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12 ottobre 2010 - 4 Cheshvan 5771
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino
 

Con Abramo la cultura ebraica diventa l'antitesi della cultura della torre di Babele, ponendosi come cultura della diversità e dell'alterità attraverso quel modello di orizzontalità che è la dialettica. E non è un caso che il primo vero dialogo interpersonale, nella Torah, sia quello di Abramo e sua moglie Sara: "...so bene che tu sei donna di bell'aspetto.." (Genesi,12;11). Il dialogo inizia in famiglia, con l'unione matrimoniale, e anche in questo Abramo è il primo monoteista, poiché intuisce che l'unicità di Dio è una ricerca che si afferma non attraverso la verticalità dell’elevazione, ma grazie all’orizzontalità del dialogo. 
Alfredo Mordechai
Rabello, giurista


Rabello



Se tuo figlio percorre brutte vie, amalo di più. (Baal Shem Tov) 

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davar
Qui Roma - Il Festival di Letteratura tra poesia e romanzo
pubblicoContinuano i grandi appuntamenti al Festival Internazionale di Letteratura Ebraica in corso di svolgimento a Roma. Nella giornata di ieri si sono avvicendati sul palco due protagonisti della letteratura contemporanea, il poeta Ronny Someck (nell'immagine a sinistra) e lo scrittore Meir Shalev (a destra). Nato a Baghdad e trasferitosi giovanissimo in Israele, Someck è considerato uno dei maggiori poeti israeliani della nuova generazione. Autore di numerose raccolte di poesie e di un libro per bambini, negli anni ha ricevuto vari e prestigiosi riconoscimenti internazionali. Intervistato dal poeta Edoardo Albinati, Someck ha alternato brevi e incisivi spaccati di vita personale alla lettura di alcune poesie soffermandosi in particolare sul riuscito melting pot della società israeliana. Nel corso della serata romana Someck ha più volte ripetuto l’incipit di uno dei suoi componimenti più celebri (“Siamo tutti muratori licenziati tirati giù dai ponteggi della torre che volevamo erigere a Babele”) per descrivere attraverso una splendida metafora il modello di integrazione all’israeliana. Tra l’altro la multiculturalità di cui è permeata Israele è una caratteristica propria anche della famiglia di Someck, con curiose propaggini di tipo gastronomico: “Mia mamma - racconta divertito il poeta - è nata in Iraq e cucina iracheno, mia moglie è romena e cucina sia romeno che francese, mia sorella si è sposata con un russo e cucina russo, mia figlia ama la pizza…”. Significativi poi i passaggi in cui Someck ha descritto il suo ruolo di poeta in Eretz Israel (“È come essere un pianista di un film western che suona all’interno di un saloon”) affermando di non vedere al momento la scrittura nel suo futuro (“Alcuni miei amici hanno iniziato dalla poesia e proseguito con la scrittura ma è soprattutto con la poesia che il messaggio dell’autore arrivi diretto come un pugno e questo mi piace molto”). Un veloce break e sul palco è salito lo scrittore Meir Shalev per presentare il suo ultimo romanzo, È andata così, in compagnia di Simonetta Della Seta, giornalista e addetta culturale dell’ambasciata italiana in Israele. Shalev è uno dei grandi nomi della letteratura israeliana e ha un passato di giornalista e anchorman televisivo. È andata così, edito da Feltrinelli e tradotto in italiano da Elena Loewenthal, racconta le vicende della nonna di Shalev e del suo aspirapolvere di importazione americana. Di pagina in pagina emerge un divertente quadro familiare con mattatrice assoluta la nonna maniaca della pulizia e sullo sfondo del quale si dipana la mitica epopea dei primi pionieri sionisti. Frequenti infatti, sottolinea Della Seta, le descrizioni di situazioni ruspanti tipiche dei moshav, scene in cui sono protagonisti bambini che fanno il bagno nella tinozza, cavalli che trainano carri, sabbia e terra di Israele. È vibrante il microcosmo di Nahalal, agglomerato in cui lo stesso Shalev ha trascorso gran parte della sua vita. Tracce di questa esperienza di fatica, entusiasmo e umanità si trovano in molti suoi lavori, oltre a una costante ispirazione ai testi sacri dell’ebraismo e una grande capacità di giocare con il suono e il ritmo delle parole. Lo scrittore motiva così il suo talento: “La lingua ebraica – dice – è una lingua in continua trasformazione in cui processi di cambiamento si compiono in tempi molto rapidi ed è quindi l’ideale per chi vuole lavorare sulle sfumature”. Poi chiude con una previsione: “Credo che il cambiamento linguistico in atto sia così rapido che nel giro di un secolo nessun israeliano sarà in grado di comprendere i testi sacri senza studiare l’ebraico antico”.
Grandi appuntamenti anche nel corso della giornata odierna. In mattinata rav Benedetto Carucci Viterbi e lo studioso Sergio Campailla hanno colloquiato sulla figura di Carlo Michaelstedter, inquieto filosofo goriziano di cui ricorre quest’anno il centenario della morte. Alle 18.30 invece Daniel Vogelmann dialogherà sull’umorismo ebraico insieme a Carlo Vanzina e Bruno Gambarotta, mentre alle 20.30 la giornalista Alessandra Farkas incontrerà Erica Jong, scrittrice statunitense che ha conosciuto i primi successi con Paura di Volare, libro che a suo tempo destò non poco scalpore per la leggerezza con cui erano trattati temi allora tabu come le dinamiche del desiderio sessuale femminile.

Adam Smulevich

Un dono di Bar Mitzvà
pubblicoIl Bar Mitzvà è una stazione importante nel viaggio dell’anima ebraica. Nel nostro kibbutz il gruppo dei ragazzi di dodici, tredici anni vive una serie di esperienze nel corso di tutto l’anno: esplorano la storia e le tradizioni della propria famiglia, si cimentano in progetti di volontariato , incontrano personalità, dedicano il loro tempo alla cura e all’estetica del kibbutz e l’avvenimento culmina con una grande festa per tutta la kehilla. Ma si sa, ciò che facciamo e il tempo che dedichiamo ai nostri figli non ci sembra mai sufficiente e a volte neanche ce ne accorgiamo e sono già più alti di noi e sanno tante cose che neanche immaginavamo. Bisogna fermarsi un attimo per poter guardarli negli occhi, ascoltarli e raccontare loro tutte quelle cose belle che vorremmo che sapessero oltre a ciò che vedono in TV o nei mondi virtuali che tanto li appassionano. Abbiamo prenotato un Caravan da Israele e siamo partiti per l’Europa: noi tre, Yehuda, Or ed io. Al nostro arrivo, alla vigilia di Sukkot, eravamo a Bruxelles, dopo l’Atomium e la Grand Place ci siamo avventurati per le vie della città per cercare una Sukkà…per dare una benedizione al Bar Mitzvà e ai suoi due fratelli lontani che festeggiavano in Kibbutz e al terzo che faceva la guardia a chi festeggiava a Hevron. La Sukkà di Bruxelles era splendida! Sembrava uno dei modellini esposti al Museo di Beit HaTfutzot: tutta di legno e sotto al tetto di rami c’erano appesi frutti di ogni forma, grandezza e colore. Sui tavoli ,sistemati in cerchio, cibi orientali, specialità del Belgio e gefilte fish. Il capo della Comunità ci ha invitato a sederci al tavolo d’onore e alla Birkat Ha Mazon abbiamo cantato con la stessa melodia che si canta in Israele e in Italia. Per le strade d’Europa abbiamo sentito che il mondo sta crescendo…. che sta cercando la strada per ridare linfa ai valori, all’Amore dimenticato sotto i vessilli di Napoleone, di Hitler, di imperatori e dittattori che si sono susseguiti lasciandosi alle spalle morte, dolori e archi di trionfo. Ci siamo fermati a Waterloo. L’avevamo vista 30 anni fa, in viaggio di nozze. Il messaggio di glorificazione della guerra che ricevemmo allora è stato sostituito con un vero e proprio manifesto per la pace, rispetto per la democrazia e giustizia sociale. Insieme a Or abbiamo visitato la casa di Anna Frank. Ora, dopo aver allestito uno spettacolo sulla vita di Anne, nel quale anche Or aveva preso parte, dopo aver vissuto due vere guerre in Israele, quel diario risveglia sensazioni ancora più intense, speranze ancora più profonde e la determinazione più indiscussa nel continuare l’opera educativa di Beresheet LaShalom.
E in Europa siamo ebrei, siamo israeliani, ma siamo anche italiani: a Geithoren, “cittadina boutique” tutta costruita su canali nella quale si passeggia su piccoli motoscafi, dopo aver incontrato famiglie in vacanza da Rishon, da Gerusalemme e da Raanana, siamo entrati nel ristorante che ci sembrava più attrattivo: una bella bandiera d’Italia e il nome “Fratelli” ci ha incoraggiato ad entrare…perlomeno per leggere il menù e vedere che proponevano (non si può mai sapere che ti danno!!!) ci ha accolto un bel ragazzo bruno che parlava olandese con l’accento… siciliano: “Ma siete proprio italiani? “gli domando “Certo signora, di Agrigento…e voi?” ” Io sono di Roma…ma abitiamo in Israele..in Galilea…” da quel momento in poi gli occhi di Fabio non hanno smesso di brillare nemmeno per un attimo. Ad ogni portata (ottima) si soffermava a domandare qualcosa in italiano su Israele, sul Teatro dell’Arcobaleno, su Gerusalemme e poi lo raccontava ai commensali degli altri tavoli che lo guardavano incuriositi. Ci siamo lasciati con un abbraccio, dopo che mi ha messo in mano una bottiglia di Nero D’Avola per ricordo sotto lo sguardo incredulo e divertito del mio sabre di kibbutz che è abituato alle gentilezze e agli atti di amore sconfinato del ramo romano della nostra famiglia e si compiace ogni volta dell’interesse che questo “nodo Italia – Israele” riesce a risvegliare! Il culmine del viaggio è stato a Parigi. Dopo aver riconsegnato il caravan siamo stati ospiti di una coppia di amici: lei, Adriana di Trieste, sionista nell’anima, con Israele in tutte le vene e lui, Michel, sessantottino, esperto di ogni angolo di Parigi…insieme ci hanno aiutato a costruire un puzzle dove Or si è esposto agli impressionisti, al sorriso di Mona Lisa, ai ponti sulla Senna e al panorama mozzafiato dell’ultimo piano della torre Eiffel. Poi, la mattina di Simchat Torah, in giro per sinagoghe tra Rue de la Rosiers e Place des Vosges, allo spettacolo travolgente delle Hakafot con i Sefer Torah in mezzo alle strade di Parigi! Le domande, gli sguardi assorti e le riflessioni di Or nelle serate della nostra casa viaggiante o davanti a statue e palazzi, sotto la pioggerellina di settembre o davanti ad arcobaleni scintillanti sono stati la nostra benedizione. Perché anche noi adulti, a volte, dopo tanti sforzi, abbiamo bisogno di benedizioni!.

Angelica Edna Calò Livne

Primo (e gli altri) negli anni più duri
locandinaUna mostra accuratissima e di grande valore, fatta di foto, testimonianze audiovisive, lettere e pannelli, che parlano della vita e delle sorti di un gruppo di ragazzi torinesi, la maggior parte ebrei, che videro la loro esistenza travolta dall’avvento del fascismo, delle leggi antiebraiche, della guerra, dell’occupazione tedesca, delle deportazioni. “A noi fu dato in sorte questo tempo. 1938-1947”, inaugurata ieri - presenti il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick - e in esposizione fino al 27 novembre presso la Sala delle Bandiere del Quirinale, è un percorso della memoria incentrato sulle storie dei singoli: Emanuele Artom, Ada Della Torre, Eugenio Gentili Tedeschi, Bianca Guidetti Serra, Primo Levi, Vanda Maestro, Franco Momigliano, Luciana Nissim, Silvio Ortona, Franco Sacerdoti, Alberto Salmoni, Giorgio Segre, Lino Jona. Ragazzi vivaci, interessati di cultura e politica e appassionati di gite in montagna (“La montagna ci permetteva - scriverà Primo Levi - di trovare gratificazioni che compensassero le molte che ci erano vietate e di sentirci uguali ai nostri coetanei di sangue meno biasimevole”), che vivono quei tempi duri con straordinaria passione, intellettuale ma non solo. Il percorso espositivo aiuta anche a conoscere il retroterra sociale e culturale di Levi, per comprendere ancor meglio la sua opera, che si nutrirà molto delle influenze dell’ambiente ebraico fortemente laico in cui crebbe.
Come ha detto la curatrice Alessandra Chiappano, la mostra (che è promossa e sostenuta dall’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, ed è patrocinata, tra gli altri autorevoli enti e istituzioni, dalla Presidenza della Repubblica e dall’UCEI) è un “lascito, quasi un monito di quei giovani ai giovani di oggi.”
“E’ un percorso complesso, il cui senso è introdurre i ragazzi di oggi a quel periodo, favorendo un percorso di identificazione”, ha detto il vicepresidente dell’Insmli Claudio Della Valle. “Soprattutto in tempi come questi, in cui vediamo riemergere clima, situazioni e gesti che credevamo relegati a minoranze ristrette”.
Nel percorso, progettato e allestito da N!03 studio ennezerotre, è possibile ascoltare le interviste ad alcuni di quei “ragazzi” - oggi avanti con gli anni - che raccontano com’era il tempo che a loro capitò in sorte, intervallate da spezzoni di filmati d’epoca e dalla lettura di brani di lettere, libri e altri frammenti-testimonianza. Molti di essi condivisero l’esperienza della Resistenza, unendosi alle formazioni partigiane che si formarono dopo l’8 settembre; alcuni vennero catturati e trasportati nei campi di sterminio. In quattro - Emanuele Artom, Vanda Maestro, Franco Sacerdoti, Lino Jona - alla guerra e alle deportazioni non sopravvissero. Ma di tutti loro rimangono le tracce vivissime delle passioni, degli affetti, dei sogni e dei legami che vissero in quegli anni.

Marco Di Porto

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pilpul
Il peccato e la vergogna
Tobia ZeviNon di solo Ciarrapico ci tocca soffrire in questo malinconico autunno italiano. Vorrei richiamare l’attenzione dei lettori di questo Portale su due questioni apparentemente marginali, su cui vedo prevalere una pericolosa indifferenza.
Il primo-caso è in tutta evidenza futile, ma la mano di un esperto dei rapporti fra media ed ebraismo avrebbe pur dovuto dire qualcosa intorno alle falsità storiografiche, vere e proprie mostruosità presenti in una fiction di Canale 5 di enorme successo, Il peccato e la vergogna. Ascolti da record, merito, si dirà, della capacità seduttiva di Arcuri e Garko e dei loro amplessi hot ma non ci era mai capitato di vedere così calpestata e vilipesa la memoria degli ebrei in Italia fra 1938 e 1945, inclusa la storia di Kappler e del 16 ottobre. Benigni, ahimé, ha fatto pessima scuola. Mi sarei aspettato una qualche reazione.

locandinaLa fiction andava in onda mentre ricominciava la scuola e nessuno vedo che si accorge del secondo pasticcio riguardante le assenze degli alunni. A partire dal corrente anno scolastico, superata una certa soglia di assenze, non si potrà essere ammessi alla classe successiva. Bocciati senza possibilità di appello. Non ho statistiche in mano, ho fatto soltanto una rapida indagine fra docenti di scuole superiori e amici con figli studenti. Mi dicono tutti che in molti collegi docenti, anche di scuole dichiaratamente progressiste, sta passando, per un sussulto di anacronistico anticlericalismo, l’idea che le assenze dovute a festività religiose diverse da quelle della religione di maggioranza non saranno giustificate e andranno dunque a incrementare il fondo nero delle assenze proibite o sospette. Tagliare la scuola per paura di un’interrogazione o andare al tempio per Kippur sarà la stessa cosa. Le circolari che ho visto sono evasive, non toccano il problema nel suo fondamento. Non essendo un esperto chiedo di essere rassicurato da qualcuno, in nome della libertà religiosa che non è argomento da barzelletta.

Alberto Cavaglion 


Condividere il dolore
Tobia ZeviIl sindaco Roberto Cenni non proclama il lutto cittadino per le tre donne cinesi (tra cui una bimba) morte a Prato in un sottopassaggio allagato, prigioniere della loro utilitaria e spirate in un modo che è difficile immaginare più angoscioso, probabilmente causato dalla tracimazione di un torrente e dal guasto di una pompa idrovora.
La realtà pratese è assai particolare: come racconta lo scrittore Edoardo Nesi («Storia della mia gente») il tessuto sociale e produttivo è stato sconvolto negli anni dall’afflusso di imprenditori e operai cinesi, che hanno di fatto soppiantato gli italiani in questo importantissimo distretto del tessile. Lo scorso anno è stato eletto un sindaco di centro-destra per la prima volta dal Dopoguerra, e si registrano molti sintomi di frustrazione, rabbia, insofferenza nei confronti dell’enorme comunità cinese.
Il tema è stato sollevato dal punto di vista economico e politico, apparentemente senza grandi risultati: il ricorso alla manodopera illegale, i vantaggi nell’importazione delle materie prime, una spiccata vocazione all’autosufficienza, hanno reso i cinesi una minaccia seria per i cittadini di Prato. Dunque bene hanno fatto le autorità locali e nazionali a porre questa questione con forza ai loro omologhi cinesi e all’attenzione pubblica italiana.
Ma proprio per rendere questa battaglia credibile sarebbe stato necessario il lutto cittadino: nel ribadire che servono regole certe e condivise, occorre riaffermare ciò che sostanzia una comunità cittadina: il dolore di tutti per la perdita ingiusta e assurda - causata anche da disservizi imputabili all’Amministrazione - di tre membri della comunità, di tre donne innocenti. La politica non è un atto notarile, e dunque la spiegazione «…altrimenti dovremmo proclamarlo sempre!» non può convincere. Senza un po’ di umanità qualunque sforzo di regolamentazione è destinato a fallire.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas 


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notizieflash   rassegna stampa
Gilad Shalit: stallo nei negoziati 
Gaza, 12 ottobre
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Stallo nei negoziati per lo scambio di prigionieri che avrebbe dovuto riportare a casa il soldato rapito Gilad Shalit. A confermare la notizia è stato Osama al-Mezeini, dirigente di Hamas incaricato della supervisione della trattativa. “La Germania ha cessato di fungere da mediatrice”, ha spiegato al-Mezeini. Attualmente secondo al-Mezeini il presidente francese Nicola Sarkozy starebbe considerano l'ipotesi di una mediazione del suo Paese, visto anche che Shalit ha la cittadinanza francese.  
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Ci sono dei giorni in cui la lettura dei giornali mostra con chiarezza il suo essere schierata contro Israele. Oggi è uno di questi giorni. I temi principali sul tappeto sono due, legati fra di loro. Il primo è l’offerta di Netanyahu di bloccare di nuovo le costruzioni negli insediamenti al di là della linea armistiziale del ‘49 (la linea verde), come pretende l’Autorità palestinese, in cambio dell’accettazione da parte palestinese del carattere nazionale ebraico dello Stato israeliano. »

Ugo Volli




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