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4
novembre
2010 - 27
Cheshvan 5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Moshè,
come è noto, chiamò la sua gente "popolo dalla dura cervice" (Esodo
32:9). Molto amabilmente il tema della durezza e dell'ostinazione
giudaica è diventata la caratteristica dispregiativa degli ebrei che si
rifiutano di accettare una luminosa verità. Un motivo e un linguaggio
che accompagna la storia del cristianesimo, da Ambrogio (Expositio
Evangelii Secundum Lucam, 4:61) a Padre Pio (Ep. 1:602); qualcuno
spiega che "la parola perfidi riferita ai giudei non ha alcun
significato negativo, vuol dire ostinati". Troviamo la stessa
espressione in alcuni commenti alla Sura Coranica del Bovino. L'ultima
edizione della ostinazione ebraica, per la quale crescerebbe
l'insofferenza delle parrocchie e della Gerarchia, la troviamo oggi in
un'intervista al Corriere della Sera.
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Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme
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C'è qualcosa di strano, se non
di francamente anomalo, nella salienza pubblica del fenomeno "ebreo"
sulla scena pubblica e mediatica in questi ultimi tempi. Dalla kippà
del senatore Ciarrrapico (che voleva solo dire che l'onorevole Fini è
inaffidabile), alle barzellette di Berlusconi (che voleva solo mostrare
il volto umano della politica), dal Sinodo dei vescovi cattolici del
Medio Oriente (che voleva solo esprimere preoccupazione per la
condizione dei cristiani nel mondo islamico), all'apologetica
produzione televisiva di Bernabei (che voleva solo spezzare una lancia
a favore della santificazione di Papa Pacelli), fino all'ultimo romanzo
di Umberto Eco (che, avendo forse fiutato un filone redditizio, voleva
solo vendere alcune copie in più e magari suggerire un copione per un
altro film di successo), il simbolo, l'argomento, il paragone, il capro
espiatorio, la causa occasionale, la platea da convincere, o il
feticcio da esorcizzare, è pur sempre e solo l'ebreo. Si tratterà certo
di una coincidenza, e non vi è necessariamente animosità in quello che
si dice, si scrive e si mostra, ma la densità della presenza ebraica
nel discorso pubblico è giunta ben oltre il livello di saturazione. La
società, nelle sue manifestazioni così diverse, dalla politica alla
religione, dalle arti espressive alla letteratura, sembra mancare di
altri argomenti, oppure sembra averli dimenticati, o rimossi, o
censurati. L'ebreo multifunzionale fa comodo a tutti. Se non esistesse,
bisognerebbe inventarlo.
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Dal
Cimitero di Praga di Umberto Eco (che si racconta in una lunga
intervista esclusiva ed è analizzato dalla recensione delle firme più
autorevoli) a Persecuzione di Alessandro Piperno. Da The social network
sul creatore di Facebook alla controversa fiction televisiva Sotto il
cielo di Roma. Dal dibattito sul progetto di riforma dello Statuto
dell'ebraismo italiano agli editoriali delle molte, diverse voci che
esprimono l'ebraismo italiano o guardano con interesse alla realtà
ebraica. Da una visione viva e nuova della realtà di Israele al grande
progetto del'edizione del Talmud in lingua italiana, al grande dossier
Comics and Jews dedicato a fumetto, creatività underground e
cultura ebraica.
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Unione a
Congresso -
Idee e confronto |
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Il Congresso dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane è alle porte e questa domenica, 7
novembre, gli iscritti alle Comunità ebraiche italiane sono chiamati a
eleggere i loro delegati che parteciperanno ai lavori.
In ognuna delle tre circoscrizioni elettorali idee e programmi a
confronto sono espresse da due liste in competizione. Con alcune
domande rivolte ai capolista delle formazioni in gara la redazione
tenta di fornire al lettore ulteriori elementi di conoscenza e di
giudizio.
Per la Seconda circoscrizione (Milano e Mantova), parlano Giorgio
Sacerdoti e Walker Meghnagi.
Giorgio Sacerdoti:
“Lavoriamo sulle basi finora gettate”
“Il ripensamento della
ripartizione dell’Otto per Mille, una valorizzazione del ruolo attivo
dell’UCEI come rappresentante dell’ebraismo nella società civile e una
attenta analisi della riforma dello Statuto”. Tre punti su cui la lista
Milano per l’Unione, come spiega il capolista Giorgio Sacerdoti,
presidente della Fondazione CDEC e professore di diritto internazionale
all’Università Bocconi, intende puntare in vista delle elezione dei
delegati UCEI per il Congresso di dicembre.
Professore,
le elezioni sono imminenti. Come si presenta la vostra lista? Siete
fiduciosi?
Credo che con la lista Milano per l’Unione siamo riusciti a formare una
squadra rappresentativa caratterizzata da un ampio ventaglio di
esperienze. Ciascuno di noi porta con sé il proprio bagaglio
professionale e di valori ebraici e sono fiducioso che le nostre idee e
proposte avranno un buon successo. Il nostro impegno sarà rivolto alla
realizzazione di una condivisione dello Statuto con una particolare
attenzione alle esigenze della Comunità di Milano ma sempre nel
rispetto delle diverse realtà del complesso mondo ebraico italiano.
Lei citava la
riforma dello Statuto. Qual è la vostra opinione in merito?
In via di principio, siamo pienamente favorevoli al maggiore
coinvolgimento all’interno della politica nazionale dell’UCEI delle
singole Comunità. I problemi su questo punto però sono pratici, in
particolare sulla questione degli spostamenti, per cui sarà necessario
analizzare bene la questione. In ogni caso crediamo che la riforma
debba andare nella direzione della tutela dell’identità ebraica e del
pluralismo che caratterizza l’ebraismo italiano e che dall’altro lato
vi sia la necessità di rendere gli organi dell’Unione più snelli e
operativi.
E quali sono
gli altri punti del vostro programma?
Una delle questioni più delicate che sarà necessario toccare è la
ripartizione dell’Otto per Mille. Ad oggi sono circa 60mila le persone
che decidono di donare il proprio Otto per Mille al mondo ebraico.
Numeri evidentemente notevoli se andiamo a considerare le cifre degli
iscritti alle Comunità, ma dobbiamo ancora lavorare perché questa torta
si ingrandisca ulteriormente. In questo modo, per esempio Milano come
Roma, ma anche le altre Comunità, avranno la possibilità di garantire
maggiori servizi locali e sarà possibile incentivare l’avvio di
progetti e iniziative importanti su base nazionale. Sui servizi - dalla
Kasherut, ai servizi sociali e assistenziali - la nostra idea è di
realizzare una parziale regionalizzazione in modo da garantire una rete
territoriale e nazionale che rafforzi e implementi le realtà
locali. Altro punto importante sono i giovani: non a caso nella nostra
lista abbiamo deciso di lasciare spazio alle nuove generazioni perché
in loro, sarà scontato ma è profondamente vero, risiede il futuro
dell’ebraismo italiano. È necessario studiare la creazione di ulteriori
servizi per e con i giovani, incrementare le opportunità di formazione
e incontro, facilitando ad esempio l’associazionismo.
Nel vostro
programma si parla anche della questione della rappresentanza in merito
all’UCEI. Potrebbe spiegarci bene qual è la vostra posizione?
L’UCEI è cresciuta molto negli ultimi anni, sia dal punto di vista
della rappresentanza esterna che da quello dell’attività interna. Sono
state gettate delle basi importanti con l’avvio di interessanti
iniziative nel mondo dell’informazione così come in ambito culturale.
Penso al mensile Pagine Ebraiche o alla realizzazione del Museo di
Ferrara. Noi vogliamo proseguire lungo questo cammino, rafforzando
l’importanza della presenza ebraica nella società italiana. Pensiamo
sia necessario sostenere l’Unione nel ruolo di rappresentante
autorevole degli ebrei italiani e di sostenitore delle ragioni di
Israele verso l’opinione pubblica, le istituzioni e le forze
politiche, con presenza assidua e indipendente. Dall’altra parte
pensiamo sia opportuno in alcune occasioni che la stessa Unione e le
Comunità tengano un profilo più basso, evitando di mostrare il fianco
alla gogna mediatica.
Cosa si
aspetta dal Congresso di dicembre? Pensa ci saranno dei cambiamenti
significativi al vertice?
Se devo essere sincero, non credo ci saranno dei cambiamenti radicali.
Il presidente Gattegna e i consiglieri del mandato hanno lavorato bene.
In ogni caso il punto fondamentale sarà continuare a garantire
all’interno dell’UCEI la presenza delle diverse sfaccettature della
realtà ebraica italiana. Inoltre vorrei formulare un auspicio: ovvero
un’ampia partecipazione degli iscritti milanesi alle imminenti elezioni
perché l’Unione è un ente fondamentale non solo a livello nazionale ma
anche per ciascuna Comunità. La presenza di Milano, la dimostrazione
della vicinanza e dell’interesse degli ebrei milanesi per il destino
dell’UCEI è fondamentale.
Daniel Reichel
Walker
Meghnagi: “Evitiamo personalismi e politica”
Chiede unità di intenti e
condivisione il vicepresidente nazionale del Keren Hayesod Walker
Meghnagi, capolista della lista Unità Ebraica: “Non partiamo per fare
la guerra a Roma ma per cercare di utilizzare le nostre e le loro
risorse congiuntamente. Credo che il Congresso di Roma potrà rivelarsi
un successo solo se verranno lasciati da parte politica e
personalismi”.
Come nasce la
vostra lista?
Dal desiderio di unità. Non partiamo per fare la guerra a Roma ma per
cercare di utilizzare le nostre e le loro risorse congiuntamente. Non
vale la pena di litigare, è molto più proficuo trovare un punto comune.
Come si fa? Non lo so ma è comunque fondamentale dialogare su temi
stringenti per il nostro ebraismo. A differenza dell’altra lista che si
è presentata in questa circoscrizione elettorale, la nostra non ha un
programma di orientamento politico. Noi di Unità ebraica non vogliamo
creare divisioni bensì accomunare. L’obiettivo che ci siamo posti è la
condivisione tra religiosi e laici. Non vogliamo mettere nessuno in un
angolo perché dare pagelle di ebraismo è sbagliato. È dall’unità e dal
lavoro di gruppo che dobbiamo ripartire, tenendo allo stesso tempo
conto delle differenti realtà del territorio e delle diverse
problematiche che oggi affrontano piccole e grandi Comunità.
Quali sono
secondo lei le sfide da vincere per l’ebraismo italiano?
Credo che sia sotto gli occhi di tutti che stiamo vivendo una fase
declinante. I problemi sono noti: diminuzione drastica degli iscritti,
allontanamento di molti ebrei dalla propria comunità, disamoramento e
disinteresse dei giovani. Invertiamo la tendenza al più presto
altrimenti finiremo per disgregarci. Ostacolare questo processo è
ancora possibile ma solo prendendo decisioni forti. Riteniamo quindi
prioritaria una differente strutturazione della nostra rappresentanza
che passi attraverso la creazione di maggiori possibilità di incontro.
Sediamoci intorno a un tavolo e discutiamo. Sembra buonismo ma è il
concetto di fondo attorno a cui dobbiamo lavorare. Il momento è
difficile, abbiamo l’obbligo di fare il nostro dovere con coscienza per
dare un futuro all’ebraismo italiano. Solo così potremo arginare la
lenta ma continua erosione di risorse umane e allontanamento di vicini
e lontani.
Ci riassume i
punti essenziali del vostro programma?
Il nodo principale è quello dei giovani, a cui dobbiamo dedicare più
attenzione e risorse crescenti. Nel giro di pochi anni la scuola
ebraica di Milano è passata da oltre un migliaio di studenti a meno
della metà. Come porre rimedio a questa pesantissima flessione? Una
possibile soluzione è la diversa redistribuzione delle risorse raccolte
con l’Otto per Mille che sostenga maggiormente le Comunità. Crediamo
inoltre che per un migliore funzionamento delle nostre strutture alcuni
importanti settori di attività dell’UCEI debbano essere decentrati. In
particolare chiediamo che venga trasferito a Milano il Dipartimento
Educazione e Cultura e che ci venga assegnata la vicepresidenza
dell’Unione. Solo con la vicepresidenza si possono affrontare i tanti
problemi contingenti della nostra realtà e agire da supporto alle altre
Comunità del Nord Italia. Dobbiamo inoltre fare in modo che gli ebrei
italiani abbiano la possibilità di accedere ai prodotti kasher a prezzi
normali. È un punto improrogabile: non è scritto da nessuna parte che
dobbiamo guadagnarci dalla kasherut, Per quanto riguarda i rapporti con
l’esterno auspichiamo che l’UCEI prosegua nel suo ruolo fondamentale di
tutela dei diritti degli ebrei italiani e di difesa dello Stato di
Israele sempre e comunque.
Come vi
ponete nei confronti della Rabbanut?
In questo momento difficile il ruolo dei nostri maestri come guide
spirituali e garanti della Halakhah è ancora più determinante. Sono
loro che attraverso l’Assemblea Rabbinica ci devono dare il primo
esempio di unitarietà, a partire dalle dinamiche inerenti alla
kasherut. Entrando nel merito di quanto detto ieri su questa newsletter
da Ugo Caffaz riguardo all’italianità del nostro rabbinato, concordo
pienamente. I rabbini delle nostre comunità devono essere italiani o
quantomeno devono aver studiato in Italia. È un passaggio essenziale
per avere piena conoscenza del territorio, sapere con chi parlare e
capire chi ha bisogni psicologici e di Torah.
È ottimista
sugli esiti del Congresso?
Quelli che vivremo al Congresso di Roma saranno quattro giorni di
importanza assoluta. Mi auguro che le persone intelligenti che pensano
al bene della comunità italiana sappiano coglierne tutti i risvolti
positivi. Otterremo un successo solo se verranno lasciati da parte
politica e personalismi. Noi di Unità ebraica vogliamo trovare un
accordo e lavorare per l’unità. Non andiamo a Roma per litigare ma non
siamo neanche disposti a tornare a Milano con le mani in tasca.
Adam
Smulevich
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Qui
Torino - Combattere la crisi, progettare il futuro
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Un
dibattito aperto, un atmosfera sostanzialmente distesa e un largo consenso sull'operato
e sulla progettualità della Giunta, hanno contrassegnato l'assemblea
degli iscritti della Comunità ebraica di Torino.
“La
differenza tra una Comunità e un'impresa è che solo la seconda è tenuta
a raggiungere il pareggio del bilancio”. Il rabbino capo di Torino
Eliyauh Birnbaum ridimensiona le preoccupazioni espresse dall'Assemblea
degli ebrei torinesi riguardo al forte deficit previsto dal bilancio
preventivo del 2011 presentato dal Consiglio. In accordo con la
maggioranza dei consiglieri, rav Birnbaum, difende una politica di
investimenti che guardi “al futuro umano della Comunità, e non solo a
quello economico”. Il
disavanzo previsto dal Consiglio della Comunità di Torino per il 2011 è
pari a 740 mila euro, il dieci per cento in più dell'anno ancora in
corso. “La situazione congiunturale sfavorevole – spiega il consigliere
Marco Luzzati – ha portato una drastica riduzione delle entrate: in
particolare eredità e donazioni sono le voci che hanno subito il calo
più netto”. Sebbene il patrimonio complessivo di mobili e
immobili della Comunità sia ancora abbastanza ingente, la sua
progressiva erosione desta molte preoccupazioni. Alcune di esse si
manifestano in critiche mosse al Consiglio da parte di chi non nota,
nella gestione del patrimonio, il regime di austerità che le difficoltà
economiche imporrebbero. Tali critiche giungono a fronte di una
relazione del Consiglio – di cui il presidente Tullio Levi dà lettura
all'Assemblea – ricca di progetti, e dunque di spese, incentrati sul
rafforzamento dell'ufficio rabbinico, sul coinvolgimento degli iscritti
nella vita comunitaria e sulla formazione ebraica dei giovani. In
apertura vengono presentati agli ebrei torinesi il loro nuovo
vicerabbino Avraham De Wolf e i suoi aiutanti, due shelichim del
progetto Ben Ami, Hananel Sarel e Chen Haliouan, inviati da Israele
alla comunità di Torino come rinforzo per l'ufficio rabbinico. “Si
occuperanno dei bambini della scuola, della preparazione di bar e bat
mitzvah, della kasherut e di altre mansioni concernenti attività
rituali”, spiega Tullio Levi. Nella direzione dell'impulso alle
attività educative che vuole dare il Consiglio va anche l'adesione al
progetto Morasha: “Torino è la prima città italiana a sfruttare
quest'opportunità – spiega rav Birnbaum”. Si tratta di un finanziamento
internazionale di venticinque mila euro all'anno destinati come
compenso a ragazzi che parteciperanno a ciclo di lezioni tenute dai
rabbini e da altri insegnanti. Il dato insolito è che invece dei
docenti vengono pagati gli allievi. Parallelamente riprenderanno a
pieno ritmo le attività della scuola rabbinica Margulies – Disegni,
assicurano dall'ufficio rabbinico. In vista delle elezioni che si
terranno domenica 7 novembre per eleggere i delegati al Congresso
dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, in programma a dicembre a
Roma, c'è spazio anche da dedicare alle vicende nazionali. Guido Neppi
Modona, ex vicepresidente della Corte Costituzionale, espone
all'Assemblea una relazione sulle proposte di modifica dello Statuto
dell'Ucei che saranno discusse a dicembre in sede congressuale. Vengono
quindi presentate le due liste della prima circoscrizione, cui
appartiene Torino. La lista 1, Per l'ebraismo italiano, viene
presentata dal candidato Filippo Levi, mentre per la lista 2, Per le
comunità, parla Giluio Disegni. Infine la relazione del Consiglio
viene approvata con trentatré voti favorevoli e tre contrari, mentre
sul bilancio il Consiglio ottiene una maggioranza di consensi più
ristretta. Le due principali opinioni che si contrappongono in
sede assembleare a Torino, in seguito all'esame di un bilancio
fortemente deficitario, sostengono una la necessità di risparmiare
tutto il possibile, l'altra che non si debba lesinare sui progetti che
guardano al futuro e ai giovani, anche e soprattutto in virtù del fatto
che Torino è una comunità di 876 iscritti la cui età media è
cinquantadue anni. Quello che mette d'accordo tutti è l'appello alla
generosità degli iscritti e alla loro disponibilità di dimostrare, per
una volta anche materialmente, il loro attaccamento alla Comunità e la
loro sensibilità verso le difficoltà in cui versa.
Manuel Disegni
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Qui
Firenze - Candidati a confronto
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Lieti di essere
conosciuti
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Coperta
dalla crosta atrofizzata del pregiudizio, c'è ma non viene vista la
persone ebraica. Ebrei che sono italiani, irlandesi, tedeschi, e
naturalmente di Israele. Sopra di loro il tetto di una cartolina
ossessiva, e Gerusalemme coi soldati in assetto di guerra e in Europa
gruppi di gente con in mano la bandiera della stella a sei punte.
Sarebbero questi, gli ebrei. Invece si chiamano David ma anche Robert,
Sara ma anche Brigitta. Suonano il violino secondo la scuola ebraica di
Odessa, ma eseguono Beethoven. Mangiano kasher ma la ricetta ghiotta è
quella del wiener schnitzel. In Italia ce ne sono che amano
perdutamente l'Umbria, centinaia che senza la pasta con la pommarola
non sanno vivere, che hanno vent'anni e abitano in piazza dei Ciompi e
si commuovono della storia di Firenze, o cinquantenni di Milano che
raccontano con devozione dei propri avi che combatterono nel
Risorgimento e furono imprigionati dagli austriaci. Ebrei italiani che
sono italiani ebrei. Avrebbero piacere di scavalcare il televisore e
fare la conoscenza.
Il
Tizio della Sera
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Alfredo Mordechai Rabello - Scrittura e
Halachà
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Fini incontra Abraham Foxman,
il direttore dell'Anti defamation league
Roma,
3 novembre |
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Leggi la rassegna |
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo
Gattegna, assieme al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, hanno
preso parte all'incontro del presidente della Camera Gianfranco Fini
con il direttore dell'Anti Defamation League, Abraham Foxman, e il
nuovo presidente Usa dell'Adl, Robert Gary Sugarman. Foxman e la sua
delegazione sono stati ricevuti a Montecitorio per una colazione di
lavoro.
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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