati a
cui si oppone la parte più responsabile dell’opinione pubblica
israeliana.
A questo proposito, desideriamo ribadire, che è del tutto possibile
sostenere sinceramente Israele e criticarne la politica. È quanto
fanno, ad esempio, scrittori come David Grossman, Amos Oz e Abraham
Yehoshua. È quanto fa JCALL, il nuovo movimento ebraico europeo, il cui
documento fondativo, l’Appello alla ragione, sottoscritto da
oltre 7000 ebrei di numerosi paesi europei
(www.jcall.eu), esorta il governo di Israele a porre fine
all’occupazione e a giungere a una soluzione negoziata di pace, basata
sul principio di “due stati per due popoli”.
La manifestazione del 7 Ottobre si concentra esclusivamente sulle
minacce esterne (alcune reali: l’oltranzismo antisemita di Ahmadinejad;
altre fasulle: l’amministrazione Obama), tacendo circa le
responsabilità di Israele nell’impasse nei negoziati con Abu Mazen.
Ci sembra quindi che la manifestazione intenda di fatto prevenire
-attraverso l’argomento condivisibile dell’antisemitismo - ogni critica
a scelte politiche che a noi appaiono errate e nocive, proprio nel
momento in cui sarebbe necessario incoraggiare la volontà di negoziato
e denunciare le azioni che lo vanificano.
Per la Verità, per Israele si presenta non tanto come un’iniziativa
pro-Israele, quanto come un intervento a favore della coalizione di
destra che governa quel paese. E ci resta il dubbio, per non dire il
timore, che aderirvi non sia il modo migliore per esprimere solidarietà
a Israele né contribuisca a creare un clima propizio a una composizione
del conflitto.
JCALL Italia
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Israele e noi - Nirenstein: "Iniziativa aperta condivisa da tutti" |
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"E' uno strano modo
di cercare di aiutare Israele - ha dichiarato l'onorevole
Fiamma Nirenstein, organizzatrice della manifestazione Per la verità,
per Israele che si tiene domani alle 18.30, al Tempio di Adriano, in
Piazza di Pietra a Roma - quello di invitare a boicottare una
manifestazione intesa unicamente a far cessare la delegittimazione di
Israele. Ma credo che questa posizione sia limitata al Dott. Giorgio
Gomel, perché non mi giunge nessun altro messaggio del genere, non ne
trovo traccia sul sito di JCall e nessuno ha
rinunciato a partecipare, anzi, qualche membro del gruppo
Jcall ci ha confermato che verrà e prenderà la parola.
E' del resto del tutto logico perché la nostra manifestazione ha una
piattaforma condivisibile e condivisa da tutte le parti politiche.
Rappresenta anzi un momento di grande unità, in un periodo in cui la
discordia domina tanti settori dell'opinione pubblica. Mira infatti a
far cessare l'ossessiva negazione del diritto di Israele a esistere, a
difendersi, a partecipare ad ogni manifestazione di vita civile nel
mondo, sia che si tratti di cultura, di scienza, di sport o di arte.
Tale delegittimazione è avvenuta negli anni quale che fosse il
governo al potere. Non capisco quindi cosa c'entri adesso il tema della
critica a questo o a quel governo. Ognuno ha le sue idee su come
raggiungere la pace, cosa che spero sia un obiettivo comune. E
qualsiasi persona ragionevole concorda sull'obiettivo
"Due stati per due popoli". La politica la lasciamo a
un'altra occasione".
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Israele e noi -
JStreet: polemiche sui finanziamenti di Soros |
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Pioggia di polemiche su
JStreet, l'organizzazione ebraica americana di orientamento liberal che
si contrappone all'American Israel public affairs commitee (Aipac), la
lobby statunitense pro-Israele cui fanno riferimento gli ebrei
conservatori. Il Washington Times, quotidiano vicino agli ambienti
repubblicani, ha pubblicato un'inchiesta che dimostra che JStreet ha
ottenuto, segretamente, un copioso finanziamento da parte del noto
finanziere George Soros. Nell'anno fiscale 2008/2009 – scrive il
Washington Times, il gigante della finanza mondiale avrebbe versato 245
mila dollari al movimento che si definisce sionista e pacifista.
Molti dei gruppi di interesse e di pressione, che sono l'ossatura della
democrazia statunitense, vivono grazie al sostegno di donatori e
sostenitori privati. Ciò che invece, nella cultura e nella prassi
politica d'oltreoceano, si configura come un grave illecito, è la
menzogna. “Jeremy Ben Ami, il direttore esecutivo di JStreet – attacca
il quotidiano della capitale – ha mentito”: in un'intervista al
periodico ebraico Moment egli avrebbe negato ogni coinvolgimento
economico di Soros.
Il finanziere di origini ungheresi, infatti, è un personaggio scomodo,
a molti inviso. Ha una lunga storia di prese di posizione anche
radicali contro l'operato di Israele contro l'amministrazione Bush.
“La rimozione di George W. Bush dal suo incarico - dichiarò in
un'intervista al Washington Post nel 2003 – è l'obiettivo principale
della mia vita”. Tra i falchi americani, e anche nella comunità
ebraica, i suoi critici sono numerosi: lo chiamano antisionista e
antiamericanista.
George Soros è una figura poliedrica e controversa. È nato nel 1930 a
Budapest da uno scrittore esperantista ebreo, Tivadar Schwartz.
Laureato alla London School of Economics si è trasferito negli Stati
Uniti, diventando uno dei maggiori pescecani di Wall Street.
Studioso di filosofia, in particolare di Karl Popper, suo insegnante
negli anni londinesi, teorico della società aperta, Soros è impegnato
nella difesa e nel sostegno di cause progressiste e antimperialiste.
Negli anni settanta ha iniziato la sua attività filantropica: ha pagato
gli studi a molti giovani sudafricani di colore durante l'apartheid; ha
appoggiato i movimenti dissidenti nella cortina di ferro: Solidarnosc,
il sindacato polacco, Carta 77, l'iniziativa di dissenso cecoslovacca,
la Rivoluzione delle rose in Georgia, molti gruppi antisovietici in
Ucraina e Bielorussia: Soros è stato uno dei maggiori finanziatori
della lotta ai regimi-satellite. È anche uno dei grandi sostenitori
della campagna elettorale di Barck Obama.
Il suo patrimonio è stato stimato dalla rivista Forbes nel 2010:
quattordici miliardi di dollari. Lui sostiene di impiegarlo per
l'affermazione della società aperta di cui parla Popper, cui ha anche
intitolato l'istituto di finanziamenti filantropici mediante cui compie
le sue attività: il Open Society Institute, che ha sede nelle Antille
olandesi.
Il leader di JStreet Jeremy Ben Ami, dopo le rivelazioni del Washington
Times, ha dovuto fare un passo indietro. Ha ammesso pubblicamente di
aver ricevuto tre donazioni di 250 mila dollari nel corso di tre anni
da George Soros e dalla sua famiglia, per un totale di 750 mila
dollari, pari al 7% dell'intero reddito di J Street per quel triennio,
undici milioni di dollari. Si è detto fiero dell'appoggio del facoltoso
filantropo, ribadendo la totale liceità di quelle transazioni. Ha
chiesto infine “scusa per le sue, personali, dichiarazioni ambigue, che
hanno creato un caso e distratto JStreet dal suo prezioso lavoro”. “Non
c'è legge – chiosa però il leader delle colombe della comunità ebraica
americana – per cui io sia tenuto a rivelare pubblicamente i nomi dei
nostri sostenitori e l'entità delle loro donazioni (che, a causa della
natura civile e no-profit di JStreet, sono esentasse, ndr)”. George
Soros ha dichiarato che, pur sostenendo economicamente l'iniziativa di
JStreet, non mette becco nel suo direttivo politico. “Non si capisce,
dunque, quale ragion d'essere abbiano le critiche rivolteci - rilancia
Ben Ami - se non un'astiosa contrapposizione ideologica nei nostri
confronti, e la chiara volontà di delegittimarci al di fuori del merito
del dibattito politico”.
m.d.
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Luigi Luzzatti a cento
anni dalla presidenza del Consiglio |
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A cento anni dalla
presidenza del Consiglio dei ministri di uno dei padri nobili
dell'Italia liberale, Luigi Luzzatti (31 marzo 1910 - 30 marzo 1911),
oggi nella Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio, si svolgerà un
convegno per ricordarlo.
Sergio Minerbi in un suo articolo dal titolo Luigi Luzzatti e il
Sionismo (CLIO, Anno XLIII, n.4, ottobre-dicembre 2007, pp.683-692) ha
proposto un giudizio su questo protagonista della vita politica ed
economica nazionale: “Per dare un giudizio sereno su Luigi Luzzatti,
dobbiamo reinserirlo nell'atmosfera della sua gioventù. Egli fu
plasmato a Venezia dall'irredentismo e dal patriottismo per l'Italia,
un paese che diede l'emancipazione completa agli ebrei. Anche la sua
ammirazione per il Cristianesimo appartiene a un secolo precedente la
Shoah. Dal punto di vista sionistico, egli nutrì una certa simpatia
specialmente dopo la Dichiarazione Balfour e in particolare per le
realizzazioni cooperativistiche ebraiche in Palestina e per
l'Università Ebraica di Gerusalemme. Ricordiamo l'azione di Luzzatti in
favore degli ebrei perseguitati in Romenia, Polonia e Russia e i
messaggi inviati alle Cooperative agricole in Palestina nel 1920 e
all'Università Ebraica nel 1925".
E ancora - "Luzzatti scrisse verso il 1913: 'Ho serbato illeso il
rispetto della religione ebraica per l'altra essenza che la distingue,
perché è il credo dei miei avi, perché è la fede che consolò mia madre,
la fede in cui pregò e in cui santamente si spense. Ma torno israelita
dinanzi all'oppressione persecutrice e allo scherno, come alzo la mia
voce a difesa di tutti i credenti offesi nel patrimonio più sacro della
loro coscienza'. "Il 19 Maggio 1917 - prosegue Minerbi - Luzzatti
scrisse una lettera a Sokolov, nella quale diceva di opporsi ad una
Palestina ebraica, che fosse monarchica o repubblicana, mentre gl ebrei
avrebbero dovuto godere di una libertà politica e amministrativa e
colonizzare le terre palestinesi sotto la protezione di un governo
liberale inglese, francese o italiano. Luzzatti pensava anche che
bisognava escludere i Luoghi Santi dalla zona di colonizzazione
agricola.
Il 18 Maggio 1917, Luzzatti pubblicò anche un articolo in un giornale
ebraico inglese Jewish Exponent, nel quale scriveva: "Gli ebrei devono
ottenere in ogni luogo la piena libertà religiosa, così come esiste
negli Stati Uniti e in Italia. In Palestina, liberata dai Turchi, gli
ebrei devono vivere non come sovrani, ma come liberi cittadini per
fertilizzare la terra dei loro padri. L'ebraismo non è una nazionalità,
ma una religione.
La Dichiarazione Balfour del 2 Novembre 1917, ebbe una notevole
influenza su Luzzatti. Egli commenta la proclamazione del focolare
nazionale ebraico, scrivendo che "le dolenti schiere partirono a
migliaia dall'Europa Orientale per cercare nell'antica patria la
libertà di adorare Dio e nell'arida terra un lavoro incontrastato.
Nel Novembre 1920, Luzzatti inviò un messaggio agli israeliti di
Palestina in cui scriveva:”Liberati dalle crudelissime persecuzioni,
riposando sulla sacra terra degli antichi padri, è necessario
rispettare profondamente il culto degli altri popoli, vivere con loro
in riguardosa benevolenza, non agognare a prevalenze che abbiano
carattere politico.
Il 1 Aprile 1925 Luzzatti inviò un saluto vibrante all'Università
Ebraica di Gerusalemme che apriva le sue porte. Egli scriveva fra
l'altro: "Non dimentichiamo mai che, anche prima delle dispersioni, gli
Ebrei furono i martiri del civile progresso, e nei giorni della
redenzione devono essere e parere miti, perdonanti, a Dio esprimendo la
gratitudine con la sincera benevolenza verso tutte le altre fedi". In
Palestina, Cristiani, Musulmani ed Ebrei "dieno esempio di celebrare la
loro religione col mutuo rispetto. [...] La dignità di ogni
emancipazione religiosa consiste nel rendere anche più puro e ardente
il sentimento della fratellanza umana". Luzzatti terminava il suo
messaggio citando un versetto di Isaia 'ed essi delle loro spade
fabbricheranno aratri e delle loro lance, falci".
Al convegno di oggi, che avrà inizio alle ore 16, interverranno, fra
gli altri, il vicepresidente Vicario della Camera dei deputati, Antonio
Leone; il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali,
Giancarlo Galan; il presidente dell'Istituto veneto di Scienze, Lettere
e Arti, Gian Antonio Danieli; il sindaco di Venezia, Giancarlo Orsoni;
il sovrintendente all'Archivio centrale dello Stato, Agostino
Attanasio; il professor Pier Luigi Ballini dell'Università degli studi
di Firenze e il professor Leonardo Musci del Consorzio BAICAR Sistema
cultura, che presenterà l'Archivio Luzzati in rete.
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Troppo silenzio
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"La dolorosa e indecorosa
vicenda Ciarrapico/barzellette del premier ha di certo offeso sia il
mondo ebraico sia le istituzioni. Non ci sono parole per censurare
l'accaduto, ma quel che è peggio è che proprio non si sono sentite
parole. A reagire sono stati praticamente solo i parlamentari ebrei,
mentre le formali espressioni di rammarico espresse da altri hanno
sottolineato al più una "vicinanza con Israele", del tutto fuori
contesto a fronte di espressioni puramente antisemite. E' il segnale di
una progressiva visibile marginalizzazione dell'ebraismo italiano nel
contesto nazionale. Solo nel 1994, quando improvvidi funzionari
fissarono la data delle elezioni anticipate il giorno di Pesach,
l'allora premier Ciampi sentì il dovere di incontrare pubblicamente rav
Toaff per scusarsi e mandò messaggi ufficiali all'UCEI. Oggi il
telefono è tristemente rimasto in silenzio. E non è questione di
schieramenti politici purtroppo: non si sono segnalate né levate di
scudi né importanti prese di posizione da nessuna delle maggiori forze
politiche italiane: semplicemente non è parso particolarmente rilevante
il fatto che in Parlamento per la prima volta dalla fine del fascismo
siano echeggiate espressioni francamente antisemite. Forse è giunto il
momento di chiederci se l'enorme lavoro di divulgazione e conoscenza
che le comunità ebraiche svolgono sul territorio non sia in qualche
modo indirizzato al target sbagliato: magari i prossimi appuntamenti
per la giornata della memoria o per la giornata della cultura varrà la
pena di organizzarli direttamente nelle sedi delle istituzioni della
Repubblica, per istruire una classe politica rozza e non all'altezza
dei compiti che la società civile - ben più matura e consapevole - le
ha affidato."
Gadi
Luzzatto Voghera, storico
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Pregiudizi radicati
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Due rapide considerazioni sulle
grevi battute di Ciarrapico e Berlusconi, già ampiamente commentate
sulle pagine di questo portale.
La prima riflessione riguarda la triste presa d’atto della diffusa
permanenza, nel nostro Paese, di radicati pregiudizi e stereotipi di
stampo antisemita. Tale fenomeno, certamente, non riguarda solo
l’Italia, e in altre nazioni europee esso sembra ancora più
preoccupante, come dimostra, per esempio, il consistente peso
elettorale di movimenti dichiaratamente xenofobi e razzisti, che, già
radicati in Francia, guadagnano terreno in Inghilterra, Olanda,
Ungheria, così come nelle civilissime democrazie scandinave. Ma ciò che
sembra distinguere, in negativo, il nostro Paese, è la sostanziale
indifferenza, sul terreno della difesa dei valori democratici, della
grande maggioranza dell'opinione pubblica. In qualsiasi Paese
occidentale la pronuncia, in un'aula del Parlamento, di dichiarazioni
inequivocabilmente ingiuriose verso una specifica componente della
popolazione avrebbe certamente comportato una vasta, immediata reazione
di sdegno popolare, una generale mobilitazione a difesa dei comuni
valori della democrazia liberale e della convivenza civile. E lo stesso
vale per la squallida storiella raccontata dal premier, che avrebbe
preteso di far ridere sulle ceneri di milioni di morti.
I razzisti, purtroppo, ci sono dovunque, e in Italia non sembrano
essercene di più che altrove, ma quello che qui pare mancare è
l’antidoto di un diffuso impegno civile, l’idea della democrazia come
una casa comune da difendere, la coscienza di un dovere collettivo di
vigilanza, di tutela della civiltà, sulla quale non c’è da scherzare,
così come i genitori non scherzano sulla salute e la sicurezza dei loro
figli. Per la maggioranza dei nostri connazionali, invece, i valori di
libertà, dignità, rispetto, civile convivenza sembrano concetti
astratti, teorici, privi di un’utilità concreta, o, comunque,
opzionali, sostituibili. Se ci sono, bene, se vengono meno, pazienza. I
rappresentanti delle Comunità Ebraiche sono stati lasciati pressoché
soli a esprimere sdegno e protesta, come se a essere colpito fosse solo
un loro interesse particolare, di poco conto per l’insieme della
collettività. Tale solitudine esalta la responsabilità e il ruolo delle
Comunità, ma rappresenta un elemento di grande tristezza e
preoccupazione per le sorti del Paese.
Quanto al fatto di sbandierare l’amicizia verso Israele come prova di
“anti-antisemitismo”, l’inanità di tale argomentazione è già stata
adeguatamente denunciata. Chi solidarizza con Israele e sghignazza
sulla Shoah (adducendo la prima azione a scusante della seconda)
solleva seri dubbi a livello non solo di coscienza e sensibilità, ma,
soprattutto, di intelligenza.
Francesco
Lucrezi, storico
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Quando
la fede può aiutare la pace
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Dibattito
sui valori
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
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La
storia degli ebrei piemontesi
in una mostra al Quirinale
Roma,
6 ottobre |
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Leggi la rassegna |
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Sarà
inaugurata martedì 12 ottobre e rimarrà aperta al pubblico fino a
sabato 27 novembre, nella Sala delle Bandiere del Palazzo del
Quirinale, la mostra "A noi fu dato in sorte questo tempo 1938-1947",
prodotta dall'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di
Liberazione in Italia. La mostra racconta la storia di un gruppo di
giovani ebrei ed amici di ebrei piemontesi nell'affrontare i drammatici
eventi di quegli anni. I visitatori potranno accedere alla mostra, con
ingresso gratuito e senza bisogno di prenotazione, dalla Piazza del
Quirinale, nei giorni feriali da martedì a sabato dalle ore 10 alle ore
13, e dalle ore 15.30 alle ore 18.30, mentre l'orario domenicale resta
fissato dalle ore 8.30 alle ore 12, in concomitanza e con le
disposizioni dell'apertura al pubblico delle sale di rappresentanza.
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Numerosissimi
gli articoli da leggere su tutti i quotidiani che mi obbligano a
chiedere venia al lettore se ne dimentico alcuni. Avvenire come il
Corriere riportano le giuste parole del presidente Schifani che deplora
quanto detto dal senatore Ciarrapico e si premura di telefonare ai
presidenti Gattegna e Pacifici. Su questo argomento Angelo Vussun su
Liberazione attacca la deputata Nirenstein (la quale quindi non può
aver mai votato in Senato…), rimproverandole di aver votato sempre con
la destra. »
Emanuel Segre Amar
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