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8 ottobre 2010 - 30 Tishrì 5771
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Roberto Colombo
Roberto
Colombo,
rabbino 

Nella prima pagina del libro dei verbali del 1765 della Comunità ebraica di Mez, in Francia, è scritto l’intero decalogo. Questo fu stilato da Aryeh Leib Gunzberg - noto come Shaagat Ayeh - il giorno in cui fu nominato Rabbino della città. Al presidente e ai consiglieri spiegò: “L’esperienza m’insegna che ciò che è scritto nei verbali delle Comunità è per voi l’unico vero testo sacro perciò ho copiato nella prima pagina almeno i dieci Comandamenti”.
Sonia
Brunetti
Luzzati,
   pedagogista


Sonia Brunetti
Il dieci ottobre sarà la giornata nazionale dedicata alle persone con la sindrome di Down, una realtà che in Italia riguarda circa 40 mila casi. I bambini down nella scuola mettono a dura prova le affermazioni di  principio sull’accettazione della diversità. Essi infatti apprendono e partecipano alle attività scolastiche o ai giochi solo in rapporto alla gratificazione, che scaturisce dalla relazione che stabiliscono con i coetanei e con chi insegna loro. Una sfida quotidiana di fronte alla quale è necessario capire, non impietosirsi.

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Israele e noi - Ottanta voci, molti in piazza
pubblicoMolte centinaia di persone hanno affollato piazza di Pietra a Roma dove campeggiava una schermo gigante che rimandava le immagini di quello che avveniva all'interno della sala del Tempio di Adriano. Difficile mettere insieme la lunga lista dei nomi degli intellettuali, dei politici, dei vip, del mondo della carta stampata, della letteratura e della scienza intervenuti a questa lunga maratona che dalle sei del pomeriggio alle dieci di sera si sono succeduti sul palco e che ha portato a Roma personaggi di fama internazionale fra cui l'ex primo ministro spagnolo Josè Maria Aznar. Un'ottantina i relatori (Paolo Mieli, Mara Carfagna, Francesco Rutelli, Giorgio Albertazzi Vittorio Sgarbi, Furio Colombo, Gianni Alemanno, Riccardo Pacifici, Alain Elkan, Luca Barbareschi, Ernesto Galli Della Loggia, Magdi Cristiano Allam per citarne solo alcuni) e fra i tanti presenti una folta rappresentanza di Consiglieri Ucei fra cui Claudia De Benedetti, Victor Magiar, Sandro Di Castro e Valerio Di Porto. Meno di cinque minuti a testa per riaffermare la realtà dello Stato di Israele, unica democrazia del Medioriente che a giudizio di molto intervenuti sempre più viene mostrato, invece, da un'informazione distorta, come uno Stato di apartheid. “Israele è il paese contro il quale sono rivolte l'80 per cento delle inchieste all'Onu” ha rilevato l'onorevole Fiamma Nirenstein organizzatrice dell'evento in un commosso intervento lungamente applaudito dal pubblico. “Di Israele vengono boicottati gli intellettuali, gli accademici, i film, le imprese, gli sportivi, gli scienziati che salvano ogni giorno l'umanità con le loro invenzioni, i tecnici che ci danno le migliori innovazioni informatiche”, ma è anche il paese dove “le donne arabe partoriscono accanto a quelle ebree”.

pubblicoI brevi interventi dei relatori, poche parole spesso intense come quelle dello scrittore Alain Elkan che si è soffermato sul significato dell'essere ebreo e dell'essere israeliano mettendo in guardia dal rischio di porre l'accento sulla differenza, sono state intervallate dai videomessaggi del presidente israeliano Shimon Peres e del premier Benjamin Netanyahu, che ha sottolineato quanto "l'impegno di persone come José María Aznar, Fiamma Nirenstein e gli altri amici di Israele in tutta Europa” sia importante per lo Stato ebraico perché “ci ricorda che non siamo soli, che abbiamo amici nel mondo che sono dalla nostra parte e da quella della verità. Ma gli amici di Israele sanno che mobilitandosi per lo Stato d'Israele stanno impegnandosi anche per loro stessi", perché con Israele condividono i valori più basilari di una società.
Sul maxischermo anche un video messaggio dello scrittore Roberto Saviano che dice "spesso in Italia e in Europa alla critica, legittima verso qualunque stato, su Israele, c'è qualcosa che viene aggiunto, come una critica dopata, cioè la delegittimazione totale: Israele non deve esistere. Se hai a cuore la pace, se hai a cuore due popoli, due democrazie, non puoi prescindere dal conoscere e capire la democrazia israeliana" . Sulla stessa linea Piero Fassino che ammonisce dal “trasformare la critica legittima allo Stato di Israele in delegittimazione”.
Fra gli interventi, quello del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che riallacciandosi a quanto affermanto da Francesco Rutelli poco prima, ha ricordato lo stato di isolamento in cui si trovava la Comunità ebraica di Roma nel 1982 quando, in un attentato terroristico realizzato da un commando palestinese, perse la vita il piccolo Stefano Gay Tachè, e quello del dissidente siriano Farid Gadhri ma anche quello dell'attore e regista Giorgio Albertazzi che ha letto il passo di un brano di Herbert Pagani.
Poco dopo sul palco il ministro degli Esteri Franco Frattini che ha ricordato le varie volte in cui l'Italia si è schierata dalla parte dello Stato ebraico, ma anche che c'è “un antisemitismo serpeggiante” che occorre ancora arginare ed è quindi necessario continuare a chiedere “agli amici di Israele di fare tutto quello che è necessario” per arrivare alla pace “ma anche ai Paesi arabi di dimostrare che non danno ospitalità a coloro che vanno in giro per il mondo a sostenere che gli israeliani debbano essere uccisi”. Mentre il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha ricordato il soldato Gilad Shalit cui la città di Roma ha attribuito la cittadinanza onoraria e sottolineato che “ogni volta in cui lo Stato di Israele viene minacciato siamo minacciati anche noi “difendere la dignità di Israele - ha sottolineato Alemanno - è un modo per difendere la dignità di tutti noi”.
Molti i messaggi scritti fatti pervenire agli organizzatori e di cui è stata data lettura in sala, fra questi quello del premier Silvio Berlusconi, che ponendosi sulla stessa prospettiva di Aznar ha parlato di “radici comuni” sottolinendo come tutelare Israele significhi "difendere i nostri stessi valori", quello del presidente del Senato Renato Schifani che ha definito la maratona oratoria “una preziosa occasione per descrivere la verità su Israele” e “per portare alla luce aspetti meno noti della vita di un Paese la cui immagine viene spesso ingiustamente limitata alle drammatiche questioni del conflitto mediorientale" e quello del presidente della Camera Fini che richiamandosi alle parole pronunciate dal Nobel Elie Wiesel nel Giorno della Memoria “La pace fra Israele e Palestina è ancora un sogno, ma prima o poi arriverà” ha sottolineato come la Comunità internazionale deve aiutare “nel superamento delle numerose difficoltà che insidiano la via verso una pace stabile e duratura”.

Lucilla Efrati

Israele e noi - Con Israele, fra la gente
striscioniLa maratona oratoria si è conclusa. Le bandiere di Israele, i manifesti incitanti alla verità e alla difesa dello Stato israeliano sono stati riposti. Erano un migliaio le persone giunte per l'occasione, accolte, ma solo in parte, all'interno del Tempio di Adriano, che nonostante le dimensioni non aveva spazio per tutti. Gli altri sono rimasti davanti al maxi schermo all'esterno, sulla piazza, da dove il pubblico, in silenzio, ha potuto seguire il susseguirsi degli interventi.
A prendere la parola più di ottanta persone, tanto che il moderatore della serata, Giancarlo Loquenzi, direttore dell’Occidentale, ha dovuto lanciare un invito agli oratori: "Dimenticate i vostri discorsi, scordatevi almeno della metà dei vostri messaggi, siete tantissimi e tutti devono avere lo spazio promesso". E ancora, ironicamente: "Fiamma ha lanciato un sassolino, ora siamo travolti da una slavina".
Numerosissimi gli interventi, ma chiaro e univoco il messaggio: "Basta alla valanga di bugie che ogni giorno si rovescia su Israele" e un'unanime concordia nell'augurarsi che giunga presto la pace in Medio Oriente. "Tutelare i valori e l'identità di Israele significa difendere i nostri stessi valori, la nostra origine culturale, civile e religiosa", questa un'altra frase ricorrente. Presente per l'occasione un pubblico di tutte le età dai giovani agli anziani, ebrei e non.

striscioniDecine gli striscioni esposti inneggianti alla verità sullo Stato d'Israele, fra gli altri quello tenuto da un gruppo di bambini nella piazza, raccolti attorno al maxi schermo, con la scritta: "Sostegno incondizionato ma per la verità" e uno all'interno del Tempio, quello dei ragazzi del Bene akivà, che ha attirato anche l'attenzione delle telecamere presenti: "Mi difendo, quindi sono", questo il messaggio lanciato dai ragazzi dell'organizzazione giovanile ebraica.
E ora che la manifestazione ha avuto termine la domanda è: Qualcosa cambierà?
Secondo Marco Eramo, una fra le tante persone comuni, non ebreo, giunto in piazza attratto dall'iniziativa qualcosa è già cambiato.
"Sono un simpatizzante del partito radicale, confesso che mi sono avvicinato alla conoscenza della realtà dello Stato d'Israele proprio grazie alla mia affiliazione al partito. Sono state tante le manifestazioni per Israele a cui ho avuto la possibilità di partecipare e ho l'impressione che qualche hanno fa raccoglievano solo poche persone, e spesso di un solo schieramento politico. La manifestazione di oggi invece non ha colore, non vede schieramenti protagonisti. Al di là dei possibili errori e contraddizioni che in ogni democrazia esistono, ritengo che sia importante contestualizzare la realtà israeliana, circondata da nemici che vogliono il suo annientamento, stare con Israele non vuol dire essere contro qualcuno, vuol dire essere per la democrazia".
Un messaggio chiaro, ma che forse non ha convinto tutti. Nel mezzo dell'iniziativa due giovani, avvolti da bandiere palestinesi hanno tentato di provocare la folla attraversandola. Ma sono stati immediatamente fermati, senza alcuno scontro, e senza consentire disordini, dai Carabinieri presenti sul posto.

Valerio Mieli

Qui Roma - Al via il Festival di Letteratura Ebraica
Cresce l’attesa per la terza edizione del Festival Internazionale di Letteratura Ebraica che si svolgerà a Roma dal 9 al 13 ottobre. Il programma è articolato e va a toccare tematiche di stringente attualità partendo dagli insegnamenti della plurimillenaria tradizione religiosa e culturale ebraica. Tanti gli ospiti e i filoni letterari che saranno protagonisti nei cinque giorni di incontri: dal pensiero mistico allo humour, dalla filosofia di Michelstaedter alla narrativa di Shalev e molto altro ancora. Spazio per il grande cinema con la proiezione del film Il giardino dei Finzi Contini e per la musica del mediterraneo con un concerto di Raiz e dei Radicanto. Attivo inoltre un ricco bookshop con una vasta selezione di titoli. La terza edizione del Festival, curato come negli anni precedenti dal trio Shulim Vogelmann, Ariela Piattelli e Raffaella Spizzichino e sponsorizzato dalle principali istituzioni locali e regionali, dalla Comunità ebraica di Roma e dall’Ambasciata di Israele in collaborazione con il Centro di Cultura Ebraica, coinvolgerà due strutture dal grande fascino: la Casa dell’Architettura che sarà sede di gran parte degli eventi e il Palazzo della Cultura che ospiterà un approfondimento di Rav Riccardo Di Segni e Giulio Busi sulla cabala oltre al concerto di Raiz e dei Radicanto. Il via al Festival pochi minuti dopo la fine dello shabbat. Ad aprire la rassegna sarà lo scrittore israeliano Ron Leshem che alle 20.30 verrà intervistato da Paolo Giordano. La giornata di domenica inizia invece alle 11 con Yarona Pinhas che condurrà il pubblico lungo un percorso fatto di lettere e numeri alla scoperta della mistica ebraica e continua alle 18 con Rav Di Segni e Giulio Busi che spiegheranno origini e dinamiche della cabala. Alle 21 proiezione de Il Giardino dei Finzi Contini, capolavoro a rischio sparizione che verrà presentato da Alain Elkann e Manuel De Sica. Due gli appuntamenti in calendario lunedì: alle 18.30 Edoardo Albinati incontrerà il poeta Ronny Someck mentre alle 21 Simonetta della Seta dialogherà con lo scrittore Meir Shalev. Martedì si parte alle 10.30 con Rav Benedetto Carucci Viterbi e Sergio Campailla a confronto sulla figura di Carlo Michelstaedter, proseguimento alle 18.30 con una chiacchierata sull’umorismo ebraico che vedrà salire sul palco Daniel Vogelmann insieme a due mostri sacri della risata come Enrico Vanzina e Bruno Gambarotta e chiusura alle 20.30 con Alessandra Farkas che discuterà di letteratura americana al femminile con Erica Jong. Il Festival si concluderà mercoledì con un dialogo a due voci tra Alessandro Piperno e Howard Jacobson alle 19.30 seguito dal concerto dedicato ai suoni del mediterraneo.

 Luzzatto: "Fermiamo i negazionismi"
LuzzattoContinua a suscitare accese polemiche il caso di Claudio Moffa, professore ordinario alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo, che ha tenuto una lezione il 25 settembre incentrata sull’analisi delle tesi di chi nega la realtà della Shoah. Moffa, che era già stato richiamato all’ordine nel 2007 per aver esposto tesi negazioniste, ha messo in discussione l’esistenza delle camere a gas e i dati relativi allo sterminio arrivando a confutare anche le testimonianze dal vivo come quella di Shlomo Venezia, sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Su questa controversia abbiamo raccolto il parere di Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia.
Nell’intervento del professor Moffa, si nega l’esistenza di documenti che attestino la volontà di Hitler di sterminare tutti gli ebrei, al contrario la soluzione finale si riferirebbe a un semplice piano di emigrazione di massa. Come si può controbattere a una affermazione del genere?
Quest’affermazione non è di certo una novità nell’ambito negazionista. Hitler dava spesso indicazioni verbali e non scritte. Ho avuto occasione di conoscere Joachim Fest, autore del libro “La disfatta” dedicato agli ultimi giorni di Hitler. Nel suo libro le vicende sono effettivamente romanzate, ma dietro all’aspetto puramente letterario ritroviamo un’accurata documentazione, che ha portato l’autore ad intervistare addirittura la segretaria di Hitler, Traudl Junge, rimasta fino all’ultimo nel bunker di Berlino. Ammettiamo per assurdo che Hitler non abbia mai detto di sterminare gli ebrei e che l’operazione di sterminio sia stata pianificata e attuata da Himmler, Eichmann e dagl’altri sottoposti, ciò non cambia di certo la realtà delle cose. Hitler alla conferenza di Wannsee non c’era, ma ciò non vuol dire che non avesse deliberato in merito alla questione ebraica.
I negazionisti sfruttano però questa tesi per avvalorare altre ipotesi che negano l’Olocausto.
I documenti ci sono, come c’era una proposta di emigrazione di massa che poi è diventata una emigrazione verso la morte. C’era la proposta di mandare in Madagascar tutti gli ebrei europei come c’era il progetto fino all’inizio della guerra di cacciarli in Europa Orientale. Nel 1942 con Wannsee si è invece deciso ben altro, ci sono i verbali della conferenza dove si esplicita e si promuove la soluzione finale. Se si nega questo allora si può dire qualsiasi cosa.
Riguardo ai numeri dello sterminio, Moffa afferma che non esistano prove certe che le vittime ebree nei campi ammontino a 6 milioni e auspica la creazione di una equipe mista di studiosi che riprendano in mano i documenti d’archivio. Ma cosa si trova realmente in questi documenti presi ad esame nell’immediato dopoguerra?
Se uno sa fare una sottrazione ha già il dato esatto in mano. Abbiamo i numeri precisi di quanti ebrei vivevano in Europa prima della guerra e di quanti ne sono rimasti dopo la guerra. Se non si parla di 6 milioni esatti, la cifra si avvicina molto. Che vadano a visitare città come Varsavia o Cracovia dove erano presenti comunità ebraiche fiorenti. Dove sono finiti tutti?
Riguardo alle camere a gas, Moffa per perorare le sue tesi cita lo storico negazionista Faurisson, secondo il quale lo Zyklon B era impiegato per la disinfestazione degli indumenti dei detenuti. Come viene considerata questa tesi da parte della storiografia scientifica ufficiale?
Che si portino i documenti. Non si può decostruire e basta le prove raccolte, bisogna portare dei documenti a sostegno delle proprie tesi. Sul Zyklon B e sul suo utilizzo ci sono i verbali nazisti. I primi tentativi erano stati fatti con i tubi di scarico delle auto e ciò attesta l’intenzione di uccidere con il gas, ma ci si metteva troppo tempo e non si riuscivano a uccidere abbastanza persone contemporaneamente. Hanno quindi trovato un’altra soluzione lo Zyklon B per l’appunto. Sul discorso delle disinfestazioni, non mi pare poi che i nazisti ci tenessero molto a migliorare le condizioni di vita dei deportati. Dormivano schiacciati l’uno sopra all’altro, se si ammalavano venivano lasciati morire e non venivano prese precauzioni contro le epidemie e i contagi. Dovrebbero produrmi dei documenti dove si attesta l’uso dello Zyklon B come disinfettante negli ospedali tedeschi, altrimenti perché utilizzarlo solo per gli abiti dei detenuti?
Citando Norman Finkelstein, autore del testo “L’industria dell’Olocausto”, Moffa afferma che l’Olocausto è stato sfruttato a fini politici ed economici, un’arma grazie alla quale il popolo ebraico, a suo dire “una potenza mondiale”, ha acquisito lo status di vittima. Cosa si può dire a riguardo per fugare qualsiasi dubbio?
Il libro “L’industria dell’Olocausto” non si occupa di mettere in dubbio la Shoah, non la nega, ma discute le modalità con cui è stata organizzata un’ipotetica campagna politica ed economica nel dopoguerra. Si tende quindi a gettare nello stesso calderone diversi argomenti che vanno invece affrontati separatamente.
Si è arrivati a mettere in dubbio anche le testimonianze dirette, come quella di Shlomo Venezia e di molti come lui hanno vissuto la Shoah in prima persona. Nel recente libro di David Bidussa “Dopo l’ultimo testimone” si analizza proprio il problema di come dovrà essere veicolata la memoria dopo la scomparsa delle voci testimoniali.
Siamo davanti a una sottile manovra, proprio in attesa dell’ultimo testimone. Poi nessuno più parlerà con cognizione diretta e così si potrà affermare tutto e il contrario di tutto. Si potrà affermare che gli ebrei sono talmente bravi a mentire da riuscire a farsi passare per vittime al fine di ottenere dei benefici.
Qual è lo scopo di questa campagna di delegittimazione che si sta prospettando per il futuro?
Le campagne si preparano progressivamente, demolendo certi stereotipi e costruendone altri ed è questo che si sta cercando di fare. Nella campagna di salita al potere di Hitler, la Germania del 1918 veniva presentata come un paese martoriato per gli enormi debiti di guerra e per l’amputazione del territorio, estremizzando problematiche di certo esistenti. La stessa cosa si fa ora per quanto concerne il problema israelo-palestinese che però è solo la causa occasionale utile alla proliferazione di un certo tipo di antisemitismo. Due sono gli elementi utili a questa campagna: la negazione dell’Olocausto e l’incriminazione di Israele. Un’incriminazione che non si limita alla critica per la politica sbagliata del suo governo, ma per la politica di tutto Israele, fino all’ultimo contadino e mendicante.
Come possiamo affrontare a tuo parere questa situazione?
Diffondendo l’idea che Israele è un paese come tutti gli altri. Il suo governo può essere criticato, ma non si possono rovesciare le colpe dei governi sui loro popoli. Questo è antisemitismo e a questo dobbiamo opporci. La colpa però è anche nostra. Abbiamo spesso la tendenza a glorificare anche gli elementi discutibili della politica israeliana. Non possiamo diffondere ad esempio l’idea che Israele sia l’unica democrazia del Medio Oriente senza spiegare il perché. Dobbiamo spiegare che è l’unico paese dell’area dove è presente in parlamento un’opposizione legalizzata, dove due giornali a larghissima tiratura come Haaretz e Yediot Aharonot non perdono occasione per sparare contro il Governo e continuano a farlo indisturbati. Questi sono elementi fattuali di democrazia che non sono presenti in Egitto, in Giordania e in Siria. Inoltre dobbiamo continuare a parlare di Israele in termini culturali, sociali, promozionali e non in termini prettamente politici. Parliamo di come funzionano le università, di come si fa ricerca a livelli altissimi e non solo di come viene portato avanti il conflitto.

Michael Calimani
pilpul
Ancora sulle barzellette
Tizio della SeraForse era inevitabile che le istituzioni ebraiche italiane dessero più peso a dichiarazioni pronunciate in senato che a barzellette raccontate in contesti non ufficiali, però personalmente ho trovato più inquietanti queste ultime, soprattutto perché a raccontarle è il Presidente del Consiglio in persona. Il nostro premier è un esperto conoscitore dei mass media ed è molto attento all’immagine di sé che intende trasmettere, di persona schietta, concreta, anticonvenzionale, con cui l’italiano medio si possa identificare. Raccontare barzellette antisemite (mi sembra impossibile definirle diversamente) si inserisce in questa strategia? E’ un modo per apparire più vicino alla gente comune? Dobbiamo dunque supporre che l’italiano medio consideri gli ebrei come una “nazione” di ricchi avidi e profittatori, pronti a speculare persino sulla Shoah? (Almeno pare essere caduto il pregiudizio secondo cui gli ebrei si aiutano sempre tra di loro, ma in fondo era il più innocuo).
Mi è capitato spesso di discutere con i miei allievi (sia nella scuola ebraica sia in quella pubblica) su quanto sia lecito e opportuno fare umorismo sulla Shoah. Abbiamo riflettuto su quello che scrive Charlie Chaplin nella sua autobiografia: “Se avessi saputo com'era spaventosa la realtà dei campi di concentramento, non avrei potuto fare Il dittatore; non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti”. Abbiamo analizzato film come “La vita è bella “ o “Train de vie”. Sono venute fuori molte opinioni diverse, ma pareva comunque evidente a tutti che il tema richiedesse cautela, attenzione e sensibilità. Davanti a un esempio così illustre del contrario temo che rimarranno un po’ perplessi.

Anna Segre, insegnante

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Allarme bomba in un asilo di Tel Aviv
Tel Aviv, 8 ottobre
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Paura stamane in una scuola materna nel pieno centro di Tel Aviv. Un pacco abbandonato nel cortile dell'asilo ha fatto scattare un allarme bomba, rivelatosi falso dopo l'intervento degli artificieri. 
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Difficile districarsi tra le tante sollecitazioni di una settimana “vissuta pericolosamente”. Ci scusiamo anticipatamente con i lettori per l’obbligata selettività - nella rassegna di oggi più che in altre, precedenti edizioni - poiché momentanee difficoltà tecniche rendono difficile, per l’estensore, la lettura integrale dell’ampia messe di articoli che sono invece offerti. » 

Claudio Vercelli






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