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30 novembre
2010 - 23 Kislev 5771 |
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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In un
convegno sul rapporto tra Scienza e Religioni, spiegando alcuni punti
di vista della tradizione ebraica, ho fatto presente come la tecnologia
abbia permesso, tra i suoi tanti benefici, lo sviluppo dello studio
della Torah, della sua diffusione e della sua osservanza. Tutto dipende
dal tipo di rapporto che una persona instaura con la scienza e i suoi
strumenti. Uno dei rischi principali è quando i mezzi si trasformano in
fini, così che il potere delle macchine prende il sopravvento su quello
stesso uomo che le ha costruite. Lo shabbat, con il suo pieno recupero
di una dimensione umana, costituisce la più autentica sfida a convivere
con altri uomini e restare liberi e a come vivere con le cose e restare
indipendenti, non permettendo che alcuni oggetti si trasformino in una
sorta di golem incontrollabili. Pensiamo a quanto è terapeutico
trascorrere 25 ore della settimana con il cellulare disattivato!
Curioso che nella lingua italiana, il cellulare, quell’oggetto che più
di ogni altro ci ha completamente irretiti, indica anche quel furgone
nel quale le forze dell’ordine trasportano le persone in stato di
prigionia!
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Vittorio
Dan
Segre,
pensionato
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Meglio fare pace col passato che rovinarsi lottando con il presente.
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Wikileaks - Netanyahu: "Posizione di Israele
più forte"
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Wikileaks continua a tenere
col fiato sospeso governanti, politici e cittadini comuni. Di ora in
ora le rivelazioni sulla classe politica internazionale si
arricchiscono infatti di dettagli imbarazzanti che suscitano reazioni
più o meno forti da parte dei diretti interessanti. Tra i temi
dibattuti più intercettati dagli hacker di Wikileaks spicca la
questione mediorientale con i suoi mille e intricati risvolti che vanno
dal processo di pace israelo-palestinese ai rischi della corsa al
nucleare iraniano. Il quadro che sta emergendo con la pubblicazione dei
file divulgati dagli uomini di Assange apre a scenari nuovi per il
Medio Oriente tra cui una singolare alleanza che vede Israele
e mondo arabo sullo stesso fronte in chiave anti-iraniana e sminuisce i
timori dei politici israeliani che immaginavano una cattiva
connotazione del paese e delle sue istituzioni. Netanyahu si è beccato
la non certo piacevole etichetta di “leader elegante che non mantiene
le promesse” ma se paragonata alle rivelazioni ben più sgradevoli che
interessano altri potenti, la sua figura non ha subito particolari
ripercussioni negative. Lo stesso Netanyahu è intervenuto nelle scorse
ore in occasione dell’incontro annuale degli editori israeliani
rassicurando politici e cittadini su eventuali polveroni
mediatici causati dai file di Wikileaks e anzi
sottolineando come l'immagine dello Stato di Israele ne esca
rafforzata. “I documenti segreti finora pubblicati da Wikileaks - ha
detto il primo ministro israeliano - non avranno ripercussioni sul
nostro paese e sui suoi politici perché la differenza tra quello che i
politici israeliani affermano nelle discussioni private con la
diplomazia statunitense e quello che dicono alla popolazione è minima”.
Netanyahu ha poi sottolineato come in altre situazioni il gap si sia
rivelato di gran lunga maggiore riferendosi in particolare ai leader di
alcuni paesi dell’area mediorientale che hanno dimostrato una linea di
pensiero pubblica e privata molto discordante sulla questione iraniana.
Emblematico secondo Netanyahu il caso di quei governi che pubblicamente
si appigliano al conflitto israelo-palestinese per giustificare
l’ostilità iraniana e che in privato invece incitano gli Stati Uniti ad
attaccare Ahmadinejad. Grazie ai file divulgati da Wikileaks ad esempio
è adesso di dominio pubblico il fatto che il re saudita
Abdallah abbia più volte chiesto agli americani di
“tagliare la testa al serpente” ponendo fine al suo programma nucleare
e che le preoccupazioni di Abdallah siano condivise dal re Hamad del
Bahrain (“Questo programma deve essere fermato, il pericolo di
lasciarlo andare avanti è maggiore rispetto al pericolo di
arrestarlo”), dal ministro della Difesa degli Emirati arabi che
paragona Ahmadinehad a Hitler, dal leader yemenita Abdullah Saleh che
non ha nascosto il suo timore per una possibile espansione militare
dell’Iran e da molti altri governanti e regnanti arabi. “Adesso il mio
auspicio - ha concluso Netanyahu esortando i leader dei paesi del Medio
Oriente ad esprimersi pubblicamente sull'Iran - è che il
teorema secondo cui Israele è un ostacolo alla pace possa venire meno e
che si riesca a dimostrare che gli interessi nostri e di molti paesi
arabi possono coincidere”.
Adam Smulevich
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Talmud - Un testo che
incoraggia domande e contestazioni
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L’ebraismo si poggia su due
grandi colonne: la Bibbia e il Talmud. In realtà sono da considerare un
tutt’uno, perché il Talmud è, in un certo senso, l’interpretazione
della Torah, è la Torah orale che accompagna la Torah scritta. Ma
mentre la Bibbia è diventata patrimonio dell’umanità intera, tradotta
in centinaia di lingue e considerata sacra da centinaia di milioni di
persone, il Talmud, invece, è rimasto un testo esclusivo del popolo
ebraico e le sue traduzioni integrali non sono più di due o tre. Per
molti aspetti il Talmud è l’opera più importante della cultura ebraica,
perché è quella che più la caratterizza. Si tratta di un testo
religioso, giuridico, scientifico, filosofico, letterario, esegetico,
omiletico ecc. che risale, nei suoi strati più antichi, a circa duemila
anni fa. Il Talmud è un gigantesco inno all’uso della ragione. Così è
descritto da David Del Vecchio: “Il messaggio legislativo biblico è
sviluppato e interpretato dal Talmud con parametri razionali, in
vertiginoso turbinio di analisi e sintesi, analogie, sillogismi e
deduzioni che costituiscono una piramide logica…” (in Il grande seduto,
di G. Limentani, Adelphi 1979).
Il Talmud consiste nella raccolta di insegnamenti dei Maestri
dell’ebraismo che copre un arco di sei secoli, fino al V secolo. Si
suddivide in Mishnah e Ghemarà. La Mishnah (lett. “ripetizione”), si
compone di sei Ordini e ciascuno ordine è diviso in trattati per un
totale di 63. È anche chiamata Torah Orale perché fu trasmessa dapprima
oralmente da Maestro ad allievo e poi messa per iscritto alla fine del
secondo secolo da rabbi Yehudah Hanasì. Lo studio della Mishnah nelle
Accademie (yeshivoth, pl. di yeshivah) della terra d’Israele e di
Babilonia produsse la Ghemarà. L’insieme della Mishnah e della Ghemarà
costituisce il Talmud (sia Ghemarà che Talmud significano “studio”, il
primo termine in aramaico, la lingua parlata dagli ebrei dell’epoca, il
secondo in ebraico).
Si hanno due redazioni del Talmud: il Talmud Babilonese (prodotto nelle
yeshivoth babilonesi), redatto nel V secolo, e il Talmud di
Gerusalemme, redatto nella Terra d’Israele nel IV secolo. Uniti
ammontano a quasi 30 volumi di dimensioni enciclopediche. Il Talmud
Babilonese è quello più ampio e, per questo motivo e per essere
posteriore, è considerato più autorevole. È anche quello maggiormente
studiato nelle yeshivoth contemporanee in tutto il mondo. Il Talmud è
talmente vasto che non a caso viene chiamato il “mare del Talmud”. È
difficile trovare un argomento, attuale o meno, che non sia in esso
affrontato estesamente o almeno per allusioni. Ad esempio, ci sono
riferimenti utili per le discussioni di bioetica dei giorni nostri.
Trattando del problema della definizione dell’inizio della vita, nel
Talmud si afferma che l’embrione fino a quaranta giorni dal
concepimento è come se fosse “semplice acqua” e quindi non è una
“persona”. Da qui deriva la decisione che, per quanto l’aborto sia
vietato, non è considerato un omicidio.
Il Talmud non è un’opera unitaria ma è una raccolta di detti di molti
Maestri diversi, esposti nel corso di varie generazioni, quasi sempre
in contrasto l’uno con l’altro. Il Talmud, in effetti, è la
registrazione delle discussioni fra gli studiosi, che cercano di
arrivare alla comprensione del significato, l’origine e l’applicabilità
degli insegnamenti della Bibbia, in particolare della Torah, e della
Mishnah. Il modo con cui la discussione procede è quello delle domande
e delle risposte, delle obiezioni e dei tentativi di risolvere le
difficoltà, a volte riusciti a volte no. Spesso le domande non hanno
una risposta conclusiva: ma le risposte sono meno importanti delle
domande. Scrive Rav Adin Steinsaltz, uno dei massimi studiosi e
divulgatori del Talmud dei nostri giorni: “Dopo che ha assimilato il
testo talmudico, lo studente è tenuto a formulare – a se stesso o ad
altri – domande sul materiale studiato, a sollevare dubbi, ad avanzare
riserve: e questo è il metodo di studio. Da questo punto di vista il
Talmud è forse l’unico libro sacro in qualsiasi cultura al mondo che
consente e perfino incoraggia domande e contestazioni da parte di
quegli stessi che gli attribuiscono il carattere di santità” (Cos’è il
Talmùd, Giuntina 2004, p. 22).
Il Talmud ha una complessa stratificazione. È intenzionalmente redatto
in maniera sintetica, criptica, di difficile comprensione. La lingua è
in parte l’ebraico (per i detti che risalgono all’epoca della Mishnah)
ma la maggior parte del Talmud è in aramaico. Il testo, come tutti
quelli post-biblici non-liturgici, non è vocalizzato, e ciò ne rende
difficile la lettura e la comprensione. Non ci sono quasi segni
d’interpunzione, per cui è difficile sapere dove inizia e finisce una
frase o capire se una certa espressione va intesa in senso affermativo,
interrogativo o esclamativo. Per questo è indispensabile la presenza di
un maestro o dei commentatori come Rashì, senza i quali sarebbe
praticamente impossibile capire il Talmud. Il Talmud è un testo che va
studiato, non semplicemente letto. Ma l’impostazione dello studio è
diversa da quella di una lezione universitaria: da secoli nelle
yeshivoth gli allievi si dividono in coppie, che cercano autonomamente
di capire e indagare i significati del testo talmudico del giorno. Ogni
membro della coppia è chiamato “chevruta” (compagno). Dopo questa fase
per così dire preparatoria, tutti gli studenti si riuniscono per
ascoltare la lezione generale del Rosh Yeshivah, il capo
dell’accademia. Lo studio del Talmud dunque si compone sia di un lavoro
autonomo dell’allievo sia della classica lezione frontale. Il pregio di
questo metodo è che in questa maniera si arriva meglio alla
comprensione del testo, lo si ricorda meglio; lo sforzo, la fatica
aiutano a capire e memorizzare i brani.
Il Talmud fu spesso osteggiato dal mondo non ebraico in passato, con
motivazioni pretestuose, al punto che fu messo al rogo più volte, come
avvenne a Roma a Campo de’ Fiori nell’anno 1553 per decreto di Papa
Giulio III. Migliaia furono i volumi di Talmud bruciati in tutta
Italia. Gli ebrei italiani dell’epoca, però, si ingegnarono.
Districarono dal Talmud gli argomenti legali da quelli di altro genere
e stamparono due nuove opere con diversi nomi. Studiando l’una e
l’altra, poterono ricostituire il Talmud quasi nella sua interezza.
Tuttavia, un notevole danno culturale fu inferto agli ebrei italiani.
Lo studio del Talmud divenne estremamente difficoltoso (oltre che
pericoloso) e di conseguenza anche lo studio della Halakhàh, la
normativa legale ebraica che si basa principalmente sul Talmud, come
anche lo studio della filosofia ebraica ebbe a risentirne. Secondo Rav
Steinsaltz, i roghi del Talmud diedero l’avvio alla “decadenza della
cultura ebraica italiana, da cui in effetti non si è più ripresa. È
questo un emblematico caso storico che dimostra come un nucleo ebraico
che non studia e non si occupa di Talmùd è destinato al declino
spirituale” (ivi, pp. 115-116).
rav
Gianfranco Di Segni, Pagine Ebraiche, dicembre 2010
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Qui Kibbutz Sasa - A pieni polmoni
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Da Conegliano Veneto alla
Galilea. Un incontro con la natura con le cose semplici e forse per
questo dotate di un valore più alto. Un'esperienza di vita. Dana Saadi, figlia di un israeliano
della tribù beduina di Bosmat Tivon, che venti anni fa è andato a
studiare a Padova e ha scelto di
costruire lì la sua famiglia. Un percorso a ritroso rispetto a quello
paterno ha portato, circa un mese fa, sua figlia, diciannovenne, a
tornare in Israele. Ma non ha scelto la capitale dei giovani, Tel Aviv,
per farlo. Ha scelto un kibbutz, il Kibbutz Sasa, aggregandosi così al
gruppo volontari di Beresheet LaShalom. Ecco qualche estratto dal suo diario.
“Sono in
Israele da sola, senza i miei genitori, mia sorella, i miei migliori
amici, il mio gruppo di danza. Allo stesso tempo però è come se avessi
mille famiglie e fossi figlia e sorella di tutti.
Le mie guide
dell’ultimo seminario sull’educazione alla natura, Edna Angelica e
Yehuda nel kibbutz a Sasa insieme a tutti i responsabili, i miei
compagni che in poco tempo mi hanno fatto sentire protetta e voluta
bene.
Durante
questo mese sono state tantissime le persone che mi hanno detto: 'Ma tu
cosa sei venuta a fare fin qui da sola?','Ma allora sei tu
quell’italiana? Ma sei grande! Hai un coraggio e una forza
indescrivibili!', 'Ma hai mollato tutto e sei venuta da sola? Come
mai?'.
Questo delle
volte mi fa pensare: 'Ma alla fine l’ho fatto davvero?'
Eh si, è
tutto reale.
Quest’anno
ho finito le scuole superiori e credo che alla fine di qualsiasi
percorso ci siano infinite possibilità. La maggior parte dei ragazzi in
Italia, dopo la maturità sceglie di continuare a studiare
all’università,oppure di andare a lavorare.
Io non
volevo fare nulla di tutto ciò, sentivo che qualsiasi di queste scelte
sarebbe stata forzata e priva del giusto entusiasmo, che solitamente mi
guida verso la decisione migliore.
Nel
frattempo una mattina di luglio, ricevo una telefonata da mia sorella,
la quale si trovava in Israele con mio papà: 'Dana, non ci crederai
mai, abbiamo trovato un posto che sembra creato apposta per te!Venuto
dal cielo!' Così ha cominciato a raccontarmi e a descrivermi il
progetto Beresheet LaShalom, arabi ed ebrei insieme, sul monte
Meron, a stretto contatto con la natura, uniti da un progetto
artistico-teatrale capace di mettere d’accordo chiunque e permette di
far comunicare diverse mentalità, lingue, tradizioni e origini fra loro.
Inoltre con
la possibilità di aiutare molti bambini presso le scuole, perfezionare
l’arabo e finalmente imparare l’ebraico! Poter realizzare così
tanti sogni in un anno! Non mi sembrava vero! Così non ho esitato.
Sono felice
di essere riuscita ad arrivare dove volevo,certo ho ancora un anno
intero davanti, ma ho un mese alle spalle, e spero le difficoltà più
grandi.
In questo
mese ho imparato che l’essere umano può davvero provare un numero
infinito di emozioni, tutte con sfumature diverse.
Appena
arrivata avevo una carica e una voglia di cominciare davvero grandi,
non vedevo l’ora di conoscere i compagni con i quali avrei vissuto per
un anno.
Era come se
avessi ancora tutto il fiato nei polmoni, prima di fare una corsa.
Cominciata
la prima settimana in kibbutz a Sasa ero affascinata dalla natura nella
quale eravamo immersi e da come in così poco tempo si era creato un bel
rapporto con i compagni".
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l'Unione in forma -
Sacronimo
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TALMUD: Tradizioni, Analisi, Lezioni, Massime, Usanze e
Dottrine da Trattare, Approfondire, Leggere, Meditare e Utilizzare
Diligentemente.
Resh
Nullius
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Nuovi italiani
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Un’associazione di stranieri
residenti in Italia («Nuovi italiani») ha lanciato una colletta in
favore della Società Dante Aligheri e dell’Accademia della Crusca, le
principali tra le istituzioni che tutelano e diffondono la lingua
italiana. La Dante - i cui omologhi internazionali sono British
council, Alliance française, Goethe Institut, Cervantes - è presente in
decine di paesi con oltre 400 comitati e organizza migliaia di corsi
che contribuiscono alla fama del nostro paese nel mondo. La lingua
italiana, affermano i promotori, è «quel meraviglioso collante che ci
unisce al di là delle differenze delle nostre origini, fede, credo...».
L’iniziativa, meritoria e indubbiamente efficace sul piano della
comunicazione, si è resa necessaria per i tagli drammatici previsti
nella Finanziaria. Il Bilancio dell’istituzione è stato ridotto di
oltre il 50 per cento, pregiudicandone probabilmente l’esistenza
futura. Innanzi tutto occorre sottolineare che senza investimenti in
questo settore un paese non può immaginare il proprio futuro.
L’italiano è oggi la quinta lingua più studiata al mondo, e la
curiosità nei confronti del Belpaese è in crescita costante. Questo
prestigio è dovuto in massima parte alla vitalità di alcuni settori,
quali la moda, l’eno-gastronomico, il design. Al tempo stesso,
tuttavia, siamo un paese che rischia di perdere le carrozze di testa:
ciò significa, per esempio, che le istituzioni europee escludono con
frequenza sempre maggiore la nostra lingua dagli idiomi ufficiali, e
che il numero di studenti e ricercatori qualificati che scelgono le
università italiane è il più basso tra i paesi sviluppati.
Questa situazione ha due conseguenze: un paese che non crede in se
stesso fa un bel parlare di integrazione, cittadinanza a punti, test
d’italiano per stranieri, valori comuni, ma non può essere ritenuto
affidabile. Lo straniero che viene qui non sarà portato a cercare di
diventare veramente italiano se questo non comporta un aumento di
prestigio, di status, di valore. Inoltre, questa situazione è,
indirettamente, una delle cause maggiori di spopolamento delle comunità
ebraiche italiane. I giovani che sentono di non poter costruire il
proprio futuro qui emigrano verso luoghi più in grado di accoglierli e
favorire il loro percorso di crescita e di vita. Una scelta spesso
obbligata ma esiziale per il futuro dell’ebraismo italiano.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas
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notizieflash |
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rassegna
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Qui
Firenze - Un monumento
per i deportati fiorentini
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Sono giorni molto attivi sul fronte della Memoria. Spettacoli teatrali,
cerimonie solenni, petizioni e iniziative di vario genere coinvolgono
direttamente la Comunità ebraica di Firenze. Tra i progetti più
significativi in cantiere la prossima realizzazione di un monumento
alla memoria dei deportati... »
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Il
giorno dopo le rivelazioni di Wikileaks c’è consenso sul fatto che esse
rafforzino la posizione israeliana. La rivelazione che Israele abbia
consultato l’Autorità palestinese e l’Egitto prima di “Piombo fuso”, il
fatto che l’Arabia Saudita abbia chiesto con insistenza un intervento
americano contro l’Iran... »
Ugo
Volli
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italiano |
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Dafdaf
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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