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23 dicembre 2010 - 16 Tevet
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Rav
Jonathan Sacks, capo rabbino del Regno Unito, aveva appena annunciato
la sua volontà di non proseguire il suo mandato dal 2013, che si è
sollevato un polverone sulla sua figura e sul suo ruolo. Rav Sacks è
effettivamente un rabbino sui generis, ammesso che esista un genere
preciso di rabbino; è di estrazione filosofica e si è segnalato per
avere stabilito una comunicazione con il mondo "laico" e il mondo non
ebraico, pubblicando numerose opere di pensiero sul ruolo dell'ebraismo
nella nostra era, che hanno avuto un influsso notevole e e benefico.
Queste doti di sensibilità e di capacità comunicativa non l'hanno reso
immune da critiche da varie parti: da chi gli rinfaccia uscite poco
ortodosse di dialogo a chi invece lo accusa di rigore halakhico in
determinate materie delicate, a chi infine lo accusa di non adoperarsi
come l'antisemitismo crescente nel Regno Unito e in particolare contro
la marea montante di ostilità contro lo Stato d'Israele. Come se fosse
compito del capo rabbino la contropropaganda sullo Stato d'Israele.
Negli Stati Uniti, si dice, non esiste la figura del capo rabbino; chi
è bravo emerge nel libero mercato esclusivamente per le sue qualità. La
struttura stessa del Chief Rabbinate sarebbe una "camicia di forza"
contro la creatività. Dietro a questa polemica, che in qualche modo
potrebbe sollevare problemi simili da noi, c'è l'antico conflitto tra
il desiderio di polverizzazzione e frammentazione delle strutture
comunitarie e il tentativo di unire forze e autoevolezza (piuttosto che
autorità) in strutture unificate.
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Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Anche
quest'anno al Congresso annuale dell'associazione americana di studi
ebraici (AJS) a Boston (settecento autori a confronto) sono stati
trattati temi di interesse per l'ebraismo italiano. Sempre protagonista
Primo Levi, con un'intera seduta a lui dedicata. Una sola la presenza
da un'università italiana, molte quelle da altri paesi europei, inclusi
quelli dell'Est, e da Israele. Da notare la presenza di cinque
ricercatori italiani che lavorano in università americane su temi
concernenti gli ebrei in Italia. Fuga dei cervelli?
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Qui Milano - Alberto Foà: "Nuova gestione finanziaria"
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A
maggio del 2010 la nuova giunta della Comunità Ebraica di Milano si è
messa al lavoro. Tanti i problemi da affrontare, ma soprattutto uno: il
risanamento del bilancio, con un debito molto alto e letteralmente
esploso tra il 2008 e il 2009. Il consigliere chiamato a occuparsene è
stato Alberto Foà (nell'immagine a fianco),
nominato assessore alle finanze e vice presidente. In questi sei mesi
Foà e la giunta hanno portato avanti un lavoro intenso che ha
consentito loro di presentare al Consiglio una proiezione del bilancio
consuntivo 2010 con un disavanzo quasi dimezzato rispetto a quello del
2009, e un bilancio preventivo per il 2011 in cui il disavanzo si
riduce ulteriormente. Questi risultati sono stati ottenuti grazie alla
riscossione di crediti arretrati, e a una gestione più razionale, che
si concretizzerà a partire dal 2011 anche in una semplificazione delle
quote di iscrizione che i membri della Comunità sono tenuti a versare.
Tuttavia il lavoro dell’assessorato alle finanze, se pure efficace dal
punto di vista finanziario, ha suscitato malcontento in molti iscritti.
Un malcontento scatenato in particolare da alcune prese di posizioni
forti, l’ultima delle quali, la scelta di affidare la riscossione
coattiva dei tributi arretrati alla società Esatri. Assessore, nell’ultimo Consiglio è stato approvato un nuovo sistema di quote d’iscrizione alla Comunità. Come funzionerà? È
molto semplice. Fino a questo momento non c’erano delle quote ben
definite e applicate a tutti in modo omogeneo. Molti contribuenti
pagavano cifre simili, ma non identiche. Dal 2011 esisteranno tre quote
attribuite per fasce d’età: si pagheranno 55 euro dai 18 ai 24 anni di
età, 150 euro dai 25 ai 29 e 300 euro dai 29 in su. I 660 contribuenti
sui circa 5000 totali che oggi pagano più di 500 euro verranno divisi
per scaglioni progressivi, 750 euro, 1000 euro, 1500 e così via.
Infine, qualora in una famiglia uno dei coniugi fosse privo di reddito,
la sua quota verrà ridotta a 150 euro. Lo scopo è quello di
semplificare il sistema, pur mantenendo un aggancio alla capacità
contributiva.
Molti
iscritti alla Comunità però, pur riconoscendo i risultati che avete
ottenuto dal punto di vista del risanamento, si lamentano per come lo
avete fatto, con modi bruschi e misure forti. Come risponde a queste
critiche? Quando abbiamo
iniziato a lavorare, abbiamo trovato una situazione di deficit
spaventoso. Solo la metà degli iscritti era in regola con i contributi,
e la stessa situazione si aveva per le rette scolastiche. Io penso che
sia etico e coerente con i principi ebraici che ognuno si assuma le
proprie responsabilità per mantenere in vita la Comunità. Il peso di
tutti i mancati contributi ricadeva completamente su coloro che invece
pagavano. Secondo la mia visione delle cose questa è una grande
mancanza di rispetto. E poi c’è un’altra cosa da dire. La Comunità non
può venire sempre dopo le vacanze, le cene fuori, l’ultimo modello di
cellulare. L’esistenza e la vitalità della Comunità Ebraica di Milano
dovrebbero essere una priorità per tutti gli iscritti. Un’obiezione
che molti sollevano è che, a fronte dei contributi versati, la Comunità
di Milano offra poco o nulla, considerando che la maggior parte dei
suoi servizi, come la scuola o la casa di riposo, sono comunque a
pagamento. Questo assunto non corrisponde alla situazione
reale. In primo luogo è vero che la scuola o la casa di riposo sono a
pagamento, ma lo sono solo per chi può permetterselo. Gli altri
usufruiscono di sussidi. E se anche tutti gli allievi della scuola
pagassero la retta piena, la cifra incassata non basterebbe per coprire
tutti i costi. Poi non è vero che la Comunità non offre altri servizi:
ci sono il Tempio centrale e gli altri servizi religiosi, l’assistenza
sociale, le iniziative culturali, tantissimi corsi… Il nostro modello
di comunità ebraica è diverso da quello di altri gruppi che ci sono a
Milano, che fanno affidamento su offerte e pressante richiesta di
fondi. Dal nostro punto di vista è più giusto che tutti contribuiscano
in maniera certa. Se poi la maggior parte degli iscritti decidesse che
non vale la pena di pagare perché l’esistenza della Comunità Ebraica di
Milano per loro non rappresenta un valore, l’alternativa è quella di
chiuderla. A suscitare polemiche
sono state soprattutto alcune decisioni giudicate da molti eccessive,
come la minaccia di non accogliere in classe gli alunni non in regola
con i pagamenti delle tasse scolastiche. Era davvero necessario
ricorrere a un’idea del genere? Ci tengo a sottolineare che
noi ci siamo occupati di avvertire tutti. Abbiamo parlato con i
genitori e laddove ci sono state presentate delle difficoltà, abbiamo
concordato delle riduzioni o delle rateizzazioni. Dopodiché, nel
momento in cui alcune famiglie non hanno rispettato gli impegni presi,
allora la responsabilità nei confronti dei ragazzi non è più nostra, ma
degli stessi genitori che li mettono in una situazione simile. Si
tratta di rispetto nei confronti degli altri. Altrimenti ancora una
volta a rimetterci è chi mantiene gli impegni. E per quanto riguarda l’aver affidato la riscossione coattiva dei contributi comunitari arretrati all’Esatri? Questo
sistema viene utilizzato anche dalla Comunità Ebraica di Roma. Noi
abbiamo avvertito tutti sia attraverso gli organi di informazione
comunitaria, sia mediante telefonate. Tutti hanno avuto la possibilità
di concordare un piano di rientro che tenesse conto di tutte le
possibili difficoltà. Se non si usufruisce di questa possibilità,
oppure non si mantengono gli impegni presi, non ci si può lamentare. E
vorrei ricordare che tra gli iscritti non in regola con i contributi
figuravano anche esponenti di spicco della Comunità, fornitori, persone
impegnate nella politica comunitaria. In questi giorni partono le
cartelle esattoriali relative agli arretrati del 2005. Nei prossimi tre
mesi partiranno le altre. Ancora una volta invito tutti coloro che non
si fossero occupati di mettere in regola la propria situazione a
contattarci. Dopo sei mesi di
lavoro, quali sono le prospettive per il futuro della Comunità dal suo
punto di vista di assessore alle finanze? In questo primo
periodo abbiamo avuto un grosso impatto sul bilancio, ma dopo esserci
preoccupati soprattutto di risanamento, per il 2011 abbiamo previsto
delle misure di rilancio molto importanti: per esempio dal prossimo
settembre, gli iscritti alla Comunità potranno mandare i propri figli
all’asilo nido e alla scuola materna gratuitamente. La scuola è
sicuramente uno dei pilastri della nostra Comunità e per questo
lavoreremo per incrementare quello che offre. Poi continueremo a
impegnarci per riavvicinare gli iscritti, proseguendo sulla strada
della trasparenza nella comunicazione e delle iniziative sul piano
culturale, per una Comunità sempre più dinamica e aperta.
Rossella Tercatin
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Gli ultimi minuti
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Un
documento dell'Unesco afferma che Mosè Maimonide era musulmano. Per il
metropolita ortodosso del Pireo gli ebrei sono la causa di tutti i
problemi della Grecia. Da qualche anno circola la convinzione storica
che Gesù non fosse ebreo. Non è che parte minima del lungo elenco delle
nuove ingiustizie del XXI secolo verso il popolo ebraico e la sua
storia. E che esse provengano dal grande fronte del Jihad o dalla
trepida arrendevolezza europea poco conta. Non c'è bisogno di
istruzione superiore per rendersi conto che si tratta di
menzogne. Lo sanno tutti. Gli ebrei lo sanno, non c'è bisogno
di avvertirli. Sarebbe come spiegare a un condannato a morte che
ha la testa infilata nella ghigliottina. Ma bisognerebbe che tutti
cominciassero a preoccuparsi dell scivolamento progressivo della lama
della ghigliottina: siamo tutti condannati a morte. Cristiani,
induisti, musulmani, buddisti, atei - tutti, in ogni luogo. Perché la
questione ormai non riguarda gli ebrei, va assai oltre. Si tratta
del danno inferto alla realtà. Se tutti sanno che si tratta di menzogne
e nessuno ci fa caso, vuole dire che stiamo entrando in una realtà
dove la realtà non ha posto. Il mondo galleggia pacatamente nel
nulla. E' drammaticamente sbagliata l'affermazione secondo la
quale stiamo tornando alla decadenza finale dell'impero romano. I
pagani non fondavano l'esistenza sul niente, avevano dei principi e
per quei principi davano la vita. Gli dei del monte Olimpo
soffrivano e morivano per amore. Si commuovevano davanti a una
capanna di contadini poveri, e quando vi entravano, non abbassavano la
testa perché la capanna fosse bassa: si prostravano idealmente di
fronte alla perfetta umiltà - Ovidio, Filemone e Bauci, le
Metamorfosi. Il nostro mondo è indifferente alla realtà. Con una
potenza ragliante che giunge a essere visionaria senza saperlo, il
XXI secolo considera la realtà ininfluente. Ci
sono i presupposti per un'autentica catastrofe.
Il
Tizio della Sera
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Demografia e sberle
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Sarà
probabilmente un’impressione personale, anche perché di dati reali ne
abbiamo assai pochi a disposizione e fondati su statistiche non
omologabili. Però a me pare che il continuo, persistente e mai
contraddetto lamento che riguarda la curva demografica dell’ebraismo
italiano sia fondato su una visione passatista e poco convincente. Si
sente ripetere come un mantra che siamo in decadenza, che le piccole
comunità stanno scomparendo, che di qui a poco tempo si supererà la
massa critica e non resterà nulla. E a queste considerazioni si
aggiunge una visone idilliaca del tempo che fu, delle realtà sociali
numerose di un passato tuttavia fumoso e dai lineamenti poco definiti.
Io la vedrei diversamente: intanto gli ebrei in Italia non sono solo
gli iscritti alle nostre comunità (non ne faccio una questione di
valutazione positiva o negativa, si tratta di un dato bruto, su cui
troppo spesso le comunità non intervengono). Ma a prescindere dai
numeri, se devo fare un confronto fra la quantità e l’intensità di vita
e di iniziative a tutti i livelli che costruiamo quotidianamente, credo
che non ci sia proprio paragone fra la vivacità dell’ebraismo italiano
di oggi rispetto alla pochezza di quanto espresso 40 o 50 anni fa, per
non dire degli anni di inizio Novecento. Se questo è vero, la proposta
avanzata al Congresso UCEI di procedere a una accurata indagine socio
demografica per capire di chi stiamo parlando quando si parla di ebrei
in Italia mi sembra una buona idea per smettere di procedere per
lamentazioni e fondare le nostre politiche di programmazione sociale e
culturale su dati certi. Mi aspetto di scoprire che mai in Italia c’è
stato un numero così cospicuo di minianìm, che la letteratura ebraica
produce come mai nel passato, che la conoscenza della lingua ebraica è
una realtà in crescita, che sorgono ogni anno nuove inedite iniziative
in ogni campo, e che l’unico indicatore che rimane immutato nelle
statistiche storiche dell’ebraismo italiano è il livello di rissosità
interna: su quello rimaniamo saldi e inarrivabili, continuando a
prenderci a sberle oggi come nel lontano passato.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
MO:scoperto un nascondiglio di armi di Hamas
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Leggi la rassegna |
Il capo dei servizi di sicurezza dell'Autorità palestinese Andan Damiri
in una conferenza stampa a Ramallah ha dichiarato che nelle scorse
settimane in Cisgiordania é stato scoperto un nascondiglio di
armi appartenenti a attivisti del movimento islamico Hamas. Secondo
Damiri nel nascondiglio c'erano razzi, lanciarazzi e bombe di mortaio
che molto probabilmente dovevano essere usati contro obiettivi
appartenenti all'Autorità palestinese piuttosto che contro Israele..»
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italiano |
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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