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14 dicembre
2010 - 7 Tevet 5771 |
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Domani
8 di Tevet è il giorno in cui fu tradotta per la prima volta la Torah
in un'altra lingua. Il re Tolomeo filadelfo, nel secondo secolo a.e.v,
ordinò a 72 Maestri ebrei di preparare una traduzione greca della
Torah, la famosa traduzione dei Settanta. I 72 Saggi, isolati da
Tolomeo, pur non potendo consultarsi tra loro, tradussero la
Torah allo stesso modo e apportarono al testo 15
correzioni identiche al fine di evitare interpretazioni devianti,
indicandoci così come all'interno della Torah esiste un dominio
dell'intraducibile. Se da un lato questa impresa può essere
interpretata come esempio di apertura al mondo e di una necessità
dell'ebraismo di essere parte dell'Occidente, da un altro lato non
bisogna dimenticare che la Torah fu tradotta perché gli ebrei avevano
dimenticato la sua lingua e perfino il suo alfabeto. La Torah greca
infatti rimpiazzerà molto velocemente quella ebraica segnando
la fine del divorzio tra il linguaggio quotidiano e una lingua alla
quale non ci si poteva riferire perche quasi più nessuno ne avrebbe
avuto accesso. Se quindi la miracolosa traduzione dei Settanta ebbe una
sorta di approvazione rabbinica è altrettanto significativa
l'affermazione dei Maestri secondo cui "venne buio nel mondo per tre
giorni", alludendo ai prossimii tre giorni funesti del mese di Tevet
che culminano nel digiuno del 10, giorno che ricorda
significativamente il primo assedio di Yerushalaim e la
tragedia della Shoah.
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Marco
Morselli,
docente
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Il principe Charles Joseph de
Ligne (Bruxelles 1735-Vienna 1814), consigliere e amico del Sacro
Romano Imperatore Giuseppe II e dell’Imperatrice di Russia Caterina II,
pubblicò 34 volumi di Mélanges militaires, littéraires et
sentimentaires (Dresda 1795-1811). Il vol. XXI (1801) contiene un
Mémoire pour les Juifs, nel quale de Ligne rivolge un appello al
Sultano perché affidi agli Ebrei le terre che avevano lasciato dopo i
massacri del 132-135 (Seconda guerra giudaica). Quasi un secolo prima
di Herzl, questo sionista cristiano si faceva promotore di
un’iniziativa che, scriveva, sarebbe stata benefica per tutti: per gli
Ebrei, per i Turchi e per i Cristiani. Il testo è stato ripubblicato
dall’editore Gilson di Bruxelles in anni recenti.
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A Padre Cubbe la medaglia di "Giusto fra le Nazioni"
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È
stata consegnata nelle mani del nipote da S.E Mordechay Lewy
ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede la Medaglia di “Giusto fra
le Nazioni” attribuita dall’Istituto Yad Vashem alla memoria di Padre
Raffaele De Ghantuz Cubbe S.J. Alla cerimonia che si è svolta
presso la residenza del Gesù in centro all’interno della zona
rossa in una Roma blindata per la manifestazione studentesca, hanno
preso parte Riccardo Pacifici, presidente della Comunità di Roma, Livia
Link consigliere per gli Affari Pubblici e Politici dell’Ambasciata
d’Israele a Roma oltre alle famiglie Sonnino e Pavoncello la cui
testimonianza ha permesso l’assegnazione della medaglia. Dopo il 16
ottobre infatti Marco Pavoncello insieme a Graziano Sonnino e suo
fratello Mario z’l dopo aver trovato rifugio nella campagna romana
riuscirono a mettersi in salvo nel Nobile Collegio di Mondragone presso
Frascati dove furono ospitati fin dopo la guerra. Fu qui che grazie
all’aiuto eroico e disinteressato di Padre Cubbe, allora rettore del
Collegio, trascorsero gli anni della guerra. Padre Cubbe che
apparteneva all’ordine dei gesuiti non soltanto li nascose ma si
dimostrò sempre rispettoso della loro identità ebraica consentendo loro
di rispettare le proprie regole alimentari. È grazie ai suoi
meriti che, dopo un percorso durato circa 6 anni, la Commissione per la
designazione dei Giusti di Yad Vashem gli ha conferito oggi la
Medaglia di “Giusto fra le Nazioni” con la seguente motivazione : “per
l’aiuto reso ai cittadini ebrei durante il periodo dell’Olocausto
rischiando la sua stessa vita”. E il suo nome è stato iscritto sul muro
dell’onore ai Giusti a Yad Vashem. Intervenendo alla cerimonia Marco Pavoncello, evidentemente commosso ha detto: “
Ricordare la figura di Padre Cubbe mi rende felice ed
emozionato.L’emozione scaturisce dal ricordo di un momento terribile
per noi ebrei, la persecuzione nazi-fascista, la felicità deriva dal
poter finalmente ringraziare un uomo cui io e la mia famiglia siamo
infinitamente riconoscenti”. Dopo di lui il Consigliere Link ha
dichiarato: “Sono onorata ed emozionata per rappresentare qui oggi lo
Stato d’Israele onorando la memoria di chi nel momento più buoi della
storia ha saputo riportare la luce mostrando umanità nella forma più
nobile, tendendo la mano, superando l’indifferenza e mostrando la
possibilità di fare compiere una scelta per il bene “. S.E Mordechay
Lewy prima di consegnare la medaglia ha sottolineato che
“onorando la memoria di Padre Cubbe va ricordato il coraggio di molti
religiosi coinvolti nel salvataggio di famiglie ebraiche durante
la Seconda Guerra Mondiale”.
Daniele Ascarelli
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Qui Roma - Identità ebraica e pensiero europeo
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L’Europa moderna si basa su
molteplici identità culturali tra cui la radice religiosa e di pensiero
che viene comunemente definita “giudaico-cristiana”. Ma la fusione tra
ebraismo e cristianesimo in un unicum identitario è pertinente? Un
grande convegno internazionale organizzato dall’Università Sapienza di
Roma al dipartimento di Filosofia di via Fea dal titolo Radici ebraiche
dell’Europa: messianismo sabbatiano, spinozismo, riflessioni sulla
Shoah cerca di attrarre in questi giorni l’attenzione su alcuni aspetti
peculiari del pensiero ebraico moderno mostrando come spesso abbia
avuto vita propria rispetto al contesto culturale di riferimento. Il
convegno analizza in particolare tre momenti storici e filosofici
dell’ebraismo – il messianismo di Shabbatai Zevi, lo spinozismo, la
riflessione dopo la Shoah – affidando ad alcuni studiosi di livello
internazionale la definizione delle singolarità di queste esperienze
considerate ormai a pieno titolo elementi fondanti del moderno pensiero
europeo. Il convegno è stato inaugurato ieri pomeriggio dalla
professoressa Irene Kajon alla presenza di docenti universitari,
rabbini e studenti di filosofia. Primo ad intervenire il livornese
Alessandro Guetta (From Hebrew to Italian: the early modern Biblical
translations as a symptom of Christian-Jewish proximity), a cui sono
seguiti gli interventi di Yirmiahu Yovel (Spinoza, Sabbetai Zevi and
the Marrano experience), Cristina Ciucu (The metaphysical foundations
of the Sabbatean movement as reflected in the work of Nathan de Gaza),
Giuseppe Veltri (Riflessione sulla natura anticonformista del pensiero
ebraico nel Novecento), Jack Bemporad (Hans Jonas on God after
Auschwitz: a personal reflection) e Mariangela Caporale
(L’antigiudaismo come ragione teologica del cristianesimo: la
riflessione nordamericana al cospetto di Auschwitz). Il dibattito sui
tre fronti culturali del convegno è stato arricchito nella mattina
odierna (coordinata dalla filosofa Donatella Di Cesare) con i
contributi di Diana Matut (Mame loshn, not loshn koidesh: Yiddish
literature as the bearer of European thoight), Alessandro Gebbia
(Satana a Goray: Isaac Bashevis Singer e il sabbatianesimo), Moshe Idel
(Melancholic Elite: from Sabbetai Zevi to Gershom Scholen), Saverio
Campanini (Die Hybris des Juden, alle origini della teologia sabbatiana
di Gershom Scholem) e Fiorella Gabizon (Israel Zangwill: da Sabbetai
Zevi a Theodor Herzil). Nel pomeriggio i lavori riprenderanno con una
lezione del rav Roberto Della Rocca (Dimensione ebraica tra
particolarismo e universalismo) seguita dagli interventi di Amire Meir
(The binding of Issac in past and present Jewish commentaries), Myriam
Bienenstock (Cohen et Rosenzweig face à Spinoza), Orietta Ombrosi (La
filosofia o la tentazione dell’universale secondo Levinas), Emilia
D’Antuono (L’idea platonica dell’ebraismo e la comprensione di sé della
modernità) e Gianluca Attadeno (Tra scienza e vita: l’eredità ebraica
per il dibattito bioetico europeo). Protagonisti dell’ultima giornata
di studi che si aprirà mercoledì mattina alle 9 saranno Paolo
Bernardini e Gabriele Mancuso (Gesuiti, lumi e rabbini, la controversia
Briel-Pinamonti a inizio Settecento), Massimo Giuliani (La teologia
ebraica post Shoah di David Weiss Halivni), Michael Morgan (Mending the
world after Auschwitz: Fackenheim on the encounter between Judaism and
modern philosophy), Paola Ricci Sindoni (La dimensione onto-etica della
resistenza: Emil Fackenheim e la Shoah) e Nunzio Bombaci, Giovanna
Costanzo, Anna Lissa e Lucrezia Piraino che chiuderanno i
lavori con un intervento congiunto in cui verrà fatta una panoramica ad
ampio raggio sui contributi e sulle prospettive della filosofia sulla
Shoah.
Adam Smulevich
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Qui Mondovì - Il tesoro delle ceramiche
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Apre
le porte il Museo della Ceramica di Mondovì. Dopo anni di fatiche, il
sogno di Marco Levi, ultimo ebreo di Mondovì (scomparso nel 2001), si
materializza. Inaugurato domenica scorsa, il Museo è nato grazie alla
collaborazione tra la Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia
Mondovì”, presieduta oggi dal nipote di Levi, l’ex giudice della Corte
Costituzionale Guido Neppi Modona, e la città. “Salvare la
memoria storica di un patrimonio secolare di cultura e arte popolare,
questa era l’ambizione di mio zio Marco - spiega Neppi Modona - Ci
auguriamo che il Museo possa anche costituire uno stimolo per i giovani
a rivisitare e sviluppare, quantomeno a livello di creazione e
produzione artigianale, quell’affascinante patrimonio che i ceramisti
monregalesi avevano diffuso in tutto il mondo”. Nello
splendido palazzo settecentesco Fauzone di Germagnano di Mondovì Piazza
il pubblico potrà ripercorrere la storia della ceramica monregalese sin
dai suoi primi passi in epoca napoleonica. Centinaia di piatti e vasi
finemente decorati, un patrimonio artistico prezioso e di grande
valore. Oltre duemila pezzi provenienti dalla collezione Baggioli, di
cui seicento sono in esposizione e fra cui si scorgono alcuni esempi
tipici dei manufatti Vecchia Mondovì, caratterizzati dal simbolo del
galletto con la coda variopinta. Mecenate e fortemente impegnato
nella valorizzazione della cultura del territorio, Marco Levi ultimo
proprietario e direttore della fabbrica “Vedova Besio e figlio”
(attività legata alla produzione di maioliche, nata nel 1842 grazie
all’albisolese Giuseppe Besio) lanciò negli anni Novanta l’idea di
creare un museo dove custodire e presentare al pubblico le bellezze
della produzione di ceramica monregalese. Un patrimonio da proteggere
ma anche da condividere. Per questo Levi creò nel 1999 la Fondazione
Museo della Ceramica ritenendo che la conservazione di un bene
culturale abbia senso quando sia finalizzata a metterlo a disposizione
di tutti. Il Museo presenta un articolato percorso nell’esperienza
artistica e industriale monregalese. “Quattro piani, diciassette sale,
tra esposizioni, spazi per mostre temporanee, uffici, e non da ultimo
laboratori didattici per le Scuole dell’infanzia, elementari e medie –
racconta Neppi Modona - Un Museo moderno che sfrutta la multimedialità,
una “cosa viva” per Mondovì e per il territorio, che potrebbe
rappresentare inoltre un volàno per rilanciare nel Monregalese la
produzione artigianale ceramica”. Il sindaco di Mondovì Stefano
Viglione, nell’esprimere la propria soddisfazione per la realizzazione
del Museo, ha voluto tributare un ringraziamento a coloro che hanno
collaborato in questo progetto e ai diversi enti, fra cui il Ministero
dei Beni Culturali, la Regione Piemonte, la Compagnia di San Paolo, le
Fondazioni della Cassa di Risparmio di Cuneo e della Cassa di Risparmio
di Torino che hanno deciso di investire nella realizzazione dell’opera. Per
vedere, dunque, il famoso galletto e le splendide ceramiche monregalesi
sarà ora possibile visitare nella città di Marco Levi, il Museo delle
Ceramiche ovvero il sogno realizzato dell’ultimo ebreo di Mondovì.
Daniel Reichel
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Qui Roma -
L'accoglienza dei malati di ogni origine culturale
e religiosa in un convegno al Santo Spirito
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Sarà presentato oggi
pomeriggio alle 15 all'Accademia dell'arte sanitaria del Complesso
monumentale del Santo Spirito il progetto “L'accoglienza delle
differenze e specificità culturali e religiose della ASL Roma E”, in
collaborazione con l'Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria, le
associazioni Religions for peace, Ascoltare le sofferenze,
Cittadinanzattiva -Tribunale Diritti del Malato e Associazione
volontari ospedalieri e con il patrocinio dell'Associazione medica
ebraica (Ame), dell'Ordine dei medici di Roma, dell'Associazione per la
tutela etica nella cura ed assistenza (Teca), dell'Associazione medici
cattolici (Amci) e dell'Associazione medici di origine straniera (Amsi).
Obiettivo del progetto è di individuare condividere e proporre,
modalità operative miranti al miglioramento delle prestazioni sanitarie
dirette alle persone di differenti estrazioni culturali e religiose,
per fornire a tutti i malati indistintamente le stesse fonti di
sostegno relazionale, culturale, appoggio spirituale e condivisione
confessionale, come ad esempio in relazione all'alimentazione, alle
modalità adottate in caso di decesso, al diverso approccio di relazione
e assistenza al paziente nella sua totalità, alle modalità relazionali
e comunicative per condividere il consenso informato e ottenere quindi
la dichiarazione di aver ricevuto un'adeguata informazione.
Fra gli interventi, che si susseguiranno dopo il saluto del professor
Pier Paolo Visentin, presidente Teca e segretario generale
dell'Accademina di Storia dell'Arte sanitaria, e degli esponenti delle
istituzioni patrocinanti, Guido Coen (Ame), Mario Falconi (Ordine dei
medici di Roma), Foad Aodi (Amsi) e Franco Splendori (Amci), quello del
dottor Cesare Efrati maskil e medico dell'Ospedale israelitico di Roma,
di monsignor Armando Brambilla vescovo per la pastorale sanitaria della
diocesi di Roma, di Abdellah Redouane segretario generale del Centro
islamico culturale d'Italia, di Swamini Hamsananda dell'Unione induista
italiana, di Izzedin Elzir, presidente Ucoii e imam della Comunità di
Firenze, di Maria Angela Falà, dell'Unione buddhista italiana, del
reverendo Antonio Adamo pastore della Chiesa valdese, di Hari Singh
Khalsa rappresentante della Comunità sikh in Italia, di padre Augustin
Gheorghiu della Chiesa ortodossa rumena, di Dora Bognandi dell'Unione
delle Chiese avventiste, di Giuseppe Scaramuzza segretario regionale
Cittadinanzattiva e di Francesca Danese presidente del centro servizi
per il volontariato del Lazio.
A moderare il pomeriggio di studio che si concluderà con il saluto del
direttore sanitario del Polo ospedaliero Santo Spirito, Pietro
Scanzano, Luigi De Salvia segretario generale di Religions for peace..
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Religioni a scuola
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In queste convulse giornate
parlamentari Giovanna Melandri, deputato Pd, ha presentato un disegno
di legge che prevede l’istituzione di un’«Introduzione alle religioni»
nella scuola superiore. La proposta è stata sottoscritta da una ventina
di parlamentari di entrambi gli schieramenti. Il nuovo insegnamento
analizzerebbe le caratteristiche delle principali confessioni
religiose, i testi sacri anche in relazione alla loro influenza sulla
tradizione culturale, le vicende storiche delle tre religioni
monoteiste (con particolare attenzione al cristianesimo!), il fenomeno
religioso in sé.
Questa ora di «Introduzione alle religioni» andrebbe ad affiancare
l’ora di religione cattolica, comporterebbe la nascita di una nuova
classe di insegnamento e, ovviamente, un piccolo aggravio per i conti
pubblici. Parecchi osservatori hanno lamentato lo «scarso coraggio» di
questa idea, che non espelle la religione cattolica e che anzi mira ad
aumentare la confessionalità nella scuola pubblica e laica.
Proviamo a fare chiarezza. L’idea che il fenomeno religioso, o la
storia delle religioni, sia privo di interesse per chi non è credente
appare po’ superficiale. Qualunque persona di cultura farebbe bene a
conoscere princìpi e cardini dei vari culti, tanto più nel momento in
cui questi sono sempre più professati da nostri vicini di casa o
colleghi. E quindi ben venga questa nuova materia, purché i programmi
siano elaborati seriamente dall’apposita commissione ministeriale.
Certo, la Melandri non prende di petto la questione dell’ora di
religione cattolica – per convizione o per realismo - che rimane un
vulnus rispetto alla laicità dello stato. Ma il dibattito pubblico
italiano è maturo per una riflessione di questo tipo? Ricordiamoci che
a due anni dalla morte di Eluana Englaro non è stata ancora riaperta la
discussione sul fine-vita. E poiché in politica l’ottimo è spesso
nemico del buono, teniamoci la proposta-Melandri, sperando che possa
essere approvata da un parlamento, quale che sia.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Israele
- Mitchell: "Portare le parti
a compromessi"
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L'inviato degli Stati Uniti per il processo di pace mediorientale
George Mitchell a conclusione di un colloquio col premier israeliano
Benyamin Netanyahu, ha dichiarato che l'obiettivo degli Stati Uniti é
di portare israeliani e palestinesi a fare compromessi sulle questioni
al centro del contenzioso tra di loro e così spianare la strada a un
accordo di pace definitivo. Netanyahu, ha detto di condividere
l'obiettivo americano di arrivare "a un quadro di intesa che porti poi
a una pace con i palestinesi tale da dare sicurezza e prosperità alla
regione".. »
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La
notizia più interessante sui giornali di oggi è il licenziamento
improvviso del ministro degli esteri iraniano Mottaki, ad opera di
Ahmadinedjad e la sua provvisoria sostituzione con un vicepresidente
che è anche il capo dell'agenzia atomica iraniana. (Battistini sul Corriere, Negri sul Sole, Vannuccini su Repubblica, Gian Micalessin sul Giornale).»
Ugo
Volli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
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