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21 dicembre 2010 - 14 Tevet 5771
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Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,
rabbino

Il libro di Shemòt (Esodo) inizia con la lettera Vav,
 "... E questi sono i nomi dei figli di Israele....".  Una lettera di congiunzione che connette il libro di Bereshìt, la storia dei padri, con il libro di Shemòt, la storia dei figli. Se nel libro di Bereshìt vi è  la  scommessa di formare una famiglia, nel libro di Shemòt compare il progetto di costruzione di un popolo. Non si diventa popolo se prima non si riesce a cementare una famiglia. A differenza di quanto si sente dire, anche da autorevoli studiosi, non è stato il Faraone a coniare la parola  “AM”, popolo, ma è Yoseph il primo ad usarla. Nel perdonare i suoi fratelli Yoseph li rassicura affermando che il male da loro  procuratogli è parte di un disegno divino affinché lui potesse contribuire alla sopravvivenza di un grande "'AM"  popolo. La parola “’AM”, quando vocalizzata con la A significa popolo, quando invece viene vocalizzata con la "I" significa “’IM” , “CON” , quella preposizione che indica l’unione e la con–divisione, anche con persone diverse da sé. Solo un fratello che ha subito un torto e che è capace di perdonare può insegnarci cosa significa veramente far parte del popolo di Israele.
 
Alfredo Mordechai
Rabello,
giurista



rabello
E Jaakov "vide le carrozze che aveva inviato (Giuseppe) e raccontarono tutto ciò che Giuseppe aveva detto loro"(Gen.45:27-28). Rashì spiega che Giuseppe aveva mandato coi fratelli un segno al Padre, dicendo che ben ricordava come l'ultimo insegnamento che aveva appreso prima del distacco fosse quello della procedura con la giovenca quando venga trovato un uomo ucciso in un campo, senza che si sappia chi è stato l'omicida (Deut. 21: 1-9). Giuseppe cioè voleva dire: Papà, nonostante tutte le difficoltà che ho avuto con il doloroso distacco provocato dai miei fratelli, nonostante il potere attuale che mi avrebbe permesso di vendicarmi, non ho dimenticato il tuo insegnamento di Torà, sono rimasto il tuo Giuseppe a cui hai insegnato ad essere umano, a cercare la fraternità.

davar
Il campo di Gonars, una tragedia dimenticata
davide toffoloDavide Toffolo (nell'immagine) è una delle figure più eclettiche e apprezzate della cultura underground italiana dei nostri giorni. È cantante e chitarrista dei Tre allegri ragazzi morti, gruppo rock alternativo isontino che da quindici anni imperversa sulla scena indipendente nostrana, ormai idolo generazionale. Oggi lavora anche come discografico: dirige La tempesta, l'etichetta indipendente – o “collettivo di artisti”, come lui preferisce chiamarla – che produce alcuni fra i  nuovi talenti del panorama italiano.
I dischi dei TARM hanno creato una nuova poetica dell'adolescenza, raccontando e al tempo stesso dando forma ad un nuovo modo di essere giovani. Le loro canzoni – secondo le centinaia di migliaia di fan, che li seguono, molto spesso, anche una volta passata l'adolescenza – allo stesso tempo interpretano e dettano lo spirito del tempo. E, come tutti i grandi artisti, non creando il nuovo, ma innovando profondamente la tradizione – in questo caso il rock'n'roll e la musica punk. Ma Davide Toffolo ha una doppia vita: è anche un fumettista di riconosciuto valore. Anche se la sua fama di disegnatore raggiunge un pubblico un po' meno esteso di quella di frontman di una della principali rock band italiane, El Tofo – così è noto al grande pubblico - realizza da molti anni albi di grande successo. Come nel campo musicale, anche nel disegno è riuscito a legare al suo nome una nuova estetica, ormai riconoscibile da ogni intenditore.

l'inverno d'italiaL'inverno d'Italia è il titolo del suo ultimo lavoro, che viene pubblicato all'inizio del 2011 da Coconino Press, editore specializzato in graphic novel d'autore. Racconta la storia del campo di concentramento di Gonars, costruito nel 1941 nel Friuli Venezia Giulia, utilizzato dall'esercito italiano per i piani fascisti di pulizia etnica e italianizzazione della vicina Jugoslavia. Tra il '42 e il '43 vi furono internate molte migliaia di civili, di cui almeno ottocento sono sicuramente morti. Tra essi numerosi le donne e i bambini.
Gonars è una tragedia dimenticata, una pagina della storia d'Italia che non è mai stata scritta sui manuali di storia liceali, volutamente occultata – questa la tesi di Toffolo, e di chi con lui collabora a documentare e raccontare questa storia – dalle gerarchie militari nostrane nel dopoguerra, e dalla dominante retorica postbellica degli “italiani brava gente”. “Non si sono mai celebrati processi relativi a quei crimini – spiega l'autore – è un buco nero nella storia del nostro paese”.
“È un libro di denuncia”, ammette Toffolo. “Ho sempre amato usare un mezzo espressivo a me tanto caro come il fumetto anche per trattare tematiche inusuali per questo genere”. In effetti il suo libro più fortunato è Intervista a Pasolini, nel quale, attraverso l'espediente narrativo di un'immaginaria intervista al poeta friulano, sviscera, nelle sue vignette, alcuni dei temi pasoliniani, soprattutto il rapporto di uno scrittore con l'esistente. Ne Il re bianco invece, raccontando la storia del gorilla albino dello zoo di Barcellona – realmente esistito - “conduco un'indagine sul rapporto dell'uomo con l'extraumano, con la malattia e con la morte”. Non proprio temi da fumetto, dunque, ma a Davide – vero amatore del genere – piace sovvertire quest'abitudine. “Tuttavia è la prima volta che faccio un libro di denuncia”. Donde proviene l'idea di un fumetto storiografico? “In un certo senso – spiega la rock star – posso dire che è un lavoro commissionato”. Non da un editore, sia chiaro, l'artista è geloso della sua indipendenza. “L'ex sindaco di Gonars Ivan Cignola, che, insieme alle autorità slovene, lavora molto per la memoria di quella pulizia etnica, mi ha contattato per illustrarmi il progetto”. Davide confessa che nemmeno lui, che abita a pochi chilometri da Gonars, sapeva nulla di ciò che vi accadde nel 1942-43. “Non c'è voluto molto per convincermi”, dice. Si è preso a cuore la questione.
Se l'è presa a cuore anche perché lui, uomo di confine, conosce bene le ferite rimaste aperte fra due popoli, quel sentimento di “qualcosa di non risolto”, quel residuo di diffidenza che si può abbattere solo a condizione di ripristinare la verità storica. “Ti racconto un episodio significativo: qualche anno fa abbiamo fatto un concerto a Lubiana (la capitale slovena, da cui provennero la maggior parte degli internati di Gonars). L'ambiente non era dei più tranquilli: suonavamo alla fine di tre giorni di un festival punk rock in un centro sociale molto bello, la Metelkova, davanti a un pubblico stanco e per lo più ubriaco”. “Nonostante ciò – spiega il cantante dei Tre allegri ragazzi morti – sono rimasto molto colpito quando, saliti sul palco, il pubblico ha intonato un coro che diceva 'italiani fascisti'”. Prescindendo da discorsi sul galateo, Toffolo si rende conto che all'origine di quell'episodio c'è un risentimento sloveno mai sopito nei nostri confronti.
Anche per questo ha deciso di raccontare Gonars, e l'ha fatto come lo sa fare lui, con un fumetto.

Manuel Disegni

Parte in anticipo la stagione sciistica sul Monte Hermon
monte hermonRiapre la stazione sciistica del Monte Hermon, il massiccio montuoso che si trova al confine fra Libano meridionale, Siria e Israele nella zona formalmente annessa allo Stato ebraico insieme alle alture del Golan nel 1981. Per la prima volta dopo quattro anni gli impianti riapriranno a dicembre anziché a gennaio, dopo le abbondanti nevicate degli scorsi giorni durante le quali la neve ha raggiunto l'altezza di un metro e venti. Le squadre degli operatori sono al lavoro per pulire le strade e per rendere agibili le piste da sci, che in estate vengono usate dai ciclisti. Dovranno ripulire anche gli impianti di risalita che sono coperti di neve. Gli impianti sciistici garantiscono un bacino di utenza di circa duemila duemilacinquecento sciatori. Sul Monte Hermon si trova l'unica stazione sciistica di Israele che include piste di ogni colore. Esistono anche piste per lo sci di fondo e per le slitte, con scuole di sci, ristoranti e altri servizi. Il prezzo di uno skipass giornaliero è di 245 shekel (circa 52 euro).

l.e.

pilpul
Il cinese e il branzino
Tobia ZeviCapita di essere assaliti da un dubbio inquietante: sono io a essere matto? Ho provato questa sensazione leggendo una dichiarazione di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. L’autorevole esponente leghista ha commentato così l’acquisto di un banco al mercato del pesce di Chioggia da parte di un cinese: «È un segno dei tempi, ma sicuramente non è un bel segno. (…). Immagino che quando un veneto va a comprare un branzino, piuttosto che un polpo, voglia sentire l'idioma locale. Il prodotto tipico in Veneto si vende in questa e non in altre maniere». Un veneto? Un branzino? E se il polpo lo andasse a comprare un cinese? L’agenzia è passata quasi inosservata. Non c’è più nulla che ci indigna, dunque?
Anziché compiacersi per un immigrato onesto e laborioso, per un piccolo imprenditore che rileva un’attività tradizionale mostrando nei fatti una piena integrazione, il ministro si preoccupa perché i veneti (!?) vogliono comprare il pesce in dialetto? Incredibile ma vero. Ricordo che alcuni anni fa morì a Roma la celebre proprietaria di una nota trattoria; come molti altri avventori temetti che questa piccola oasi di buona cucina romana fosse destinata a chiudere, quando fu invece presa in gestione dalla cuoca originaria del Capo Verde. Resa esperta dal magistero della signora, la nuova proprietaria conservò menù e clienti, e Roma una testimonianza della sua gastronomia più tipica. Per non parlare del fatto che, sempre a Roma, quasi tutti i pizzaioli sono egiziani. E la domanda sorge spontanea: non dovrebbe protestare Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania, per appropriazione indebita di prodotto tipico locale? Un arabo che cucina la pizza senza cantare «Funiculì, funiculà»? Cose da matti, appunto. Anzi: cos’ e pazz’…

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas


notizieflash   rassegna stampa
Qui Livorno - Vilipendio alla religione ebraica, oggi parla l’imputata
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Prosegue con la deposizione dell’imputata il processo contro Cinzia Viviani, insegnante di religione e lettera alla scuola elementare D’Azeglio di Livorno accusata di vilipendio alla religione ebraica. I fatti risalgono alla fine dell’anno scolastico 2006-2007 quando Viviani avrebbe ripetutamente pronunciato frasi di chiaro stampo antisemita davanti ai suoi alunni.
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Certe volte il senso della politica emerge dai dettagli. Per esempio la subordinazione dell'opinione pubblica internazionale alla "narrativa" estremista palestinese emerge da una storia raccontata da Dimitri Buffa sull'Opinione: il sito di filmati fornito dai lettori "Youtube", uno dei più importanti al mondo, di proprietà di Google, su richiesta di Hamas, ha cercato di escludere "per incitamento all'odio" il canale "Palestinian Media Watch"...
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Ugo Volli


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