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23 novembre 2010 - 16 Kislev 5771
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Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,
rabbino

Tra le varie immagini che compaiono in alcuni giornali di oggi  particolarmente inquietante è quella dei bambini di Napoli che si aggirano tra cumuli di immondizie per raggiungere la loro scuola.  I problemi di inquinamento ambientale sono stati  frequente motivo di preoccupazione della tradizione rabbinica soprattutto di Maimonide (1135-1204) che nelle Hilkhòt Shekhenim, 11; 1-4 (Regole di relazioni tra vicini) codifica: ".... chi avesse costruito una latrina, o un'industria che sollevasse polvere o fumo, dovrà prendere le distanze affinché la polvere o l'odore non raggiungano il prossimo e lo danneggino...è proibito creare  fumo, polvere, odori sgradevoli e vibrazioni poiché questi causano danno alle persone.... " Il principio fondamentale che sottende a queste norme è che, quale che sia il costo, a nessuno  è consentito proteggersi  causando  danni al prossimo.
Michele
Sarfatti,
storico



Marco Morselli
La recente infedele intercessione della Rai per la beatificazione di un capo di stato straniero ha risollevato il dibattito storico sulla retata antiebraica a Roma del 16 ottobre 1943. Vorrei contribuire con due osservazioni. La prima è che una parte (minore) dei fermati era di religione cattolica. Ora, poiché essi non avrebbero dovuto essere iscritti nei registri della Comunità ebraica, si dovrebbe dedurne che perlomeno nel loro caso gli arrestatori utilizzarono elenchi “non comunitari”. In effetti all’epoca gli uffici pubblici (Comuni, Questure, ecc.) pullulavano letteralmente di elenchi di “appartenenti alla razza ebraica”. Si consideri che al CDEC possediamo un elenco (a stampa!) degli ebrei abitanti a Milano nel 1942 che reca il numero progressivo 93. Da vari anni ripeto che la questione dell’utilizzo il 16 ottobre degli “elenchi comunitari” la si può dipanare intrecciando digitalmente tutti i dati degli arrestati e dei vari elenchi noti e indagando in particolare il caso dei ‘misti’ e dei ‘battezzati’: quanti furono fermati?, furono fermati nelle residenze anagrafiche o altrove?, abitavano assieme a famigliari “ebrei puri”?, eccetera. Comunque anche per questa vicenda vale la regola aurea: ‘no ricerca?, no conoscenza!’. La seconda osservazione concerne il comportamento in quel frangente dei dirigenti laici e religiosi della Comunità ebraica romana. La quantità di anni trascorsi ci dovrebbe imporre di accantonare ogni giudizio approssimato e di dare - anche qui - il via a ricerche approfondite. Segnalo il possibile titolo di una di esse: Dante Almansi, Lelio Vittorio Valobra e Angelo Sullam cosa appresero – sia prima del 25 luglio 1943, sia durante i “quarantacinque giorni” – dello sterminio in atto e del fatto che l’ebraismo libero (in Usa, GB e Svizzera) stava premendo (toh, anche sulla Santa Sede!) perché gli ebrei italiani venissero trasferiti a sud o in Svizzera? E quindi: l’8 settembre cosa sapevano o potrebbero aver saputo? Vi sono alcune loro lettere da ricercare e esaminare in dettaglio, vi sono archivi ebraici all’estero da setacciare, … Ma per svolgere queste ricerche proficuamente, occorre da un lato essere ben consapevoli delle differenze esistenti tra un documento coevo e una testimonianza posteriore e dall’altro saper tenere a bada il semplicismo dei raggruppamenti: “il rabbinato”, “la dirigenza comunitaria”, “gli ebrei fascisti”, ecc. La storia è una disciplina molto rigida.
davar
Qui Roma - Verso un nuovo Centro di cultura ebraica
Miriam HaiunMiriam Haiun, 55 anni 2 figli, è da qualche mese al timone del Centro di Cultura Ebraica, da quando Bice Migliau, la sua direttrice storica, ha concluso il suo incarico. Ama la lettura e la cucina e considera la passione un ingrediente fondamentale per lavorare in un’istituzione ebraica insieme alla professionalità e all’apertura verso gli altri, la disponibilità a capire ciò di cui gli altri hanno bisogno. La sua esperienza e la sua conoscenza delle esigenze del Centro ha una lunga storia, che si basa su anni e anni di lavoro in questo ambito.
Miriam da quanti anni lavori al Centro di cultura, quale è stata la tua esperienza?
Lavoro al Centro di Cultura ebraica dal 1982. Avevo appena terminato i miei studi presso l’Università di Gerusalemme, quando ho saputo da un amica di Roma (io vivevo a Milano) che la Comunità ebraica di Roma cercava persone da inserire all’interno del Centro di Cultura Ebraica. Ho fatto il colloquio e ho iniziato a lavorare al Centro prima come borsista e nel 1984 sono stata assunta come responsabile dei programmi. Questi anni di lavoro al Centro sono stati un’esperienza molto interessante e formativa. Mi sono occupata non solo dell’organizzazione dei programmi e degli eventi a cui il Centro ha partecipato ma ho seguito anche alcuni progetti specifici che mi hanno permesso di sviluppare tutta una serie di contatti con Enti ebraici e con associazioni e istituzioni culturali nazionali e locali che mi hanno aiutata a conoscere meglio l’ambiente culturale ebraico e cittadino.
Quali sono i tuoi progetti per il centro di cultura, come vorresti cambiarlo, quale è la missione di un organo come questo?
Il Centro di Cultura ha da sempre proposto programmi culturali di livello espressi in forma divulgativa in modo da coinvolgere ampie fasce di popolazione comunitaria. In questa nuova fase che coincide con il cambiamento di sede e con la nuova direzione cercheremo nuove forme di aggregazione che rispondano alle esigenze differenziate che si vanno configurando all’interno della nostra Comunità. La Comunità è cresciuta come richiesta di servizi sempre più qualificati e rispondenti a esigenze specifiche. Per il Centro è molto importante essere più vicino ai problemi e ai bisogni comunitari: cercheremo di seguire con più attenzione i cambiamenti sociologici all’interno della Comunità per mettere a punto programmi specifici per particolari fasce di utenza che partecipano meno alla vita comunitaria, studiando anche la possibilità di organizzare le attività in loco (Le Palme, Tempio di Ostia, case private) e riflettere sul fenomeno degli “ebrei invisibili” e su come poter riavvicinare quelli che si allontanano.
In questo contesto sarà molto importante creare una forte sinergia e comunicazione tra i vari settori comunitari per meglio affrontare quelli che sono i bisogni e le esigenze comunitarie del momento e per meglio utilizzare le potenzialità e le risorse di ogni singolo servizio comunitario.
Un progetto di notevole importanza e impegno a cui il Centro lavorerà in questo anno (2010-11) è la realizzazione di una Banca della Memoria Ebraica. Progetto web destinato alla raccolta, alla classificazione e alla diffusione delle esperienze di vita e dei ricordi delle persone nate prima del 1940. Il progetto ha l’obiettivo di conservare la memoria della nostra Comunità fatta di piccole e grandi storie individuali e collettive. La Banca della Memoria vuole essere un deposito gratuito di testimonianze dalla viva voce delle persone. Le persone sono videoregistrate per mantenere inalterato il messaggio originale. L’intenzione è quella di raccogliere testimonianze di persone di tutti gli strati socio-culturali per comporre un quadro della realtà comunitaria, un lascito per le nuove generazioni.
Credo che la realizzazione di questo progetto sia un importante contributo a una maggiore aggregazione comunitaria in quanto i ricordi del singolo diventano memoria collettiva e potrebbe essere importante anche per raccogliere le testimonianze e i ricordi della comunità libica.
Che cosa hai raccolto dalla esperienza della direzione precedente di Bice Migliau cosa vorresti conservare?
Sicuramente vanno rinforzate quelle che sono le linee guida dell’attività del Centro:
- Fornire al pubblico comunitario gli strumenti di base per il consolidamento e l’arricchimento della propria identità culturale attraverso corsi su argomenti di base.
- Incontri volti a stimolare il confronto tra le realtà ebraiche differenti sia con le altre Comunità italiane sia all’interno della nostra.
- Promuovere il recupero delle tradizioni ebraiche romane come elemento di aggregazione nella famiglia e nella comunità attraverso la valorizzazione e la riscoperta del patrimonio culturale specifico dell’ebraismo romano: riti, usi, tradizioni, folklore, musica dialetto, cucina, ecc.
Come è composto il tuo staff
Lo staff del Centro è composto da due persone: Wally Debach, che si occupa della biblioteca, e io.
Abbiamo dei volontari che ci vengono a dare una mano per le spedizioni dei programmi e per la catalogazione dei libri.
Il centro di cultura ha cambiato sede, dall’ufficio nel Pitigliani al cuore del ghetto e con una libreria annessa, come può influenzare il tuo lavoro tutto questo?
L’attuale cambio di sede è un elemento che ci ha molto aiutato in quanto in questo nuovo spazio nel cuore del quartiere ebraico siamo diventati “visibili”. Molte persone si fermano per curiosare, fanno domande sul Centro e chiedono di essere informati sulle prossime attività. Avere l’ufficio che si apre su strada ci avvicina alla gente.

Lucilla Efrati

Un nuovo Consiglio per la European Maccabi Federation
emcSi è concluso con un risultato molto positivo per la delegazione italiana il Congresso della European Maccabi Federation svoltosi negli scorsi giorni a Vienna nel corso del quale sono state rinnovate le cariche consiliari e sono state operate alcune modifiche allo statuto che regola la federazione. Coopereranno infatti in prima persona con il presidente neoletto Motti Tichauer (candidato della federazione tedesca che succede all’inglese Stuart Lustigman e che ha ottenuto più voti degli altri due aspiranti alla carica Stuart Greenberg e Jozsef Horvath) e con il nuovo Consiglio esecutivo sia la vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti che è stata confermata nel ruolo di responsabile del programma educativo sia il presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello a cui è stata assegnata la delega di responsabile delle pubbliche relazioni, special advisor e auditor della federazione. Al congresso viennese hanno partecipato delegati in rappresentanza delle 36 federazioni nazionali affiliate alla European Maccabi Federation e delegati israeliani e americani in qualità di membri della Maccabi World Union. Alla serata di gala inaugurale erano presenti numerosi leader ebraici, il sindaco di Vienna, il presidente del Parlamento e l’ambasciatore israeliano in Austria. Tra le sfide principali che il nuovo Consiglio dovrà affrontare nel breve periodo spicca l’appuntamento dei Giochi Europei Maccabi che nel luglio prossimo porteranno nella capitale austriaca migliaia di atleti ebrei provenienti da tutta Europa. Nel corso dei lavori congressuali i delegati hanno potuto visitare gli impianti sportivi e gli alberghi coinvolti nella manifestazione.

Adam Smulevich

Generazione Olamot: scambio culturale Italia  Israele
lugo nazaret“Generazione Olamot”, questo il nome del progetto di scambio culturale realizzato fra le scuole di Lugo di Romagna e quelle di Nazaret Illit, in Israele. “Fra i pochissimi progetti di questo genere, è stato assunto quale progetto pilota nell’ambito degli accordi che si stanno per rettificare fra Italia e Israele riguardo agli scambi giovanili”, ha commentato una delle responsabili dell’iniziativa, l'insegnante Silvia Golfera.
“Questo progetto di cui si sono fatti promotori l’amministrazione della città di Lugo e l’ambasciata italiana a Tel Aviv - ha raccontato ancora la professoressa Golfera -, è nato dal desiderio di alcuni insegnanti che, dopo aver frequentato i seminari sulla didattica della Shoah, organizzati dallo Yad Vashem, hanno avvertito la necessità di aprire una finestra su una cultura ebraica viva e fertile, poliedrica e variegata. Insomma su Israele. Questo desiderio è stato accolto dalla dottoressa Yael Lifshitz, che dirige a Nazaret Ilit l’associazione Olamot (mondi), che ha come scopo quello di realizzare percorsi educativi relativi alla cultura e all’identità ebraica. E così, grazie anche all’impegno della dottoressa Simonetta Della Seta, addetto culturale all’ambasciata, è partito il progetto di scambio, che abbiamo battezzato col nome di ‘Generazione Olamot’”.
Pochi giorni fa la splendida iniziativa si è conclusa e Silvia Golfera, anche per fornire un’idea della riuscita dell’iniziativa, ci ha raccontato più in dettaglio lo svolgimento dell’ultima giornata trascorsa in Israele: “Sta per concludersi la nostra visita a Nazareth Ilit: per una settimana siamo stati ospiti di famiglie israeliane. Che a nostra volta accoglieremo, come prevede il progetto di scambio che abbiamo avviato fra Lugo e Nazaret Ilit. La mattina ci siamo riuniti tutti, dieci insegnati e undici studenti delle scuole di Lugo, nella biblioteca del liceo Alon, assieme agli ospiti israeliani. Seduti in cerchio, ognuno aveva il compito di sintetizzare in una parola la propria esperienza: amicizia, fratellanza, calore, gentilezza, conoscenza, amore, speranza di pace, sababa (slang ebraico che sta per‘tutto okey’), emozione, ricchezza, fantastico, sono queste le parole uscite dalla bocca dei ragazzi.
L’ultima immagine di Nazareth Ilit,  una piccola città di edifici bianchi e spartani sparpagliati su una collina, le strade larghe e il centro commerciale, è stata quella di un gruppo di ragazzi del liceo, che inseguivano il pullman, sventolando le braccia, o una sciarpa, nel disperato tentativo di trattenere qualcuno che forse si perderà per sempre. Uri, un ragazzo magro e dal viso affilato, la testa sottile che fa sembrare grandi le orecchie, si è fermato sulla curva dove abbiamo girato. Ha abbassato le braccia, ma non se ne è andato. Immobile finché è scomparso dalla nostra vista. Allora ho capito che questa esperienza è riuscita. Quello che volevo, che volevano tutti coloro con cui ho lavorato era  far atterrare i nostri ragazzi su questa terra così contesa e difficile, un luogo in cui vengono ad addensarsi tutte le contraddizioni del pianeta, per cercare di guardarlo con gli occhi dei coetanei che vivono qui, si è realizzato”.
Un progetto ambizioso che vorrebbe contribuire a formare una nuova generazione di giovani aperti alle ardue sfide del presente, consapevoli del passato, ma proiettati verso un futuro che spetta anche a loro costruire, il nostro auspicio è che questa esperienza sia solo l'inizio di una lunga serie di incontri stimolanti come questo.

Leggi il commento sull'esperienza di uno dei ragazzi, Edoardo Galletti, studente dell’ITIS Marconi, di Lugo di Romagna

pilpul
Un referendum ingannevole
Tobia ZeviHa fatto discutere in Israele l’approvazione di una legge che impone il referendum per qualunque cessione territoriale futura. In pratica nessun governante israeliano potrà più dare «territori in cambio di pace» senza chiedere il parere dei cittadini.
Personalmente ritengo che questa legge, più che un ostacolo alla pace, sia una «truffa» politica: come spesso si afferma, anche in Israele i cittadini sono assai più evoluti della classe politica che hanno eletto. Parlando con la stragrande maggioranza degli israeliani, ci si convince che l’idea di un accordo di pace sia talmente diffusa da non essere più fonte di dibattito. Ci si divide, com’è naturale, su tutto il resto: chi sono gli interlocutori affidabili (se ci sono), cosa non può essere assolutamente reso, quale sia il ruolo degli USA, ecc. Ma sostanzialmente nessuno è contrario a una trattativa per raggiungere lo scopo.
In questo contesto i politici sono nell’impasse più assoluta. Netanyahu è ostaggio di una destra oltranzista (religiosa e laica) e di un partito laburista ormai ridotto alla caricatura di sé stesso, praticamente utile solo a mantenere lo scranno della Difesa per il suo segretario. I partiti che hanno la golden share sul governo hanno ottenuto questa misura per rendere più efficace il loro ricatto verso gli alleati e le opinioni pubbliche occidentali: noi abbiamo la pistola carica sul tavolo, se ci fate sgarbi noi organizziamo il referendum e vi dimostriamo che gli israeliani vogliono tenere Gerusalemme, il Golan, e magari anche tutti i territori della Cisgiordania.
Ma il referendum è uno strumento delicato, non sempre veritiero. Come insegnano i Maestri, o gli scrittori, o i sondaggisti, ciò che conta è come la domanda viene posta, e chi la sostiene. Chi metterebbe una croce sul sì alla domanda «Sei d’accordo a cedere parte di Gerusalemme all’Autorità nazionale palestinese»? Probabilmente pochissimi. Ma chi risponderebbe no al quesito «In vista di un accordo di pace sei disposto a un accordo territoriale»? Di nuovo, quasi nessuno. È per questo che un’arma come il referendum in presenza di una classe politica trasversalmente screditata rischia di rivelarsi solamente un inganno…

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

Qui Torino - "Un plauso agli organizzatori"
dario calimaniA Torino, domenica scorsa, un gruppo di iscritti alla Comunità ha organizzato un convegno su “Quali rabbini nel nostro domani?”. Relatori di rilievo, da Rav Alfonso Arbib a Rav Riccardo Di segni, da Amos Luzzatto a Maurizio Piperno. Si è parlato di rabbinato, di Comunità, di ghiurim e di cultura. Ma il fatto di maggior rilievo, a parere del sottoscritto che vi ha partecipato, è il risveglio sorprendente che si sta verificando all’interno di quella Comunità. Una comunità che, fino a qualche anno fa, è stata capofila culturale e politica di un ebraismo illuminato, sensibile ai problemi culturali, politici e sociali. Una comunità che ha fatto da segnapista vivace per l’insieme delle altre comunità italiane, e che ha aperto e sostenuto dibattiti anche delicati e fondamentali. Poi, e da qualche anno ormai, Torino è scomparsa, si è avvolta a spirale in una controversia che l’ha divisa e ne ha devastato ogni potenziale culturale. Nelle piccole comunità, ne abbiamo sentito la mancanza, e ne abbiamo sofferto l’assenza. La divisione, purtroppo, non è ancora stata sanata, ma domenica a Torino le oltre 160 persone presenti al dibattito e tutti coloro che vi hanno partecipato hanno affermato la volontà non solo di riprendere in mano le proprie sorti, ma anche di riprendere con il resto dell’ebraismo italiano un dibattito che che era stato sospeso, con danno gravissimo di tutti. Credo che l’evento di Torino e il successo che lo ha accompagnato siano da segnalare, al di fuori di polemiche e contrasti, con il dovuto risalto, magari per esportarli. È una boccata d’aria che molte comunità attendevano da un pezzo. Su questa strada, ora, si può sperare che riprenda il dialogo. Un plauso agli organizzatori.

Dario Calimani, Consigliere Ucei

notizieflash   rassegna stampa

Frattini,  certezza reciproca con Israele

 
Leggi la rassegna

Il ministro degli Esteri Franco Frattini aprendo a Tel Aviv il 'Foro italo-israeliano della scienza', appuntamento di apertura della seconda di tre giornate di una visita in corso in Israele e nei Territori palestinesi  ha dichiarato: "La chiave del nostro successo è la fiducia reciproca..."
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La Knesset ha approvato in via definitiva la legge che richiede un referendum o una maggioranza qualificata per la cessione di territori annessi allo stato, come il Golan o Gerusalemme ma non Giudea e Samaria: è un paletto democratico significativo rispetto alle trattative con Siria e Palestinesi ...   »

Ugo Volli

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