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11 novembre 2010 - 4 Kislev 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

La mitica Art Scroll, la casa editrice americana che pubblica autorevoli traduzioni e commenti di testi tradizionali ha appena iniziato una nuova epica impresa, la traduzione del Midrash Rabba, la principale opera della tradizione midrashica. In italia, di questa opera, esiste da anni la traduzione della prima parte, il Bereshit Rabba. Le edizioni dell'Art Scroll si distinguono per l'eleganza, la ricchezza dei contributi didattici e una certa distanza dal mondo scientifico. Un pilastro della loro produzione è la monumentale Schottenstein Edition del Talmud babilonese, che occupa un posto di rilevante nelle librerie degli ebrei americani, ma che anche da queste parti è presente in molte case e biblioteche ebraiche. Ora, ogni volta che un testo ebraico viene tradotto, si apre una polemica: è giusto farlo? non si tradisce il senso? non si distoglie il lettore dall'approccio sacro con la lingua originaria? non si mette in mano estranea qualcosa che dovrebbe essere gelosamente custodito e tramandato da maestro ad allievo? Già quando venne tradotta la Bibbia in greco dai Settanta ci furono polemiche, erano 70 dotti ma una tradizione rabbinica lo considerò un evento infausto. Il mondo dei "gentili" si appropriò della Bibbia e su questa diffusione nacque il Cristianesimo. D'altra parte chi ha difficoltà a studiare nel testo originale trova in questi libri tradotti un formidabile sostegno allo studio, un invito e una attrazione che altrimenti non ci sarebbero. Problema eterno e senza soluzioni. Prepariamoci a questa discussione nel momento in cui da noi si prepara il progetto di un'edizione in italiano del Talmud babilonese.
Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme

Della Pergola
La Divisione per lo Sviluppo Umano delle Nazioni Unite ha pubblicato la scorsa settimana la nuova graduatoria dei paesi del mondo secondo l'Indice di Sviluppo Umano (HDI). L'HDI misura lo sviluppo di una società attraverso una sintesi dei rispettivi livelli di salute, istruzione, e reddito. Quest'anno, a prima vista, è successo una specie di miracolo: Israele è balzato dal ventisettesimo al quindicesimo posto (e gli Stati Uniti sono scattati dal tredicesimo al quarto). Niente paura, nessun miracolo: la graduatoria è cambiata semplicemente perché l'ONU ha cambiato il metodo di valutazione dei livelli d'istruzione, sostituendo al dato sulla diffusione dell'analfabetismo quello più significativo sul numero medio di anni di studio conseguiti. Se si usa il vecchio metodo, la graduatoria cambia poco. Resta il fatto che Israele, nonostante i suoi problemi di sicurezza e le notevoli sperequazioni nella distribuzione delle sue risorse interne, fa parte del gruppo dei paesi ad altissimo tasso di sviluppo. Israele occupa il decimo posto al mondo per longevità, il ventiquattresimo per istruzione, e il ventinovesimo per reddito (ponderato secondo il potere d'acquisto reale del dollaro). La collocazione dei diversi paesi in questa graduatoria dello sviluppo è in parte prevedibile, ma c'è qualche sorpresa. Al primo posto la Norvegia, seconda è l'Australia, quarti gli USA, al settimo posto l'Olanda, ottavo il Canada, al nono la Svezia, al decimo la Germania, undicesimo il Giappone, al dodicesimo la Corea, al tredicesimo la Svizzera, al quattordicesimo la Francia. L'Italia si piazza al ventitreesimo posto, dopo la Spagna (ventesimo) e la Grecia (ventiduesimo), davanti al Regno Unito (ventiseiesimo), a Singapore (ventisettesimo), al primo paese arabo, gli Emirati Uniti (trentaduesimo), e al Portogallo (quarantesimo). La Cina è all'ottantanovesimo posto e l'India è al centodiciannovesimo. I paesi classificati sono in tutto 169, e all'ultimo posto troviamo lo Zimbabwe. Qualche perplessità può destare il fatto che, come si è detto, l'HDI trascura le sperequazioni che possono indebolire la tempra di una società. E viene ignorato l'elemento della sicurezza esterna e della violenza interna che sono fattori essenziali nel giudicare la qualità di vita in un paese. Ma sarebbe un errore giudicare con eccessiva compiacenza questi dati che sottintendono profonde tendenze di lungo periodo e dovrebbero indurre a una pacata riflessione.
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davar
Qui La Spezia - Interculturalità in luce al Premio Exodus
exodusSi parla molto di interculturalità ma, in effetti, realizzarla non è così semplice, perché significa sostanzialmente mettersi in gioco, aprirsi e capire cosa possiamo condividere della nostra identità.
Il Premio Exodus 2010 ne rappresenta un esempio ben riuscito: una manifestazione promossa, ormai da dieci anni, dalla città della Spezia e patrocinata quest’anno dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Il Premio Exodus è il premio che La Spezia dona a chi si prodiga, in modi diversi, per la pace, la libertà, la collaborazione e lo scambio tra i popoli. Protagonista della sua decima edizione è stata l’iraniana e Nobel per la pace Shirin Ebadi, che vive oggi in esilio in Inghilterra. Attorno a lei e al grande tema dell’esilio sono ruotati quattro giorni di rassegne, incontri, conferenze, proiezioni, mostre, spettacoli e dibattiti. Un programma intenso che ha visto il susseguirsi di personaggi di spicco come Guido Ceronetti e Vinicio Capossela, i quali hanno affrontato, tra teatro e musica, alcuni brani della letteratura tradizionale ebraica; Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz; Rav Roberto Della Rocca, Anna Foa, Manuela Dviri Vitali Norsa, che si sono confrontati con diversi intellettuali ed esponenti di altre religioni sul problema dell’esilio e il significato che esso può assumere. Tra gli altri, anche i responsabili di due importanti festival di cultura ebraica italiana come Andrea Gottfried per Nessiah, Festival Internazionale di Musiche e Cultura Ebraica di Pisa, ed Elio Carmi e Antonio Monaco per Oy Oy Oy, Festival Internazionale di Cultura Ebraica di Casale Monferrato.
In questa occasione La Spezia diventa luogo ospitante e laboratorio di un progetto legato al binomio identità / libertà.
Ma per quale motivo La Spezia? E perché Exodus?
Perché è dal porto di questa città, conosciuta anche come Porta di Sion, che partì, ai primi di Luglio del 1947, la famosa nave Exodus, carica di profughi ebrei scampati ai lager nazisti e diretti in Palestina. Da questa base, dall’estate del 1945 alla primavera del 1948 infatti, oltre ventitremila ebrei riuscirono a lasciare clandestinamente l’Italia verso la “Terra promessa”.
Il nome di Exodus da allora significò il desiderio di giustizia per l’emigrazione ebraica. Nel nome di Exodus la città della Spezia porta nel mediterraneo l’idea della pace e della convivenza e opera tramite il Comitato Euro Mediterraneo Cultura dei Mari, presieduto dal sindaco della Spezia, per il dialogo tra i popoli.
Il 25 Aprile 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito al Comune della Spezia la medaglia d’oro al merito civile per l’aiuto prestato dalla popolazione spezzina ai profughi ebrei scampati alla seconda guerra mondiale.
All’apertura del Premio Exodus 2010  il sindaco della città, Massimo Federici (nell'immagine assieme alla vincitrice), ha affermato infatti: “Il Premio Exodus non è un evento, ma un progetto culturale sul quale la città si vuole misurare. Grazie a tutti coloro che si sono prodigati per questa iniziativa. Avere il conforto di istituzioni amiche, come la Regione, in un periodo in cui la cultura è considerata un fronzolo, è molto importante. Grazie anche allo sponsor Banco di San Giorgio, all'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, grazie a Francesca Valeria Sommovigo, la nostra giovane direttrice artistica. Un grazie speciale va ai pionieri di Exodus, a coloro che hanno riscoperto questa storia: Marco Ferrari e Adolfo Croccolo". E ancora: "Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003, rappresenta le donne di tutto il mondo che combattono ogni giorno per difendere la loro dignità. Il nostro pensiero va a chi c'è e chi non c'è più, in ogni luogo di questo pianeta. Penso a Sakineh, il caso che ha scosso i continenti e per la quale abbiamo fatto una raccolta firma. Così per l'avvocatessa di Shirin, in carcere solo per aver difeso persone davanti ad un tribunale. Exodus vuole essere proprio questo: La Spezia non si vuole rassegnare alla barbarie di questi tempi, non per un desiderio nostalgico ma semmai per guardare avanti. Quella che si sta delineando è una vera e propria internazionale del paese: non solo in Italia ma anche gli episodi recenti di xenofobia e razzismo avvenuti in Svezia e in Francia, fanno pensare".

Ilana Bahbout

Truffa al fondo per la Shoah
I falsi invalidi, i falsi braccianti agricoli, i falsi pensionati, tutto già visto e già fatto. Ma i falsi superstiti dell'Olocausto? Spacciarsi per invalido al fine di incassare un'indennità non dovuta è prassi diffusa un po' ovunque, ma farsi passare per ebreo e vittima della persecuzione nazista per truffare il governo tedesco non è da tutti. Mercoledì scorso la procura di New York ha accusato 17 persone proprio di questo. Sei di loro erano dipendenti della Conference On Jewish Material Claims Against Germany, un ente creato dal governo tedesco nel 1951 per compensare gli ebrei sopravvissuti all'Olocausto con sedi a New York, in Germania e in Israele. «Se ci sono fondi che dovrebbero essere immuni dalla frode, sono quelli creati per compensare e assistere i superstiti della persecuzione nazista», ha commentato il procuratore federale di Manhattan, Preet Bharara. Gli inquirenti hanno invece scoperto ben 5.615 pratiche fraudolente, per un valore totale di oltre 42 milioni di dollari. Sostenute da una moltitudine di drammi e disgrazie inventate. Storie di fuga sotto i bombardamenti, di sopravvivenza nelle foreste o in nascondigli di ogni genere, dagli scantinati alle stalle. Tutte frutto della fantasia degli imputati. Però meticolosamente supportate da documenti contraffatti, fotografie di persone già morte e testimonianze non vere. L'agente speciale dell'Fbi Steven Wintonick ha scoperto anche casi di vittime vere alle quali è stata invece negata l'indennità che spettava. Una di queste, dopo aver presentato una richiesta di compenso, aveva ricevuto una telefonata da Polina Breyter, un'impiegata della Conference, che l'aveva invitata a farsi aiutare nella pratica da un suo amico. Costui aveva poi avanzato  una richiesta inaspettata: ti aiuto ma per velocizzare la pratica voglio una percentuale dell'indennità che avrai. La persona aveva chiamato Breyter per dirle che non avrebbe mai accettato un ricatto del genere e questa, indispettita, aveva annunciato che avrebbe inviato la pratica in Germania affmché fossero i tedeschi a prendere la decisione finale, una"procedura del tutto anomala visto che la sede di New York della Conference aveva il compito precipuo di selezionare e approvare le pratiche. Dieci mesi dopo, non avendo avuto notizie, la superstite aveva richiamato la Breyter per sollecitare una risposta e aveva scoperto che la pratica non era mai stata inviata in Germania e che senza l'aiuto del facilitatore consigliato non sarebbe mai andata avanti. In combutta con i dipendenti della Conference c'era una mezza dozzina di persone che attraverso contatti personali o annunci su giornali in lingua russa per anni hanno setacciato la zona di Brighton Beach, un quartiere di Brooklyn popolato da ebrei russi e ucraini alla ricerca di persone a cui far presentare domanda di indennità o pensione. La maggior parte di queste erano di origine ebraica, anche se non tutte, ma non avevano i requisiti previsti per ottenere il risarcimento una tantum di 3.600 dollari o la pensione mensile di 411. A sistemare tutto con documenti contraffatti e poi approvare le pratiche ci pensavano Breyter e i suoi colleghi. In cambio, i beneficiari dovevano cedere la metà dell'indennità fraudolentemente ottenuta. Ma che succederà adesso alle migliaia di falsi superstiti scoperti? Il procuratore Bharara è stato vago. Si è limitato a dire che l'inchiesta «è tuttora in corso».

Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2010


Qui Milano - Il surreale e Internet nel libro di Schwed
pubblico“Questo libro raccoglie la migliore tradizione dell’umorismo yiddish, parla di famiglia, e ne parla in modo surreale. Avendolo seguito romanzo dopo romanzo, sin dalle sue prime pubblicazioni, considero Alessandro Schwed l’ultimo scrittore yiddish in lingua italiana”. Con queste parole Francesco Cataluccio, scrittore e critico letterario, ha introdotto la presentazione di “Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook”, ultima fatica di Alessandro Schwed, il Giga Melik della rivista satirica “Il male” negli anni Settanta. Un’opera in cui l’autore tratta tematiche sempre più centrali nella società del XXI secolo: la relazione tra la tecnologia e i rapporti umani, l’impatto del duo playstation-Facebook sulla vita degli adolescenti, la loro trasformazione improvvisa che investe i genitori, spesso incapaci di gestire la situazione. “Più che di qualsiasi altro argomento però, il mio romanzo vuole parlare dell’inadeguatezza – ha sottolineato l’autore alla libreria Centofiori di Milano – L’inadeguatezza di un padre che all’improvviso scopre nel figlio una persona che non riconosce più, un gigante con il 45 di piede. E che cerca di trovare una risposta adeguata a questa inadeguatezza, che è poi una risposta basata sull’amore che prova per lui”. Alla fine il padre, diventato anche lui un patito frequentatore dei social networks, verrà aggiunto dal figlio tra i contatti di Facebook, in un momento catartico che segna l’inizio di un nuovo dialogo tra i due, e conclude il libro. “Nei secoli passati, scrivere storie inventate era considerato contro la morale, per cui i grandi autori cercavano escamotage per rivestire i propri romanzi di una patina di verosimiglianza – ha proseguito Schwed – La verosimiglianza rimane per me una caratteristica fondamentale, perché penso che nel momento in cui io credo a quello che scrivo, ci crederà anche il lettore”. Infatti tra il pubblico, diverse persone hanno dimostrato di sentire particolarmente vicino il problema del rapporto con i figli adolescenti, nonché il modo in cui “Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook” tratta la questione. Un tema particolarmente attuale in un mondo in cui, ricordano Schwed e Cataluccio, per i ragazzi è sempre più difficile riuscire a sviluppare la propria identità come persone e non come membri di un gruppo. “Nel mio libro, il Lungo (questo è il soprannome che il padre ha dato al figlio ndr) lascia la scuola. Quello dello studio è un punto molto importante – ha evidenziato ancora Schwed – Ovviamente l’istruzione è una preoccupazione fondamentale per un genitore. Però alle volte bisogna chiedersi quanto il frequentare la scuola ci interessi perché desideriamo che i nostri figli imparino, e quanto invece diamo per scontato che vadano a scuola solo perché, a livello sistemico, si fa così. Bisogna sempre cercare di dare ai ragazzi la possibilità di diventare le persone che vogliono essere, secondo la propria personalità, seguendo la propria strada”.

Rossella Tercatin

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pilpul
Basta poco
immagineCon una scelta coerente ai temi della prima puntata di "Vieni via con me", Saviano non ha parlato delle sue radici. Da par suo, ha riacceso le luci su Borsellino, poi, in un altro segmento, dopo essersi messo una bandiera tricolore in spalla, ha parlato del Risorgimento con una passione civile sconosciuta al mondo presente e ha pronunciato il giuramento della Giovane Italia. Lo ha fatto sia in modo ponderato che con slancio, cosa che che gli fa ulteriormente onore, e abbiamo amato Roberto Saviano anche per questo, senza fare come è accaduto per settimane la grottesca contabilità della sua appartenenza spirituale. Eppure quello che vedevamo in onda in un volto bruno approfondito dai due pozzi degli occhi, era anche un ebreo italiano - il Risorgimento, una famiglia di patrioti, un retaggio sefardita. E la bolla anti-ebraica che aveva giganteggiato intorno a lui per qualche settimana, si è afflosciata come se non fosse mai esistita - oblio allo stato puro, surrealtà: come nei sogni. La morale è antichissima e oltrepassa sia l'epoca che una trasmissione davvero eccezionale, e le oltrepassa dato che riguarda il tormento così antico della vita ebraica, e la morale è infatti la solita: che basta così poco perché non ci siano problemi ebraici - è sufficiente non porli. 

Il Tizio della Sera

La cultura finiana? Per ora somiglia molto
a un catalogo di zapaterismi
Giorgio Israel In linea di principio, è apprezzabile che i finiani prestino attenzione alla cultura. Però il problema è cosa vogliono farne. Mai chiudersi, d'accordo: s'impara anche leggendo "Mein Kampf" o il "Libretto rosso" di Mao. Occorre abbattere le preclusioni ideologiche, d'accordo. Trovo magistrali le pagine di Gramsci sulla scuola, pur non condividendone la cultura politica. Considero i "Demoni" di Dostoevskij come uno dei testi più profondi sul totalitarismo pur non condividendo le visioni dell'autore. Ma attenzione. Quando Barbareschi dice che "la politica è una grande, magnifica commistione di uomini e culture" occorre intendersi. Le commistioni si fanno attorno a un progetto, altrimenti si cade nell'eclettismo, nella veste d'Arlecchino. La curiosità bibliotecaria ed enciclopedica non genera cultura politica. Il "pantheon finiano" assomiglia troppo a una collezione di figurine. Qualche esempio. Barbareschi presenta Enrico Fermi come "italiano emblematico". Fermi è stato uno dei massimi fisici del Novecento ma, con tutto il rispetto, la sua figura non indica nulla sul piano culturale. Egli fu accademico fascista e poi passò dall'altra parte. L'essenziale per lui era fare fisica, per questo sarebbe andato a casa del diavolo. Sarebbe meglio pensare a figure di scienziati intellettuali come Vito Volterra o Federigo Enriques. Ma si tratta di modelli culturali opposti. Pensando all'istruzione, Enriques è compatibile con Giovanni Gentile ma non con Maria Montessori, Volterra con nessuno dei tre. La lettura di tutti e quattro arricchisce. Mettendoli assieme, invece di una politica dell'istruzione coerente, si ottiene una deflagrazione nucleare. Non basta dire che nelle scuole vanno letti Cervantes, Proust e Mann. Sarebbe splendido. Ma l'ostacolo non è neanche il fatto che gli studenti dovrebbero prima sapere che Nino Bixio non si legge "Nino Biperio" (secondo l'ortografia degli sms). L'ostacolo è un'ideologia che svaluta i contenuti e propugna la didattica dei test e l'apprendere a "come" pensare e non "cosa" pensare. E' su queste scelte che ci si deve misurare. La cultura politica va costruita con libertà e apertura ma in funzione di precise finalità e di una visione complessiva. Viviamo in un mondo lacerato da una guerra decennale la cui posta è la sopravvivenza dell'occidente. E' assurdo fare retorica sull'accoglienza e il rispetto del diverso ignorando la minaccia del radicalismo islamico che sta dietro l'immigrazione. Ha senso aggrapparsi al multiculturalismo proprio mentre Germania e Francia lo dichiarano fallito e l'Olanda inverte la rotta? E' in gioco la distruzione di uno stato, Israele. Mentre un dirigente di Hamas dichiara che gli ebrei saranno spazzati via non solo dalla Palestina, ma dalla faccia della terra, le organizzazioni internazionali tacciono. E l'on. Bocchino motiva il voto sull'immigrazione dicendo che è conforme ai desiderata dell'Onu. Perbacco. La cinica Onu della famigerata Commissione dei diritti umani, l'Onu di Durban... Poi ci sono i problemi epocali della riproduzione e della famiglia. Anche qui, per "allinearsi agli standard europei", si tende a ridurre "la famiglia tradizionale a una mera variabile in un catalogo di desideri" (Avvenire). Peraltro, questa ideologia costruttivista si affacciò già quando fu proposto l'insegnamento dei sentimenti" a scuola. Insomma, se questa è la cultura politica che emerge dalla collezione di figurine, non soltanto non è volta al "futuro", ma fornisce l'immagine malinconica di una destra che, per rendersi accettabile, si appiattisce sui luoghi comuni consunti e fallimentari del politicamente corretto di stile zapaterista.

Giorgio Israel, Il Foglio, 11 novembre 2010

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Dialogo con ebrei prezioso per la Chiesa
Città del Vaticano, 11 novembre 2010
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“Fra ebrei e cristiani c'è un legame peculiare, un legame che non dovrebbe mai essere dimenticato”, così ha affermato Benedetto XVI . "E' bene - ha proseguito il papa - che dove se ne veda l'opportunità si creino possibilità anche pubbliche di incontro e confronto che favoriscano l'incremento della conoscenza reciproca, della stima vicendevole e della collaborazione anche nello studio stesso delle Sacre Scritture".


 
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