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15 ottobre 2010 - 7 Cheshvan 5771
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Roberto Colombo
Roberto
Colombo,
rabbino 

“Dio disse ad Avrahàm dopo che Lot si divise da lui”. Secondo Rashì: Dio riprese a parlare con Avrahàm dopo che Lot se ne andò. Lot scelse la ricca Sedòm alla Torà del Maestro. Parafrasando il commento, chi per un bilancio in positivo sceglie di sacrificare la Torà è preferibile che si allontani da chi vede nella Torà il futuro di una Comunità.  
Sonia
Brunetti
Luzzati,
   pedagogista


Sonia Brunetti
Il ragazzo romano che ha colpito l’infermiera romena e Ivan, il capo degli ultrà serbi responsabile delle violenze a Genova, hanno chiesto scusa. Non si tratta qui di valutare se le scuse che accompagnano le cronache dei fatti di violenza siano sincere, ciò che lascia perplessi è il rituale: poche ore dopo l’episodio arrivano infatti puntuali le frasi di accorato ripensamento su ciò che è accaduto. Dichiarazioni che, probabilmente al di là delle intenzioni, ci sembra si pongano più in continuità con l’incapacità di interrogarsi tipica della violenza che con la forza della riflessione. Contraddizioni di una società che fa della rapidità una virtù?

davar
Qui Roma -16 ottobre: verso il futuro senza dimenticare
marcia silenziosa16 Ottobre 2010. Sono trascorsi 67 anni dal “sabato nero” del ghetto di Roma quando alle cinque del mattino con un repentino blitz  provvisti degli elenchi con i nomi e gli indirizzi delle famiglie ebree, 300 SS naziste iniziano la caccia per i quartieri di Roma. La capillare azione cui nessun ebreo deve sfuggire sia egli uomo, donna, bambino, anziano, ammalato e perfino neonato si conclude con il rastrellamento di 1024 persone. Di esse solo sedici faranno ritorno.
Molti gli eventi in agenda per la celebrazione della triste giornata. Come di consueto si svolgerà domani sera alle 18.45 la tradizionale fiaccolata organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio cui parteciperanno il rabbino capo di Roma,  Riccardo Di Segni, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, Gianni Alemanno, Sindaco di Roma, Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma, Renata Polverini, Presidente della Regione Lazio, Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo della Comunità di Sant'Egidio.
La marcia silenziosa che da Santa Maria in Trastevere si snoderà per i vicoli di Trastevere  e raggiungerà il Portico d'Ottavia ripercorrendo a ritroso il cammino che fecero quella mattina gli ebrei strappati alle proprie case e condotti al Collegio Militare a Trastevere prima di essere imprigionati nei treni con destinazione Auschwitz. Proprio per conservare la Memoria mantenendo il cuore aperto alla speranza e lo sguardo al futuro, al termine della cerimonia dal Largo 16 Ottobre, nel cuore del ghetto partirà un nuovo corteo che accompagnerà l'ingresso di un nuovo sefer torà fino all'isola Tiberina luogo in cui durante la guerra sorgeva la casa di riposo ebraica.
Il nuovo sefer donato alla Casa di Riposo di Roma vuole ricordare tutti quei bambini deportati dalle loro case che non più vi fecero ritorno e che se non fossero morti oggi forse ne sarebbero ospiti.
Dopo i discorsi delle autorità presenti il sefer sarà condotto nel tempio della nuova sede della Casa di Riposo ebraica in via Portuense.


Qui Roma - Mezzo secolo per un Museo speciale
museo 2Ha appena compiuto i 50 anni il museo ebraico di Roma e, se fosse una persona, si direbbe che non li dimostra. Per l’occasione ieri sera è stata organizzata una festa in suo onore per ringraziare chi negli anni ha contribuito con donazioni e finanziamenti, presentendo in una mostra temporanea le donazioni ricevute nel corso degli anni, tesori nascosti che tuttora rimangono nel magazzino in attesa di un restauro. L’iniziativa, accompagnata dalla presentazione del volume “I tesori nascosti del museo ebraico” era stata fortemente voluta dal direttore Daniela Di Castro z’l, autrice del volume, il cui ricordo è riecheggiato nelle parole di tutti gli intervenuti.
Roberto Steindler assessore ai beni culturali della Comunità Ebraica di Roma  ha ringraziato le autorità presenti, l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede Mordechai Lewy, la presidente della Regione Renata Polverini, l’assessore alla cultura del Comune di Roma  Umberto Croppi e il presidente del consiglio provinciale Giuseppina Maturani, ricordando che ora  “ il museo ebraico non è soltanto un gioiello della Comunità ma di tutta la città”. Una nota polemica è invece risuonata nelle parole dell’Ambasciatore Lewy che si è rivolto alle autorità presenti invitandole ad investire sull’antica sinagoga ebraica di Ostia che tuttura versa in uno stato di degrado e si presenta difficilmente raggiungibile dall’area degli scavi a causa della mancanza di segnaletica. Anche l’ambasciatore ha ricordato Daniela di Castro il cui lavoro ha donato alla Comunità  un museo di così alto profilo, di cui possiamo esser orgogliosi.
Claudio Procaccia, direttore del Dipartimento di Cultura, ha ripercorso la storia del Museo, nato il 5 giugno del 1960 in una saletta dietro l’Aron del Tempio Maggiore ampliato nel 1995 e completamente rimodernato, nei nuovi locali nel 2005 e l’ha contestualizzata nella storia degli ebrei romani  ricordando come nel Museo siano esposti in gran parte gli arredi delle Cinque Scole  il cui edificio, nell’ambito della riqualificazione urbana del ghetto, è stato demolito agli inizi del Novecento.
museoSubito dopo Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica ha affermato che il museo “non racconta soltanto la storia degli ebrei romani ma rappresenta anche ciò che essi vogliono continuare a dare a questo paese” in quanto parte attiva e propositiva dello stesso
Al termine la curatrice dell’esposizione Olga Melasecchi ha illustrato la mostra temporanea soffermandosi su alcuni oggetti: una berachà della famiglia Coen inserita in una cornice d’argento ed effigiata, che attende il restauro, una meghillà di Ester appartenuta a Schemuel Panzieri ed infine un registro delle circoncisioni effettuate dal moel Michael Haym di Segni nel 700 donato dalla famiglia di Castro nel ricordo di Daniela.
La serata è proseguita poi nel cortile del Palazzo della Cultura dove i festeggiamenti sono continuati a cena.

Daniele Ascarelli


La signora delle sottilette tallona Michelle Obama
irene rosenfeldLa seconda donna più influente del mondo è Irene Rosenfeld, presidente e amministratore delegato del gigante dell’industria alimentare Kraft food. Nella speciale classifica stilata dalla rivista Forbes, infatti, la Rosenfeld si è classificata sul secondo gradino del podio, dietro la first lady americana Michelle Obama e davanti alla celebre conduttrice televisiva Oprah Winfrey.
Se si guardano le cifre della Kraft, non stupisce il posizionamento di Rosenberg: gestire un colosso da oltre 40 miliardi di dollari di fatturato l’anno che conta 98mila dipendenti in settanta paesi del mondo, non è cosa facile. In particolare Forbes ha virtualmente premiato la decisione del presidente Kraft di acquistare nel 2009, nonostante dure opposizioni interne, l’azienda dolciaria inglese Cadbury. Un affare da 19 miliardi di dollari che ha permesso a Rosenberg di balzare al secondo posto di un’altra speciale classifica, ovvero delle donne più pagate d’America. Il suo compenso è salito a 26,3 milioni di dollari, secondo solo a quello del capo di Yahoo! Carol Bartz.
Nata a Brooklyn, New York, ma cresciuta a Westbury, Irene Blecker (prenderà il cognome Rosenberg dal primo marito) ha raccontato in un’intervista al Times di aver avuto un’idilliaca educazione suburbana ed ebraica. “L’ebraismo ha avuto e ha tuttora una grande importanza nella mia vita, influenzando anche alcune mie decisioni”, rivela la top manager.
I genitori arrivarono in America con le rispettive famiglie dalla Romania e dalla Germania sui primi del Novecento. “Mio padre era uno sportivo appassionato, un uomo competitivo – racconta con il sorriso Irene nell’intervista al quotidiano londinese – però non aveva figli maschi con cui confrontarsi, solo due femmine. E così io diventai il suo compagno di giochi”. Anche per questo Rosenfeld, laureata in psicologia con un master in management, non ha mai avuto difficoltà a rapportarsi con i maschi. Competitiva e grintosa, il futuro presidente della seconda industria alimentare del mondo (la prima è Nestlé) è riuscita ad affermarsi in un settore a fortissima presenza maschile. “Il suo più grande talento – racconta uno dei vecchi capi di Irene, Jim Kilts – è l’avere una forte empatia con il consumatore; lei è bravissima nell’anticipare le tendenze e con la sua energia è riuscita a rivitalizzare alcuni grandi marchi”.
La grande attenzione per il marchio o brand è una dei punti chiave della politica gestionale di Rosenfeld. In particolare, secondo lei, per ottenere un marchio di successo è necessario fare grande attenzione a cosa vogliono i consumatori; non imporre dall’alto ma ascoltare e imparare dalle necessità del cliente. Il marchio, inoltre, deve riuscire ad entrare nella dimensione famigliare, far parte della vita quotidiana del consumatore e contribuire al soddisfacimento delle sue necessità. “Sono sempre stata affascinata da cosa pensano la gente – spiega Rosenfed - Quando viaggio, ad esempio, potrei stare per ore negli aeroporti a guardare le persone attorno a me, cercando di capire cosa pensano e cosa li motiva. E’ una passione che ho sin da ragazza e che poi ho tradotto nel mio lavoro”. A chi le chiede se si sarebbe mai aspettata di arrivare così in alto, lei risponde sorridendo “quando lo domandano a mia madre, lei risponde sempre sì”.

Daniel Reichel

pilpul
Siamo privilegiati?
Tizio della SeraQualche giorno fa Alberto Cavaglion ha sollevato un problema interessante per chi gravita intorno al mondo della scuola: le festività ebraiche o di altre religioni entrano nel computo dei 52 giorni (25%) di assenza superati i quali un allievo non può essere promosso? La domanda è stata posta all’ultimo collegio docenti nella scuola dove insegno (un liceo pubblico frequentato da un certo numero di ragazzi ebrei), e la risposta della Presidenza è stata netta: le festività ebraiche, in quanto riconosciute dalle Intese, a rigor di logica non devono neppure essere giustificate, e quindi non sono da contare. Quindi tecnicamente la questione è chiara. Tuttavia questa risposta ha sollevato qualche borbottio.
Fermo restando che il principio è indiscutibile, e Cavaglion ha quindi perfettamente ragione, mi domando se sia opportuno per i ragazzi ebrei e per le loro famiglie insistere su questo diritto: in fondo cinquanta giorni sono già moltissimi, considerando che escono dal computo le assenze prolungate per malattia e la partecipazione ad attività culturali o sportive di particolare rilevanza. In pratica rimangono scoperti i giorni di malattia isolati, la partecipazione a manifestazioni studentesche e quelle che noi insegnanti chiamiamo “assenza strategiche” per evitare verifiche o interrogazioni. Considerando che dal punto di vista di un insegnante le assenze creano comunque qualche problema organizzativo e che per un allievo è difficile accettare che un compagno abbia diritto a stare assente di più, credo che tutto sommato sarebbe opportuno che i ragazzi ebrei evitassero di sollevare per primi il problema se non si pone e cercassero di limitare le “assenze strategiche” in modo da stare nei cinquanta giorni. In fin dei conti i giorni di moed non potrebbero essere più di 13 in tutto l’anno, e di solito sono molti meno (togliendo sabati, domeniche e giorni festivi per tutti). Se i ragazzi ebrei mostrano a compagni e insegnanti che sono disposti magari a venire a scuola poco preparati un giorno di più e prendersi il loro votaccio pur di poter stare a casa durante una festa, sarebbe una bella dimostrazione di coerenza e si diminuirebbe lo sgradevole pregiudizio per cui siamo quelli che pretendono sempre privilegi.
Sentendo i commenti alla fine del collegio docenti ho notato un fatto curioso: i colleghi che avevano borbottato non avevano mai avuto allievi ebrei, o li avevano da pochi giorni, mentre chi ne aveva avuti e ne aveva (anche molto osservanti) dichiarava di non avere mai incontrato particolari problemi di assenteismo. Un piccolo esempio di come il comportamento responsabile degli ebrei in carne ed ossa possa contribuire a sconfiggere i pregiudizi di chi li conosce per sentito dire.

Anna Segre, insegnante

notizieflash   rassegna stampa
 
Pacifici: "Punire per legge il negazionismo"
Roma, 15 ottobre
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Una proposta lanciata in una lettera a Repubblica quella del Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici che chiede una  legge per introdurre il reato di negazionismo dopo le polemiche suscitate dall'intervento del professor Claudio Moffa, che nella lezione conclusiva del master 'Enrico Mattei in vicino e medio oriente' all'università di Teramo, ha sostenuto di recente che 'non c'é alcun documento di Hitler che dica di sterminare tutti gli ebreì. 
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Domani ricorre il triste anniversario della «razzia al ghetto», quella ferocemente consumata dai tedeschi ai danni degli ebrei romani il 16 ottobre del 1943. Gli anni sono passati ma continua a trattarsi di una data che rimane impressa nella coscienza degli italiani, almeno di quelli che non vogliono voltare la testa dalla parte opposta, allora come oggi. » 

Claudio Vercelli






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