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7 dicembre 2010 - 30 Kislev 5771
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l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
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Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,
rabbino

Come ispirarsi a un'etica ebraica all'interno delle nostre istituzioni?  Emmanuel Levinas, in una sua magistrale lezione sul Sinedrio, la suprema istituzione che amministrava la giustizia, la politica, la vita culturale e religiosa del popolo ebraico, ci indica una modalità da perseguire. La forma del Sinederio era quella di un semicerchio affinché i suoi membri potessero vedersi l'un l'altro. Un anfiteatro dove non ci si da mai le spalle ma ci si guarda sempre negli occhi. Il dialogo e la relazione interpersonale non sono mai interrotti o falsificati. Le decisioni si assumono non nei corridoi ma dinnanzi a tutti e nella massima trasparenza. 
Anna
Foa,
storica



Anna Foa
Una parola riemersa prepotentemente nel lessico politico delle ultime settimane è "tradimento", termine che negli ultimi anni aveva finito per alludere, banalmente, soprattutto ai tradimenti amorosi, ma che ora ha assunto di nuovo un netto valore politico. Tradimento è il gesto di chi consegna (da "tradere") al nemico dei segreti, di chi cambia idea o partito politico, di chi cambia religione. Il traditore può così anche definirsi un "rinnegato" (ricordate il rinnegato Kautsky di Lenin?) o un "apostata", con un senso più fortemente religioso (la Chiesa cattolica ha bruciato gli apostati fino al XVIII secolo, l'Islam li punisce tuttora con la pena di morte, e in genere anche le religioni meno aggressive tendono perlomeno a colpirli con una qualche forma di damnatio memoriae). Traditore è così, nel lessico di chi appartiene al partito dei "traditi", chi cambia idea, strategia, giudizio. Rinnegati ed apostati sono stati considerati molti degli scrittori e dei pensatori più acuti ed interessanti del XX secolo, e in genere tutti quelli che, dopo aver condiviso l'utopia rivoluzionaria, hanno condannato il regime comunista. Traditore era per gli antisemiti francese Alfred Dreyfus, per i membri dell'OAS in Algeria il generale De Gaulle. La lista si potrebbe allungare all'infinito. E la parola "tradimento" è una di quelle che, con i suoi sinonimi, andrebbe cancellata dal dizionario e dalla storia.

davar
L'Italia ebraica a congresso
DibattitoLavoro in Commissione e in assemblea plenaria per la terza giornata del sesto Congresso dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Il dibattito proseguirà serrato fino a questa notte e i lavori della massima assise dell'ebraismo italiano si concluderanno domani in mattinata con il rinnovo degli organismi statutari.
Gli articoli che seguono cercano di offrire al lettore un quadro, necessariamente parziale e incompleto, sull'enorme mole di lavoro che i delegati stanno affrontando in queste ore e sull'estrema complessità dei temi evocati.


Congresso - Gestione e finanza

Otto per mille, decentramento, bilanci comunitari e comunicazione e sinergie. Questi gli argomenti chiave affrontati dalla Commissione organizzazione, gestione e finanza, presieduta da Davide Romanin Jacur (Padova) affiancato nel suo compito dai delegati David Sermoneta (Roma), Miki Steindler (Roma), Carlo Rimini (Verona), Paola Bedarida (Livorno), Maurizio Ortona (Genova), Roberto Jarach (Milano), Roberto Liscia (Milano), Cobi Benatoff (Milano), Cesare Cava (Pisa) e il consigliere UCEI Anselmo Calò.
In sede di assemblea plenaria le mozioni sono state recepite e approvate a larga maggioranza, fatta eccezione per parte della mozione 6, che auspica lo stanziamento del 10 per cento dei proventi dell’Otto per mille per progetti strategici quali la Shechitah, la Kasheruth, la scuola e l’indagine socio demografica sugli ebrei in Italia. Per quest’ultimo progetto si è infatti voluto aggiungere un tetto massimo di spesa di 100 mila euro, proposto dal presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici.
Molti temi cruciali emersi durante i lavori di commissione, dalla scelta di un modello unico per i bilanci alla richiesta di servizi decentrati, dalla gestione delle entrate relative all’Otto per mille alle possibili soluzioni per un loro futuro incremento.
In apertura l’idea di rendere la Commissione permanente con ruolo sussidiario all’operato del Consiglio nella discussione dei progetti strategici per il prossimo mandato. Tra le diverse proposte si è auspicata inoltre la scelta di linee d’indirizzo uniformi da impiegare in ogni realtà comunitaria nella stesura e gestione dei bilanci. Ciò eviterebbe il formarsi di conflitti tra modelli di tipo pubblico e privatistico e, grazie a un allineamento dei diversi bilanci comunitari, si renderebbero possibili alcuni controlli a monte. Tale forma di vigilanza non è da considerarsi come un’intromissione nella sfera di competenza di ogni singola Comunità, ma come un’azione utile a evitare che l’Unione si trovi a dover ereditare problemi di incongruenza e deficit strutturali.
Il tema preponderante nella discussione è rimasto quello relativo ai costi dell’Unione, quali servizi sia il caso di continuare a finanziare e quali invece quelli che andranno inevitabilmente tagliati. Riguardo al bilancio interno si è fatto notare quanto peso abbiano gli stipendi degli oltre trenta dipendenti dell’Unione. A questo proposito il consigliere UCEI con delega al bilancio, Anselmo Calò ha voluto puntualizzare che l’Unione si regge di fatto sul lavoro dei dipendenti: “Non stiamo trattando la compravendita di una materia prima. Potremmo dire che ciò che amministriamo sono le persone e le loro prestazioni”.
Si è poi parlato ampiamente di decentramento con la proposta di un piano di fattibilità che vada a sondare i costi e le opportunità di delocalizzare alcuni dipartimenti, in particolare il Dec-Dipartimento educazione e cultura e il Cri-Collegio rabbinico italiano. Nella prospettiva che il Dec venga destinato ad altro loco si ipotizza un risparmio che andrebbe a incidere su alcune voci di costo. I servizi infatti andrebbero a beneficiare un’area a maggior densità comunitaria, con un conseguente avvicinamento all’utente finale, concentrato in prevalenza al Nord. 
In tema di decentramento forte è la richiesta di personale itinerante che vada a fornire un servizio di supporto dal punto di vista amministrativo, nel redigere ad esempio i bilanci, religioso, per quanto concerne la Hazanut e i servizi cultuali fondamentali, con il supporto dell’Ari, nelle comunità ove la cattedra rabbinica risulti vacante, e legale, da considerarsi non come intervento diretto dell’Unione, ma solo come consulenza su dinamiche di natura legale spesso difficili da gestire valutare. Altro punto focale, la Kasheruth, con la proposta di un piano che vada a centralizzare la distribuzione della carne grazie all’utilizzo delle strutture all’avanguardia di cui è provvisto il Nord Italia. Fino ad oggi la carne macellata dalla Comunità ebraica di Roma a Cittadella in provincia di Padova veniva riportata in toto a Roma senza che le comunità limitrofe venissero coinvolte nella distribuzione. Con una maggiore sinergia tra le realtà ebraiche locali si potrebbe realizzare, da un lato un abbattimento dei costi e dall’altro si riuscirebbe a fornire alle piccole comunità della zona un servizio di Shechità e Kasherut adeguato alla richiesta.
Un’attenzione particolare è stata riservata al ricalcolo delle percentuali di ripartizione del gettito Otto per mille, proponendo l’eliminazione del fondo per i progetti, impiegato prevalentemente in progetti realizzati ad hoc finalizzati al fund raising, e il congelamento del fondo di oscillazione già accantonato dall’Unione per il 2010. In termini di percentuali si andrebbe a configurare una ridistribuzione in questi termini: 60 per cento la quota assegnata alle Comunità, 25 per cento quella destinata all’Unione, 10 per cento per il finanziamento di progetti strategici quali la Shechità e Kasherut nazionale e l’indagine sociodemografica sugli ebrei in Italia e il 5 per cento destinato agli enti. I pagamenti dell'Otto per mille saranno comunque subordinati, oltre che alla rendicontazione entro tre anni, all'osservanza delle norme statutarie in materia di bilancio e finanze, tenendo conto delle indicazioni dei revisori delle singole Comunità. In caso di mancata rendicontazione, infatti, i fondi andranno in perenzione.
Si è poi riproposta la problematica delle diverse testate locali dell’ebraismo italiano che non lavorano ancora in un rapporto sinergico con i prodotti informativi dell’UCEI, come invece dovrebbe essere nella prospettiva di un’ottimizzazione delle spese. A questo proposito è stata riconosciuta l’importanza del Desk UCEI che si è occupato negli ultimi anni di sviluppare sistemi d’informazione come Moked.it, portale dell’ebraismo italiano, e il mensile cartaceo Pagine Ebraiche.
“Si è pensato – spiega il consigliere UCEI, Anselmo Calò – che invece di investire nell’acquisto di pagine sui giornali una volta l’anno, fosse meglio concentrare i nostri sforzi su un sistema informativo che resta attivo per tutto l’anno, se questa sia stata o no una scelta valida e se abbia portato a un incremento per quanto concerne l’Otto per mille lo sapremo tra due anni”.


Congresso - Gli ebrei lontani

L’obiettivo è raggiungere la galassia dispersa degli ebrei lontani, quelli che hanno preso le distanze dalle Comunità per scelta, per incomprensioni o per necessità, quelli che abitano lontani dai centri ebraici e dai loro servizi e quelli che stanno lavorando alla riscoperta delle radici, così da favorirne il riavvicinamento. A questo scopo la Commissione assistenza sociale e ebrei lontani – composta da Massimo di Gioacchino, Angelo Liscia, Giorgio Mortara, Mario Fineschi, Riccardo Hofmann, Loretta Kayon, Saul Meghnagi, Alberto Sadun, Eileen Cartoon, Gadi Piperno e Davide Lascar – chiede di mettere in campo una molteplicità di strumenti. A partire dalla proposta, contenuta nella prima mozione, di dedicare il prossimo anno proprio agli ebrei lontani con progetti specifici da parte delle Comunità.
E’ sugli strumenti da utilizzare che si è concentrato il dibattito della Commissione in un appassionante excursus su alcuni progetti che in questi anni hanno ottenuto un buon successo nel recupero di quanti si erano allontanati. A Milano, ha raccontato Sara Modena, il progetto Kesher è riuscito ad avvicinare molte persone distanti dalla Comunità attraverso un mix di lezioni e momenti di aggregazione.
Loretta Kayon ha invece ripercorso la genesi di Shirat HaYam, il progetto che a Ostia ha ricreato un nucleo ebraico grazie alla proposta di attività che spaziano dal culto alle feste alle lezioni (iniziativa meritevole anche dal punto di vista ambientale perché il nuovo centro ha visto la luce su un terreno un tempo adibito a discarica). Un’esperienza meno strutturata ma di grande efficacia è poi quella in corso a Roma, ha spiegato Massimo di Gioacchino, dove ogni anno a Kippur nel giardino degli asili si danno appuntamento insieme ai frequentatori abituali della sinagoga centinaia di persone di solito lontane.
La chiave per avvicinare chi si è allontanato, hanno concordato i partecipanti, passa attraverso un atteggiamento di accoglienza e su relazioni umane di qualità. Per questo va riservata particolare attrazione alle competenze delle persone cui affidare questo delicato compito, sottolinea la Commissione, auspicando anche l’inserimento di una formazione in materie psico sociali per i rabbini di Comunità.
Sul fronte del sociale si tratta poi, come richiesto nella seconda mozione, di sostenere le tante famiglie che si trovano in difficoltà economiche. A questo scopo la Commissione ha chiesto di destinare maggiori risorse dei fondi Otto per mille a progetti sociali e di aiuto, in ambito ebraico ma non solo. E’ emersa quindi l’esigenza di dare vita a una rete tra le Comunità che integri i diversi servizi e costruisca sinergie tra le istituzioni e le associazioni che si occupano del sociale e del sanitario. In questa direzione anche la proposta della terza mozione di contribuire alla preparazione delle molte famiglie italiane che in questi tempi di crisi cercano una soluzione nell’alyah, favorendo un collegamento con l’Agenzia ebraica, le strutture sociali della Comunità e l’organizzazione degli Italkim.
Poi, il capitolo del progetto Meridione di cui la Commissione ha chiesto la prosecuzione allo scopo di supportare la Comunità di Napoli nell’assistenza agli ebrei di quelle regioni, di monitorare e seguire le manifestazioni di avvicinamento all’ebraismo e la riscoperta di antiche origini ebraiche e di estendere l’intesa già stipulata con la Regione Sicilia. Un’ipotesi che in assemblea ha suscitato un acceso dibattito come la mozione dedicata alle realtà ebraiche non ortodosse presenti nel nostro Paese in cui la Commissione, ritenendo “non più procrastinabile una presa di coscienza del fenomeno” invitava il Consiglio a “proseguire sulla strada del dialogo”.


Congresso - Kasherut e Rabbinato

La Kasherut, l’offerta del Collegio rabbinico, un Beth Din unico per l’intera comunità ebraica italiana. E poi ancora le conversioni, l’allontanamento dalle tradizioni, la carenza di cultura ebraica. La commissione Rabbanuth, Kasherut e Collegio rabbinico ha riunito esponenti delle istituzioni ebraiche italiane e rabbanìm in un dibattito intenso, diretto dal presidente Settimio Pavoncello.
A partecipare ai lavori rav Aaron Locci, rav Riccardo Di Segni, rav Alfonso Arbib, rav Giuseppe Laras, rav Gianfranco Di Segni, rav Alberto Somekh, rav Luciano Caro, rav Eliahu Birnbaum, rav Roberto Della Rocca, insieme a Dario Calimani, Gadi Polacco, Giacomo Zarfati, Gadi Luzzatto, Daniele Bedarida, Gavriel Levi, Eli Rossi Innerhofer, Daniela Zippel, Corrado Calimani, Avram Hason, Emanuele Cohenca, Milo Hasbani. La passione che ha caratterizzato molti interventi è stata il naturale riflesso della delicatezza dei temi in gioco, percepiti da tutti, delegati, membri del consiglio uscente, osservatori, come cruciali per il futuro dell’ebraismo italiano.
Il primo punto su cui si è concentrata la discussione è stata la Kasherut nelle sue varie declinazioni. In molti, specialmente gli esponenti di piccole Comunità, hanno auspicato l’istituzione di un timbro di Kasherut unico per il territorio italiano, con il duplice scopo di avere un quadro chiaro dei prodotti kasher a disposizione, e di creare un marchio che possa essere riconosciuto per l’esportazione all’estero. Le mozioni prodotte hanno raccolto la necessità che l’UCEI si prenda carico dei problemi legati a questo tema in un progetto di ampio respiro, tenendo però conto anche delle osservazioni dei rabbini presenti: l’esistenza di diversi livelli di kasherut sia a livello nazionale sia internazionale, l’esiguità del personale a disposizione del rabbinato per affrontare questo lavoro, e i risvolti commerciali che la questione implica. In due diverse proposte si è così invitato il nuovo Consiglio a istituire un Ufficio centrale dedicato, e a creare un registro nazionale dei prodotti kasher attraverso una previsione di legge.
Nell’ottica di una maggiore collaborazione dell’UCEI con le Comunità sotto il profilo dell’educazione ebraica, sono state formulate alcune proposte relative al Collegio rabbinico italiano, per rendere fruibili i suoi corsi fuori dalle sedi centrali di Roma, Milano e Torino. Molto discusso è stato il problema del numero scarsissimo di giovani che intraprendono la carriera rabbinica. Le mozioni hanno cercato di intervenire in questa direzione, ma anche nel senso di cristallizzare alcuni prerequisiti per ottenere il titolo di rabbino, e in particolare il soggiorno in una yeshivah estera, e uno stage di sei mesi in una piccola Comunità.
Un dibattito particolarmente complesso è stato infine quello riguardante l’ipotesi di un tribunale rabbinico unico sul territorio nazionale, legato a due ulteriori questioni sensibili: le conversioni all’ebraismo e i rapporti con l’Assemblea rabbinica italiana.
Diversi rabbanim hanno espresso perplessità legate, da un lato, all’idea di occuparsi del tema delle conversioni senza considerare il problema a monte, l’allontanamento dall’educazione ebraica e dalla tradizione, e dall’altro alla necessità di una relazione molto stretta, anche dal punto di vista geografico, fra chi intraprende un percorso di conversione e i suoi punti di riferimento. La discussione si è allargata al significato stesso della conversione e alle implicazioni che questo punto ha nella vita delle Comunità e dei rabbini italiani. Confronto sintetizzato in una mozione che, ribadendo la necessità di dare priorità agli investimenti per l’educazione ebraica all’interno delle Comunità, invita l’Assemblea rabbinica italiana ad affrontare l’ipotesi del Beth Din nazionale unificato. 


Congresso - I giovani e la cultura

Ampio lo spettro delle tematiche trattate e presentate sotto forma di mozione al Congresso UCEI dai membri della Commissione formatasi per discutere di politiche comunitarie inerenti alla sfera culturale, educativa e giovanile dell’ebraismo italiano. Alla presenza di molti consiglieri UCEI, del vicepresidente Claudia De Benedetti, di professionisti in campo educativo, consiglieri di Comunità, rabbanim e dirigenti di istituzioni culturali nazionali tra cui il direttore del Dipartimento Educazione e Cultura UCEI rav Roberto Della Rocca, il direttore della Fondazione Cdec Michele Sarfatti, il presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman e il direttore della Fondazione Meis Riccardo Calimani, il dibattito e le istanze sono state portate avanti da due sottogruppi distinti coordinati dal presidente di commissione Raffaella Mortara.
Tra i vari punti emersi nel corso del dibattito che verranno presentati in sede congressuale alla ripresa dai lavori nel primo pomeriggio spiccano molte iniziative dedicate ai giovani come la richiesta di inserimento dell’assessore ai giovani UCEI, di un delegato UGEI e di un assessore alle attività giovanili di una comunità ebraica nella commissione Otto per mille, la prosecuzione del percorso di formazione comunitario iniziato con il corso Yeud mantenendo modalità operative e copertura economica degli anni passati e la promozione di iniziative coordinate e sistematiche per la realizzazione di programmi e progetti educativi condivisi rivolti alle diverse fasce di età nell’ambito di un talmud torà nazionale.
Sempre sul fronte educativo la commissione inviterà il Congresso a trasferire una sede del Dipartimento Educazione e Cultura a Milano così da permettere l’istituzione di un punto di riferimento stabile per tutte le realtà ebraiche settentrionali e la creazione di progetti sinergici tra le varie comunità italiane di cui il Dec continui ad essere tramite proseguendo nel solco di quanto gatto finora. Altre sfide individuate dai membri della commissione riguardano tra le tante il potenziamento economico e umano delle attività della Giornata Europea della Cultura Ebraica con particolare attenzione alle dinamiche della città capofila, l’adesione del palinsesto programmatico della Giornata al circuito europeo, una migliore integrazione con il Cdec e la creazione di una rete nazionale di operatori culturali. In generale è emersa tra i delegati presenti ai lavori la volontà di lanciare un messaggio forte al Congresso con la richiesta di maggiori finanziamenti e sostegni alla cultura come elemento fondante e aggregante dell’intero mondo ebraico italiano.


Congresso - La riforma dello Statuto

Sistema elettorale delle Comunità e riorganizzazione dell’UCEI. Questi i due punti al centro dei lavori della Commissione Statuto presieduta da Giacomo Saban. Al vaglio dei delegati le diverse proposte di emendamenti e modifiche allo Statuto. Ore intense di confronto, a volte scontro, sui punti considerati vitali per il futuro equilibro delle Comunità, dei rapporti con l’Unione e della sua stessa composizione.
Presi in esame i primissimi articoli del testo statutario (fra cui quello legato all’iscrizione alle Comunità) con la condivisa approvazione di alcune modifiche, la discussione è entrata nel vivo una volta toccati gli artt. 16-17. Roma, Milano e medie-piccole Comunità, qual è il sistema elettorale più adatto per garantire democraticità? Maggiore tutela del principio di rappresentatività o maggiori garanzie di governabilità? Il confronto su queste questioni sono inevitabilmente legate alle differenze e peculiarità di ciascuna Comunità. “Il proporzionale con la previsione dello sbarramento e il premio di maggioranza – sostiene il delegato Valerio Di Porto, presidente della commissione per la riforma dello Statuto – garantisce rappresentatività da una parte e governance dall’altra”. Su questa linea anche Leone Paserman e Victor Magiar.
“Non siamo dei Comuni”, afferma invece Ugo Di Nola, in dissenso con la proposta di questo sistema, sostenendo il principio di maggioranza non può essere applicabile a una Comunità. D’accordo Tullio Levi che, esprimendo anche il pensiero dei presidenti delle medie e piccole Comunità, aveva proposto un emendamento per eliminare premio e soglia di sbarramento. Altra questione Milano, per la quale “non possiamo fare lo stesso discorso di Roma”, sottolinea Simone Mortara. Se infatti l’attuale sistema elettorale aveva determinato delle anomalie nella Capitale (da qui l’esigenza di modifica), lasciando fuori dal Consiglio una considerevole minoranza, nel capoluogo lombardo non si sono verificati gli stessi problemi. Equilibri delicati, dunque, nascosti dietro all’apparente tecnicismo di adottare un sistema elettorale o un altro.
Altro punto nodale, la formazione del nuovo Consiglio da 59 componenti, definito come il mini-parlamento. Troppo esteso e dunque ingestibile secondo alcuni, fortemente rappresentativo e a garanzia della possibilità di espressione delle piccole medie Comunità secondo altri. La ricerca di un compromesso ha portato la commissione a creare una sottocommissione di sei membri. Il risultato è stato la proposta di un Consiglio formato da 20 membri di Roma, 15 delle medie-piccole Comunità e dieci di Milano. Una soluzione non condivisa da tutti e per questo i lavori della Commissione Statuto sono proseguiti anche lungo la mattinata, nel tentativo di limare i contrasti. Il problema dunque è nuovamente, ma con articolazioni diverse, l’equilibrio tra governabilità e rappresentanza, che deve tenere conto della molteplicità di interessi in gioco.
Fra le tante modifiche, la disciplina del rapporto fra rabbini e Comunità, viste le forti riserve di parte degli interessati, ha visto a un accantonamento temporaneo della questione. Una delle proposte della Commissione sarà la creazione di una sottocommissione di sei membri (tre laici e tre rabbini dell’Ari) più un presidente, che dovrà lavorare insieme per formulare un progetto condiviso di regolamentazione di questo complesso rapporto.


Congresso - Israele e società

La voce dell'ebraismo italiano, con l'autorevolezza conferitale da una tradizione morale millenaria, deve interloquire con il dibattito pubblico della società e contribuire con la propria ricchezza al suo svolgimento democratico. Questo il punto fermo da cui muovono le riflessioni della Commissione politica esterna, Israele, diaspora e società presieduta da Riccardo Pacifici. “Il congresso deve aprirsi e confrontarsi con la società esterna”, sostiene Pacifici, che guarda al modello delle convention dell'ebraismo americano in cui autorità civili, militari politiche e religiose di altre confessioni partecipano ai lavori congressuali. E l'esigenza di essere presenti nel mondo mediatico, oltre a impegnare gli organi dirigenziali dell'UCEI, ha ribadito la Commissione, cui hanno preso parte fra gli altri Federico Steinhaus, Vito Anav, Yoram Ortona, Sira Fatucci, Andrea Mariani, Daniele Nahum, Walker Meghnagi, deve promuovere anche la collaborazione tra le singole Comunità e le relative istituzioni cittadine.
Tra i temi più dibattuti il ruolo che la minoranza ebraica, memore di secoli di discriminazioni etniche e religiose, e quindi custode dei valori di accoglienza e tolleranza, deve avere nella difesa dei diritti degli immigrati e nella promozione del processo d’integrazione. La guerra culturale all'antisemitismo si deve allargare al rifiuto categorico di ogni forma di discriminazione razziale e religiosa, sia essa quella brutale di gruppi e individui intolleranti, si quella più sottile che si insinua nelle istituzioni e nei governi europei.  Nell'ambito di questa battaglia la Commissione politica vuole impegnare il prossimo Consiglio esecutivo dell'UCEI a dotarsi di strumenti di monitoraggio di episodi di antisemitismo e di avviare un'azione di coordinamento fra i diversi centri già esistenti, indicando come modello vincente l'esperienza mantovana dell'Osservatorio Articolo 3.
Quanto a Israele, se da una parte occorre ribadire la nostra vicinanza allo Stato e la sua importanza per tutti gli ebrei della diaspora, ha detto Claudia Fellus è necessario fare chiarezza: “troppo spesso - dice - ci chiamano israeliani, ma noi siamo cittadini italiani”. A riscuotere il maggiore consenso nella Commissione è l’intervento della sua componente più giovane, la diciottenne Chiara Sonnino, per cui “se vogliamo combattere il razzismo presente nella società dobbiamo cominciare a dissipare i pregiudizi presenti anche in casa nostra”, imparando ad aprire il mondo ebraico al confronto con tutte le altre popolazioni e religioni.
La discussione si accende quando si decide di fare una sorta di bilancio dell'impegno delle nostre istituzioni contro l'odio antiebraico. “Dobbiamo riconoscere che la situazione è molto migliorata - sostiene Pacifici - sia a destra che a sinistra si vede meno indifferenza di fronte a queste problematiche”. Qualcuno però obietta che per quanto il nostro dialogo con le autorità sia migliorato, la cultura antisemita non è del tutto scomparsa da una parte della classe politica italiana, che spesso è vicina “anche e soprattutto per opportunismo e moda politica”.


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