“Una volta a settimana ci isoliamo per unirci. Una volta a settimana il mondo si ferma”. Partito
per iniziativa della Rabanit Tzviya Eliyahu, moglie del Rav Mordechai
Eliyahu zt"l (già rabbino capo sefardita Rishon LeTziyon), questo
suggestivo slogan sta circolando in tutte le comunità ebraiche del
mondo per promuovere un'iniziativa che vorrebbe mettere in collegamento
famiglie di tutto il mondo. “L'iniziativa - conferma il rav
Ariel Di Porto - è nata su suggerimento della rabbanit Eliau. Si tratta
di una campagna volta a portare al rispetto dello shabbat le persone
più lontane, approfittando del fatto che il 25 dicembre ed il Primo
gennaio non sono giorni lavorativi. Si è chiesto quindi alle persone
già osservanti e vicine di invitare a passare lo shabbat assieme le
persone più lontane, per far respirare loro l'atmosfera del Sabato".
"Ci si rifà ad una tradizione talmudica," chiarisce il rabbino
"secondo la quale il rispetto di due shabbatot consecutivi può portare
alla redenzione di Israele. Per il prossimo sabato varie sinagoghe si
stanno organizzando per passare lo shabbat assieme, con pranzi e
lezioni di rabbanim”. Un invito quindi al rispetto dello
shabbat, in un periodo in cui non si lavora, le scuole sono chiuse e
una stretta adesione alla legge ebraica è meno impegnativa.
L'esortazione è rivolta non soltanto a coloro che abitualmente non
rispettano lo shabbat, ma anche a chi abitualmente cerca di rispettarlo
e non riesce a farlo completamente. L'opportunità di rispettare due
shabbatot di seguito, proprio perché capitano nel periodo delle vacanze
invervali, si verifica solo una volta ogni alcuni anni.
l.e.
I
Batè Kneset, le organizzazioni ed i privati che desiderano offrire
ospitalità per questa importante iniziativa sono pregati di contattare
l’Ufficio Rabbinico all’indirizzo ufficio.rabbinico@romaebraica.it"
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Davar Acher - Babbo Natale e il nostro disagio
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E'
un sentimento condiviso, mi sembra, anche se non ne parliamo: durante
le feste che concludono l'anno civile, si sente un disagio ebraico. Non
certo per la festività cristiana, io credo, che tutti quanti sappiamo
rispettare senza difficoltà, senza condividerla ma senza provare per
essa sentimenti negativi. A turbarci non è certo la nascita e la
circoncisione avvenute venti secoli fa di un bimbo ebreo che i
cristiani venerano come messia e terza "persona" della divinità. Siamo
ovviamente in disaccordo sul punto teologico, ma su quello psicologico
ci sentiamo gentilmente estranei, non coinvolti, amichevolmente
lontani. E naturalmente rispettosi, perché il Cristianesimo è un grande
fenomeno religioso che sarebbe poco sensato non considerare seriamente
anche in occasione delle sue feste più solenni. Ci sono invece
altri fatti ricorrenti che invece ci riguardano per forza, cui però non
possiamo sfuggire come abitanti di questo paese o semplicemente del
mondo occidentale. Elementi poco o nulla religiosi, e molto invece
rilevanti nella sfera delle relazioni interpersonali e dei consumi. Le
luminarie, gli abeti, le zampogne, i messaggi di auguri, le vetrine
illuminate e strapiene di merci. E naturalmente per la corsa ai regali,
i cartoncini di auguri, le mutande rosse che negli ultimi anni sembrano
diventate obbligatorie per i giovani a capodanno. Gli oroscopi del
nuovo anno, superstizione intorno alla superstizione. Il consumo di
cibi lussuosi e poco sani. Lo champagne. E ancora quelle strane
creature mitiche che sono i babbi Natali: bizzarra trasformazione,
dicono gli storici di un mitico hagios Nikolaos – letteralmente santo
vincitore del popolo, forse mai esistito forse vescovo di Myra in Licia
– in San Nicola "da Bari", San Nicola il grande, San Niccolò,
Sinterclass, Santa Klaus, Santa e basta, Weinnachtman, Pére Noel;
passato in ultimo negli anni Trenta dal tradizionale verde alla divisa
della pubblicità della Coca Cola) e ormai diffuso in tutto il mondo. In
un delizioso articolo sul tema, scritto giusto sessant'anni fa, Claude
Lévi Strauss definiva il vecchio dalla barba bianca trasportato dalle
renne "un re" in quanto "è vestito di scarlatto" e spiegava che "non è
un essere mitico, poiché non c'è mito che renda conto della sua origine
e delle sue funzioni; e non è nemmeno un personaggio di leggenda,
poiché non è collegato a nessun racconto semistorico. Appartiene
piuttosto alla famiglia delle divinità. E' la divinità di una sola
fascia di età della nostra società e la sola differenza tra Babbo
Natale e una vera divinità è che gli adulti non credono in lui, benché
incoraggino i propri figli a crederci." ("Babbo Natale giustiziato",
Sellerio Editore, Palermo) Tutta questa - diciamo - sfrenata
creatività paganeggiante si prolunga in quella che circonda capodanno,
che sarebbe la festa della circoncisione di Gesù, ma è festeggiata con
pupazzi di "vecchie" bruciate, stoviglie scaraventate in strada, conti
alla rovescia collettivi, obbligo in certi ambienti di ubriacatura e
sesso propiziatorio, abbigliamenti bizzarri (una cosa nuova, una cosa
vecchia, una cosa rossa, ecc.) e poi ancora con l'Epifania,
"l'apparizione", trasformata linguisticamente nella "Befana" e
miticamente in una vecchia semidivinità stregonesca, che scende dai
camini e porta carbone. E' un fatto strano ma certo che questi strani
riti o superstizioni non imbarazzano più che tanto i buoni cristiani i
quali potrebbero a buon diritto sentirle come una dissacrazione della
loro fede; ma all'ebreo medio creano più di qualche problema, un senso
di estraneità, un disagio. Come rispondere ai gentili auguri degli
amici, senza far troppo i pedanti e dire "grazie ma io non ci credo", e
però neppure assimilarci a quelle che a noi paiono bizzarre
superstizioni? Come non contraccambiare il clima benevolo e augurante
senza fare i guastafeste? Certo, dal delirio consumistico è facile star
lontani (anche se un certo contagio ci è arrivato con i "mercatini di
Hannukka). Ed è ovvio per un ebreo rispettare ma non prendere parte
alle cerimonie religiose vere, come le messe di mezzanotte. E'
certamente educato fare gli auguri ai cristiani, come loro li fanno a
noi per le nostre feste. Ma di fronte alla dimensione civile,
collettiva e coinvolgente, apparentemente non religiosa, del
cambiamento di data che ogni anno dovrebbe rinnovare il mondo e
migliorarlo, come sosteneva il venditore d'almanacchi di Leopardi, come
evitare di augurare ad amici e colleghi "buon anno commerciale", come
facevano i nostri nonni, e magari accettare di divertirsi molto
laicamente come fanno tutti intorno a noi? Di guardare i fuochi
d'artificio, essere coinvolti nell'attesa televisiva di mezzanotte, di
stare in compagnia? Se non vanno in Israele, come molti preferiscono, è
quel che capita, io credo, a una buona parte degli ebrei italiani e
occidentali. Non spetta certamente a me giudicare i gradi di questi
compromessi. Ma io sento che comunque il disagio resta – segno di una
distanza rispetto a uno dei momenti più comunitari e indifferenziati,
più rituali e "antichi" dunque, della società in cui viviamo. E penso
che questo disagio sia una buona cosa, perché ci rimanda alla nostra
differenza e alla nostra identità.
Ugo Volli
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Sale la tensione nella Striscia di Gaza
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Soldati israeliani hanno sventato un attentato questa mattina a Khan
Yunes, nel sud della Striscia di Gaza, dove due membri della Jihad
islamica sono rimasti uccisi mentre cercavano di piazzare
dell'esplosivo. Secondo il portavoce dell'esercito israeliano, "i
soldati hanno aperto il fuoco sui membri di una cellula terroristica
che stava piazzando dell'esplosivo al di là della barriera di
sicurezza" che separa Israele dalla Striscia di Gaza. »
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