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6 gennaio 2011 - 1 Shevat 5771
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l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

Sulle pareti esterne degli autobus di Gerusalemme è stato lanciata in questi giorni una campagna pubblicitaria - del tipo "pubblcità progresso"- con un grosso poster il cui titolo è una citazione dai Pirkè Avoth (2.2): "Ogni Torà che non si accompagna a un lavoro alla fine sarà nulla e trascina il peccato". Sotto al titolo l'elenco di una serie di categorie, come nelle pagine gialle, di lavori svolti dai rabbini dei tempi passati e per ogni categoria dei nomi illustri. L'iniziativa si inserisce nella polemica molto viva in Israele sul mantenimento agli studi religiosi da parte dello Stato di alcune fasce di popolazione che, a parte gli studi non esercitano attività lavorative, e non hanno intenzione di farlo per molti anni, se non per l'intera vita, neppure dedicandosi a lavori di tipo rabbinico come l'insegnamento. Un fenomeno che un tempo era limitato a gruppi molto ristretti, che selezionavano i più dotati intellettualmente, ma che oggi si allarga, è difficile da controllare, e crea ulteriori divisioni e incomprensioni nella società israeliana. L'antico modello di rabbino impegnato in una qualsiasi professione è entrato in crisi da secoli, ma qua non si tratta nemmeno di rabbini che comunque esercitano la loro attività, ma di semplici studiosi, o meglio studenti. E' importante che si discuta alla luce delle fonti tradizionali questo problema e che se ne denuncino le storture. Ma quello che suscita perplessità è che la campagna pubblicitaria sia stata firmata dal movimento Masorti, vale a dire dai Conservative, come se per il mondo ortodosso questo fenomeno debba essere accettato senza riserve. 

Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme

Della Pergola
Questa settimana abbiamo avuto l'eclissi di sole, ma per inevitabile associazione viene in mente l'eclissi della politica. In Italia come in Israele, nel campo generale come nel campo ebraico. In un mondo ideale la politica dovrebbe svolgere una funzione di alta mediazione fra interessi contrapposti, di integrazione fra diverse e conflittuali correnti, di soluzione dei grandi problemi del momento e di anticipo di quelli del futuro. Ma nel tempo contemporaneo, la cura politica delle complesse esigenze del collettivo sembra voler nascondere più di quanto non voglia rivelare, sembra scomparire nell'ombra dei personalismi, dei settarismi, e degli estremismi. La politica, sia delle persone sia delle istituzioni, sembra imprigionata nella zona d'ombra dell'eclissi. Non sempre ma sovente, la politica offre vecchie problematiche, vecchi concetti, vecchie tecniche, vecchi contratti sociali, vecchie nostalgie. Le realtà si modificano invece a velocità vertiginosa, scorrono alla luce del sole sotto i nostri piedi, accanto e sopra di noi, e creano un mondo fluido che opera con regole diverse da quelle a lungo cristallizzate. Nuove problematiche, nuovi concetti, nuove tecniche, nuovi contratti sociali, nuove nostalgie emergono alla luce del sole con un'impensata massa critica. Non contestiamo le grandi idee che possiedono la forza della validità permanente. Lamentiamo la capacità della politica di voler vedere e capire veramente quello che avviene nella zona di luce e di calore della società vera invece di nascondersi nella zona d'ombra e di freddo dell'eclissi.

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davar
Renzo Gattegna: “Identità, dialogo, confronto.
Sono questi i valori per guardare al futuro”
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Renzo GattegnaLa sua relazione è stata votata pressoché all’unanimità dal Congresso. E la nomina alla presidenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha strappato anch’essa un consenso sostanzialmente unanime, con 17 consensi e un’unica scheda bianca. Renzo Gattegna, che già aveva retto il timone dell’ebraismo italiano negli ultimi quattro anni, si appresta così a un ulteriore mandato che sarà contrassegnato dalla profonda riforma sancita dal nuovo Statuto che rivoluzionerà l’assetto tradizionale delle istituzioni ebraiche. E in questa delicata fase rinnova con forza l’impegno a essere il presidente di tutti.
“In quest’incarico voglio spogliarmi di qualunque appartenenza di schieramento e chiederei ai Consiglieri di fare altrettanto. Il Consiglio appartiene a tutto l’ebraismo italiano, la Giunta lavora per tutto l’ebraismo italiano. Lavoriamo per la concordia interna, perché tutti ne avvertiamo il bisogno. Solo un atteggiamento unitario - spiega - può infatti consentire al mondo ebraico italiano di affrontare le sfide del contemporaneo, in direzione di un nuovo patto civile capace di coniugare identità, dialogo e confronto”.
Presidente Gattegna, in questi ultimi anni si è parlato spesso della necessità, per l’ebraismo italiano, di superare un atteggiamento di chiusura e di aprirsi alla società. Su quali basi?
Dobbiamo prendere coscienza del fatto che negli ultimi cinquant’anni l’ebraismo mondiale è entrato in una nuova era, si è profondamente trasformato e non può più applicare gli stessi schemi di ragionamento e le stesse categorie del passato.
Le condizioni delle comunità ebraiche si sono evolute verso una maggiore libertà di vita, di espressione e di organizzazione così da rendere superate, inutili e forse persino dannose tutte quelle forme di autodifesa e di ripiegamento in se stesse che da secoli erano state costrette ad adottare. Certo sopravvivono ancora nel mondo molte forme di antisemitismo ma quasi tutte le comunità hanno abbandonato i paesi retti da regimi totalitari dov’erano assenti garanzie di tutela dei diritti.
Cosa comporta questa libertà nel rapporto con il mondo esterno?
È un cambiamento grazie a cui siamo diventati pienamente consapevoli dei nostri diritti trovando la forza e la determinazione per pretenderne il rispetto. Sviluppando disponibilità, prontezza, capacità di comunicare e, finalmente, di rompere la secolare spirale negativa che, partendo dall’isolamento fisico e culturale dei ghetti, creava terreno fertile per preconcetti, pregiudizi, diffidenze, odio, persecuzioni.
Una sorta di rivoluzione copernicana rispetto all’atteggiamento del passato.
I nostri padri e i nostri nonni si sono trovati a vivere in società ostili e educate al disprezzo e sono riusciti a reagire e sopravvivere mantenendo saldi la cultura e i valori ebraici.
Dobbiamo loro il massimo rispetto e ammirazione, ma i tempi sono cambiati. Dalla metà del Novecento abbiamo assistito al crollo delle grandi dittature persecutrici e alla nascita dello Stato d’Israele. Viviamo il periodo di pace più lungo che sia mai toccato in sorte all’Europa occidentale. Siamo davanti a un’era nuova, in cui abbiamo la grande occasione di arrivare a una normalità di rapporti con la società che ci circonda. Saremmo irresponsabili a non coglierla.
Si è modificato anche il rapporto con Israele?
Il nostro legame con Israele è sempre vivo e fortissimo. Ma il nostro modo di viverlo è diverso da quello che avevamo negli anni Cinquanta e Sessanta. Il paese è profondamente cambiato: lo Stato si è consolidato e ha le capacità e i mezzi per influire sugli scenari internazionali, l’economia cresce a ritmi un tempo impensabili e la capacità d’innovazione è straordinaria. Non è più quel paese che un tempo aveva necessità, per sopravvivere, del nostro aiuto. E al tempo stesso è cambiato il concetto di Diaspora.
In quale direzione?
La distanza e la differenza tra Israele e Diaspora si sono attenuate. E le esperienze di movimento, di emigrazione, di diaspora, sono divenute esperienze largamente diffuse: non sono più vissute in modo necessariamente drammatico ma in molti casi come sinonimi di mobilità, di modernità, di capacità di aggiornamento culturale. Se la diaspora è cercata e desiderata, allora non esiste più quella Diaspora che gli ebrei hanno vissuto per secoli. Ma ci riguarda invece da vicino una nuova idea di diaspora come condizione normale e non traumatica.
La prospettiva cambia del tutto se la speranza di essere “l’anno prossimo a Gerusalemme” viene diretta verso una città simbolo, ideale, mitica, che ognuno può immaginare diversa, seguendo la fantasia, o verso una località reale, concreta e facilmente raggiungibile in poche ore.
Quali sono le sollecitazioni che oggi in Italia arrivano al mondo ebraico?
La società mostra interesse nei confronti della nostra cultura, delle nostre tradizioni e della nostra religione. Da molte parti ci vengono forti segnali d’invito a partecipare e confrontarci. Chiedono il nostro contributo ed è una richiesta di apertura e condivisione alla quale non è possibile né opportuno sottrarci.
Una richiesta per molti versi impegnativa.
Senz’altro, perché significa avere un’adeguata conoscenza di noi stessi e una buona preparazione. In questo senso è necessario aprire una riflessione comune con i rabbini, il cui apporto è indispensabile. Sarebbe infatti sterile parlare di ebraismo senza i nostri Maestri con i quali dobbiamo riuscire a costruire nuove intese portando alla loro attenzione, con rispetto e intensità, quelli che sono oggi i problemi degli ebrei italiani.
In che misura il quadro dell’ebraismo italiano è destinato a essere modificato dallo Statuto da poco approvato?
Frutto di quattro anni di lavoro, lo Statuto apre una nuova fase che vedrà la partecipazione diretta delle Comunità a livello nazionale. I presidenti potranno infatti partecipare al parlamentino e far sentire la loro voce più volte l’anno. Ciò porterà con sé un notevole impegno di lavoro. Ma la riuscita di questa riforma ci consentirà un risultato di grande importanza, quello di rivisitare il vecchio modello conciliando l’autonomia delle singole Comunità con il livello nazionale.
Sembra un’equazione impossibile.
Niente affatto. Si tratta di superare l’assetto precedente, che valorizzava l’autonomia comunitaria relegando in secondo piano il quadro più ampio. In un contesto sempre più globale non possiamo continuare a ragionare secondo logiche di campanile, pena la scomparsa dell’ebraismo italiano dagli scenari internazionali. Vanno quindi preservate le specificità e le autonomie di cui, in nome di un’antica e gloriosa storia, le nostre Comunità sono giustamente gelose. A questo scopo dobbiamo salvaguardare il pluralismo attraverso il decentramento. Adottando però una gestione collegiale delle questioni più importanti e presentandoci al Paese e al mondo non più in modo frammentario ma in una dimensione nazionale.
Il terreno su cui la necessità di ragionare in questa dimensione più ampia e di dialogare con la società s’incontrano e si intrecciano è quello dell’informazione. Un tema cui il recente Congresso ha dedicato passaggi di grande importanza.
Il lavoro svolto in questi quattro anni sull’informazione e sulla comunicazione ha portato con sé una vera rivoluzione. Oggi proponiamo una rassegna stampa che ogni anno raccoglie circa centomila schede; il notiziario quotidiano l’Unione informa che raggiunge regolarmente quasi 5 mila abbonati; il portale dell’ebraismo italiano Moked che dalla nascita ha richiamato oltre 200 mila visitatori unici; il mensile Pagine Ebraiche che ha una diffusione di 30 mila copie e nel suo primo anno di vita ha conquistato una notevole visibilità e un giornale dedicato ai più piccoli, DafDaf, che rappresenta un punto di riferimento per le famiglia e per quanti sono impegnati nell’educazione. Va inoltre segnalata l’esperienza dei praticanti: cinque giovani provenienti dalle Comunità ebraiche che hanno avuto modo di sperimentarsi nel mondo giornalistico e di acquisire una preparazione professionale che a breve li porterà a sostenere l’esame di stato.
Tra pubblicazioni online e cartacee è una grande mole d’informazioni.
Siamo davanti a prodotti che ci hanno consentito al tempo stesso di aprire un fruttuoso confronto con la società e di modificare nel profondo i nostri comportamenti radicandoli ai dati oggettivi e ai fatti. Nei prossimi mesi lavoreremo a sviluppare e arricchire ulteriormente queste iniziative.

Daniela Gross, Pagine Ebraiche, gennaio 2011


Quei ragazzi che hanno ricostruito l'Italia ebraica

La sua tessera di avvocato porta la data del 1967. Ma dietro l’immagine di un professionista romano esperto, navigato, straordinariamente discreto, c’è la storia di un uomo che ha dedicato molte energie ai valori ebraici e alla realtà ebraica romana e italiana. Tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60 iniziò il suo impegno nell’ambito del circolo giovanile Kadimah, che ebbe la sua prima sede in via del Gesù. Nel 1967, all’indomani della guerra dei Sei giorni, fu convocato, insieme a Nathan Orvieto, con il quale aveva collaborato negli anni precedenti, da Gianfranco Tedeschi, all’epoca alla guida della Comunità di Roma, che gli affidò l’incarico di rilanciare un circolo giovanile che nel frattempo, trasferitosi in via Balbo, stava attraversando un periodo di difficoltà. Di lì a poco l’arrivo di centinaia di giovani figli delle famiglie degli esuli dalla Libia avrebbe cambiato la storia e la composizione sociale della più antica realtà della Diaspora. Nuovi ponti da lanciare, nuove amicizie da costruire e l’idea di rifondare assieme agli ebrei di Libia un circolo aperto a tutti. Presto cominciarono a essere proposti eventi culturali e di svago che avrebbero risvegliato il mondo ebraico romano. Segue l’ingresso nel Consiglio della Comunità ebraica romana con i presidenti Fernando Piperno e Sergio Frassineti, l’esperienza di Consigliere dell’Unione con il Presidente Amos Luzzatto e, dal 2006, il primo mandato alla presidenza dell’UCEI. I delegati al sesto Congresso dell’Unione, nel dicembre del 2010, dopo aver approvato la sua relazione lo hanno confermato in Consiglio con un voto quasi unanime. Il Consiglio gli riaffida infine la presidenza il 19 dicembre con una larghissima maggioranza di consensi.

Pagine Ebraiche, gennaio 2011


La nostra storia, la difesa della Costituzione

Vignetta - Gattegna con i praticantiIl Presidente dei valori che uniscono, del dialogo, del confronto, dell’apertura alla società. Ma anche quello dell’impegno per una nuova informazione. (Nel disegno di Giorgio Albertini, Renzo Gattegna con alcuni giornalisti praticanti della redazione del Portale dell’ebraismo italiano e con la giornalista Daniela Gross che lo ha intervistato).
“Una politica per i giovani - ha affermato fra l’altro Gattegna nella sua relazione al sesto Congresso UCEI - non può ridursi all’organizzazione di occasioni di incontro e di svago, ma deve creare gli strumenti per la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro di ebrei italiani consapevoli e competitivi. L’esperienza di formazione dei praticanti giornalisti in seno alla redazione del Portale dell’ebraismo italiano, che porterà cinque giovani appartenenti a diverse comunità a sostenere in primavera la prova di idoneità professionale e a divenire giornalisti professionisti, si sta rivelando positiva e merita di essere seguita con attenzione e ripetuta”.
E un Presidente attento alle relazioni istituzionali. Il suo discorso per accogliere al Congresso UCEI Giorgio Napolitano emanava un caldo sentimento di amicizia. Eccone qui di seguito il testo integrale. 
Illustre e caro Presidente Napolitano, la Sua presenza alla cerimonia di inaugurazione del nostro Congresso quadriennale è fonte di orgoglio e di vera gioia. Non voglio usare parole retoriche né voglio rivolgere a Lei un saluto puramente formale, perché invece sento nel profondo del mio animo il grande significato del Suo essere oggi qui tra noi.
Giunto alla scadenza del mandato quadriennale di presidenza dell’Unione, considero una grande fortuna aver avuto tante occasioni di incontro con Lei nel corso di eventi più o meno solenni; naturalmente tutto ciò non è avvenuto per caso e io ho percepito, fin dalle prime occasioni, da parte Sua grande disponibilità, considerazione e amicizia nei confronti delle comunità ebraiche e di coloro che le rappresentano.
Sento di interpretare il sentimento di tutti gli ebrei italiani nel definire memorabili i Giorni della Memoria che si sono ripetuti il 27 gennaio di ogni anno e che sono stati trasformati, per Suo merito, in grandi e significative occasioni di diffusione di cultura, di conoscenza e di coscienza civile per tutti e in particolare per i giovani e gli studenti. Non ci è sfuggito il significato della Sua accoglienza, ogni anno, nelle sale del Quirinale; sono stati momenti nei quali la solennità non è stata fine a se stessa, ma è servita per incidere nella memoria e per creare e consolidare una tradizione che pone i valori fondanti della nostra nazione e della nostra democrazia ai livelli più alti.
Queste e molte altre sono state le occasioni nelle quali abbiamo sentito quanto fosse importante che il Presidente della Repubblica tenesse vicino a sé i rappresentanti dell’ebraismo italiano, una vicinanza che aveva il significato di esprimere la considerazione per la partecipazione degli ebrei alla vita nazionale, con la loro cultura e le loro tradizioni. Questo si ricollega alla bella definizione delle Comunità Ebraiche che viene data, in quel fondamentale documento che è l’Intesa con lo Stato Italiano: “Formazioni sociali originarie”.
Come se queste avessero svolto la funzione di cellule embrionali dalle quali la nostra nazione e i suoi valori civili e morali sono nati e si sono formati.
Non è stato un fatto casuale, per noi è stata una scelta spontanea e naturale farLe pervenire quell’invito, che Lei ha avuto la cortesia e la sensibilità di accettare.
Ora che Lei è qui posso esplicitare un intimo sentimento: speravo ardentemente che Lei accettasse e avevo dentro di me la solida certezza che, a meno di motivi di forza maggiore, Lei non avrebbe deluso le nostre aspettative, come mai le ha deluse in tanti anni. Se sorprese abbiamo avuto da Lei, Illustre Presidente, sono sempre state eccezionalmente positive; da questo deriva la nostra ammirazione e la nostra gratitudine per il prestigio che la Sua opera assicura al nostro Paese. Concludo riconfermando un impegno che tocca profondamente corde sensibili dell’animo degli ebrei italiani i quali, quando gli è stato consentito, hanno profuso impegno, entusiasmo e generosità nel fare dono all’Italia delle proprie risorse materiali, morali e culturali e anche delle loro vite. Basti ricordare il grande apporto dato al Risorgimento, all’Unità della Nazione, di cui iniziamo a festeggiare i 150 anni, alla Prima Guerra mondiale, che ha visto numerosissimi ebrei arruolati nell’esercito in tutti i gradi, da generali a semplici soldati, alla Resistenza contro le dittature; sempre hanno manifestato fedeltà agli ideali, senso di appartenenza e spirito di sacrificio.
Sappiamo tutti come purtroppo gli ebrei furono ricambiati dal fascismo, che perpetrò un atroce tradimento, promulgando le leggi del 1938 e ponendosi al fianco dei nazisti nelle persecuzioni e nella “soluzione finale”.
Ebbene, anche fortificati da tragiche esperienze del passato, per la difesa della libertà, dell’uguaglianza, della democrazia e di tutti i valori solennemente enunciati nella nostra Costituzione, gli ebrei non hanno mai smesso di lottare e tengono ben alta la vigilanza.
Sappia caro e illustre Presidente che, per difendere questi valori, dei quali Lei è il sommo custode e tutore, gli ebrei italiani saranno sempre al Suo fianco.

Renzo Gattegna, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane,
Pagine Ebraiche, gennaio 2011


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pilpul
Segreti pubblici 
Tizio Della SeraIl Tizio della Sera legge su un forum del mattino di ispirazione glocal che i 23 morti e 70 feriti di Alessandria d'Egitto sono opera dei servizi segreti israelo-americani. Il Tizio è sconcertato dall'opera segreta dei servizi segreti israelo-americani che ufficialmente non esistono, ma è anche vero che se sono segreti non lo sa nessuno che esistono. E' anzi probabile che più una cosa è segreta, maggiormente essa esiste. Anche se, pensa il Tizio, la segreta responsabilità ebraica di tutto è pubblica da mo'. Per fare un esempio, dice a sé stesso che fa colazione, lo sanno tutti che la responsabilità della crisi economica nel Peloponneso è dei sefarditi di Cipro. Ma fino ad oggi era un segreto inviolato che Israele e Stati Uniti siano un solo Stato velato dall'esistenza di due parlamenti che sono uno, e da due presidenti che poi sono lo stesso, anche se per motivi di chiarezza segreta uno è bianco e l'altro nero. Eppure i glocal hanno intuito tutto, pensa il Tizio: Usa e Israele sono lo stesso Stato. Ci deve anche essere un tunnel segreto che per comodità parte dalla Stanza Ovale e siccome a Gerusalemme c'è sempre traffico, giunge solo alla porta di Giaffa. Obama lo usa sempre perché la mattina gli piace fare colazione con la pitta imbottita. L'unica cosa, si domanda il Tizio intingendo tre gocce al cioccolato nella tazza di latte, è come facciano dei glocal a essere che ne so di Rieti e sapere tutto del Cairo. Non è mica facile. Una volta all'aeroporto di Peretola, il Tizio ha conosciuto una di Dallas che sapeva dove fosse il bagno ma non che esistesse l'Italia.

Il Tizio della Sera

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notizieflash   rassegna stampa
Egitto: Incontro Netanyahu - Mubarak
6 gennaio 2011
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Il premier israeliano Benyamin Netanyahu incontra oggi il presidente egiziano Hosny Mubarak, in Egitto, a Sharm El-Sheikh. Durante la visita si parlerà dei modi per sbloccare il processo di pace israelo-palestinese e di questioni regionali e bilaterali, fa sapere l'ufficio del premier israeliano. La radio militare israeliana, dal canto suo, sottolinea che il premier intende pure sollevare con Mubarak la questione del contrabbando di armi dal Sinai nella striscia di Gaza, la minaccia derivante dalla presenza di gruppi estremisti islamici nel Sinai e vedere se sia possibile la ripresa dei negoziati per ottenere la liberazione del soldato Gilad Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza. 
 
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è il giornale dell'ebraismo italiano
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  è il giornale ebraico per bambini
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.