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16
dicembre 2010 - 9 Tevet
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Domani
sarà il 10 di Tevet, il giorno di digiuno istituito per ricordare
l'inizio dell'assedio babilonese a Gerusalemme. Dopo la Shoà, a questo
ricordo antico si è aggiunto l'uso di dedicare la giornata alla
recitazione del kaddish per tutte le vittime dello sterminio di cui non
è nota la data della morte. Il ricordo nuovo ha rinforzato quello
antico, che per quanto si collegasse a un evento remoto e relativamente
minore, era stato mantenuto nella memoria ebraica. Ma il calendario ci
riserva una sopresa anche per oggi, 9 di Tevet. Un elenco molto antico,
la Megillat Ta'anit, che per molte sue norme è caduta ufficialmente in
disuso, indicava anche il 9 di Tevet come giorno di digiuno, non
spiegandone però il motivo, che sarebbe stato invece ben chiaro ai
contemporanei. Il mistero ha avuto molti tentativi di spiegazione, da
chi parla della morte di Ezra a chi indica il giorno della prima
violenza subita dalla regina Ester da parte di Assuero, a chi ricorda
altri martiri, a chi infine mette la data in relazione a eventi della
storia dei primi rapporti ebraico-cristiani: forse sarebbe il giorno
della morte di Simone-Pietro (il primo papa), che secondo alcune
leggende non avrebbe mai abbandonato la fedeltà all'ebraismo e al quale
alcune tradizioni, molto controverse e dubbie, attribuiscono persino la
composizione del poema liturgico Nishmat kol chai. Sono argomenti per
specialisti, un po' al margine delle grandi discussioni halakhiche e
storiche, ma che non mancano di esercitare un curioso fascino sempre
attuale.
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Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Ai margini
del recente Congresso dell'UCEI e dei dibattiti sulla struttura
organizzativa viene in mente Napoleone che poco più di duecento anni fa
convocò il Sinedrio e creò il modello del Concistoro. Un Concistoro
veniva stabilito su ogni divisione territoriale che comprendesse almeno
duemila ebrei. Seguendo oggi questo principio in Italia, secondo i dati
aggiornati alla fine del 2009, avremmo il risultato seguente:
Nord-Ovest (Comunità di Torino, Vercelli, Casale Monferrato, e Genova)
con 1.316 ebrei iscritti; Lombardia Occidentale (comunità di Milano),
6.083 iscritti; Nord-Est (Comunità di Mantova, Parma, Modena, Bologna,
Ferrara, Merano, Verona, Padova, Venezia, e Trieste), 1.738 iscritti;
Centro-Nord (Comunità di Firenze, Livorno, Pisa, e Ancona), 1.752
iscritti; Centro-Sud (Comunità di Roma), 13.388 iscritti; Sud (Comunità
di Napoli e centri di interesse cripto-giudaico nel Meridione), 185
iscritti. Una proposta per il prossimo Congresso UCEI.
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L'impegno
Wizo per le vittime dell'incendio in Galilea
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L’incendio
più grave nella storia di Israele, così lo ha definito il premier
Netanyahu, riferendosi al rogo che nella sera del 2 dicembre è
scoppiato sul monte Carmelo a nord di Israele vicino a Haifa,
distruggendo quasi 5000 ettari di bosco, causato 42 vittime e feriti
gravi. L’incidente più drammatico è avvenuto ai danni di un convoglio
della polizia che trasportava prigionieri da una casa di reclusione
della località che era stata divorata dalle fiamme, fra di essi c'era
anche Ahuva Tomer, prima donna a guidare una centrale di polizia in
Israele, morta qualche giorno dopo per le ustioni riportate. Un
disastro con pochi precedenti in Israele, costretto a chiedere l'invio
di aerei anti-incendio da Paesi stranieri per far fronte a una
situazione drammatica che ha richiesto l'evacuazione di tredicimila
persone.
Immediata la risposta internazionale delle associazioni ebraiche per
far giungere in Israele gli aiuti necessari al sostegno e alla
ricostruzione.
Fra
di esse, l'Adei Wizo che ha immediatamente agito per aiutare le
famiglie colpite dal disastro offrendo alloggio nei suoi centri,
fornendo letti e suppellettili e aiutando la popolazione. Ne abbiamo
parlato con Roberta Nahum, Presidente nazionale Adei Wizo che nei
giorni
del disastro si trovava in Israele.
Roberta, un
tragico disastro quello del Monte Carmelo
Sì
penso che sia la più grande calamità naturale che abbia mai colpito lo
stato di Israele che ha coinvolto emotivamente, tanto per cambiare,
tutto il mondo. In quei giorni ero nel paese e ho avuto modo di vedere
quotidianamente in televisione le immagini della devastazione. Mi ha
colpito moltissimo la perdita di vite umane e l'impegno civile di tanti
cittadini, alcuni dei quali hanno sacrificato la loro vita per dominare
questo incendio, come per esempio quel giovane volontario di soli 16
anni. Le scene più strazianti e commoventi per me sono state quelle
delle persone la cui casa è andata distrutta insieme a tutti i loro
averi e i tanti ricordi della loro famiglia. Vederle cercare tra le
macerie annerite, quel poco che era salvabile, mi stimola a fare il
possibile per aiutarli.
In quale modo
la Wizo si è impegnata per aiutare il popolo israeliano?
La
Wizo, nelle riunioni che hanno riunito l'esecutivo per decidere sule
iniziative più urgenti, ha ritenuto che queste persone, ben
cinquantamila, che sono senza tetto, siano meritevoli dei più urgenti
aiuti. Io ho preso parte ad uno di questi incontri e mi sono subito
attivata perché tutte le sezioni dell'Adei-Wizo in Italia si mobilitino
a raccogliere fondi con urgenza.
Ma
esattamente di quali iniziative si tratta?
Le
iniziative della Wizo sono state quelle di distribuire materassi,
vestiario e materiali di prima necessità a coloro che hanno perso tutti
i loro averi, ma soprattutto aprire i centri disponibili per accogliere
almeno le persone più vulnerabili: bambini, donne in stato
interessante, anziani. Tra l'altro, mentre le istituzioni Wizo della
zona non sono state colpite dall'incendio, le autorità hanno deciso
l'evacuazione del centro Ahuzat Yeladim , dove risiedono ragazzi con
seri problemi di salute anche mentale e la loro evacuazione è stata
molto problematica per evitare traumi a questi ragazzi così
vulnerabili. Anche a questo la Wizo dovrà porre rimedio. Comunque, cosa
importantisima, la Wizo si è riunita coni
rappresentanti delle comunità più colpite, per decidere insieme la
priorità degli interventi. Questo, e l'esperienza di ottocento
istituzioni sul territorio, mette la Wizo nella posizione di
essere tra gli enti più qualificati per aiutare chi si trova in
difficoltà maggiore. Questo è quello che noi della Federazione Italiana
intendiamo fare con
l'aiuto del pubblico.
Lucilla Efrati
(Per
partecipare alla Campagna Adei Wizo Carmelo ci si può rivolgere alla
sede Adei più vicina o direttamente a Adei Wizo via delle Tuberose 14 -
Milano
Iban:
IT50Q0100501606000000140015)
Incendio in Galilea - Un
amaro bilancio
Calano i riflettori sul tragico
incendio sul Monte Carmelo alle porte
di Haifa che ha causato la morte di 42 civili, centinaia di abitazioni
5000 ettari di bosco e riserva naturale e danni, che alle prime stime,
ammontano a circa due miliardi di shekel. L'arrivo della pioggia ha
facilitato l'operato dei vigili del fuoco per spegnere gli ultimi
focolai accesi e dopo che lo stato di emergenza è stato revocato è
tempo di bilanci. Si accentuano le critiche per l'impreparazione dei
vigili del fuoco a far fronte ad incendi di vaste dimensioni.
“Io mi ci sono trovato molto vicino, ho visto il fuoco vicinissimo a
casa e ho dormito per 4 notti nei dintorni di Haifa da amici e parenti,
preoccupato per la sorte della mia casa.” ha dichiarato l'imprenditore
Daniel Haviv “Un focherello locale causato pare da giovani che hanno
lasciato inavvertitamente dei tizzoni accesi nel bosco accanto a Usfiya
si è trasformato in una catastrofe ecologica e in 43 funerali a causa
dello stato anacronistico dei servizi antincendio. Il nostro ministro
degli interni, preposto a questo servizio, ha saputo fare benissimo la
voce grossa quando ha chiesto 800 milioni per le yeshivot, ponendolo
come condizione del sostegno del suo partito al governo di Bibi, ma 100
milioni per portare a un livello appena accettabile i servizi
antincendio erano evidentemente molto meno importanti”.
Dello stesso avviso Sergio Minerbi, scrittore e giornalista, già
professore universitario e diplomatico “E’ evidente che è divenuto
urgente creare un corpo nazionale dei vigili del fuoco, con una visione
complessiva del territorio, non più limitata a una sola municipalità.
Non è ammissibile che una cittadina come Usfiya sia priva di una
stazione di vigili del fuoco e di autocisterna. Ciò diviene urgente
poiché è lecito guardare al grave incendio occorso come una prova
generale di quanto potrebbe avvenire sotto una pioggia di missili
lanciati contro la popolazione civile in caso di guerra. Ma queste sono
questioni tecniche di facile soluzione con fondi adeguati ed una rapida
applicazione, non certo con la nomina di un’ennesima commissione
d’inchiesta. Alla base però ci sono problemi di mentalità più difficili
da risolvere”.
Intanto in Israele la commissione di inchiesta potrebbe essere nominata
a breve. L'Ufficio del Controllore dello Stato, l'organismo che in
Israele verifica i comportamenti delle istituzioni pubbliche, ha
stilato un rapporto firmato dal responsabile dell'autorithy, Micha
Lindenstrauss, che è un durissimo atto d'accusa contro il Governo e
diversi ministri fra cui Eli Yishai, ministro dell'Interno in carica,
da giorni al centro di critiche severe e richieste di dimissioni da
parte dell'opposizione, Yuval Steiniz ministro delle Finanze e quello
della Difesa Ehud Barak, responsabile delle grandi emergenze.
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Qui
Trieste - Mariani presidente con un Consiglio di giovani
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La Comunità ebraica di
Trieste, realtà ebraica di riferimento per l’intero Friuli Venezia
Giulia, ha rinnovato le sue cariche. Dopo le elezioni - svoltesi
domenica con un buon afflusso di votanti - ieri sera il nuovo
Consiglio, che vede tra le sue fila molti giovani, ha designato
all’unanimità alla presidenza Andrea Mariani, che già aveva retto
quest’incarico in precedenza. Alla vicepresidenza, Igor Tercon,
apprezzato musicista per lungo tempo nell’orchestra del teatro lirico
Giuseppe Verdi. Del Consiglio fanno parte Jacov (Jacky) Belleli, Ariel
Camerini, Nathan Israel, Alessandro Salonichio, Mauro Tabor.
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Qui Milano - Famiglia e
Comunità, istituzioni in crisi?
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È possibile partecipare a
una serata in cui ci si domanda come stanno le Comunità e le famiglie
ebraiche in Italia, e uscirne un po’ più ottimisti di quando si era
entrati? È possibile, almeno guardando al primo della serie di incontri
che ha organizzato la Comunità Ebraica di Milano in collaborazione con
il dipartimento Educazione e Cultura dell’UCEI. Che di gente ne sarebbe
venuta tanta, lo si era capito vedendo la folla intorno ai tavoli della
cena a buffet. Chiacchierando, il pubblico si è lentamente spostato in
sala: una volta esauriti i posti in aula magna, è stata aperta anche la
palestra. Al dibattito, moderato dalla direttrice del Bollettino della
Comunità di Milano Fiona Diwan, sono intervenuti rav Roberto Della
Rocca, direttore del DEC, Sergio Della Pergola, direttore del
dipartimento di Demografia e Statistica all’Università di Gerusalemme,
e Daniel Segre, esperto di sviluppo delle risorse umane. Prima di dare
la parola ai protagonisti, alla platea è stato mostrato un video di
interviste a una decina di ragazzi di età e background molto diversi,
realizzato da Ruggero Gabbai. “Sul tema dell’identità ebraica ci
sembrava giusto ascoltare cosa hanno da dire i giovani: sono loro che
dovranno portare avanti la vita della nostra Comunità e quindi i
destinatari di ciò che facciamo - ha sottolineato l’assessore alla
cultura Daniele Cohen - Penso che dalle loro risposte possiamo imparare
molto anche noi grandi”.
“Che ruolo ha avuto la famiglia nella tua formazione ebraica? Quali
sono i luoghi fondamentali dell’identità ebraica? Cosa pensi dei
matrimoni misti? Quanto è importante che i tuoi figli siano a loro
volta ebrei?”. A queste domande i ragazzi intervistati forniscono
risposte molto diverse, alcune nette e prive di tentennamenti, altre
che rispecchiano dubbi interiori non sempre risolti.
I loro pensieri diventano così il punto di partenza della serata.
“Se vogliamo fare una riflessione sull’identità ebraica in Italia ai
nostri giorni dobbiamo iniziare da una certezza: la necessità di
muoverci – ha sottolineato rav Della Rocca – Non possiamo limitarci a
essere una copia sbiadita di quello che sono i nostri genitori, che
hanno vissuto esperienze diverse dalla nostre. Noi abbiamo
un’opportunità che spesso a loro è mancata: la libertà di scegliere il
nostro ebraismo. Ma come ogni scelta, anche questa comporta una grande
responsabilità. Non possiamo rimanere bloccati in un ebraismo
‘passatista’ che aspira a replicare qualcosa di mitico, ma che esiste
in realtà solo nei nostri pensieri. Dobbiamo vivere nel presente per il
futuro. E il punto da cui partire è lo studio. Lo studio della Torah,
del Talmud, di tutto quello che l’ebraismo ha da dire sui problemi del
mondo contemporaneo. Lo studio non deve più essere considerato qualcosa
di semplicemente religioso e quindi, secondo molti, bigotto. È un
fattore identitario. Ci consente di sapere chi siamo, e questo è
fondamentale anche per poterci aprire agli altri” ha concluso il rav.
A proposito di identità ebraica e dell’evoluzione che questo concetto
ha subito negli ultimi decenni, ha parlato Sergio Della Pergola. “Un
tempo l’identità ebraica, l’affermarsi come ebreo, coincideva in tutto
e per tutto con l’appartenenza al quartiere o al paese in cui si
viveva, con la lingua che si parlava, con le persone che si
frequentavano - ha spiegato il professore - Oggi non è più così. Oggi
ci sono altri elementi che fanno parte della nostra identità, oppure
varie identità distinte che si sovrappongono in noi, quella di ebrei,
quella di cittadini, quella della professione che pratichiamo e
dell’ambiente sociale che frequentiamo. Così è tutto più complicato. E
infine non bisogna dimenticare il ruolo che assume nella nostra vita un
ulteriore fattore, esterno ma determinante: i grandi momenti storici
che ci troviamo a fronteggiare”.
A Daniel Segre, Fiona Diwan non poteva non chiedere come si garantisce
la formazione di una nuova leadership comunitaria, problema molto
sentito nelle Comunità italiane in calo demografico. “È difficile dare
una risposta a questa domanda – ha puntualizzato il professor Segre -
Nelle nostre Comunità esiste un certo numero di giovani, e all’interno
di questi giovani esistono dei potenziali leader. Ma più il numero di
giovani è esiguo, meno saranno i futuri leader. Il consiglio
fondamentale ai nostri ragazzi è di non limitarsi a ritrovarsi in pochi
un giorno dopo l’altro, ma di guardarsi attorno, viaggiare all’estero,
fare nuove esperienze. A poche ore da qui c’è un paese che non è male
da questo punto di vista…”.
A conclusione della serata anche il rabbino capo Alfonso Arbib ha
voluto dire qualche parola “Questo incontro è stato molto bello, anche
se ovviamente nessuno ha in tasca una soluzione certa per le domande da
cui siamo partiti. Però vorrei sottolineare un aspetto importante che
non dobbiamo trascurare. Noi siamo abituati a pensare al popolo ebraico
come a un popolo che ha saputo mantenere se stesso nel corso dei
millenni fino ad arrivare ai nostri giorni. Questo è vero, ma c’è anche
un’altra faccia della medaglia: dobbiamo ricordare tutti gli ebrei che
invece in questo lungo cammino si sono persi. Un terribile commento di
Rashì ci dice che solo un quinto del popolo ebraico uscì dall’Egitto.
Ecco perché non dobbiamo dare per scontato il fatto di continuare a
esserci. La nostra prima responsabilità è quella di conservarci, e per
farlo dobbiamo conservare salda la nostra identità ebraica”.
Rossella
Tercatin
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Qui
Venezia - Una festa per dire grazie a rav Elia Richetti
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Una domenica per stare insieme
in allegria, un’occasione per salutare rav Elia Richetti che a fine
anno lascerà il suo incarico di rabbino capo di Venezia passando il
testimone al giovane rav Ghili Benyamin. Sembra ieri. Eppure ne è
passato di tempo da quando rav Elia Richetti, varcate le porte del
Centro sociale, si è presentato alla Comunità ebraica come nuovo
rabbino capo di Venezia.
Nato nel 1950 e salito a Gerusalemme nel 1974, rav Richetti ha
conseguito il titolo rabbinico con rav Shear Yashuv Cohen, rabbino capo
di Haifa. Rav Richetti fu inoltre chazan a Milano e chazan del Bet
Hakeneset italiano di Gerusalemme, per poi assumere la carica di
rabbino capo di Trieste con giurisdizione su Gorizia, vice rabbino capo
a Milano e infine rabbino capo della Comunità Ebraica di Venezia.
Insegnante paziente e disponibile non ha mai nascosto la sua
predisposizione per il canto liturgico, suo fiore all’occhiello. La
vasta conoscenza dei diversi Minhaghim e un orecchio musicale fuori dal
comune gli ha donato la capacità di passare con dimestichezza da un
minhag a un altro, impresa che risulterebbe proibitiva anche per chi
fosse a conoscenza nel dettaglio delle variazioni musicali di un rito
specifico. Una passione che pone le sue radici nelle tradizioni
musicali ebraiche di tutta Europa: dal minhag ungherese al rito di
Alessandria d’Egitto, passando per quello italiano, veneziano,
veronese, corfiota, per quello goriziano, impresso in modo indelebile
nella sua mente e nel suo spirito. Rav Elia Richetti è infatti il
discendente del rabbino Ermanno Friedenthal, l’ultima guida spirituale
della Comunità Ebraica di Gorizia prima della Shoah e il primo rabbino
della Milano liberata dall’occupazione nazifascista nel 1945 e negli
anni della ricostruzione.
Assumendo il ruolo di guida spirituale della città lagunare, oltre ad
affrontare l’ardua impresa di studiare i diversi minhaghim che per
secoli hanno distinto le diverse “nationi” del Ghetto, rav Richetti si
è trovato a dover fronteggiare le dinamiche interne di una comunità
pluricentenaria, che vede nella sua storia e nella sua autonomia due
elementi irrinunciabili, connaturati alla propria identità ebraica.
Venezia è sempre stata infatti un crocevia di persone, culture e il
ghetto se da un lato rappresenta a livello simbolico l’esilio ebraico,
dall’altro è l’esemplificazione del concetto di multiculturalità, un
esempio di successo nel ricostruire, dopo la caduta, una fruttuosa
esperienza ebraica.
Si può ben capire che venire a contatto con un mondo, piccolo per
dimensioni, che ha però radici profonde e lontane nel tempo, non
dev’essere stato per nulla semplice. Rav Richetti è dovuto scendere a
patti con questa realtà a tratti interessante e curiosa, conflittuale e
problematica, paragonabile per il suo carattere irriducibile, solo al
villaggio di Galli che ritroviamo nei fumetti di Asterix. Una comunità
in eterno conflitto con se stessa, una comunità definita di
“mangiarabbini”.
Così, dopo nove anni di assiduo lavoro, Venezia si trova a doversi
separare da rav Richetti che, raggiunti i limiti d’età, si riunirà con
la famiglia, da tempo residente a Milano. Da parte di tutta la Comunità
non resta che augurargli anni di meritato riposo e di tranquillità dopo
che, come afferma Amos Luzzatto, presidente della Comunità Ebraica di
Venezia: “grazie alle sue qualità umane e religiose è riuscito ad
affrontare con il sorriso sulle labbra le difficoltà e i contrasti,
inevitabili delle nostre Comunità”. Dal canto suo rav Richetti ha però
anticipato che non resterà con le mani in mano e che si impegnerà non
solo come presidente dell’Ari, Assemblea rabbinica italiana, ma anche
come insegnante e chazan, nel rispetto delle tradizioni familiari.
Michael
Calimani
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Outing
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Il Tizio legge il mezzo rigo di
un amico di Facebook, uno dei tanti amici sconosciuti, uno dei tanti
amici ebrei. Questo qui ha di quei cognomi ebraici romani. Discute in
modo ragionevole, posta video di vecchie canzoni italiane. E' un faro
di leggerezza. Stavolta, fa sapere a tutti, ebrei, cristiani, atei,
comunisti, rockettari, fascisti, amanti di Mina, dipietristi, che sta
aspettando che la lavatrice risputi un calzino. Meno male che c'è lui,
pensa il Tizio, la persona eh, mica il calzino, precisa il Tizio con sé
stesso a scanso di equivoci. Non c'è dunque solo Hamas, l'antifascismo
antisionista, il linciaggio di Saviano perché è amico di Israele.
Quell'outing giovialmente minimo sui calzini splende come un sole di
filanca. Il Tizio vuole bene all'amico, al calzino, e sotto sotto anche
alla lavatrice. Delle volte basta mezzo rigo di apprezzamento delle
cose minime. E' la nostra amabile ora d'aria.
Il
Tizio della Sera
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Non litigate per la
strada…
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Giuseppe, vicere d'Egitto, si
congeda dai suoi fratelli e dice loro "non litigate per la strada"
(Gen.45:24). Commenta il Ba'al Haturim: "Non basatevi su di me dicendo:
nostro fratello ha molto potere nel paese facendo così ingiustizia
verso qualche persona, ma non litigate con nessuno per strada passando
attraverso un campo coltivato". Quanta comprensione per i limiti del
potere e per la superiorità della giustizia!
Alfredo
Mordechai Rabello, giurista
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notizieflash |
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rassegna
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Libano Sud - Israele, nessuna attività insolita |
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Un portavoce militare israeliano, commentando informazioni giunte dal
Libano relative ad "attività irregolari, che Israele avrebbe
posto in essere, ha dichiarato: "Nessuna attività insolita" è stata
condotta ieri nel Libano meridionale da parte delle forze armate
israeliane". Il portavoce si riferiva, in apparenza, alle informazioni
relative ad una esplosione notturna avvenuta nella zona di Sidone.
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italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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