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10 gennaio
2011 - 5 Shevat 5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Quando si scriverà la storia
degli ebrei italiani del dopoguerra, un'attenzione particolare dovrà
essere dedicata al ruolo degli shelichim, gli inviati da Israele che
hanno messo su e sostenuto dalla fine degli anni 50 i movimenti
giovanili. Sono stati ragazzi e ragazze che venivano catapultati in
Diaspora dopo il servizio militare, carichi soprattutto del loro
entusiasmo. Eppure il loro lavoro è stato fondamentale nel creare nuove
sensibilità, suscitare un risveglio, promuovere la 'alyà ma anche
formare una nuova classe dirigente. Scrivo questa nota oggi perché uno
dei primi, e forse insuperato, di questo gruppo, Aharon Cohen, ci ha
lasciato la sera di Giovedì scorso, a 76 anni. La notizia è già stata
data ieri su questa testata, ma non ci si può certo fermare a un solo
ricordo. Di famiglia yemenita, fratello della più nota Gheulla, ma non
allineato con le sue posizioni, approdò in Italia nel 1957 e vi fondò
il movimento dei Benè Akiva. Rimase per sempre legato all'Italia,
sposando una milanese, e mentre in Israele svolgeva funzioni di
insegnante e preside, negli anni più recenti tornò ripetutamente in
Italia per brevi periodi, esercitando, tra l'altro, l'originale
funzione di rabbino "estivo" sostitutivo; l'hanno conosciuto tutti a
Torino, Trieste, Bologna, Pisa e in tante altre comunità. Il debito di
gratitudine dell'ebraismo italiano nei suoi confronti è molto alto.
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Anna
Foa,
storica
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Mi succede sempre più spesso,
quando leggo gli articoli di Messori, di avere dei dubbi:
dobbiamo, come facciamo, prenderlo sul serio, oppure
ci troviamo di fronte ad un sottile umorista misconosciuto,
che non riusciamo a comprendere a causa delle carenze del
nostro senso dell'umorismo? Ma venerdì scorso, leggendo il
suo articolo sulle radici dell'odio contro i cristiani, non
ho più avuto dubbi. Solo un grande umorista poteva attribuire
l'odio fondamentalista islamico contro i cristiani ai
sionisti! Peccato che tanto a destra, con Socci, che a
sinistra, con Pirani, questo suo humour non sia stato colto e che le
sue tesi siano state prese sul serio e contestate. Attendo
con deliziata aspettativa il suo prossimo pezzo, e se sarà
all'altezza potrò forse, mi si consenta, proporre che sia
inserito tra i grandi dell'umorismo ebraico.
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Debbie
Friedman (1952-2011)
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Nel corso della sua lunga
carriera, iniziata all’alba degli anni Settanta al fianco di alcuni
grandi nomi del folk americano tra cui John Baez, è stata protagonista
assoluta di un nuovo genere di musica ebraica, resa accessibile al
grande pubblico grazie alla traslazione di preghiere, insegnamenti e
testi sacri all’ebraismo in melodie orecchiabili e moderne.
Ora la voce della cantante e compositrice statunitense Debbie Friedman
si è spenta per sempre in un ospedale della California meridionale.
Nata nel 1952 nello Stato di New York, Debbie ha vissuto parte della
sua vita in Minnesota dove la famiglia si era trasferita nella seconda
metà degli anni Cinquanta. Vastissima la sua attività musicale con
oltre 20 album prodotti e centinaia di concerti sulle scene di tutto il
mondo. Tutto questo nonostante un terribile compagno di viaggio, la
sclerosi multipla, con cui ha dolorosamente imparato a convivere
accettando i limiti imposti dalla malattia.
I suoi brani sono ancora oggi colonna sonora per tutto l'ebraismo
statunitense e in particolare per una moltitudine di sinagoghe
americane appartenenti alla corrente riformata e conservative. La sua
composizione più nota, un commovente Mi Shebeirach (la preghiera
ebraica della guarigione) è molto conosciuto anche in ambienti non
ebraici, ulteriore riprova della valenza ecumenica del talento della
Friedman, un talento che non conosceva ostacoli culturali e religiosi e
che Debbie ha sempre utilizzato per indirizzare messaggi universali che
andassero a toccare le corde più profonde dell’anima.
Il senso di quaranta anni di attività è raccolto in alcune recenti
considerazioni rilasciate sulle pagine del sito ufficiale
www.debbiefriedman.com
“Dall’inizio della mia carriera – spiega Friedman ai suoi fan – ho
sempre cercato di aiutare gli altri a vedere nella preghiera un
conforto spirituale sia nella buona che nella cattiva sorte. Mi piace
pensare che la gente possa iniziare la propria giornata con il cuore
spalancato al mondo”. Apprezzata dai critici musicali e grandi
produttori, in vita Friedman ha ricevuto numerosi riconoscimenti.
L'influente settimanale Forward l'aveva recentemente inserita tra le 50
personalità ebraiche più influenti al mondo. Tra i brani di maggior
successo, oltre al già citato Mi Shebeirach, figurano alcune melodie
modulate in funzione delle differenti festività, come Not By Might, I
am a Latke e Miriam’s Song. Nel 2004 la regista Ann Coppel realizza un
film documentario sulla vita di Debbie Friedman intitolandolo non a
caso A Journey of the Spirit.
La notizia della sua morte ha suscitato reazioni commosse, in
particolare negli ambienti della comunità riformata statunitense.
“Debbie Friedman – ha dichiarato il presidente della Union for Reform
Judaism Eric Yoffie – è stata un patrimonio per il nostro movimento e
una personalità dal grande carisma. Venticinque anni fa gli ebrei
nordamericani avevano dimenticato la capacità di cantare. Grazie a lei
siamo riusciti a recuperare il gap.
Friedman ha avuto molta influenza nei movimenti giovanili e nelle
sinagoghe. La recente rinascita culturale ebraica in America è in buona
parte merito del suo entusiasmo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il New York Times che scrive: “Debbie
Friedman ha creato un genere musicale potente e di grande impatto”.
Adam Smulevich
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L'odio
razzista dietro la strage di Tucson
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L’antisemitismo sarebbe uno
dei motivi che ha spinto Jared Lee Loughner a compiere la strage di
Tucson. A rivelarlo il Dipartimento di Sicurezza Interna americana che
in un rapporto, reso noto da Fox News Channel, riconduce l’identità
ebraica di Gabrielle Giffords fra le motivazioni dell’attentato in cui
sono morte sei persone e tredici sono rimaste ferite.
Secondo il rapporto, Loughner cita in alcuni suoi post su internet
l’American Renaissance (AmRen), un’organizzazione “antigovernativa – si
legge nella nota ufficiale - contraria all’immigrazione, anti-ZOG
(Zionist Occupational Government) e antisemita”. Le posizioni di questo
gruppo, che gravita attorno al magazine American Renaissance di Jared
Taylor, si fondano su tesi razziste che sostengono l’idea di una
presunta supremazia bianca. Neonazisti, negazionisti, membri del Ku
Klux Klan, separatisti bianchi sono alcuni dei sostenitori e abbonati
dell’American Renaissance ma ufficialmente il direttore Taylor ha
sempre negato che il giornale propugnasse tesi antisemite. In
particolare, chiamato in causa da Fox News sul rapporto del
dipartimento di sicurezza, Taylor ha dichiarato che “le dichiarazioni
degli uffici governativi non hanno nessun senso. Non so di cosa parlino
e noi non abbiamo mai usato il termine anti-Zog e non abbiamo mai
pensato in quei termini”. Sul legame di Loughner con l’AmRen, Taylor ha
sostenuto di non aver mai sentito quel nome prima dell’attentato.
Il ventiduenne di Tucson,
ora sotto la custodia del FBI, sembra sia stato dichiarato dalle
autorità come “mentalmente instabile”. Lo stesso sceriffo Clarence
Dupnik è apparso prudente in merito alla pista dell’attentato razziale;
sembrerebbe infatti emergere il quadro di un disadatto sociale affetto
da disturbi mentali più che di un razzista antisemita. Il fatto che il
Mein Kampf di Hitler, assieme al Manifesto del Partito Comunista di
Marx, fosse fra le letture preferite del giovane lascia, però, aperto
più di un sospetto.
Gli inquirenti starebbero cercando un possibile complice di Loughner,
filmato dalle telecamere di sorveglianza del centro commerciale mentre
si aggirava nel luogo e nell’ora dell’attentato.
Intanto Tucson rimane con il fiato sospeso per le condizioni della
deputata Giffords, che sembra abbia ripreso conoscenza ieri,
riconoscendo il marito al risveglio. Ora è in uno stato di coma indotto
e i medici si dicono ottimisti sulla sua guarigione.
La Giffords, prima donna ebrea a rappresentare l’Arizona al Congresso,
aveva fatto della sua identità ebraica uno dei fondamenti della sua
campagna per le elezioni di novembre. “Se volete che qualcosa sia fatto
– sosteneva la deputata democratica – la vostra miglior scommessa sarà
chiedere ad una donna ebrea di farlo. Le donne ebree, grazie alla
nostra tradizione ed educazione, hanno la capacità di superare ogni
scoglio e riescono ad unire le persone in una comunità che sa
affrontare con successo la vita”.
Daniel
Reichel
(nell'immagine
in alto Gabrielle Giffords con suo marito, il capitano della Nasa, Mark
Kelly. Al centro la sinagoga Chaverim di Tucson, abitualmente frequentata dalla Giffords, mentre si svolge una preghiera per la sua salute)
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Gerusalemme e gli imperi
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La presenza ebraica a
Gerusalemme costituisce uno scandalo per gli altri due monoteismi
fondati sull’idea che la storia di Israele si fosse chiusa per sempre e
che cristianesimo e islam ne fossero gli eredi legittimi. Crociate e
dominazione mussulmana hanno cercato di provare storicamente questa
delegittimazione. Mentre le città sante sostitutive, Roma e La Mecca,
hanno tentato di rappresentare la negazione di Gerusalemme – senza
riuscirci. L’inattesa rinascita della Gerusalemme ebraica è perciò un
vero e proprio sisma che li scuote nel più profondo del loro essere
simbolico. Gli imperi a cui hanno dato vita a Gerusalemme avrebbero
dovuto segnare l’esilio di Israele, cancellarne il ricordo, occultare
l’assente. Non è stato, non è così. Fuori e contro gli imperi
Gerusalemme suscita l’animosità dell’«intruso» fra le genti perché
mette in questione l’autoctonia e testimonia la possibilità di un
rapporto altro con la terra. La sfida è anche per il sionismo politico
che ha mirato a un progetto nazionale mentre lo scandalo di
Yerushalaim, «pietra da carico per tutti i popoli» (Zac 12, 3) è la sua
dimensione universale, l’apertura all’umanità. Non tanto nella sua
difesa, quanto nello statuto universale di Gerusalemme si deve
articolare l’essere di Israele.
Donatella
Di Cesare, filosofa
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Risposta israeliana al lancio di razzi dalla Striscia di Gaza
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Un portavoce dell'esercito israeliano ha reso noto che l'aviazione ha
attaccato due obiettivi nella Striscia di Gaza nella notte tra domenica
e lunedì. Obiettivi dei raid "basi terroristiche", colpite "in risposta
ai razzi e ai colpi di mortaio esplosi verso Israele durante il fine
settimana", ha aggiunto il portavoce, senza fornire ulteriori dettagli.
Israele considera Hamas "l'unico responsabile" degli attacchi subiti.
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