se
non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui
|
7 novembre
2010 - 30 Cheshvan 5771 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino
|
Nella
benedizione che Isacco dà a Giacobbe, con cui invoca per il figlio beni
celesti e terreni, il nome di Dio è Elo-him. E' il nome che indica
giustizia: i beni che Giacobbe/Israele riceverà, spiega Rashi, saranno
solo quelli meritati. Giacobbe /Israele non riceve nulla gratuitamente
perché è in grado di accettare qualsiasi cosa, positiva o negativa,
come volontà di Dio.
|
|
|
David
Bidussa,
storico sociale delle idee
|
|
L’anniversario della morte di
Rabin è stato un evento che solo in pochi si sono ricordati: sia in
Israele che fuori da Israele, sia nel mondo ebraico come in quello non
ebraico. Rabin, in altre parole, è diventato un fantasma. Meglio, ciò
che è diventato un fantasma è l’idea che sfidare la storia si può e che
dunque si possa essere protagonisti del nostro presente. Non è solo
conseguenza del fatto che quella che fu percepita come una possibilità
appartenga a una fase chiusa da un gesto che allora qualcuno ritenne
individuale e che invece poi abbiamo capito essere un’espressione di
quel superomismo nazista del terrorismo che è stata propria degli
uomini (e delle donne)-bomba degli anni successivi. E’ anche
conseguenza del fatto, ciò che ci siamo lasciati alle spalle è la
convinzione che si possa essere protagonisti della storia senza
subirla, ma sfidandola. Ovvero che per avere un domani occorre avere
una visione e un comportamento oggi che ritenga sterili, tra le altre
cose, l’entusiasmo da “prima pagina”, l’agitazione populistica dei
propri malesseri e una visione vittimaria della propria condizione.
|
|
|
torna su ˄
|
|
|
Unione a congresso - Gli ebrei italiani chiamati a esprimersi |
|
Gli
ebrei italiani sono stamane chiamati a esprimere la propria scelta per
l'elezione dei delegati che li rappresenteranno al congresso
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane di dicembre. I
seggi elettorali resteranno aperti nel corso della giornata nelle 21
Comunità ebraiche presenti nel nostro paese secondo le modalità
comunità agli iscritti, ma le operazioni, a causa del voto per
corrispondenza cui hanno accesso coloro che sono residenti fuori dalla
sede originaria, si protrarranno anche nei prossimi giorni. Numerosi
i leader ebraici che sottolineano in queste ore l’importanza di
partecipare al voto. Il Congresso dovrà fra l'altro affrontare il
futuro assetto dell'ebraismo italiano tramite la riforma dello Statuto.
“L’elezione
dei delegati al Congresso non è meno importante dell’elezione dei
consiglieri della propria comunità - afferma il presidente della
Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che attribuisce a questa
tornata elettorale un valore analogo a quello di una consultazione
comunitaria - anche se l’immagine che spesso diamo è purtroppo carica
di polemiche, passioni e in alcuni casi malevolenze, è comunque segno
di una vitalità e di una passione che può essere espressa correttamente
solo con il voto. L’astensionismo è il peggior nemico e rafforza chi
vuole allontanarsi dalla vita ebraica”.
Una
positiva risposta dell'elettorato è auspicata anche dal presidente
della Comunità ebraica di Milano Roberto Jarach: “Ricordiamoci -
afferma - che all’ordine del giorno c’è la riforma del nostro Statuto,
è importante che ci sia una partecipazione significativa affinché
questo documento venga condiviso dalla maggioranza degli ebrei
italiani. L’appuntamento elettorale odierno è una preziosa occasione
per avvicinare l’Unione alla vita delle singole comunità”.
Concorda
con la lettura di Jarach il presidente della Comunità ebraica di
Firenze Guidobaldo Passigli: “Queste elezioni sono una grande
opportunità per dire la nostra e creare le basi del futuro assetto
dell’ebraismo italiano. Sarebbe un peccato perdere l’occasione di
esprimersi perché non è cosa di tutti i giorni poter riformare lo
Statuto”.
Il
presidente della Comunità ebraica di Torino Tullio Levi spiega che
votare significa riaffermare un principio di fondo, “Il principio di un
ebraismo italiano partecipe in cui le piccole e medie Comunità hanno la
possibilità di dimostrare la loro appartenenza e l’importanza che
attribuiscono all’Unione”.
Sulla
stessa lunghezza d’onda il presidente della Comunità ebraica di Padova
Davide Romanin Jacur: “In questo momento l’ebraismo italiano sta per
affacciarsi a un periodo di trasformazione. La sfida è quella di
rendere lo Statuto il più funzionale possibile, ed è per questo che la
gente deve dare un segnale importante perché gli ebrei italiani spesso
hanno dimostrato di essere abbastanza distaccati dalla vita
comunitaria”.
“Desidero
spendere alcune parole - scrive il presidente della Comunità ebraica di
Trieste Andrea Mariani in una lettera che chiama al voto gli ebrei
della Venezia Giulia e del Friuli - sull'importanza che questo voto
riveste per la nostra comunità. Abbiamo la possibilità di rafforzare la
presenza dei nostri rappresentanti al prossimo Congresso dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane. Sta a noi cogliere questa opportunità
di farci sentire e di dimostrare le nostre potenzialità, partecipando
in tal modo attivamente allo sviluppo e alla crescita dell'ebraismo
italiano, alla nostra stessa formazione culturale e all'accrescimento
delle nostre tradizioni ebraiche”.
In occasione del voto
le 21 comunità ebraiche italiane sono ripartite in tre collegi
elettorali: insieme le 17 comunità meno numerose (tranne Mantova e
Napoli) con Firenze città capofila (9 delegati da eleggere), Milano con
Mantova (11 delegati) e Roma con Napoli (22 delegati). Le urne
resteranno aperte, tranne eventuali eccezioni comunicate agli iscritti,
fino a tarda sera. Per votare è necessario un documento di identità e
il certificato elettorale rilasciato dalla comunità di appartenenza.
Adam Smulevich
|
|
|
Qui Alba - La settimana piemontese di Amos Oz |
|
Ha
inizio oggi la settimana piemontese di Amos Oz. Lo scrittore israeliano
arriva in Italia per ricevere l'ennesimo riconoscimento alla sua
straordinaria carriera. Si tratta del Premio Salone Internazionale del
Libro assegnatogli, mediante una votazione elettronica, dalle migliaia
di visitatori che hanno popolato la kermesse torinese nella scorsa
primavera. “Il premio è destinato ogni anno a una grande personalità
della cultura mondiale - spiegano dal Salone - che con la propria opera
abbia saputo esprimere in modo alto e originale i valori del nostro
tempo e fornire indispensabili strumenti di conoscenza e di
interpretazione della realtà”. Questa la motivazione con la quale verrà
premiato lo scrittore israeliano: “Attraverso una dozzina di opere che
rappresentano altrettanti capitoli di un’unica indagine, Amos Oz ha
saputo affrontare le tensioni, le lacerazioni, i conflitti, le
contraddizioni di cui è intessuta la storia del suo Paese come specchio
di vicende e destini che appartengono all’umanità intera: tra la
nostalgia di un passato perduto, la caduta delle illusioni, la
necessità della speranza, la ricerca di una convivenza possibile. Con
una scrittura di intensa resa espressiva Amos Oz ha saputo iscrivere la
storia della sua famiglia e la sua personale nel più vasto contesto di
una vicenda corale, aprendosi alla comprensione dell’altro, dando voce
a chi non poteva averla. Le sue “storie d’amore e di tenebra”, di forza
e fragilità, di coraggio e crudeltà onorano la missione conoscitiva
della vera letteratura: mappare i territori dell’umano al di là di ogni
preconcetto e schieramento di parte”. Prima tappa della tournée
è la città di Alba. Oggi pomeriggio, nel Teatro Sociale della capitale
del tartufo, si terrà la cerimonia di premiazione alla presenza del
direttore del Salone del Libro Ernesto Ferrero e della traduttrice di
Oz in Italia Elena Loewenthal. “Il conferimento di questo premio
- spiega la direzione del Salone - oltre a rendere il giusto omaggio ad
uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, mira anche a favorire
l'incontro di Amos Oz con il pubblico, con giovani e studenti in
particolare”. Per tutta la durata della sua permanenza in Italia
infatti Oz terrà delle conferenze in diverse città piemontesi,
espressamente indirizzate alle scolaresche. Il ciclo di lezioni verterà
intorno al saggio dell'israeliano Contro il fanatismo pubblicato nel
2005 da Feltrinelli in seguito ad un seminario tenuto all'Università di
Tubinga. Duemila giovani di quaranta licei piemontesi hanno aderito
all'iniziativa. Prenotando con largo anticipo non si sono fatti
sfuggire l'opportunità di confrontarsi con un importante esponente
della cultura mondiale. Il direttore Ernesto Ferrero sottolinea
la novità di questo progetto: “Non ci interessa il solito spreco del
vip che viene, fa la passerella, ritira l’assegno, ringrazia e riparte.
Un premio deve diventare occasione per accendere delle lampadine. E
Amos Oz, così come Paul Auster e Carlos Fuentes, fra i quali i
visitatori ed espositori del Salone hanno scelto il vincitore, sono
grandi maestri dai quali si va a bottega, perché hanno tanto da
insegnare e vogliono metterlo a disposizione di tutti». Nel
corso della mattinata ha avuto luogo un reading in ebraico di alcuni
brani di Oz, curato dall'italo-israeliano Jack Arbib nella splendida
tenuta Fontanafredda a Serralunga d'Alba. I prossimi
appuntamenti si terranno nei luoghi simbolo della regione, tra le
Langhe e il Monferrato, per poi concludersi nel capoluogo sabaudo.
Martedì 9 novembre, nel pomeriggio, Oz farà tappa a Costigliole, la
perla dell'astigiano. Nella mattinata di mercoledì lo scrittore terrà
la sua lectio magistralis ad Asti, presentato dal responsabile delle
pagine di cultura de l'Espresso Wlodek Goldkorn. All'imbrunire si
concederà un aperitivo in compagnia del pubblico nella cittadina di
Canelli, il tempio mondiale della Barbera. Il fitto programma
prosegue giovedì 11 novembre: nelle ore mattutine Amos Oz sarà a Casale
Monferrato, nel cui teatro municipale dialogherà con gli studenti
monferrini in un incontro introdotto da Gad Lerner. La Comunità ebraica
locale coglierà l'occasione per consegnargli il premio del Festival
internazionale di cultura ebraica Oyoyoy. Nel pomeriggio Oz si sposterà
nella provincia di Alessandria, precisamente a Bosco Marengo, per
partecipare ad un incontro del World political forum, think tank
internazionale sostenuto dalle istituzioni locali. Solo venerdì
12 lo scrittore raggiungerà Torino. L'appuntamento è fissato alle ore
10.30 al Teatro Regio di piazza Castello: la lezione di Oz verrà
presentata dal romanziere Alessandro Piperno. Alle ore 17 si terrà un
nuovo incontro col pubblico nella storica libreria Luxemburg,
nuovamente in compagnia di Elena Loewenthal.
Manuel Disegni
|
|
|
torna su ˄
|
|
|
Davar Acher - Non
possiamo tacere
|
|
La profonda incrinatura
avvenuta nelle ultime settimane nel dialogo col mondo cattolico deve
indurci a riflettere con molta cura. Le occasioni e i temi del dissenso
sono state due, molto diversi: da un lato lo svolgimento molto spesso
marcatamente antisionista del sinodo dei vescovi del Medio Oriente, e
dunque il diritto all'esistenza di uno stato ebraico; dall'altro la
trasmissione di uno sceneggiato televisivo su Pio XII, con la ripresa
martellante della campagna per la sua beatificazione e dunque il nostro
diritto a una memoria critica della Shoah.
E però il risultato è stato lo stesso: una forte amplificazione di
stampa del punto di vista della Chiesa, una risposta ebraica abbastanza
fievole, limitata a singoli interventi non coordinati di rabbini, di
intellettuali, di giornalisti, di qualche presidente di Comunità
particolarmente sensibile; l'ebraismo italiano in quanto tale, cioè
l'UCEI, in queste occasioni non ha saputo o voluto parlare. Le reazioni
dell'opinione pubblica e di quasi tutti i settori politici di fronte
alle nostre ragioni sono state distratte o comunque poco sensibili,
spesso addirittura meravigliate per la nostra reazione agli
atteggiamenti della Chiesa.
Come se, nel primo caso, noi non avessimo diritto di parlare di Israele
se non per partecipare alla sua condanna già stabilita che si ritiene
obbligatoria. (Le violentissime e scomposte reazioni che si sono avute
alla partecipazione di Saviano a una manifestazione per Israele dicono
la stessa cosa: chi parla per Israele è un nemico del popolo e va
emarginato e boicottato.) Come se, nel secondo caso, noi non avessimo
diritto di proporre la nostra testimonianza di vittime nella
discussione sulla storia della Shoah, ma dovessimo adeguarci alla parte
scritta per noi dagli altri, per scopi che non ci riguardano. Se no, se
ricordiamo la nostra memoria storica, se pretendiamo di esprimere il
nostro giudizio su personaggi pubblici e istituzioni storiche, siamo
"ingrati", "ostinati" e magari anche "perfidi", per rispolverare una
vecchia parola che a sua volta ha una storia dolorosa.
Se dunque in un autorevolissimo consesso della Chiesa si dice che la
fondazione di Israele è un'"ingiustizia" da correggere e se sostiene
che la "resistenza" palestinese è da appoggiare, se i più autorevoli
esponenti del sinodo affermano che non c'è più terra promessa e popolo
eletto, dunque che il cuore della Torah (o dell'Antico Testamento, come
dicono) è abrogato, tornando a posizioni preconciliari, la cosa piace
ai filopalestinesi e interessa poco gli altri. Gli ebrei devono tacere,
se proprio non vogliono fare il loro dovere di condannare
"l'oppressione coloniale". Se poi i giornali vaticani dicono che la
maggior parte degli ebrei si sono salvati grazie alla Chiesa e dunque
al Papa, citando numeri inverosimili e circostanze inesistenti, se
lodano un racconto in cui la Resistenza non c'è e i fascisti neanche,
scompaginando dunque le basi stesse della nostra "repubblica
democratica nata dalla resistenza", non se ne accorgono né le
organizzazioni partigiane, né i partiti e gli intellettuali di
sinistra, distratti da temi no global e terzomondisti. E l'ebraismo che
protesta suscita "insofferenza" per la sua "ostinazione", come ha
scritto Vittorio Messori in un articolo sul "Corriere" che è difficile non
definire minaccioso. Noi semmai dovremmo pensare a un rabbino di Roma
il cui allarme non fu ascoltato e poi si convertì, come se
l'imprevidenza dei dirigenti comunitari e non l'azione di fascisti e
nazisti, nel gelido silenzio della Chiesa, fosse stata la causa della
strage.
Vale la pena di tentare un paragone per chiarire questa dinamica, che
mi è stato autorevolmente suggerito. Quando un mese fa un professore di
provincia ha messo in rete una sua lezione sulla Shoah in cui sosteneva
tesi negazioniste o revisioniste, le deplorazioni non sono mancate.
Quasi tutti i politici - non la Chiesa - hanno accettato almeno a
parole (i fatti li dobbiamo ancora vedere) l'idea di una legge contro
il negazionismo. Ma quando il sinodo dei vescovi del Medio Oriente
parla contro Israele o le voci cattoliche sostengono una ricostruzione
storica unilaterale e inesatta del suo atteggiamento verso le
persecuzioni, ci viene chiesto invece di non disturbare il manovratore.
La ragione è semplice: la Chiesa per definizione dev'essere buona e non
può sbagliare, non può stare dalla parte dei persecutori (anche se
Giovanni Paolo II di qualcosa ha pur chiesto scusa...) Gli ebrei
invece, almeno da vivi, sono di per sé "ostinati", anche se forse non
deicidi certo mancanti di fede; quando agiscono per difendersi fanno
"peccato contro Dio"; chi li ha uccisi in quantità industriali
certamente è malvagio, ma questo marchio riguarda solo pochi carnefici
nazisti, non i complici fascisti, non l'indifferenza di chi non volle
vedere o intervenire, non il popolo tedesco, non la Chiesa che vide, e
ufficialmente tacque.
E comunque noi ebrei dobbiamo solo esprimere umilmente gratitudine, non
rivendicare diritti, non avere un punto di vista nostro, non cercare di
distinguere noi chi ci ha aiutato e chi non l'ha fatto, a chi esprimere
gratitudine e a chi dissenso. La cosa che ci viene richiesta è di
tacere e magari di assomigliare il più possibile al ricordo
folkloristico dei nostri antenati, quei dolci individui disarmati degli
Stehtl askenaziti che pregavano, raccontavano meravigliose storie
allegoriche, si lasciavano massacrare senza opporre resistenza, le cui
favole sono applaudite a teatro..
Eppure noi dobbiamo continuare a parlare; non solo per solidarietà a
Israele o per onorare la memoria di chi fu ucciso nella Shoah, non solo
per il dovere di quella testimonianza del vero che è così centrale
nell'ebraismo. Ma anche per responsabilità verso il paese, in cui
viviamo e che è anche nostro, dove la coscienza storica sembra essersi
spenta, il senso della nazione dimenticato e l'attaccamento alla
democrazia trasformato in sterile polemica di parte. Testimoniando che
Israele non è ingiustizia ma realizzazione democratica di un sogno
nazionale, abbiamo anche il ruolo di richiamare il valore dell'unità
nazionale e della democrazia in Italia; ricordando che il fascismo e la
monarchia, non solo il nazismo furono colpevoli di gravi crimini contro
i cittadini italiani (gli ebrei e non solo loro), rivendicando il ruolo
della Resistenza al nazismo, esponendo le ambiguità della Chiesa in
quel periodo, noi ci assumiamo il compito di ricordare le radici laiche
e antifasciste della nostra democrazia.
Mi è capitato talvolta di dover lamentare la sovraesposizione mediatica
del piccolo ebraismo italiano, chiamato a far da testimone
sull'affidabilità democratica di questo o quel politico o a giudicare
sull'accettabilità di politiche della memoria, fino all'onomastica
stradale. Il duplice attacco della Chiesa e dei suoi difensori alla
Sermonti mi ha fatto cambiare in parte idea. E' vero, noi abbiamo anche
il compito di coscienza democratica di questo paese. Lo siamo in quanto
minoranza che ha subito l'oppressione e la persecuzione, lo siamo in
quanto abbiamo il coraggio di opporre le nostre ragioni al potere più
forte che c'è oggi in Italia, quello clericale. Questo ruolo di
coscienza è pesante, ma essenziale. Chi ci minaccia, come fa Messori,
probabilmente non vuole fare solo a meno del nostro "ostinato"
controllo, ma in generale di controlli e contraddittori, per affermare
la volontà "provvidenziale" di istituzioni che non vogliono ammettere
di aver mai potuto sbagliare.
Ugo
Volli
|
|
|
torna su ˄
|
notizieflash |
|
rassegna
stampa |
Nuova
tecnologia al servizio dei terroristi
|
|
Leggi la rassegna |
L’uso di Google Earth e la disponibilità di alcune banali applicazioni
per i Phone possono rivelarsi micidiali strumenti d’intelligence per le
organizzazioni terroristiche sparse nel globo. »
|
|
|
continua
>> |
|
continua
>> |
|
|
|
è il giornale dell'ebraismo
italiano |
|
|
|
|
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|