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9
dicembre 2010 - 2 Tevet
5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Uno dei
riti più squallidi del mondo dell'informazione è l'intervista alle
vittime di orribili delitti nella quale si chiede: siete disposti a
perdonare? I poveretti, già colpiti fisicamente ed emotivamente, devono
affrontare le telecamere e la carta stampata che attende da loro una
risposta, che se è negativa o solo dubitativa può trasformarli in un
istante da vittime a biechi giustizialisti senza carità. E' la retorica
del perdono da quattro soldi da consumarsi mediaticamente in due
minuti, in una società dove l'esercizio della giustizia è difficile e
quindi servono scorciatoie. Forse dietro a tutto questo c'è anche una
questione teologica, e allora vediamo che cosa ci insegna la nostra
tradizione: il perdono ci deve essere, ma ha le sue regole. Questo
Shabbat leggeremo una grande storia di perdono e riconciliazione,
quella di Yosef con i suoi fratelli. Il contenzioso era grosso
(riduzione in schiavitù con l'aggravante del rapporto famigliare) e la
vittima, Yosef, sembra godersi il piatto freddo della vendetta
accanendosi contro i suoi persecutori. Tuttavia il succo della storia è
diverso dalle apparenze; il proposito di Yosef è di riportare i
colpevoli su una strada di teshuvà, nella quale non c'è solo la
consapevolezza della gravità del danno, ma anche la disponibilità a
sacrificare sé stessi per impedire che si ripetano situazioni analoghe.
Immaginiamo un giornalista che scopre la story e chiede a Yosef: lei è
disposto a perdonare? Certo, ma solo se c'è teshuvà effettiva.
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Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Ahuva Tomer era l'ufficiale
comandante della polizia di Haifa. Una donna con il grado di
colonnello, che era riuscita a farsi amare (proprio come il suo nome in
ebraico, Amata) da tutti. Quando è scoppiato l'incendio sul Monte
Carmelo, Ahuva non è rimasta in ufficio a distribire ordini, ma si è
messa al volante ed è corsa nel luogo dove un gruppo di ufficiali del
servizio carcerario aveva avuto l'istruzione di sgomberare il carcere
Damon, minacciato dalle fiamme. Ahuva è stata ripresa in televisione
sulla salita mentre scherzava con un fotografo e gli offriva un posto
sul retro della vettura. Un minuto dopo, Ahuva era in mezzo al vortice
dello Tsunami di fuoco che – da una direzione del tutto imprevedibile –
si era riversato sull'autobus su cui viaggiavano 37 ufficiali carcerari
oltre a altri due alti ufficiali della polizia, divorando tutti nelle
fiamme. La grande tragedia del Carmelo ha svelato carenze
organizzative, di cui si dovrà riparlare, ma ha soprattutto dimostrato
l'eccezionale qualità umana, coraggio e professionalità delle forze
dell'ordine e dei servizi di emergenza di Israele. A parte gli enormi
danni materiali, nessun civile è stato colpito dal disastro. Ahuva ha
lottato tra la vita e la morte per quattro giorni. E poi, come ha detto
il Comandante generale della polizia durante la cerimonia del funerale,
nel promuoverla a Generale di Brigata: "Anche dopo la ferita hai
mostrato quando profonda era la tua anima di comandante. Dal mezzo
delle fiamme hai dimostrato il valore della difesa della vita umana.
Non ci hai lasciato finché non sei stata certa che le fiamme erano
state definitivamente spente".
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Ucei a
congresso - Si completa il quadro del nuovo Consiglio
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Integra il nuovo Consiglio
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane eletto dal sesto congresso
UCEI che si è concluso ieri, la Consulta rabbinica composta dai rabbini
Adolfo Locci
(Padova), Alfonso Arbib
(Milano) e Alberto Moshe
Somekh (Torino).
Compongono il Collegio dei probiviri Guido Coen (Roma), Ugo Limentani
(Roma), David Palterer
(Firenze), Paola Jarach
(Livorno), Fabio Norsa
(Mantova), Giacomo Saban
(Roma), Emanuele Cohenca
(Milano).
Revisori dei conti sono stati eletti Riccardo Bauer, Cesare Cava e Claudio Coen.
I diciotto componenti del nuovo Consiglio dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane sono stati eletti, mercoledì 8 dicembre, al termine
dei lavori del sesto congresso Ucei.
Il presidente uscente Renzo
Gattegna è il Consigliere neoeletto che ha raccolto il
maggior numero di preferenze (74 preferenze su 78 voti validi).
Accanto a lui siederanno in Consiglio Claudia De Benedetti
(Casale Monferrato), Anselmo
Calò (Roma), Dario
Bedarida (Firenze), Victor
Magiar (Roma), Annie
Sacerdoti (Milano), Giorgio
Mortara (Milano), Valerio
Di Porto (Pisa), Riccardo
Hofmann (Milano), Andrea
Mariani (Trieste), Raffaele
Turiel (Milano), Settimio
Pavoncello (Roma), Sandro
Di Castro (Roma), Giulio
Disegni (Torino), Vittorio
Pavoncello (Roma).
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Ucei a congresso - Quattro giorni a confronto
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Il Capo dello
Stato Giorgio Napolitano assieme al Presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nella prima giornata del
congresso.

La sala dove
si è tenuto il sesto Congresso dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane dal 5 all'8 dicembre.

Il Presidente
Napolitano con la storica Anna Foa. "Il suo intervento sulla minoranza
ebraica e i 150 dell'unità nazionale - le ha detto congedandosi - è
stato duro e forte".

Un momento
del lavoro in Commissione che ha impegnato i delegati.

La redazione
del Portale dell'ebraismo italiano con i cinque praticanti giornalisti
che hanno seguito i lavori assieme al direttore Guido Vitale.

Il voto dei
delegati, che fra dibattito e approfondimento hanno affrontato in pochi
giorni una maratona molto intensa e hanno approvato la riforma dello
Statuto dell'ebraismo italiano.
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Hatzèr
- Una spiegazione possibile
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Hatzèr
in ebraico significa recinto o cortile, ma nei nostri dialetti giudaico
italiani assume un significato sociale più complesso. Vivere in hatzèr
era la versione ebraica di una imposizione giuridica, il ghetto, che
per secoli abbiamo certamente subito ma anche interpretato a modo
nostro. Era un mondo nello stesso tempo aperto e chiuso, che ha segnato
nel tempo a tal punto le realtà locali, che ancora oggi se ne
riconoscono con chiarezza i tratti e le caratteristiche. Nonostante la
secolarizzazione, e nonostante l’ormai lungo periodo storico di
emancipazione e integrazione che ha caratterizzato l’epoca che va
dall’epopea risorgimentale ai nostri giorni (così ben tratteggiata da
Anna Foa al congresso UCEI alla presenza del Capo dello Stato), quando
gli ebrei italiani si incontrano fra loro misurano certamente una forte
sintonia nei comportamenti e nel modo di riferirsi a una tradizione
vissuta con passione. Ma percepiscono anche una certa distanza nei
comportamenti, nel modo di vivere e di raccontare sé stessi. La
fotografia che ne emerge è quella di un mosaico di hatzerìm che stanno
assieme perché sono parte della stessa storia, ma nel contempo sono
gelosi custodi di realtà locali che non intendono perdere le loro
prerogative di autonomia. La chiave sta nel comprendere la sostanza
reale di questa situazione e di trovare il giusto equilibrio per
interpretarla. Per esempio, quando si sente dire con convinzione che la
Giornata Europea della Cultura Ebraica è solo una vetrina per l’esterno
e non un modo di vivere l’ebraismo, non si tiene conto che in una
piccola realtà (le famose “piccole comunità”) il lavoro volontario che
si attiva per organizzare e programmare l’evento si trasforma in una
preziosa occasione di lavoro e di riflessione. In questi casi la
legittima richiesta che proviene dalla società civile, che vuole sapere
e conoscere chi sono gli ebrei e come si esprimono nella loro vita
comunitaria, si trasforma in una spinta per conoscere meglio noi
stessi. Nessuno di noi nasce imparato, e sono lontani i tempi in cui da
quando i bimbi avevano quattro o cinque anni iniziavano a conoscere nel
Chéder i
fondamentali della
nostra tradizione. Oggi spesso sono proprio le domande degli altri a
spingerci ad approfondire aspetti anche fondamentali della nostra
tradizione. L’importante è mettere sempre al centro del nostro impegno
lo studio continuo, il Talmud Torà, sia che nasca come spinta
interiore, sia che emerga come esigenza per rispondere a domande di
altri. E’ questa la natura del hatzèr
(nel contempo aperta e chiusa), ed è questa – che lo si voglia o meno –
la sostanza della storia da cui proveniamo e di quella che ci troviamo
a vivere.
Gadi Luzzatto
Voghera
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Sogno di una recensione
di fine autunno
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Il Tizio della Sera legge in
una notte il romanzo di un umorista ebreo che ha scritto un dramma. Nel
libro, il riso è come la porta di un palazzo dove abita il mostro della
tristezza. Il protagonista si adopera a consegnare la donna
che ama ad uno sconosciuto inconsapevole, in modo che questo qui ne
faccia la sua amante - il protagonista pensa che solo perdendo l'amore
si può sapere quanto valesse l'amore, allora sì che l'amore è perfetto.
La stampa ne parla come di un romanzo glamour di perversioni sessuali,
ma al Tizio sembra una strombolata dei giornalisti. Quello è un libro
dove la speranza è crepata e non c'è un filo d'aria. Chiude il libro e
dorme. Sogna che viene inseguito da degli sgherri spagnoli con quegli
elmi a pentola. A un tratto, fa il sarto in un ghetto e cuce una bella
giacca, ma arrivano i cosacchi ubriachi e bruciano tutto. Come se fosse
il giorno dopo in una vita dove le epoche sono semplicemente il giorno
dopo, scende da un treno merci, passa un cancello e va in una baracca.
Qui poi muore, ma in quel posto delle baracche morire è normale come
vivere. Si sveglia tutto sudato: ha capito il romanzo! e ringrazia
l'angelo che spiega i romanzi. Se uno vive da moribondo, che ne sa
della vita normale. Il punto è capire se dopo gli ebrei, adesso sia
tutto il mondo a credere che vivere sia come morire.
Il
Tizio della Sera
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
MO - Negoziati di pace: il premier palestinese da oggi a Washington |
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Leggi la rassegna |
Salam Fayyad, primo ministro dell' Autorità nazionale palestinese
(Anp), è partito oggi da Ramallah per Washington assieme al negoziatore
capo palestinese Saeb Erekat per colloqui col segretario di stato Usa
Hillary Clinton sulla situazione che si è creata dopo la rinuncia degli
Usa ai tentativi di convincere Israele ad accettare una nuova moratoria
degli insediamenti ebraici nei territori occupati. Per la capitale
americana è già partito il ministro della difesa israeliano Ehud Barak.
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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