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La cultura in pubblico
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Per una curiosa coincidenza la
settimana scorsa il telegiornale del Piemonte si è occupato per due
volte (a solo due giorni di distanza l’una dall’altra) di un evento a
cui avevo partecipato. La prima volta si trattava dell’accensione in
pubblico della prima luce di Hanukkah, la seconda delle lezioni per
strada svolte da una quindicina di classi del mio liceo. Da una parte
una cerimonia religiosa in ricordo di un miracolo avvenuto 2175 anni
fa, celebrata nella piazza di fronte alla Comunità ebraica alla
presenza delle autorità cittadine, dall’altra un atto dimostrativo di
protesta politica contro l’attuale Ministro dell’Istruzione. Due eventi
molto diversi, eppure, come dimostra l’attenzione del tg regionale,
entrambi miravano alla visibilità. Le luci di Hanukkah devono essere
viste dal maggior numero possibile di persone per ricordare la vittoria
degli ebrei contro chi voleva impedire loro di seguire liberamente le
proprie tradizioni. Allievi e insegnanti hanno deciso di scendere per
la strada a parlare di storia, filosofia, matematica, inglese, latino,
greco non solo per protestare contro una politica che penalizza la
scuola pubblica, ma anche per rispondere a una campagna mediatica che
tende a dipingere tutti come fannulloni senza riconoscere il valore di
ciò che si insegna e si impara ogni giorno nelle scuola italiane.
Accendere lumi, cantare, mangiare frittelle, tradurre testi classici,
risolvere esercizi di matematica, discutere di filosofia: scegliere di
fare queste cose davanti a tutti significa affermare orgogliosamente la
propria cultura.
Anna
Segre, insegnante
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Congresso UCEI -
“Violenza personale e istituzionale”
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In un articolo sull’ultimo
numero di Pagine Ebraiche, e in vista del Congresso dell’UCEI, scrivevo
che “È arrivato il momento di uscire dalla trincea”, e vi tracciavo un
quadro piuttosto amaro della coscienza etica e politica dell’ebraismo
italiano; probabilmente, dicevo, sulla scia di quanto sta accadendo
ormai da qualche decennio nella società italiana.
Rileggendomi a stampa, ho avuto un attimo di esitazione: forse ero
stato esagerato. Ma il Congresso UCEI di Roma, appena concluso, mi ha
fortunatamente rassicurato: non ero andato troppo lontano dal
bersaglio. Ora sono più sereno.
Dire che chi ha assistito agli eventi ne è uscito sgomento è davvero un
eufemismo. Si è stati testimoni di violenza personale, e nessuno l’ha
stigmatizzata. E si è stati testimoni di un tentativo di violenza
legale e istituzionale, complici consapevoli la gran parte dei
delegati: pizzino alla mano, si pretendeva di andare all’elezione di
quindici delegati su un totale di quindici candidati. E si è detto che
così si sarebbe garantita, oltre alla sicurezza politica dei
soci-contendenti, la ‘serenità’ della contesa. Magari anche grazie a
una dissennata richiesta di votazione per acclamazione (scongiurata
all’ultimo minuto dalla saggezza del presidente dell’assemblea,
l’insigne giurista Giorgio Sacerdoti).
Per fortuna, un numero di cani sciolti, sprezzanti di ogni accordo
bulgaro (ma nemmeno in Uganda si sarebbe osato…!), sono riusciti a
garantire lo svolgimento democratico delle elezioni, presentando, fuori
da ogni lista e da ogni pizzino, la loro libera candidatura. Il seguito
è noto: chi era stato escluso dalle liste ‘ufficiali’ da qualche
eccesso di dispotismo locale, si è ritrovato inaspettatamente fra i
vincitori e chi aveva contato sul potere della lobby si è ritrovato,
altrettanto inaspettatamente, fra gli esclusi.
La democrazia e la trasparenza è stata rispettata, magari soltanto per
un caso, ma ciò è sufficiente a insegnare che cesarismo e pizzini non
pagano.
Rimane il sapore amaro lasciato dall’incidente. Si è assistito a un
totale disprezzo per le regole e per la gestione democratica della vita
ebraica, e ciò proprio nel momento della sua massima espressione. È
stata messa in scena la mancanza di rispetto per gli altri. E nessuno,
da posizione autorevole, ha sentito il dovere di richiamare all’ordine
la coscienza dell’assemblea e dei suoi singoli componenti.
È stato un gran brutto inizio, per un nuovo Consiglio.
Unica consolazione: le comunità piccole e medie (penalizzate dal nuovo
Statuto, grazie ad accordi allucinati e a false speranze fatte
circolare ad arte) da queste elezioni anarchiche sono uscite
rafforzate, per l’ingresso inatteso di Giulio Disegni (Torino) e di
Andrea Mariani (Trieste).
Dario
Calimani, Venezia
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Congresso UCEI - “Mezzo
voto”
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La Corte Suprema degli Stati
Uniti, nel pur celebre caso Reynolds v. Sims (1964), errò gravemente
nel riaffermare il noto slogan "one man, one vote".
Per fortuna oggi ha sanato questo orrore giuridico il nostro Congresso
UCEI sentenziando, per otto Comunità, un principio che illuminerà la
democrazia e il mondo giuridico: "one man, half vote!"
Gadi
Polacco, Livorno
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Qui Torino - Le lettere, le risposte e i
convegni
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Il
ministro Franco Frattini incontra
presidente Congresso Ebraico Mondiale
Roma, 10
dicembre
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Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha conferito stamane a Roland
Lauder, presidente del Congresso Ebraico Mondiale, l'onoreficenza
dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana. Ad accogliere
Lauder, giunto alla Farnesina assieme al segretario generale Dan Diker,
sono stati oltre a Frattini, l'onorevole Fiamma Nirenstein,
vicepresidente della Commissione Esteri della Camera e l’onorevole
Esteban Caselli, coordinatore generale per il Pdl degli Italiani nel
mondo. »
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
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