Hanno
inizio questo pomeriggio a Roma i lavori del VI Congresso dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane. Ottantasette delegati nominati dalle
21 comunità ebraiche italiane ed eletti dagli ebrei italiani si
confronteranno fino al prossimo mercoledì sul progetto di riforma dello
Statuto dell'ebraismo italiano e sui grandi temi che riguardano il
futuro della minoranza ebraica in Italia. Domani il Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano assisterà alla prolusione della
storica Anna Foa su Gli ebrei e i 150 anni dell’Unità d’Italia, un
approfondimento dell’importante ruolo avuto dalla minoranza ebraica
nella realizzazione dell’unità nazionale, della quale nel 2011 si
celebrano i centocinquanta anni. Il giornale dell'ebraismo
italiano Pagine Ebraiche, nel suo numero di dicembre, attualmente in
distribuzione, pubblica molti contributi dedicati ai temi congressuali.
Questo notiziario quotidiano offrirà al lettore nelle prossime ore
informazioni e aggiornamenti sui lavori.
La posta in gioco
Questo scritto giunge nelle mani dei lettori mentre è in
corso il Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Molti
si augurano, certamente, che non si trasformi in una Torre di Babele.
Eppure, leggendo un interessante articolo del rav Jonathan Sacks,
risulta evidente che di quell’episodio è possibile una nuova e diversa
lettura. L’interpretazione originaria di una punizione collettiva
inflitta a tutti gli uomini a causa della loro arroganza, non ne
esclude una di segno diverso. La divisione in gruppi, con culture e
lingue differenti, non sarebbe da considerare esclusivamente una
punizione, ma anche la naturale conseguenza del passaggio dell’umanità
da una condizione primitiva, monolitica, ad una più matura, più
evoluta, più articolata, nella quale coesistono linguaggi e ideologie
diverse. Sarebbe il presupposto e il principio della differenziazione e
della convivenza tra popoli, ideologie e religioni. Se dovesse
prevalere questa nuova interpretazione, fermo restando l’obiettivo di
mantenere l’ebraismo italiano unito, solidale e coerente con i propri
valori, si dovrebbe rettificare l’augurio iniziale e si dovrebbe
esprimere la speranza che nel corso del Congresso si sprigioni tutto il
potenziale e la ricchezza intellettuale dei partecipanti. Se l’ingegno,
la creatività, il pensiero non trovassero la possibilità di emergere e
di manifestarsi, morirebbero per soffocamento. E le comunità si
troverebbero ad affrontare il futuro più deboli e più povere.
Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Messaggi in bottiglia (e avvisi ai naviganti)
Partecipare
a un congresso destinato a definire il futuro dell’ebraismo italiano
non è un’impresa facile. Contribuire con idee e spunti di riflessione
dall’esterno al lavoro dei delegati, senza cadere nel paternalismo o
nelle raccomandazioni generiche, può rivelarsi ancora più arrischiato.
Molti editorialisti di Pagine Ebraiche (fra gli altri Anna Foa, Sergio
Della Pergola, David Bidussa, Giorgio Israel, Ugo Volli, Claudio
Vercelli) ci hanno provato con sincerità, libertà di giudizio ed
estrema generosità, in una sezione rigorosamente distinta da quella
destinata al dibattito congressuale. E il risultato è tutto racchiuso
in una collezione di messaggi in bottiglia (o di avvisi ai naviganti)
destinati ai leader ebraici italiani. Prendere per un attimo le
distanze da un confronto serrato, necessario e appassionante, ma
talvolta fortemente soggetto alla febbre dei problemi vivi e immediati,
può forse servire a parlare con maggiore serenità di prospettive e di
speranze. E guardare lontano, cercare prospettive nuove, segnare i
traguardi su cui dovremmo riflettere più a lunga scadenza è
precisamente il ruolo degli intellettuali. Tornano così i grandi temi
della socialità e della progettualità, le questioni identitarie e il
nostro modo di stare assieme, il rapporto fra la gente e i leader
politici e spirituali, la maniera di porsi all’interno della società,
gli interrogativi di fondo sul nostro ruolo, gli orizzonti lontani, il
sogno, forse la speranza ultima e messianica. Come nel caso di
chi porta la responsabilità di reggere le istituzioni dell’ebraismo
italiano, e forse ancora di più, anche nel contributo degli
intellettuali le risposte sono profondamente diversificate. Le critiche
spesso severe, aperte. Le proposte talvolta provocatorie. La
tradizione dell’ebraismo italiano ci ha insegnato a non temere le
differenze, ma piuttosto a cercare il modo di distillarle e
ricomprenderle in un patrimonio comune di valori e di punti di
riferimento. E di utilizzare questo patrimonio di idee e di differenze
come la migliore risorsa, la sola possibile tutela cui una minoranza
fiera dei propri valori può fare ricorso in una società sempre più
complessa, difficile e in rapida evoluzione.
Pagine Ebraiche, dicembre 2010
Le giornate del confronto
L’Italia
ebraica affronta in questi giorni un momento di confronto che segnerà
il futuro della più antica comunità della Diaspora. Il Congresso
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è chiamato ad affrontare
temi di grande rilievo e di notevole complessità, come la riforma dello
Statuto dell’ebraismo italiano, il decentramento, la capacità di
reperire le risorse necessarie a finanziare i progetti e le necessità
delle 21 Comunità ebraiche italiane, la crescita del pluralismo,
l’apertura alla società civile, la politica culturale. Il lettore
ritroverà negli interventi delle pagine che seguono molti temi
destinati ad essere al centro del dibattito congressuale. Hanno offerto
il proprio contributo i Consiglieri UCEI Valerio Di Porto (che ha
coordinato la Commissione di esperti chiamati a elaborare un progetto
di riforma dello Statuto), Anselmo Calò, Dario Calimani e Gadi Polacco.
Intervengono i giuristi Guido Neppi Modona e Giorgio Sacerdoti. E altri
intellettuali intensamente impegnati sul fronte comunitario, come Leone
Paserman, Giacomo Saban, Anna Segre. Si tratta di una lettura intensa e
non sempre leggera che attraversa talvolta identità e idee diverse. È
una dimostrazione della ricchezza del patrimonio di energie, di idee,
di competenze e di speranze che la minoranza ebraica in Italia è in
grado di mettere in campo. Ma soprattutto si tratta della dimostrazione
che l’Italia ebraica, con due millenni di storia alle spalle, non
rinuncia a progettare il futuro, a costruire un’identità nazionale di
cui è stata da sempre protagonista. E continua contemporaneamente a
perseguire i valori della più rigorosa autonomia e identità locale. E’
un mondo piccolo nei numeri, quello chiamato al confronto congressuale,
che contiene molta identità e molta diversità. Una nuova volta la sfida
sarà quella di fare di questo patrimonio un fattore di crescita e non
di dispersione.
Pagine Ebraiche, dicembre 2010
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